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Mare e rifiuti: due risorse per l’uomo
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Il mare

Il mare e i rifiuti non evocano soltanto paure e disperazione; possono alimentare anche, e soprattutto, speranze, se capaci di coniugare impegno, responsabilità, sapere e ricerca.
Il romanzo di Ernest Hemingway, «Il vecchio e il mare», non è soltanto la narrazione della una storia tra il vecchio pescatore, Santiago, e il fantastico ragazzo, Manolo, ma anche l’esaltazione della volontà di un ritorno al richiamo del mare.
E con il mare ritornano anche tutte le tematiche legate alla volontà dell’uomo di accettare le sfide della natura che possono essere sia il «nobile» pescespada, visto come metafora della vita nella lotta  contro le avversità, che il rapporto stesso che nel tempo l’uomo ha avuto con il mare e le sue risorse sia che si tratti delle tonnare siciliane che delle stazioni di perforazioni per ricavarne
l’oro nero.

Questa volta l’avventura ci conduce nella città di Ansan, Corea del Sud, dove è in costruzione una centrale termoelettrica  di alta e bassa marea, la più grande del mondo.
In un immenso cantiere si lavora sino a 22 metri sotto il livello del mare dove, per rispettare le scadenze che prevedono la costruzione di una centrale per la produzione di 254 Megawatt, circa un quarto dell’energia prodotta da un reattore nucleare di media grandezza, vengono poste in opera gigantesche turbine a bassa pressione le quali per la produzione di corrente elettrica sfruttano le differenze di pressione tra alta e bassa marea e l’energia cinetica del flusso di corrente.
Insomma corrente elettrica sufficiente e necessaria al fabbisogno di una città di 500.000 e più abitanti.  
La centrale termoelettrica viene costruita dalla multinazionale Daewoo nella provincia della Sihwa, a 40 km nella costa sud-occidentale dalla capitale Seul.
Nelle fasi di bassa marea l’acqua si ritira dalla costa e la differenza del livello del mare tra il flusso di alta marea e il riflusso di bassa marea raggiunge circa 8 metri.
Nel 1986 il governo sud-coreano deliberò la fondazione di una nuova città nel golfo della parte settentrionale del territorio che venne chiamata Ansan.
Dalle previsioni per una città di 300.000 abitanti dopo appena dieci anni la polazione raggiunse i 500.000.
Frattanto gli abitanti sono 700.000, donde la necessità di far fronte agli insediamenti industriale ed ai quartieri residenziali grazie al recupero intorno al golfo di una superficie di 173 kmq.

Che un sì rapido sviluppo causasse carenze nell’approvvigionamento di risorse idriche per uso domestico rientrava nella logica degli strateghi dell’innovativa operazione.
I quali, sulla base di precedenti esperienze in campo internazionale ed in particolar modo in Olanda, Francia (La Rance, nella Bretagna), Cina, predisposero la costruzione di un argine o terrapieno al fine di realizzare un «mare artificiale», il mare della Sihwa, che avrebbe dovuto far fronte ai bisogni dell’industria e dell’agricoltura.
Sulla cresta dell’argine venne costruita una strada panomarica vista come polo di attrazione turistica.
Il cantiere si trova a circa la metà della strada panoramica e precisamente nel punto dove il flusso di alta marea azionerà 10 turbine ed il riflusso di bassa marea aprirà 8 cataratte per consentire
l’uscita dell’ acqua del mare.
Il tutto sotto il controllo di uno dei più noti Istituti per le Ricerche Marine del mondo qual’è, per l’appunto, quello della Corea del Sud, e il superamento di uno degli studi più complessi
d’impatto e sostenibilità ambientale.

I rifiuti

Recentemente su un quotidiano on line Alessandro Cerminara, Sinistra democratica Trani, introduceva il dibattito sulla giustezza o meno degli inceneritori in questo modo: tra discariche e termovalorizzatori, la disinformazione anche in questo caso sembra regnare sovrana.
Eppure in altre zone del mondo, da San francisco alla Nuova Zelanda, siamo già arrivati alla condizione di «rifiuti zero».
Farsi ingannare significa danneggiare la nostra salute, e il nostro futuro.
Qualche hanno addietro mi sono dato la briga di visitare l’impianto d’incenerimento di rifiuti solidi domestici del Rugenberger Damm, Germania, il quale, essenzialmente, si compone di:

1. Un «bunker» per l’ immissione dei rifiuti.
Per esempio 1 tonnellata.
2. «Kesselhaus» o caldaia nella quale dei 1000 kg. di rifiuti vengono prodotti: 262 kg. di scorie;
2 kg. di residui di rottamazione (NE); 24 kg. di rottami di ferro; 8,1 kg. di polvere di caldaia (residui di combustione).
3. Impianto di ripulitura o di filtraggio dei gas costituito da:
3.1 3 filtri per 11, 4 kg. di polvere residua.
3.2 1 impianto di lavaggio di HCI per 12 kg. di acido cloridrico e 5,7 kg. di salamoia.
3.3 1 impianto di lavaggio di SO2 per 2,7 kg. di gesso.
3.4 3 filtri per 4.340 mcb di gas di scarico trasportati o immessi nell’aria da un camino la cui parte terminale è notevolmente più alta del blocco 3 (il piú alto delle 3 parti dell’ impianto).
Dai 2 scambiatori di calore della caldaia (punto 2), le alte temperature prodotte vengono trasferite direttamente nella «turbina» - posta in posizione più avanti del camino - per la produzione di corrente elettrica (125 kWs).
Un po’ più avanti della turbina si trova, infine, un generatore di calore (1,3 MWh).
Calore che viene immesso in rete e distribuito per usi industriali e domestici.

Riepilogando il processo: rifiuti > scorie, metalli, gesso e acido cloridrico > vapore > corrente elettrica (125 kWs) > calore (1, 3 MWh).
Processo di incenerimento e di riciclaggio dei rifiuti che è sottoposto all’osservanza delle rigide norme contenute nell’«Immissionsschutzgesetz» (Legge sulla difesa dalle immissioni).
L’impianto di notevoli dimensioni, costruito in cemento armato, è armonicamente inserito nel paesaggio industriale circostante ed i tetti piani dei singoli blocchi sono coperti da giardini pensili a trattamento estensivo.
Sempre lo stesso Cerminara nell’ introduzione al citato dibattito, tra l’altro scrive: «Qualunque ricerca indipendente ha sempre rilevato, nelle zone circostanti gli inceneritori, un aumento delle malattie tumorali, dal cancro polmonare alla riduzione della ‘sex ratio’ alla nascita, dal sarcoma ai linfomi, dal diabete alle malattie cardiovascolari, ai tumori del connettivo, dei tessuti molli, della mammella o del colon. In generale un aumento dei tumori tra il 15% ed il 30%. Maggiori studi sono stati fatti dal professor Federico Valerio, uno dei massimi ricercatori italiani, che ha più volte spiegato quanto e come gli inceneritori inquinino e portino ad un aumento delle malattie e della mortalità. Già questo basterebbe a dire che chi si oppone alla loro costruzione abbia tutte e ragioni per farlo, e se qualcuno si deve vergognare è che si permette di apostrofarlo in qualche modo, perché la salute viene prima di tutto, e a nessuno si può imporre di metterla a rischio«.

Non vi svelo i nomi di coloro che nel Belpaese dovrebbero essere colpiti da vera «sex ratio» ritardata.
Lo si può immaginare.
Anche se ricordarceli, dopotutto, non fa male a nessuno: Prodi, Pecoraro, Bassolino, Iervolino,
la moglie del ministro Mastella (presidente del consiglio regionale della Campania), Di Pietro,
il capo del non-Stato, Giorgio Napolitano, napoletano «doc».
C’è, allora, un gran desiderio di andare a San Francisco o in Nuova Zelanda per «arrivare» alla condizione di «rifiuti zero», quando la Germania è dietro l’ angolo della strada?
Per chi s’interessa di Storia dell’Arte, suggerisco di posare l’attenzione su una bella allegoria del pittore nazareno tedesco, Johann Friedrich Overbeck (1789-1869), raffigurante due figure femminili, «Italia e Germania», con l’Italia che sembra dire alla Germania: In manu tua sors mea.
Per incenerire quel che da incenerire c’è nel nostro Belpaese, sarebbero sufficienti.
Vesuvio, Vulcano ed Etna.
Basterebbe disporre i «bidoni» attorno ai crateri, attendere una fortissima folata di vento, una esalazioni di gas tossici di anidride solforosa…
Tutto a costo zero, s’intende!

Nicola Piro


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