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La pietosa eutanasia
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Oggetto: Piccola lettera sull’eutanasia
Data: Martedì 22 luglio 2008, 13:46

«Buongiorno, signor Blondet.
Sono un lettore piuttosto sistematico del suo sito perché la reputo una persona intelligente e profonda, perché nella sua vita, da quello che ho capito, si è fatto molte domande su sè, sull’umanità e sul mondo, e spero che continui a porsele.
Dato che lei è cattolico, volevo chiederle qualcosa sull'eutanasia.
La religione cattolica prevede di non non generare sofferenza nell’essere umano e di aiutarlo quantomeno a sopportarla affidandosi alla croce di Cristo, se non di salvarlo; per sofferenza non intendo il semplice dolore traumatico, fisico, come la fame, la malattia, l’invalidazione, eccetera, ma bensì la sofferenza interiore, esistenziale, morale se anche così si può chiamare, che ne deriva.
E che deriva anche da altri tipi di mancanze o di perdita, quali la perdita di un figlio, di un genitore, di un carissimo amico, o anche di una persona autorevole e più adulta di te che è riuscita ad insegnarti molto e da cui hai preso esempio.
Credo che tale sofferenza possa esercitare una tale pressione sull’essere umano fino a fargli perdere la centratura che credeva di possedere; in certi momenti viene voglia di morire, perché non si trova più senso alla vita.
Ecco, il vero cristiano, con ampissima opera di Carità (o Amore disinteressato) e Misericordia [letteralmente è ‘avere il cuore per la miseria (altrui)’], raccoglie la sventura e il malessere di tal uomo e lo reindirizza grazie alla Fede verso Dio.
Tale condizione di disperazione credo proprio che si generi in qualunque uomo mantenuto in vita dalle macchine, sulla soglia divisoria tra quella vegetale e quella umana... ora sorgono le mie domande e vorrei chiederle cosa lei pensa da cristiano, da uomo e perché proprio così.
Primo: l’accanimento terapeutico che significa mantenimento in vita forzato artificialmente non può essere considerato un atto di prolungamento e intensificazione della sofferenza interiore del malato, anche se magari fatto consciamente o inconsciamente per pietà verso di esso?
Secondo: il destino biologico del malato terminale è quello di morire e solo quello; non sarebbe un atto più caritatevole aiutarlo a morire attenuando la sua sofferenza interiore per farlo morir bene, o magari addirittura serenamente?
Terzo: se il destino biologico per il malato terminale è questo, e alla fine è quello di tutti noi, violare tale legge non sarebbe come violare la volontà divina che tal cosa ha voluto, che tanto è sempre più potente della nostra?
Quarto: l’accanimento terapeutico sul malato terminale nasconde la paura della morte e l’incapacità di accettarla come evento necessario?
Quinto: questo accanimento terapeutico mi sembra di derivazione medico-scientifica, un atteggiamento positivista manipolatore, piuttosto che di terivazione religiosa; l’atteggimento scientifico pretende di poter manipolare e concludere empiricamente qualsiasi cosa, quindi non mi sorprende un granché che dei medici e degli scienziati si accaniscano sul malato al fine di guarirlo a forza; mi sorprende molto di più che sia anche un atteggiamento dei preti... sembra che non sappiano più accettare che una persona muoia... perché anche i preti e i religiosi praticanti si ostinano in questo senso?
Sesto: quando invocano il valore della vita, cosa invocano?
Perché, sinceramente, la vita in sé e per sé è un fatto constatabile.
Se la vita ci è data da Dio, anche la morte non dovrebbe essere un mezzo per tornare a lui?
So che la lettera è lunga e meriterebbe una lunga risposta: è l’unica cosa che le chiedo, di rispondermi seriamente ed esaustivamente.
Non sono assolutamente in polemica ideologica, le mie sono domande che mi pongo ogni giorno, e m’immagino sempre come deve essere morire soffrendo, o vivere forzatamente soffrendo;
interiormente intendo.
Nessuno vuole questo, e ciò mi sembra un desiderio umano e comune a tutti.
Tanti auguri di buon lavoro e altrettanta fortuna.
Milo
»

Ricevo questa lettera, per la seconda volta:

«Non vedo ancora nessuna mail di risposta. Vorrei dirle che non pretendo assolutamente che pubblichi la mia tra le sue lettere, e men che meno che la usi come impianto per un articolo.
Può benissimo anche rispondermi privatamente.
Spero che non riesca per questioni d’impegno.
Altrimenti mi dispiacerebbe assai.
Le continuerò comunque a scrivere.
Saluti.
Milo
»

Evito per ripugnanza di rispondere a lettere che riguardano - come credo sia la sua - «il caso pietoso d’attualità» che viene periodicamente creato, o almeno mediaticamente eccitato, per fare la solita propaganda dell’eutanasia. La scelta della propaganda cade, oculatamente, su «casi pietosi»  tecnicamente difficili, per cui ai più - fra cui il sottoscritto - mancano le conoscenze tecniche per esprimere se si tratta di «accanimento terapeutico» o difesa della vita; su casi in cui il dubbio e l’interrogativo morale si presenta da sè ad ogni anima retta; su casi in cui l’insistenza della Chiesa sull’inviolabilità della vita può passare per crudelta, insensibilità e dogmatismo. Per questo non rispondo, per sottrarmi al ricatto.

Francamente, non saprei  cosa rispondere nemmeno sul merito, per incompetenza. Solo una cosa so di certo: che l’eutanasia è propagandata nell’interesse delle compagnie di assicurazione ed enti sanitari, che non vogliono continuare a pagare le spese per anni ai «casi pietosi». Nuoce ai profitti.

I metodi e le tattiche di questa strategia sono stati spiegati, già negli anni ‘70, da Pierre Simon, ginecologo ebreo e radicale, gran maestro della Massoneria francese e direttore della Sanità  francese. Uno che valutava i propri successi, ottenuti in 30 anni di manovre occulte per imporre contraccezione, aborto ed eutanasia, nel suo libro dal titolo sardonico: «De la vie avant toute chose» (1).

Uno che ricorda: «Mia madre aveva una fede profonda che contrastava con l’ateismo vigoroso di mio padre. Così si incontravano in me due correnti: giudaismo e razionalismo, tradizione e libero pensiero... la mia entrata nella massoneria sarà, un giorno, il modo per assumerne l’eredità... Il mio vero essere non è più il mio corpo, ma la mia loggia».

Che cosa si proponeva questo fanatico?

«La vittoria della medicina (che) consisterà nel cambiare la nozione stessa di vita. Questa si definirà come la relazione preferenziale con l’ambiente. La vita perde il carattere di assoluto che aveva nella Genesi».

Già si rallegrava, il gran maestro Simon Mago, che «la regolazione delle nascite, istituzionalizzata, porta a una mutazione della morale», ad un «nuovo codice etico» basato sulla sessualità facile, senza impegni. Si doveva far di più, con l’aborto ed oltre: fino alla «definizione di una creazione, al limite, di una nuova natura umana e di una nuova concezione della vita. Scopriremo così che la natura, la vita, sono più che mai una produzione umana». La vita, per Simon, «esiste sempre attraverso un reticolo di relazioni che determinano l’esistenza degli umani... La vita non esiste in sè».

Conclusione implicita: nella società ideale futura immaginata da Simone l’ebreo, sarà il «reticolo di relazioni» a decretare quando uno può vivere e quando uno deve morire. A questo «reticolo di relazioni» ovviamente appartengono - con molta voce in capitolo - gli enti sanitari ed assistenziali, le compagnie di  assicurazioni, le finanziarie che ne possiedono le azioni, i massoni che dirigono le finanziarie e le assicuratici, i politici massoni che possiedono il ministero della Sanità con tanti problemi di bilancio... e i loro «esperti», i loro tecnocrati alla Simon. Il quale sancisce: bisogna porre, e far diventare indiscutibile, «il principio che la vita è un ‘materiale’ nel senso ecologico, e che spetta a noi - i massoni, ndr - gestirlo».

Contro questo potente «reticolo di relazioni» interessate a terminare la tua vita quando diventa costosa, o improduttiva, o infelice, quale altra forza si erge? La fede religiosa, e la stiamo già abolendo, dice Simon, promettendo la sessualità felice; o l’amore di mamma e papà, o dei figli per i vecchi genitori; e stiamo abolendo anche quello, perchè il sesso senza natalità o che sopprime la nascita (contraccezione, aborto), ha già lietamente sciolto «i legami del sangue» su cui si basa la famiglia.

Nessuno più si sente responsabile del figlio, nè il figliodel padre. Ci pensi «la società». Ossia il suddetto «reticolo di relazioni». «La vita è ciò che ne fanno i viventi», sogghigna Simon Mago. E «amare veramente la vita, rispettarla, implica che bisogna talora avere il coraggio di rifiutarla. L’eutanasia è spesso oggetto di una domanda molto profonda dei genitori, specie delle madri. Certe, angosciate, non danno pace  finchè non ci strappano questa promessa: non lasciare vivere un bambino che sia anormale».

Niente paura, il dottor Simon è al vostro capezzale. E’ lì per questo, liberarvi da un bambino che può rovinare la vostra felice sessualità senza impegni. E poi liberare voi dalla vostra vita, quando non ci sarà più un figlio ad opporsi all’iniezione letale.

Ma abbiamo dovuto faticare, dice Simon: «Nel 1953, nella tradizionale quiete ginevrina, una equipe di medici liberi pensatori, il gruppo Littré», decide di «introdurre nei rispettivi Paesi l’impegno a favore della libertà di concepimento... Le nostre riunioni sono riservate. A quel punto, niente giornalisti, niente radio, niente TV». Quelle saranno convocate dopo, ad obbedire. A battere la grancassa dei casi pietosi.

Lì viene decisa la tattica: molto semplice. Si tratta di «inserire nelle rivendicazioni popolari ciò che la legge respinge». Siamo negli anni ‘50, e la legge respingeva contraccezione e aborto, come l’eutanasia. Lì venne deciso di eccitare le «rivendicazioni popolari» che ben conosciamo, tutte relative alla «richiesta di sessualità felice»: i «diritti» dei trans, degli omosessuali, come delle giovinette a scopare senza rischio di diventare madri, delle madri di tradire senza paura del ritardo mestruale...

«L’arma assoluta che porta il sostegno popolare è il viscerale», spiega il Gran Maestro: «La contraccezione riguarda ogni francese pubere di qualunque sesso», ossia fa comodo a tutti. E’, come si vede, la tattica stessa del Tentatore: fallo, sarai come un dio.

Non si può dire che non abbia avuto successo, Simon Mago. Tanto successo, che è persino impossibile difendere la vita nel senso cristiano, di fronte all’ennesimo caso pietoso. O che è ripugnante farlo, in quanto ci si fa giudicare spietati da gente che come lei ha il cuore gonfio di pietà per «la sofferenza».

Lei si arroga di sapere la sofferenza «interiore» di un malato in coma. Sofferenza di cui non sappiamo nulla; mentre ho ben presente la viva «sofferenza» dei conti delle assicurazioni, per le cure continuate a quel «materiale».

Lei chiede, sul malato terminale: «Non sarebbe più caritatevole aiutarlo a morire?» E’ una domanda che abbiamo già sentito, noi cristiani. «Questo costoso profumo, non si poteva vendere e dare il ricavato ai poveri?». Sì, fin dal principio, Giuda ha dato lezioni di carità a Cristo. Figurarsi se non ce n’è qualcuno che ne dà a noi.

«Se il destino biologico per il malato terminale è questo, non sarebbe come violare la volontà divina che la tal cosa ha voluto, e che tanto è più potente della nostra?». La volontà divina ci ha posto nella condizione attuale, dei progressi terminali della medicina e delle sue armi sataniche, dove ci sono i mezzi per salvare una vita e quelli tecnici per prolungarla atrocemente, o anche per ucciderla «serenamente». E’ una sfida, una tentazione a cui non erano esposti i nostri bisnonno, e a cui ci attende. Non oserei, come fa lei, presumere quale sia la Sua volontà. So che ci ha ordinato di amare il più indifeso, il più umiliato: ogni risposta deve cominciare da lì, se si è cristiani.

«L’accanimento terapeutico sul malato teminale nasconde la paura della morte e l’incapacità di accettarla come evento necessario?». Per favore, niente psicanalisi da caffè. Ciò che ci fa paura, è che a gestire la nostra morte siano il dottor Simon, e i suoi seguaci simoniaci «tecnici».

Infine, come cristiano, provo solo a rispondere al centro della questione: non è vero che la religione cattolica «prevede di non generare sofferenza», nel senso edonista di evitare agli uomini la sofferenza. La religione cattolica è vicina a chi soffre, li consola con tutti i suoi mezzi: ma sa che la sofferenza è - nel più profondo - un dono di Dio. Un dono per chiamarti dalla strada sbagliata che hai intrapreso, un dono di espiazione. Ti insegna che se vuoi, se aspiri al massimo dell’ambizione - la santità - puoi, accettando la croce della sofferenza, non solo farne strumento di espiazione personale, ma di intercessione per la salvezza di altri, che ne hanno bisogno.

In una parola, nel cattolicesimo si crede che la sofferenza non sia mai inutile; al contrario, che sia «significativa», che dia al malato, al morente e al paralizzato impotente, umiliato nella sua impotenza, ancora un ultimo compito, il più alto, il più degno dell’uomo: salvare altri uomini. Ciò che avviene nel cuore di quel malato terminale, che non può parlare e per cui parlano tanti altri interessati, non lo sappiamo: è qualcosa che riguarda Dio e lui, il suo compito ultimo, forse la grazia estrema che gli giunge in quella forma crudele.

La scelta è: affidarsi a Dio, oppure a Simon Mago ginecologo e massone? Voi, di chi vi fidereste?

La sola cosa che si può dire accanto a quel letto, per un cristiano, è la preghiera di un antico e migliore, vecchio e fedele ebreo, Simeone:

«Ora lascia, Signore, che il tuo servo
Se ne vada in pace secondo la Tua parola
Perchè i miei occhi hanno visto la Tua salvezza
Che hai preparato davanti a tutti i popoli
».

Così io spero di poter recitare in punto di morte, con chiara coscienza non dei miei meriti, ma della carità di Dio che mi ama più di quanto mi abbia amato la mia mamma.  Così spero che qualcuno che mi ama reciti per me, se non saprò più parlare.

Questa è la vita per il cristiano, caro amico: una tragedia immedicabile, al fondo della quale c’è una speranza infallibile, ed un senso per tutto ciò che abbiamo sofferto.




1) Il libro di Pierre Simon fu oggetto di una comunicazione di De Lassus al Congresso Europeo per la Vita (Roma, aprile 1980). L’articolo integrale di De Lassus («Le tappe massoniche di una politica di morte») si può leggere al sito TotusTuus (www.totustuus.biz/users/prolife/massoniche_politica_morte.html)


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