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Matrimonio (dei preti), rimedio alla pedofilia?
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Losanna, 11 febbraio (Adnkronos/Ats) - La Polizia vodese ha confermato oggi in una conferenza stampa che il padre delle gemelline scomparse di Saint-Sulpice, Matthias Schepp, ha scritto in una lettera di aver ucciso le due bambine. La lettera porta la data del 3 febbraio, giorno in cui si tolse la vita. Egli afferma anche di trovarsi a Cerignola, in provincia di Foggia, dove intende togliersi la vita. L’esistenza di questa lettera non è stata resa nota prima per rispettare l’intimità della famiglia e per motivi d’inchiesta. La decisione è stata presa in accordo con le autorità giudiziarie e di Polizia francesi … (1).

Restiamo ancora sgomenti tra sorpresa e dolore incredulo, non appena apprendiamo novità di quel padre suicida, che prima di tale gesto orribile, arriva ad uccidere le sue due figlie. Impensabile la follia che debba scorrere nelle vene dello spirito per arrivare ad esiti tanto catastrofici. Gli episodi di omicidi/suicidi in famiglia sono un fenomeno reale e pericolosamente diffusivo. Viviamo in atmosfere di instabilità morale capaci di generare un diffuso malcontento, una latente ma suadentemente efficace insoddisfazione di fondo, che, a lungo termine e nei periodi di crisi esistenziale maggiormente acuti, sfocia in abissali deliri assassini. Vittime preferite: le persone più care; un paradosso estremo, dettato dal dolore profondo di un disperato. La disperazione avvolge parte dal cuore e penetra nell’intelletto, avvolgendolo del tutto, chiudendo ogni varco attraverso il quale possa passare il minimo spiraglio di barlume di speranza. Vuoto oscuro, come buco nero, che risucchia ogni possibile esodo verso la fonte della vita e della luce.

La tristezza diviene accordo subdolo e dominante il corso della nostra esistenza e non ci può essere nulla che freni il suo decorso: l’esito sarà il tentativo estremo di liberarsi (e liberare coloro che si amano) dal vortice di solitudine ed angoscia; tutto verte all’unico scopo: eliminare l’insopprimibile dolore di essere. Senza poter giudicare alcuno (nessuno vede il cuore, se non Dio), ci permettiamo di evidenziare che la depressione disperante (patologia, le cui origini, combinazione di fattori genetici, ambientali e psicologici, sono imputabili, secondo la scienza medica, ad una eziologia disomogenea) è esito di un malessere sorto a causa di un abbandono alla tentazione della sfiducia, tentazione suprema, perché consiste nella partecipazione al vissuto dei demoni; l’inferno è nulla più che un baratro di disperazione logorante dal di dentro, senza fine né via d’uscita. Normalmente la disperazione segue una vita di allontanamento da Dio: assenza di preghiera e di intimità con l’Altissimo. Il frutto del peccato è la morte.

Di fronte a questo scenario mesto, l’unica soluzione è un riavvicinarsi a Cristo Signore, invocandolo nel cuore, aderire a Lui, seguendo la luce dei suoi insegnamenti evangelici. Non abbiamo altra scelta per risolvere la nostra vita, orientandola a Dio e quindi alla vera felicità.

Nessuno creda di essere immune dall’attacco del maligno. La tentazione è accovacciata alla porta; occorre dominarla, con l’aiuto di Dio. La vita delle famiglie è particolarmente minacciata in materia. L’impurità dilagante costituisce la ragione prima dell’assenza di orazione e di preghiera (l’impuro recidivo inconscio prega con difficoltà ed alla fine, usualmente, anche se non sempre, molla la preghiera); il pansessualismo dilagante, forse sembrerà assurdo (ma chi scrive ne è convinto!) contribuisce moltissimo a causare omicidi e suicidi!

Tutto ciò premesso, come si può pretendere di salvare la moralità degli uomini di Chiesa (sacerdoti!), incitando la gerarchia vaticana ad abolire il celibato dei preti?

Questo sostengono ben 143 teologi, ignorando volutamente o per ignoranza come i meccanismi dei fallimenti familiari (che sfociano in omicidi e suicidi) abbiano la stessa origine della mancanza di vocazioni e della crisi di vocazioni. Non esiste una terza via. Se si vuole realmente sanare la situazione tragica che attanaglia le fila del clero, il risultato non è una fuga in avanti, ma una pausa ed un tornare indietro, alle radici della felicità e della vita.

Riporto la notizia, di seguito:

«Quando Judith Könemann, pedagoga delle religioni di Münster, ha scritto assieme ad altre otto persone un appello per unaprofonda riforma della Chiesa cattolica’ (sintitolaChiesa 2011: una svolta necessaria’) non pensava di riscuotere tanto successo. Dice: ‘Evidentemente abbiamo colpito nel segno’. Infatti, in pochi giorni, i teologi firmatari dellappello sono diventati 143, per la maggior parte tedeschi, austriaci e svizzeri: ‘Le adesioni sono state tante e molti sono quelli che in privato hanno espresso il proprio consenso ma non hanno firmato per timore di ritorsioni da parte del loro vescovo’. Insomma, si tratta di un agguerrito gruppo di persone che grazie al grande spazio che hanno dato loro i principali quotidiani tedeschi è riuscito a fare arrivare la propria voce fino a Roma. Chiedono la fine dellobbligo del celibato, lordinazione di donne prete, più partecipazione del popolo nella scelta dei vescovi, la fine del rigorismo moraleche attanaglia Roma, il Vaticano, le gerarchie. Sullagenzia di stampa cattolica della diocesi di Vienna, Kath.net, è Guido Horst, direttore in Germania di Vatican Magazine, a dire che i cattolici non si scompongono perché si tratta semplicemente di richieste di stampo protestante che nulla hanno a che vedere con la vita della chiesa».

Eppure, lo scrive lo stesso Horst, qualcuno che si scompone c’è. Sono i vescovi tedeschi, le gerarchie di una Chiesa che dopo l’annus horribilis delle rivelazioni sulla pedofilia nel clero di Germania – i casi verificatisi nel collegio Canisius di Berlino sono una ferita che ancora sanguina – sembrano incapaci di reagire.

L’origine della protesta è qui: la pedofilia nel clero. E’ nello sconquasso che ha investito la Chiesa tedesca nei mesi trascorsi che i 143 trovano lo spunto per chiedere che tutto cambi. Forti del montare dell’indignazione in molti fedeli, i teologi affondano il coltello nella carne dei vescovi, trovandola particolarmente molle. E, infatti, è principalmente a loro, ai vescovi della Germania, che il Papa sembra si sia voluto rivolgere due giorni fa. L’occasione è stata l’ordinazione episcopale di cinque presbiteri nella basilica di San Pietro. Benedetto XVI ha tenuto un’omelia dedicata alla figura del vescovo il cui testo, non a caso, è stato diffuso da subito in tedesco. Fatto inusuale, che dice della volontà del Papa di dire qualcosa ai confratelli del suo Paese. Che cosa?

Una chiamata a non cedere allo spirito del mondo. «Il pastore non deve essere una canna di palude che si piega secondo il soffio del vento, un servo dello spirito del tempo», ha detto il Papa. E ancora: «Lessere intrepido, il coraggio di opporsi alle correnti del momento appartiene in modo essenziale al compito del pastore».

Erano ventidue anni che in Germania non c’era una rivolta di teologi comparabile a questa dei 143: nel 1989 più di 220 studiosi protestarono nella Kölner Erklärung (la Dichiarazione di Colonia) contro lo stile direttivo di Giovanni Paolo II, che tra le sue colpe aveva la nomina del cardinale Joachim Meisner ad arcivescovo di Colonia nonostante il parere contrario delle anime liberal della Chiesa.

Allora come oggi il tema è generale. Non si tratta soltanto del celibato dei preti. Si tratta di una riforma che investa tutta la Chiesa, il suo governo, la sua organizzazione, l’esercizio del potere. Certo, il celibato è uno dei temi forti. Anche perché, come hanno ricordato sempre i media tedeschi, negli anni Settanta diversi teologi (tra loro anche Joseph Ratzinger, Karl Lehmann e Walter Kasper) firmarono un documento nel quale consideravano l’abolizione del celibato per i preti una delle possibili risposte alla scarsità di vocazioni.

Nell’ultimo libro con Peter Seewald Luce del mondo, Ratzinger torna sull’argomento: non chiude alla possibilità che vi siano sacerdoti sposati. Ma dice: «Il difficile viene quando bisogna dire come una simile coesistenza dovrebbe configurarsi».

Ciò che chiedono i 143 è che sul tema non vi sia silenzio. Scrivono: «Dopo la tempesta dello scandalo pedofilia non può seguire la quiete, perché sarebbe solo la quiete della tomba. Ora cè bisogno di cercare soluzioni in uno scambio di opinioni libero e onesto, per tirare fuori la Chiesa dalla sua paralizzante autoreferenzialità» (pubblicato sul Foglio l’8 febbraio 2011).

Supporre di eliminare il sintomo, senza curare l’origine del male; anzi aiutando la propagazione dell’infezione. Questo emerge da quanto scrivono questi signori! Non il minimo accenno ad una necessaria ascesi, non un ritorno alla preghiera assidua e costante. Nessuna riparazione! No! I preti abusano dei bambini, perché sono dei frustrati! Date loro una donna, affinché si possano sfogare! E vedrete che sacerdoti santi avremo!

Chi non vede in questo piena eredità freudiana? Teologi in malafede o pervertiti alla sequela dei loro istinti. Mi auguro che la Santa Sede resista; i segnali in tal senso sono positivi: nessun matrimonio, per ora! L’esito nefasto potrebbe essere quello del prete sposato, omicida e suicida! Del resto, non fu questa la fine di Lutero?

Impuro, omicida, disperato e suicida. Abbiamo esempi da non imitare.

Stefano Maria Chiari





1) http://www.adnkronos.com/IGN/News/Cronaca/Gemelline-il-padre-scrisse-Le-ho-uccise-Proseguono-le-indagini-si-cerca-in-Corsica_311668811499.html


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