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Scommettono un trilione contro l’America
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Il segretario al Tesoro Henry Paulson ha ottenuto 800 miliardi di dollari (sotto forma di aumento del debito pubblico) per cercar di salvare Fannie Mae e Freddie Mac, i due enti esposti con metà dei mutui immobiliari USA. Paulson potrà comprare  gli «attivi» e i titoli di questi enti, ha carta bianca.

Mettiamo le cifre in prospettiva: 800 miliardi di dollari è il bilancio di un anno del Pentagono; e sono quasi il 10% del debito pubblico federale (9,5 trilioni, ossia 9.500 miliardi di dollari). Di colpo, un 10% che si aggiunge al debito più mostruoso della storia; lo dovranno pagare i contribuenti. Di fatto, è un salvataggio disperato degli speculatori rovinati dai loro subprime; ed è anche una mossa necessitata.

Per coprire il suo deficit, l’America confida nei Paesi stranieri che comprano i suoi Buoni del Tesoro. Se crollano Fannie e Freddie, la fiducia di quei debitori sarà alquanto scossa - è il minimo che si possa dire. E i creditori scottati rischiano di non far più credito agli USA.

Un terzo del debito emesso da Fannie e Freddie è stato acquistato dalle Banche Centrali estere. La Cina detiene 376 miliardi di dollari di titoli delle agenzie federali americane; la Russia ha il 21% delle sue riserve investite in obbligazioni di Fannie e Freddie (sembravano sicuri, pochi mesi fa).

Se Fannie e Freddie precipitano nell’abisso dell’insolvenza, non solo l’America, ma Russia e Cina, e gli altri Stati esteri (che nell’insieme detengono 1,3 trilioni di dollari di titoli di debito delle due agenzie) finiscono nella spazzatura della storia. E’ il bello della globalizzazione e della interdipendenza economica  mondiale.

E’ anche il paradosso della superpotenza del liberismo ideologico, del meno Stato e più mercato, che opera il più mostruoso intervento pubblico nell’economia - più precisamente nella finanza - che si sia mai visto nella storia. E’ la forma più disonesta di socialismo: anzichè nazionalizzare Freddie, Fannie e le banche insolventi e dichiarare: le sovvenzioniamo perchè sono di pubblico interesse, Paulson e Bernanke fanno ancora finta che ci sia un «mercato», dissimulando le sovvenzioni in un’enorme manipolazione dei mercati privati, e nascondendo il prezzo che graverà sui contribuenti.

Sovvenzionano, del resto, la sfera della finanza, non i piccoli proprietari rovinati dal mutuo variabile, non le attività economiche essenziali. Un socialismo per miliardari. O per grandi creditori, Cina, Giappone e Russia. Ma questa è filosofia.

Oggi, è urgente la domanda: ce la farà Paulson a salvare Fannie e Freddie? Basteranno 800 miliardi di dollari? Non è affatto certo. Perchè in queste stesse ore, la speculazione globale sta giocando d’azzardo «contro» l’Azienda America, e specificamente contro Fannie e Freddie, scommettendo sul loro ribasso - e creando una irresistibile pressione al ribasso. Come lo fanno? Con le vendite allo scoperto, «short». Gli speculatori vendono titoli che non possiedono, ma che si sono fatti prestare, attendendo di poterli comprarli (per la consegna all’acquirente) ad un prezzo più basso, prima di dover restituire il prestito.

Adesso, informa Bloomberg (1), ci sono nel mondo 1,4 trilioni di dollari di azioni e titoli presi in prestito, con un aumento del 33% rispetto al 2007. Chiaramente, sono i ribassisti che aspettano di assestare il colpo quando Freddie e Fannie crolleranno; giocare al ribasso è il solo modo di guadagnare, oggi, sui «mercati».

Ancora una volta, mettiamo la cifra in prospettiva: 1,4 trilioni, sono 1.400 miliardi di dollari. Quasi il doppio della immane cifra che Paulson e il Tesoro USA ha gettato nella scommesa. I ribassisti hanno il doppio delle munizioni del ministero rialzista. E’ un gioco sul filo del rasoio. Gli speculatori rischiano moltissimo se la partita si prolunga, perchè devono pagare interessi sui titoli presi a prestito, ed ogni rialzo dei corsi inferisce loro duri colpi. Ma i guadagni possono essere favolosi.

Le azioni Fannie Mae sono calate del 64%, e quelle di Freddie Mac sono scese del 68% da giugno al 15 luglio; poi c’è stato un rimbalzo, del 90% e del 75% rispettivamente, negli ultimi tre giorni della settimana; nonostante questo i detentori di posizioni «short» hanno realizzato profitti combinati per 1,4 miliardi di dollari. Lo stesso stanno facendo gli speculatori europei.

L’Euro Stoxx 50 è crollato del 24% nel primo semestre 2008; ma intanto l’Euro Stoxx 50 Short Index, quello dei ribassisti, è salito del 29%, la miglior performance dal ‘92. Tardivamente, USA e Gran Bretagna stanno cercando di porre limiti alle vendite allo scoperto, che accelerano le perdite sui corsi azionari (11 trilioni quest’anno, si prevede: quasi il PIL degli Stati Uniti); ma contemporaneamente, una quantità di Paesi, dall’India all’Indonesia, hanno allentato le redini alle vendite short, perchè i più ardimentosi approfittino dell’ultimo saccheggio, a spese del mondo intero. E’ l’altro bello della globalizzazione senza regole globali.

«I venditori allo scoperto sono importanti nell’ecosistema del mercato finanziario: come i leoni che inseguono un branco, ammazzano solo gli animali più deboli. I ribassisti prendono di mira aziende la cui valutazione è legittimamente discutibile»: così sanciscono alla Georgetown’s McDonough of Business di Washington. E’ ancora l’ideologia liberista allo stato puro: darwinismo da preda, la spietata sopravvivenza del più forte.

Qualche dubbio albeggia nel britannico Roger Lawson, direttore della UK Shareholder’s Association (Società degli Azionisti): «Il mercato è diventato un posto per speculatori, non investitori. Questi signori stanno facendo grassi profitti. Bisogna limitare lo ‘short’, altrimenti diventa manipolazione dei mercati». Bella scoperta.

Oltre a Fannie e Freddie, i leoni (o sciacalli) dello «shorting» stanno puntando anche grosse aziende brasiliane: in Brasile le azioni in prestito sono cresciute del 22% da un mese all’altro. E’ chiaro che sentono l’odore del sangue, hanno identificato le prede la cui agonia trascinerà il mondo nell’abisso; milioni di detentori di azioni pagheranno il prezzo, insieme a milioni di contribuenti. E di lavoratori.

Schwarzenegger, governatore della California, ha ridotto le paghe dei 200 mila impiegati dello Stato, per mancanza di fondi: ora quegli Stati ricevono 6,24 dollari l’ora poco più di 4 euro). E i risparmiatori, visto che ce ne sono ancora persino in USA?

Vediamo: le banche americane hanno 6,84 trilioni di dollari in depositi, ossia 6.400 miliardi; ma in realtà, tutte insieme hanno in cassa, per i clienti che vogliono ritirare i quattrini, solo 273,7 miliardi.  dove hanno messo i soldi ricevuti?

Ma è ovvio: in titoli confezionati coi subprime, in obbligazioni Fannie e Freddie, in «derivati» e in «prodotti strutturati» nelle infinite varietà inventate dall’ingegneria finanziaria. Non in idustrie e in attività economiche reali; hanno giocato i soldi dei depositanti in queste cose, il cui valore oggi è «legittimamente discutibile», a dir poco.




1) Alexis Xydias, «Investors worlwide are betting more than $ 1 trillion on collapse in American stock prices», Bloomberg, 24 luglio 2008.



 
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