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Conseguenze e riflessioni sulla rivoluzione egiziana
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Il mondo arabo vive, dall’inizio della rivolta tunisina (non ancora calmata) ma soprattutto dal 25 gennaio 2011, uno stato d’esaltazione difficile da raffigurare. Fra sogni proibiti e nascosti nel profondo del cuore e della mente del cittadino, e terribili paure di vederli frantumarsi in Piazza della Liberazione al Cairo; fra riso liberatorio e pianto per il sangue versato, la nazione araba vive oggi il travaglio doloroso ma ineluttabile di quello che l’illusa Rice chiamò, nel luglio del 2006, «The birth pangs of a New Middle East». Lei si riferiva al progetto americano-israeliano (usraeliano) di un nuovo Medio Oriente, nato dal sangue del Libano martoriato in quei drammatici 33 giorni. Ma oggi, come nell’agosto del 2006, è la Storia che lì risponde, fata maliziosa che esaudisce l’augurio. Il parto è multiplo e a scadenze inattese. Ma il risultato è unico e si prefigura come un brutto omen per Usraele.

Per capire l’impatto degli avvenimenti sulla Storia, bisogna ricordare che l’Egitto è il Paese-faro del mondo arabo, geostrategicamente a cavallo fra l’Africa del Nord e del Sud-Est, il Maschrek (Siria, Libano, Palestina, Giordania) e i Paesi del Golfo. Con 85 milioni di abitanti ne è il Paese più popolato. Inoltre l’Egitto è l’erede di millenni di Storia come Stato e non una creazione post-coloniale, tipo Libano, Giordania e i Paesi del Golfo.

La rivoluzione egiziana è figlia dell’accumularsi di costanti negative: l’umiliazione per la pace a Camp David e il conseguente asservimento alla politica usraeliana, la piaga purulenta della tragedia palestinese, le disfatte arabe, inclusa la caduta di Baghdad, e le politiche neoliberali senza freni nè legalita della globalizzazione, con il suo corteo di disoccupazione, povertà, perdita di orizzonte e repressione poliziesca senza precedenti. E’ praticamente impossibile prevedere con esattezza l’evolversi degli avvenimenti in Egitto, ma si può già delinearne le conseguenze. E su questo mi vorrei soffermare.

A
) L’Occidente, o the West, o The International Community nel linguaggio orwelliano ora di moda, dall’inizio del periodo coloniale, nell’ottocento, ha capito che per dominare la regione fra l’Atlantico nel Nord Africa (Marocco, Mauritania) fino al Golfo Persico, bisognava distruggere due elementi fondamentali che rischiavano di affondare i vari progetti d’egemonia: il nazionalismo arabo e l’Islam. Molto presto, con l’aiuto di orientalisti pseudo illuminati, si iniziò a smantellare il nazionalismo arabo. Nel periodo coloniale francese, si cercò di estirpare la lingua madre o di renderla obsoleta. Successivamente si tentò di frantumare il sentimento comunitario, dal Maghreb al Maschrek al Golfo, con la creazione di Stati artificiali e il favoreggiamento di nazionalismi locali (algerino, tunisino, egiziano, etc.) nonchè di aizzare i sentimenti etnici. Poi, con aggiustamenti  regolari, si provò con tutti i mezzi, dal più sornione al più razzista, di scoraggiare il sentimento d’appartenenza, utilizzando argomenti intelletuali confusi, beffando con sarcasmo il concetto stesso.

Ma nel mondo non matematico dello Spirituale e dell’Appartenenza, i concetti – cartesiani o scientifici che siano – non trovano posto. Dio esiste anche se passa per l’equazione 2+2=5! La prima conseguenza che sta sotto gli occhi di tutti è che il nazionalismo arabo è vivo e vegeto!!! E per nazionalismo, visto che la parola oggi non ha echi favorevoli nell’era dell’Unione Europea, non si intende qui la visione hitleriana con a seguito il lebensraum, ma bensì il concetto geopolitico e storico della regione. Ossia un passato comune, una lingua comune, una cultura comune. Dal Marocco al Golfo, si canta la stessa canzone, si guardano gli stessi film, si leggono gli stessi giornali. E dal Marocco al Golfo, si prega per la stessa Palestina, simbolo divino e terrestre della Tremenda Ingiustizia e della Promessa Eterna, uguale per tutti. E dal Golfo al Marocco, i drammi vissuti sono gli stessi: la caduta di Baghdad e Gaza, per citarne due, fra molti dell’ultimo decennio.

E dal Maschrek al Maghreb, la piaga è una: i despoti hanno tutti le chiappe fuse col cemento ai loro troni; si tortura a Rabat come al Cairo e con gli stessi metodi a Ryad, i regimi-comprador contano piu miliardari che l’UE (il parlamento libanese ad esempio conta 128 membri di cui 4 miliardari  e 20 milionari), le richezze nazionali finiscono in conti bancari in Occidente mentre il popolo non trova sbocco e non ha orizzonte e la povertà – questa vecchia-nuova peste – dilaga a velocità massima.

Attraverso l’Egitto oggi il nazionalismo arabo rompe le sue catene. A prova di ciò, Al Jazeera è la voce unificatrice dell’unione ritrovata.

B
) L’Islam ritrova la sua vocazione religiosa. La seconda conseguenza della Rivoluzione egiziana è l’inizio della fine del Wahabismo, con il suo corteo di nefandezze, incluso il mito Al-Qaeda. L’egemonia usraeliana del ventesimo secolo e dei primi anni del ventunesimo, si è basata in gran parte su un accordo, non così segreto, fra l’Impero e la casa Al-Saud, venuta al potere grazie  all’appoggio dei discendenti del fondatore del Wahabismo, Mohammad Ibn Abd El Wahab, e della scuola religiosa da lui fondata. Grazie al pozzo senza fine (per adesso!) dei petrodollari, i sauditi hanno diffuso la loro visione religiosa in tutto il mondo musulmano. Visione basata sull’ubbedienza assoluta al Walih el Ahd, ossia al re, all’emiro o al presidente, e su una lettura religiosa molto ristretta e primitiva dell’Islam all’epoca del Profeta. Il Wahabismo inoltre si nutre di un odio viscerale nei confronti dello Sciismo, alimentato per ovvie ragioni interne dalla famiglia regnante (gli sciiti vivono a maggioranza nella regione petrolifera dell’Arabia Saudita e sono trattati come sub-cittadini) e della sapienza imperiale del detto: dìvide ed impera. Va aggiunto che per il Wahabismo altre vittime dell’odio sono l’ebraismo e il Cristianesimo, il che complica molto la vita dei cittadini arabi di fede cristiana.

Per regnare sul mondo musulmano, il Wahabismo, settario forsennato, ha commesso il crimine maggiore di ostacolare la crescita naturale e l’evolversi del Sunnismo. Il Sunnismo oggi ritrova la sua vera natura in Piazza della Liberazione, dove domenica 6 febbraio si è pregato in migliaia; Messa per i copti e Salat Al-Ghaeb (la preghiera per i defunti) per i musulmani.

Per tradizione, l’Islam e una religione molto dinamica, sia nella sua componente sunnita (5 scuole maggiori di pensiero) che nella sua componente sciita. Il ruolo del Wahabismo è stato quello di ingabbiare le capacita intellettuali della Ummah nel difendersi davanti all’Impero e le sue politiche neo-liberali nei Paesi musulmani. Per cui non è una sorpresa vedere le forze oscurantiste wahabite all’avanguardia nella difesa del neoliberalismo o del bushismo nel mondo!

C
) La Sacra Alleanza tripartita, USA, Arabia Saudita, Israele, ha ricevuto un durissimo colpo di cui non si rialzerà, e questo a medio-lungo termine, qualsiasi sia l’esito della Rivoluzione egiziana. Usraele e Al Saud vanno verso un crescendo di colpi micidiali nella regione, dopo le sconfitte subìte in Iraq, Libano, Siria, Gaza e l’emergenza del Northern Tier, ossia l’alleanza irano-turco-siriana con l’aggiunta probabile dell’Iraq. A nulla sarà servito smembrare il Sudan o invadere l’Iraq. Gli Stati Uniti stanno lentamente ma sicuramente perdendo il Medio-Oriente.

D
) E questo ci porta direttamente alla conseguenza più illuminante, cioe letat des lieux dell’ultima colonia occidentale ossia il Paese del piccolo popolo eletto, sempre vittima, mai carnefice. Caro lettore, hai indovinato, penso all’innomabile, a Israele. Le lacrime versate dall’entità canaglia (per tutto il terrorismo di Stato, dal 1948 ad oggi) manderebbero in piena il lago Aral. Questo è un durissimo colpo per Sion, che si ritrova oggi accerchiata al Nord da migliaia di missili (Siria, Hezbollah) ma anche al sud (l’Auschwitz da lei creata, Gaza) e con vicini ostilissimi (l’Iran) o semplicemente, ma determinatamente, ostili (la Turchia).

Qualsiasi sia l’esito degli avvenimenti in corso in Egitto, Israele ha perso il più sicuro dei suoi alleati-clienti-servi, e non solo militarmente ma anche economicamente, viste le numerose co-società esistenti fra Israele e il regime Mobarak e dulcis in fundo, il gas fornitogli a prezzi molto inferiori rispetto al mercato internazionale (uno degli aspetti che ha scatenato di piu l’ira del popolo egiziano in questi ultimi anni). L’odio verso Usraele non va sottovalutato, e dovrà tenerne conto qualunque sia la formula di governo che verrà assunta in futuro al Cairo, anche l’ipotesi di un nuovo Quisling che non rinnegasse gli accordi di Camp David

Il dopo 25 gennaio 2011 avrà un effetto collaterale maggiore e sarà quello di accelerare le divergenze sempre più profonde e piu gravi fra gli USA e Israele. Israele, in un futuro molto prossimo, non sarà più una necessità per dominare nella regione, ma una colonia-peso per l’Occidente, per il semplice motivo che il costo per mantenerla, finanziariamente, militarmente, diplomaticamente, usando a suo favore le istanze internazionali come l’ONU e i suoi confederati e subordinati, sarà di gran lunga molto più gravoso che quello di  abbandonarla. Negli anni futuri, ma forse già nei prossimi mesi, dovremmo assistere ad una fuga di capitali da Tel-Aviv e di rilocazione di varie industrie, perchè il Paese ha perso la sua stabilita strategica, acquisita a scapito della vita dei popoli della regione.

E
) Sempre a livello regionale, lo Stato del Qatar, piccolo emirato di 1.697.000 abitanti, si posiziona con gran forza come un attore indefinibile nella gran tela regionale, grazie alla sua Al-Jazeera, adorata dai popoli (60 milioni di ascoltatori quotidiani in tempo normale, il doppio in tempi di tribolazioni) e temutissima dai satrapi regionali. E’ la prima volta nella storia che una rivoluzione viene coordinata da una catena satellitare contro l’Impero, grazie al suo enorme battage mediatico a favore dei manifestanti, 24 ore su 24 e l’enorme solidarietà dimostratagli da molti canali del mondo arabo che, a seguito della decisione del regime di Mobarak di bloccarla sul satellite Nile Sat, gli hanno messo a disposizione 10 ore giornaliere del loro spazio TV. Al- Jazeera ha utilizzato una varietà di armi sorprendenti contro il regime ed in aiuto ai giovani che sono scesi in piazza. Ha coordinato tramite internet (Youtube, Facebook e Twitter) e i telefonini, i movimenti popolari. Ha chiamato alla riscossa le più alte autorità religiose, quelle amate dal popolo, dando per esempio spazio al presidente della International Moslem Scholar Association, lo scheickh dottor Yussuf Qardawi, il quale ha esortato gli egiziani a ribellarsi contro le autorita religiose locali che avevano proibito di manifestare contro il regime. Ha ospitato tutti gli intellettuali arabi amati ed apprezzati dal pubblico, intellettuali che hanno appoggiato senza riserve le domande popolari, dando persino consigli sul come proseguire. Ha utilizzato i wikileaks in suo possesso per screditare il regime cadente e specialmente il nuovo vice presidente, il Torturatore Capo, Generale Omar Suleiman, famoso per il suo ruolo nei rendition flights e nei travagli di Gaza.

Va notato che Qatar e il regime di Mobarak erano da tempo ai ferri corti, inimicizia ancora piu forte dopo il Piombo Fuso a  Gaza. Aspettiamoci, alla luce di tutto ciò, di vedere il ruolo dell’Emiro del Qatar rafforzato in tutto il mondo arabo, dove è già molto popolare e dove i vari tiranni dovranno contare fino a un milione prima di dispiacergli! E sì, la sua arma di distruzione di massa dei regimi nemici, il loro incubo personale, Al Jazeera, non si e potuta neutralizzare – benchè trovata! – e così la Casa Bianca, in una decisione presa lunedì 7 febbraio, ha reso pubblica la sua intenzione di migliore le sue relazioni con la catena satellitare...

F
) Le rivoluzioni tunisine ed egiziane avranno e hanno già ripercussioni gravi per tutti i regimi infeudati all’Impero. E’ da prevedere, come del resto ha fatto Hillary Clinton alla Conferenza sulla Sicurezza a Monaco, definendo il momento a perfect storm, che vari altri regimi dinosauri arabi vedranno tremare i loro troni. La regione si avvicina così sempre di più all’epicentro dell’uragano del movimento della Storia, uragano che aveva cercato di allontanare da decenni.

G
) Da un punto di vista globale, caduta la superpotenza USA e la sua egemonia quasi assoluta, il mondo va delineandosi in grandi gruppi regionali in concorrenza senza fiato. E questo futuro, se gestito con saggezza, potrà forse dire per l’umanita un mondo con meno guerre perchè gli interessi strategici saranno piu bilanciati, dovendo contendersi fra vari gruppi.

H
) Non si puo non notare il silenzio della Cina di fronte a quello che  sta succendo ora in Egitto. L’evolversi della situazione nel Paese del Nilo ha conseguenze geopolitiche a livello mondiale verso le quali la Cina emergente non puo essere indifferente. Questo e il primo segnale d’allarme tangibbile per un apparato di  Stato autoritario a capo di una popolazione enorme e che si ritrova   da un certo punto di vista con problemi socio-economici molto simili a quelli egiziani. Anche lì,ci si trova confrontati ad un vasto movimento dalle zone rurali verso quelle urbani. Anche lì l’apertura   del Paese al sacro santo dogma del neoliberalismo della globalizzazione ha creato una società piramidale con in punta un  oligarchia milliardaria e di sotto una base sempre piu allargata di   poveri e mal contenti. La Cina dovra ravvedersi molto rapidamente nel camino della sua finanza e di conseguenza della sua economia perchè la buffera potrebbe capovolgerla, e questo avrebbe conseguenze drammatiche sul resto delle economie mondiali. E’ ovvio che l’attuale stato mentale delle elite occidentali e dei loro vari surrogati in materia economico-finanziaria e sul piano sociale porterà interi Paesi verso implosioni interne pericolosissime con fratture sociali difficile da colmare.

I
) E’ vero che Mobarak ha accumulato da solo fra i 40 e i 70 miliardi di $ e che l’oligarchia intorno a lui ha fortune ingenti della stessa entità depositate essenzialmente in banche occidentali sulle due sponde dell’Atlantico, ma ciò non salverà i mercati europei da ripercussioni negative, con crolli in Borsa previsti ad esempio per le catene di distribuzioni multinazionali con interessi in Egitto. Queste scosse violente all’attuale ordine mondiale accelerano la fase prevista da Europe 20/20, nel suo numero di gennaio 2011, di confusione e indebolimento globale del modello USA.

Queste sono le diverse conclusioni da trarre da quello che avviene in Egitto. Però, ci sarebbe da aggiungere qualche riflessione sugli eventi in corso per meglio capire i cambiamenti epocali che stiamo vivendo, sia dentro l’occhio del ciclone in Medio Oriente, o più comodamente nel Vecchio Continente, oggi ingoiato in maggioranza dalla UE.

La War on Terror si svela per quello che è, un mito addetto a mantenere l’egemonia occidentale al potere. Eh sì, risulta che in Egitto lo Stato è Il Terrorismo, con l’annuncio della procedura penale verso l’ex-ministro degli Interni, Habib el Adli per il bombardamento della chiesa ad Alessandria. L’Imperatore è nudo e per milioni di arabi l’immagine si fa sempre più chiara su chi veramente si nasconda dietro Al Qaeda e il cosiddetto terrorismo islamico. Gli strumenti di comunicazione oggi in uso, il web e il suo codazzo di Facebook, Youtube, Twitter, creati e voluti direttamente o indirettamente dal Pentagono per il controllo delle masse planetarie e dei governi ostili, si rigirano come un cane impazzito e mordono la mano del loro padrone.

Nel caso egiziano, l’utilizzazione di questi mezzi e di Al Jazeera, altro esempio di cane ingrato perche fu voluta dagli yankees, negli anni ’90, per controllare la cosiddetta Arab street, ha permesso di mobilitare, coordinare e far andare avanti un movimento enorme (nel venerdi della Rabbia, in piazza, c’erano 8 millioni di egiziani) che lentamente ma sicuramente sta facendo crollare l’edificio-Quisling messo in piedi dagli anni ‘70.

Chiudo riflettendo sul pessimismo che ci fece credere che il cambiamento fosse inutile e sullo choc-sorpresa di constatare che questi giovani, di tutte le classe sociali, così denigrati per il loro menefreghismo, hanno dimostrato al mondo e alle generazioni piu anziane che non c’è vita senza speranza nè futuro senza sacrificio.

Brunella Hoyos araba libanese di madre italiana, sposata con un diplomatico in pensione; vive in Austria



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