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La globaltax
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Un mio collega in questi giorni mi ha confessato che la sua azienda ha deciso di posticipare il pagamento dello stipendio dalla metà del mese successivo all’inizio del mese seguente.
In pratica percepirà la busta paga dopo due mesi.
Così facendo, mi diceva, non riesce più a pagare la rata del mutuo che scade a fine mese ed è stato costretto a chiedere aiuto alla sua famiglia.
Ha deciso pertanto di rimettersi sul mercato del lavoro con quindici anni di esperienza nella progettazione di schede elettroniche.
Le offerte economiche per il cambio lavorativo sono state al ribasso non superando i 1.500 euro/mese, straordinari e sabati compresi.

Il fenomeno che sta colpendo le province più industrializzate è stato delineato anche dalla pubblicazione dei recenti dati da cui emerge la frenata se non la diminuzione degli stipendi per i dipendenti privati.
Questi fenomeni portano, nelle zone del Paese a maggior vocazione industriale, delle conseguenze enormi.
Vorrei prendere come paragone quello di una provincia che maggiormente si distingue per il tasso occupazionale nella piccola e media industria, esempio anche di una società civile che si sta avviando verso un cambiamento socio-culturale epocale.
La provincia in questione è quella di Brescia.

E’ una provincia che riassume paradigmaticamente tutti gli effetti che la globalizzazione porta con sé dove sono presenti distretti industriali importanti quali quello della siderurgia, della lavorazione dei materiali non ferrosi (mi riferisco alle zone della Val Trompia come Lumezzane patria, ormai ex, del pentolame e della posateria) dell’industria tessile (ormai in dismissione), della lavorazione della gomma, delle calzature.
Settori che impiegano moltissimo personale operaio e non, per centinaia di migliaia di persone (il solo distretto della lavorazione di metalli occupa circa 135.000 persone).
La dimensione media dell’impresa bresciana non supera i 20 addetti.
Il mercato del lavoro evidenzia una forte differenza tra domanda e offerta, determinata da fattori demografici e da elementi strutturali che riguardano da un lato le caratteristiche del sistema produttivo e dall’altro i profili e le aspettative delle nuove forze di lavoro.

Le figure operaie e assimilabili costituiscono ancora una parte preponderante dell’occupazione totale bresciana, il che influisce sul tipo e la qualità delle assunzioni, che non stanno al passo con il crescente livello di istruzione e le elevate aspettative professionali dell’offerta di lavoro.
L’alta richiesta, da parte delle imprese, di figure di basso profilo professionale, fa sì che la provincia di Brescia sia una delle aree con il più alto tasso di abbandono scolastico precoce.
E a questo si accompagna anche il fenomeno della sottoccupazione o disoccupazione intellettuale (cioè occupazione del lavoratore al di sotto delle proprie aspettative in base al titolo di studio conseguito) rispetto al livello d’istruzione di molti giovani.
D’altra parte il livello di scolarizzazione crescente, comunque inferiore alla media nazionale, induce nei giovani la scarsa disponibilità a svolgere mansioni di tipo elementare, ricoperte dalle aziende grazie ai flussi di immigrazione.
Brescia infatti è salita alla ribalta come prima città d’Italia per immigrazione clandestina.

I lavoratori provenienti dall’estero rappresentano ormai il 30%-40% nelle categorie degli operai meno qualificati dei settori nevralgici delle manifatture. Questo flusso enorme di stranieri dalle etnie più disparate ha portato conseguenze sociali inevitabili, punta di iceberg che si sta estendendo in altre parti del Paese. Anche in altre regioni quali Emilia Romagna, Toscana, Piemonte questo fenomeno sta crescendo esponenzialmente.
L'attuale situazione di instabilità economica, che mette in pericolo molti posti di lavoro, e la nuova regolazione del mercato del lavoro, che esalta la flessibilità e l’abbandono progressivo del concetto di rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato e del mito del posto di lavoro a vita, hanno provocato l’interruzione della trasmissione delle conoscenze che da generazioni venivano tramandate da persona a persona.
L’ignoranza ha preso il sopravvento a fronte anche di prodotti tecnologicamente arretrati e poveri di contenuti innovativi.
Con queste premesse l’invasione incontrollata di personale straniero è stata una conseguenza portando problemi non irrisori.

Parlavo con una insegnante elementare che mi ha confessato che il livello di alfabetizzazione, a seguito dell’inserimento continuo di bambini immigrati si sia dovuto abbassare a tal punto che alla fine della quinta elementare i bambini non riescono ancora a possedere gli elementi basilari per sostenere un dialogo o scrivere correttamente.
Infatti i bambini stranieri all’interno della propria famiglia parlano la lingua d’origine, che spesso è un dialetto (non si pensi pertanto all’inglese o al francese).
La conseguenza è stata che le famiglie più abbienti portano i propri figli alle scuole private.
Ci sono plessi didattici dove la percentuale di immigrati sfiora l’80%.

Il tasso di natalità, che per la famiglia bresciana non supera il figlio, è stato ampiamente compensato con i ricongiungimenti familiari degli stranieri arrivando a 3-4 figli per coppia (e a quello che vedo è in rapido aumento in quanto in giro si vedono solo straniere incinte).
Così con una persona che lavora ci sono altre 4-5 persone che godono di servizi sanitari, sociali ecc., gratuiti per il basso reddito familiare.
Non mi addentro nelle problematiche religiose che si stanno delineando all’orizzonte, problematiche che porteranno a tensioni inevitabili (1), mi limito a riportare le parole, nella nota, del filosofo bresciano E. Severino (2).
A fronte di persone che lavorano una consistente fetta di stranieri delinque.
Le carceri cittadine ospitano per il 70% stranieri.

Riporto una testimonianza di una ragazza, testimonianza censurata, ovviamente, dalla stampa locale: «Sono donna e ho 19 anni. Vivo a San Polo Vecchio al confine con due quartieri (San Polo nuovo e San Polino) in cui il tasso di criminalità è veramente alto. Abito a 10 minuti dal centro da cui passo tutti i giorni per andare a scuola, quindi direi che vivo benissimo la situazione bresciana. Adesso siamo in luglio e io personalmente dal mese di settembre (inizio della scuola) ho subito 6 tentativi di scippi (in autobus, in stazione) tutti in pieno giorno, ho visto uomini stranieri masturbarsi per le vie del centro in pieno giorno e sempre uomini stranieri strusciarsi su di me sull’autobus e palpare in ogni modo. So per certo che da sola in certe vie è meglio non andarci (vedi via San Faustino) e che quando fa buio è meglio non prendere un autobus nè aggirarsi in città senza essere almeno in una decina. So che quando vado in giro in macchina da sola devo sempre abbassare le sicurezze perchè in certi luoghi (Ospitaletto, Mandolossa) potresti trovarti un trans nudo/a in macchina oppure qualcuno potrebbe aprirti la portiera e rubarti tutto ciò che hai. Ho subito 2 furti in casa nel giro di pochi mesi e tutti da parte di zingari residenti a Buffalora e dopo che il sindaco e il parroco gli hanno fornito cibo, istruzione, luce, gas, acqua corrente e pure una cascina tutta per loro hanno deciso di incendiarla perchè non gli piaceva come erano accomodati. In stazione (e anche in altri luoghi) spacciano di tutto e di più, defecano dove ne hanno voglia e se vedono che sei sola ti inseguono (facendo commenti) fino a che non trovi una buona anima che ti difenda. Questo è quello che vivo io tutti i giorni».

Ritorniamo alle dinamiche del mondo lavorativo.
E’ sempre stato detto che gli stranieri non rubano il posto agli italiani.
Non prendo in considerazione i ragazzi storditi dal consumismo e smidollati su cui si sono già sprecati fiumi di inchiostro.
Voglio mettere a confronto le prospettive che ha un ragazzo in gamba a fronte di questi cambiamenti sociali.
La risposta è che se fino a non molto tempo fa le aziende riconoscevano il lavoro «specializzato» maggiormente rispetto a quello a basso contenuto ora, con l’introduzione di lavoratori stranieri che rappresentano ormai la maggioranza della forza lavoro e che si svendono per pochi euro all’ora il rifare il lavoro, che prima era un costo, è diventata prassi endemica nel ciclo produttivo con la conseguenza che anche lavori ritenuti di nicchia come i pulitori, fresatori, spazzolatori, tornitori, ecc., non vengono più retribuiti quanto prima.
E’ diventata una guerra tra poveri con il cappio usuraio del mutuo bancario, mutuo che non potrà mai essere estinto per l’impossibilità di mantenere lo stesso tenore di vita.

Le aziende private (tra cui una molto nota del posto) stanno inoltre importando tecnici dalla Cina e dall’India a 800 euro al mese.
I nostri tecnici tra un po’ non avranno più futuro.
Sulla stampa locale tutti questi fatti vengono chiamati enfaticamente «prova di multietnicità».
Suggerisco a chi ha un figlio di non farlo studiare in questo Paese ma di dargli una cultura internazionale, di fargli imparare le lingue, di toglierlo da questo marciume e da questa distruzione pianificata.

A Napolitano che ha commentato: «Senza gli immigrati il sistema Italia si bloccherebbe» risponderei: senza di te non ci fermeremmo di sicuro.
Alle imprese invece metterei una tassa: la globaltax per aver importato e continuare ad importare la globalizzazione con tutte le sue storture.

Ingegner Polastri Ludovico



1)
Si è concluso sabato 7 giugno 2008, con la cerimonia della consegna dei  diplomi, il primo Corso di formazione in Italia per imam e dirigenti di moschee e centri islamici che si è svolto presso la moschea di Brescia. Al corso - riporta un comunicato degli organizzatori - hanno partecipato oltre 30 guide spirituali musulmane provenienti dalle province settentrionali del Paese ed aderenti a tutte le tendenze culturali organizzate delle minoranze islamiche in Italia.
2) Severino: «Troppi stranieri, città cambiata». Qual è il fattore di maggior rischio? «Quello religioso, in prima linea. Non faccio parte di quelli convinti che l’Islam sia uguale al’integralismo. Ma l’Islam storicamente è una categoria astratta, mentre in concreto, nella storia, ci sono interpretazioni del messaggio di Maometto che spesso sono molto in contrasto con la nostra cultura. Trovo incomprensibili certi atteggiamenti caritativi della Chiesa bresciana verso gli stranieri. Encomiabili, ma forse non si rendono conto delle conseguenze». Lei ha dovuto cambiare qualche abitudine, in questi anni? «Viaggio spesso per lavoro. Tempo fa mi sono trovato a Catania e a Palermo e notavo che lì a mezzanotte la gente era fuori per strada, nei caffè, parlava, rideva, scherzava. A Brescia io da anni non esco più dopo le otto di sera, non lo fa nessuno».


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