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Norimberga ‘45 – ’46
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Le anomalie del Tribunale di Norimberga

Prologo

In quest’articolo cerco di illustrare le contraddizioni, le anomalie e le violazioni del Diritto (specialmente internazionale) compiute durante il Processo di Norimberga (1945-1946).

Non voglio fare opera apologeticamente laudativa di un passato, che tuttavia deve poter essere studiato, approfondito e sempre rivisitato alla luce delle nuove acquisizioni di notizie storico/scientifiche, che i ricercatori per il loro stesso mestiere compiono costantemente in tutte le epoche, altrimenti la storia si fermerebbe alla cronaca degli avvenimenti narrati nell’immediato loro svolgimento.

Qualcuno potrebbe obiettare che chi si propone di rivendicare, per principio, le ragioni di vinti (sempre buone) contro quelle dei vincitori (sempre cattive) rischia di far propria la logica manichea di parzialità e faziosità di alcuni ideologi, che applicano alla storia il principio guerresco del “vae victis”, restando, così, prigionieri di una mentalità incapace di studiare oggettivamente la storia per difendere le ragioni dei vinti, che secondo costoro avrebbero sempre ragione, mentre i vincitori avrebbero sempre torto a prescindere dai fatti storici così come si sono svolti.

Non mi sembra sia il caso del presente articolo, che si limita a elencare una serie di errori e ingiustizie commesse contro i militari tedeschi durante il Processo di Norimberga. Con ciò non voglio dire che i tedeschi non hanno non avuto nessuna colpa nello svolgimento della Seconda Guerra Mondiale, ma solo che non sono stati il “male assoluto” (come comunemente vengono ancor oggi presentati) e che molte accuse per le quali molti generali germanici sono stati condannati all’impiccagione nel 1946 sono palesemente false, sia giuridicamente che storicamente.

Quest’articoletto si propone di fare del semplice revisionismo storico/giuridico. Non penso assolutamente che le ragioni dei vinti siano sempre e necessariamente migliori e più veraci di quelle dei vincitori. Non è una questione di vinti e vincitori, ma di sapere se le accuse mosse contro i generali del III Reich a Norimberga siano state storicamente vere e corrispondenti a fatti realmente avvenuti e, quindi, giuridicamente giuste.

Condannati prima ancora di essere stati giudicati

Prima ancora di iniziare il processo a Norimberga (20 novembre 1945 – 1° ottobre 1946) il generale Dwight David Eisenhower († 1969), Comandante supremo dell’Esercito Statunitense e poi Presidente Usa per due mandati dal 1953 al 1960, visitando il quartier generale del corpo di spedizione alleato in Europa (Shaef), il 7 agosto del 1944, espose al Ministro del Tesoro statunitense  Henry Morgenthau la sua idea di punire in caso di vittorial’intero popolo tedesco perché affetto di paranoia” (H. R. Morgenthau, Germany is our problem, New York, 1947; Diario di Morgenthau alla data 12 agosto 1944, presso Roosevelt Library, in Morgenthau papers, vol. 763; Memorandum di Eisenhower al Ministero della Guerra, agosto 1947, presso Eisenhower Library, Pre-Presidential papers, file 152 “Morgenthau Plan”).

Ora a parte il fatto che un ammalato mentale come il paranoico va curato in manicomio (eventualmente “criminale”) e non punito con l’impiccagione, mi sembra anche improbabile che tutti i tedeschi degli anni Trenta/Quaranta fossero affetti da paranoia.

L’assistente di Morgenthau, Fred Smith, che, assistendo ai colloqui di Morgenthau con Eisenhower, prendeva appunti, ha confermato questo piano Eisenhower-Morgenthau in un articolo apparso sulla Rivista statunitense United Nations World (marzo 1947, p. 32).

Morgenthau il 10 agosto 1944 ne parlò con Winston Churchill, che si disse sostanzialmente d’accordo con le idee di Eisenhower (Diario di Morgenthau, in data 19 agosto 1944).

Morgenthau gettò le basi del Piano che sarebbe stato, successivamente, attribuito solo a lui e chiamato, quindi, “Piano Morgenthau”, secondo cui si sarebbe dovuto ridurre la Germania ad una colonia agricola, senza attività industriali, e il suo collaboratore Harry Dexter White trascrisse il discorso-programma di Morgenthau (in Memorandum di H. D. Withe, in data 13 agosto 1944, presso la Princenton University, Seeley Mudd Library, H. D. Withe papers).

Il 19 agosto 1944 Morgenthau, tornato a Washington, disse al Presidente Franklin Delano Roosevelt che alcuni in Europa pensavano di assicurare un futuro roseo alla Germania; allora Roosevelt rispose: “Dobbiamo essere duri con tutto il popolo tedesco e non solo coi nazisti. Non c’è altra scelta: castrare i tedeschi o impedire in altro modo che continuino a generare figli che si comportino come i loro genitori” (Diario Morgenthau, in data 19 agosto 1944)[1].

Anche qui abbiamo la decisione di evirare tutti i tedeschi per le colpe commesse, secondo il pregiudizio sopra esposto, da tutto il popolo germanico in quanto affetto da paranoia, mentre la colpa richiede, per esserlo formalmente, la piena avvertenza dell’intelletto e il pieno consenso della volontà, che invece mancano al paranoico.

L’11 settembre 1944 Roosevelt e Churchill si incontrarono a Quebec e poi privatamente a Hyde Park; per tutto il 1944 Churchill aveva espresso l’idea secondo cui i capi dell’Asse Roma-Berlino-Tokio sarebbero stati uccisi non appena catturati con esecuzioni sommarie (Memorandum Simon, The punishment of Hitler and his chief associates, in data 4 settembre 1944, presso il Public Record Office, file LCO.2/2981) e il Presidente degli Usa si trovò totalmente d’accordo con Morgenthau.

L’esecuzione sommaria di un prigioniero è un crimine. Infatti egli ha diritto ad un giusto processo anche se è stato il capo di vinti.

Una direttiva emessa il 14 ottobre 1944 dai Capi di Stato maggiore Alleati metteva in luce la necessità di eliminare fisicamente la classe militare tedesca (Memorandum del maggiore A. K. S. Morrice, in data 14 ottobre 1944 indirizzato al capo di Stato maggiore dello Shaef con allegata la Direttiva 1067/2 dei Capi di Stato maggiore, presso la Eisenhower Library).

Anche qui l’eliminazione di un’intera classe militare a partire dai soldati sino ai generali non mi pare equa giuridicamente e corrispondente alla verità storica dei fatti come realmente si sono svolti.

Inoltre il 20 settembre 1944 il Ministro della Guerra Stimpson seppe da lord Halifax e da sir Cadogan del Foreign Office che Roosevelt era “fermamente deciso a far fucilare i capi del nazismo senza alcun processo” (Diario Stimpson, in data 20 settembre 1944, presso la Yale University Library, H. L. Stimpson papers, microfilm reel 9). Anche Churchill era dello stesso parere (Verbali incontro Churchill, Stalin e Molotov, 9 ottobre 1944, ore 10, presso Public Record Office, file PREM.3/434/2).

Stalin a Yalta il 26 gennaio 1945, invece, avrebbe voluto un’apparenza di processo con successiva esecuzione di tutti gli imputati per salvare le apparenze (Conversazione Roosevelt Stalin, 4 febbraio 1945, presso i National Archives, RG.59).

Paradossalmente Stalin, anche se in maniera un po’ ipocrita, aveva delle intenzioni meno radicali e brutali degli Alleati.

Senonché il 12 aprile del 1945 Roosevelt morì e gli succedette Harry S. Truman, che su questa questione aveva idee molto diverse e volle che un processo precedesse la condanna dei capi dell’Asse Roma-Berlino-Tokio. Fu solo così che in Germania si arrivò al Processo di Norimberga nel 1945-1946. In Italia, a causa dell’armistizio dell’8 settembre, i processi vennero condotti in maniera meno plateale e cruenta. Invece in Giappone, a Tokio, vennero processati 28 alti ufficiali, ministri e diplomatici, dei quali 7 vennero condannati a morte e nessuno assolto pienamente.

Tedeschi condannati per crimini commessi da una delle quattro potenze vincitrici e giudicanti

L’Urss nel 1939 attaccò la Finlandia senza essere stata aggredita né provocata. Inoltre aveva invaso e si era impadronita della metà orientale della Polonia nel settembre del 1939 e ne aveva deportato gli abitanti. Ora i Tedeschi furono processati e condannati, anche dai Sovietici stessi, per l’aggressione alla Polonia. Merita una menzione speciale l’eccidio di migliaia di ufficiali, prigionieri di guerra, da parte dei Sovietici a Katyn per il quale i Russi nel 1946 condannarono (assieme agli Usa, all’Inghilterra e alla Francia) i Tedeschi che tutti sapevano non essere i veri responsabili di quel crimine.

Gli Usa sganciarono due bombe atomiche sulle città (ripiene di civili: vecchi, donne e bambini compresi) di Hiroshima (6 agosto 1945) e Nagasaki (9 agosto 1945)[2], ma a Norimberga gli Usa non ne vennero accusati. Inoltre il 14 maggio 1945 alcuni ufficiali statunitensi mostrarono al giudice Robert Jackson dei manifestini, che gli aerei americani avevano lanciato a milioni sul Giappone, rappresentanti una famiglia nipponica carbonizzata dalle fiamme dei bombardamenti, e il testo che accompagnava la fotografia minacciava, in palese violazione della Convenzione dell’Aja, altri bombardamenti se il Giappone non si fosse arreso (Diario di Jackson, in data 14 maggio 1945).

L’Inghilterra aveva progettato con Churchill nel 1940 un’invasione della Norvegia, ma a Norimberga non venne processata per questa guerra d’aggressione programmata anche se non eseguita. Inoltre la Gran Bretagna rinviò in Urss decine di migliaia di Russi catturati assieme ai Tedeschi, in gran parte Cosacchi o Russi-bianchi, che erano fuggiti prima della Seconda Guerra Mondiale a causa del Bolscevismo e che furono consegnati nelle mani della Polizia Segreta di Stalin, la quale li condannò a morte. Allo stesso modo i Britannici, nel maggio del 1945, riconsegnarono alla Jugoslavia di Tito tre battaglioni di Serbi che avevano combattuto contro Tito, come pure 11 mila ausiliari Sloveni, 80 mila soldati Croati e a 30 mila civili della Croazia, che si erano arresi agli Inglesi e che questi riconsegnarono a Tito e che vennero trucidati. Infine i Britannici sganciarono delle bombe al fosforo (arma vietata dalle convenzioni di guerra) su Amburgo e Dresda (soltanto a Dresda in una sola notte morirono 100 mila civili)[3]. Di tutti questi fatti i vincitori non vennero accusati, anche perché nel Tribunale di Norimberga l’accusa, i giudici e i carcerieri erano la stessa entità, che non solo non poteva essere imparziale nel giudicare i Tedeschi, ma non avrebbe mai non dico condannato, ma neppure posto sul banco degli imputati se stessa. La Germania, accusata e condannata, aveva in magazzino migliaia di tonnellate di gas letali (Sarin e Tabun), ma Hitler ne aveva vietato l’uso sino al momento in cui gli Anglo/Americani avessero per primi violato le convenzioni internazionali di guerra (Rapporto dei Capi di Stato Maggiore alleati sull’uso delle armi chimiche, in data 29 gennaio 1945, presso la Hoover Library, Frederick Anderson papers).

L’Esercito Polacco Clandestino nel 1943 si vantò con gli Americani di aver fatto uso con gran successo, contro le truppe tedesche occupanti, di gas mortali e di bacilli di tifo (Rapporto del Colonnello polacco L. Mitkievwicz, in National Archives, RG.218, file CCS/381). Ma non fu processato per questo crimine di guerra.

Secondo il regolamento del processo di Norimberga gli avvocati difensori dei Tedeschi non potevano appellarsi al principio giuridico del Tu quoque (anche tu lo hai fatto), cosa che avrebbe messo in serio imbarazzo tutti i vincitori giudicanti.

Le leggi retroattive

Gli Alleati, oltre a respingere gli argomenti della difesa che potendo essere sollevati li avrebbero messi in imbarazzo (abbiamo già visto il principio del “Tu quoque”), processarono i Tedeschi anche in base a leggi che non esistevano al tempo dei loro presunti crimini e che vennero rese retroattive (per esempio i “crimini contro la pace”). Inoltre i generali tedeschi non potevano obiettare che in quanto militari dovevano obbedire agli ordini superiori.

La difesa protestò, ma inutilmente, che questa era una “giustizia ex post facto, ossia retroattiva”. Infatti l’accusa nel 1945-1946 per i “crimini contro la pace” secondo il Diritto internazionale era priva di fondamento legale in quanto essa si basava su una legge nuova, che non esisteva all’epoca in cui i generali germanici avrebbero commesso dei “crimini contro la pace” (cfr. New York Times, 22 dicembre 1945). Pari modo i difensori tedeschi obiettarono, ma senza successo, che secondo il Diritto naturale “nullum crimen sine lege, nulla poena sine lege / non c’è crimine e non c’è pena se non c’è una legge che vieta un atto”, che in breve non si possono punire azioni commesse quando non erano contrarie alla legge. Per fare un esempio, se passo in una strada cui non è stato ancora affisso il divieto di transito, non commetto nessuna infrazione e non posso essere multato; se il giorno dopo l’autorità civile fa affiggere a quella strada il divieto di transito, non può multarmi perché vi son passato il giorno prima, quando il transito era lecito.

Il giudice della Corte Suprema americana William O. Douglas ha scritto: “secondo la nostra visione della legge nessuno può essere giudicato perché accusato di aver violato una legge ex post facto […]. Ritengo che i processi di Norimberga abbiano applicato nei confronti degli accusati una legge di tale tipo. […]. Prima dei processi di Norimberga i crimini dei quali i nazisti furono accusati non erano considerati tali dalle leggi penali” (W. O. Douglas, An almanac of liberty, New York, 1954, p. 96).

Ora queste norme, applicate a Norimberga nel 1945-1946, erano in contrasto con i manuali di Diritto penale militare esistenti all’inizio della Seconda Guerra Mondiale sia in Germania che nel campo angloamericano. Per esempio l’articolo 47 del Codice militare di guerra tedesco stabiliva: “se una legge penale è violata in esecuzione di un ordine superiore, il responsabile è colui che ha impartito l’ordine. Il subordinato che ha eseguito l’ordine è passibile di punizione solo se ha ecceduto nell’eseguire l’ordine oppure se sapeva che l’ordine ricevuto comportava un’attuazione di un  crimine o una violazione di una legge”; anche il Manual of Military Law (Manuale britannico di legge militare) all’articolo 443 stabiliva: “i membri delle forze armate responsabili delle vigenti regole di guerra, in séguito ad un ordine del loro governo o dei loro comandanti, non sono criminali di guerra e non possono essere puniti dal nemico”; pure l’articolo 347 dei Rules of Land Warfare statunitense stabiliva il medesimo principio, ma questi articoli furono cambiati furtivamente dagli angloamericani verso la fine del 1944 (D. Irving, Norimberga, cit., p. 167).

Tribunale militare internazionale?

Il Tribunale di Norimberga è stato e continua ad essere definito “militare e internazionale”. Ora esso non è mai stato internazionale perché composto da sole 4 Nazioni vincitrici[4] (e quindi era il tribunale dei vincitori e non di tutte o molte Nazioni) e neppure un Tribunale militare perché solo il giudice russo era un militare mentre gli altri 3 erano civili, e molti di essi erano massoni, come dimostra, con prove inoppugnabili, David Irving nel suo libro e, quindi, non imparziali nei confronti degli incriminati.

Inoltre due giudici americani (Biddle e Jackson) avevano collaborato prima del Processo di Norimberga col Governo americano quando aveva deciso di progettare la messa in stato di accusa dei futuri criminali di guerra tedeschi in caso di loro sconfitta. Ora questa circostanza avrebbe dovuto portare, in un processo equo, alla ricusazione dei giudici per la loro possibile mancanza di obiettività, ma a Norimberga ciò non avvenne.

La separazione del potere legislativo, giudiziario ed esecutivo

Il Tribunale di Norimberga violò apertamente il concetto, comune alle democrazie moderne, della separazione del triplice potere (giudiziario, legislativo ed esecutivo). Infatti, dopo aver fatto arrestare gli imputati, chi aveva anche fatto le leggi in base alle quali accusarli, li ha giudicati e fatti impiccare a Norimberga.

L’avvocato difensore di Dönitz, Otto Kranzbühler, ha detto: “se il legislatore, il giudice e l’accusatore sono la stessa persona è lecito nutrire forti preoccupazioni sulle conclusioni del loro lavoro”, ma a Norimberga nel 1946 il legislatore, il giudice e l’accusatore erano i 4 giudici vincitori.

Jackson, Fyfe, Falco e Nikitchenko avevano tutti e 4 preso parte ai negoziati per la stesura dell’accordo in base al quale giudicare i rei a Norimberga, avevano stilato assieme le norme retroattive, avevano compilato la lista dei nomi degli imputati, ed ora a Norimberga li interrogavano, li accusavano, li giudicavano e li avrebbero condannati alla forca, come già era stato deciso prima che il processo iniziasse. Otto Kranzbühler disse che “sarebbe stato voler chiudere gli occhi davanti alla realtà il sostenere che quei 4 giudici, in quelle circostanze, sarebbero stati oggettivi e liberi da pregiudizi” (Rückblick auf Nürberg, Norimberga, settembre 1949, p. 12).

Prigionieri ai lavori forzati

Gli Alleati accusarono i generali tedeschi di aver usato dei prigionieri come schiavi forzati. Ora Roosevelt in persona aveva approvato a Yalta la deportazione in Urss di circa 200 mila Tedeschi (che divennero man mano 2 milioni) per impiegarli nei lavori forzati e gli Americani fornirono al Belgio lavoratori forzati italiani nelle miniere di carbone. Ora la Convenzione di Ginevra vietava a tutte le Nazioni di trasferire i propri prigionieri di guerra ad altre Nazioni, ma ciò non venne imputato dagli Alleati agli… Alleati a Norimberga. Eppure il “male assoluto”, Hitler in persona, aveva rispettato la Convenzione di Ginevra e perciò non aveva reagito ai bombardamenti al fosforo su Dresda[5] ricorrendo ai suoi immensi arsenali di armi chimiche in quanto non erano ammesse dalle Convenzioni internazionali (cfr. D. Irving, cit., p. 192).

Disparità di trattamento tra testimoni dell’accusa e della difesa

I testimoni della difesa (a favore dei generali tedeschi) erano alloggiati in un edificio del carcere in condizioni simili a quelle degli imputati, che erano assai tristi e severe. I testimoni dell’accusa, invece, erano sistemati con ogni comodità e ricevevano speciali razioni alimentari, violando così le regole della par condicio, le quali dovrebbero valere per tutti i tipi di testimoni sia a favore che contro gli imputati (D. Irving, cit., p. 252).

L’invasione della Norvegia da parte della Germania e dell’Inghilterra

Nel 1940 Hitler aveva progettato di invadere la Norvegia per prevenire un analogo piano d’invasione anglofrancese. Nel marzo 1946 i difensori tedeschi del generale Keitel sfidarono il governo britannico a produrre i documenti del Foreign Office del governo relativi ai piani di Churchill identici a quelli dei Tedeschi per l’invasione della Scandinavia che era neutrale. Ora la cosa più imbarazzante, sostiene Irving con ampia documentazione (rinvio il lettore allo studio del suo libro), è che l’obiezione dei difensori di Keitel rispondeva alla verità e si trovava confermata in alcuni documenti captati dai tedeschi nella Francia occupata (Memorandum di sir Norman Brooke a sir Orme Sargent, 16 marzo 1946, presso Public Records Office, file Prem.8/393). In effetti nel 1940 Churchill aveva programmato un’entrata in guerra in Scandinavia per aiutare la Finlandia contro la Russia. Per questo motivo il governo inglese e i giudici di Norimberga decisero di non esibire i documenti anche perché non sapevano che cosa contenessero i documenti caduti in mano dei Tedeschi in Francia (Memorandum di sir Norman Brooke a sir Leslie Rowan, 29 marzo 1946, presso Public Records Office, file Prem.8/393). La verità storica e l’equità del diritto vennero perciò sepolte e la Gran Bretagna fu salva, mentre Jodl e Keitel finirono impiccati.

Violazioni del segreto professionale tra avvocati e clienti difesi

I vinti disponevano di tutte le risorse tecnologiche e investigative per spiare e registrare le conversazioni tra avvocati e assistiti. Persino degli psichiatri erano mandati a colloquio con i prigionieri per tentare di capire quale linea di difesa avrebbero tenuto e riferirla ai giudici. Infine la censura cancellava dalla corrispondenza dei prigionieri ogni elemento che potesse essere utile per i difensori (cfr. Incartamenti Trevor Roper, Institute für Zeitgeschichte, Irving Collection). Tutto ciò da un punto di vista giuridico non è lecito né legale. Eppure a Norimberga fu fatto.

Gli altri processi

Oltre al Processo principale di Norimberga gli Alleati eseguirono numerosi altri processi: l’Inghilterra ne eseguì 541, l’Australia 275, il Canada 5, la Francia 271, l’Olanda 35, la Polonia 25, la Norvegia 11, la Cina 2 e la Grecia 1.

Inoltre gli Americani celebrarono a Norimberga molti piccoli processi successivi a carico di 199 imputati e impiccarono parecchie centinaia di Tedeschi. In Giappone a Tokio vennero processati 28 generali di cui 7 furono impiccati.

Un consuntivo di Norimberga

A Norimberga fu stabilito che l’invasione tedesca della Polonia fu un’invasione puramente aggressiva e non si considerò che il “corridoio di Danzica” (ricavato a Versailles per dare alla Polonia uno sbocco sul mare, sottraendolo alla Germania sconfitta nella Prima Guerra Mondiale) aveva diviso la Germania orientale o Prussia dalla Germania occidentale, per cui il III Reich chiese alla Polonia la riunificazione della Germania occidentale e orientale, cedendo il “corridoio di Danzica” dietro compensi da pattuire. La Polonia non volle sentir ragioni e allora fu invasa. Questa circostanza attenuante non fu considerata durante il Processo di Norimberga.

La tesi dei difensori tedeschi (oggi ammessa anche da molti studiosi di storia e persino dai Russi[6]) che la guerra di Hitler contro l’Urss di Stalin fosse una guerra di prevenzione per impedire che l’Urss attaccasse per prima la Germania, la quale si trovava rispetto al colosso sovietico in posizione d’inferiorità ed aveva come unica arma la sorpresa e il colpire preventivamente, tentando il tutto per tutto, fu rigettata dai giudici: la guerra contro l’Urss fu considerata aggressiva e i generali che la condussero, anche se dietro l’ordine del Capo supremo, vennero incriminati pure per questo.

Anche l’invasione della Norvegia da parte della Germania non volle essere considerata preventiva, ma puramente aggressiva, mentre vi erano le prove che gli anglofrancesi stavano per invadere la Norvegia e accerchiare la Germania.

Poco noto è il fatto che nonostante tutti gli sforzi il Tribunale di Norimberga non riuscì a provare che la guerra tedesca contro la Francia e l’Inghilterra fosse una guerra d’aggressione. Infatti dopo l’invasione della Polonia da parte della Germania l’Inghilterra e la Francia dichiararono guerra alla Germania, che non solo non dichiarò a sua volta guerra, ma offerse loro la pace, che però venne rifiutata. Inoltre Hitler non volle far sterminare l’Esercito inglese a Dunkerque, dopo aver conquistato la Francia in 40 giorni, per convincere il governo britannico della sua volontà di vera alleanza con esso per combattere l’Urss (D. Irving, cit., p. 431).

I giudici non riuscirono a provare che il popolo tedesco fosse a conoscenza del cosiddetto sterminio o genocidio degli ebrei, che non poté essere imputato a tutta la Germania come una colpa collettiva (ne parleremo nel prossimo articolo).

La Germania fu trattata come Vercingetorige, strangolato ai piedi di Giulio Cesare nel Carcere mamertino in Roma solo perché capo dei vinti, ma almeno Giulio Cesare non si nascose dietro il paravento di un equo processo come fecero i vincitori a Norimberga.

Infine nell’immediato dopoguerra l’Urss aggredì nel 1951 la Corea del Sud; mentre la Francia, l’Inghilterra e Israele aggredirono l’Egitto nel 1956, ma nessuno ha protestato o eretto forche; ultimamente nel 2003 gli Usa hanno aggredito l’Iraq con la scusa della sua presunta bomba atomica mai provata e mai trovata; nel 2010 la Francia ha aggredito la Libia mentre la Siria è stata aggredita dagli Usa e Nato per interposta potenza (Isis), ma questi non sono crimini di guerra perché sono stati commessi popperianamente da popoli “modernizzati, democratici, occidentali e civilizzati”… “Vae victis!”.

Cosa sapevano i tedeschi della shoah?

Innanzi tutto molti campi di concentramento tedeschi nei primi mesi dopo la fine della guerra erano in mano dell’Armata Rossa (si veda il più famoso, Aushwitz); quelli che si trovavano sotto la supervisione angloamericana furono fotografati e ci hanno trasmesso delle scene raccapriccianti, ma la maggior parte dei cadaveri sono di morti per fame, per epidemie (specialmente il tifo), per freddo e per stenti. Ora gli ultimi mesi del 1944 avevano visto in Germania ingenti bombardamenti delle linee ferroviarie, degli stabilimenti farmaceutici e di alcuni campi di concentramento tedeschi (vedi il caso di Mauthausen ove morì sotto il bombardamento alleato la principessa Mafalda di Savoia). Quindi non si possono incriminare i Tedeschi di aver fatto morire i prigionieri di quei campi di concentramento dove la vita non era facile, ma non era neppure l’inferno[7] che la propaganda alleata ha voluto farci credere (cfr. Archivi Attorney General’s Comitee; Archivi British War Crimes Executive, presso Public Record Office, file LCO.2/2980).

I filmati delle fosse comuni

Nei filmati girati dagli Alleati e fatti vedere agli imputati di Norimberga si riscontrarono dei film/montaggi. Quando i filmati erano stati girati dai Tedeschi per documentare le atrocità dei bombardamenti alleati sulle città e gli stabilimenti bellici germanici, che avevano massacrato migliaia di innocenti (donne, vecchi, bambini e civili) e questi filmati erano stati aggiunti e incollati alle bobine dei filmati alleati così che alcuni degli spettatori tedeschi si riconobbero sugli schermi; è famoso il caso di un ex impiegato della fabbrica d’aerei Messerschmitt (cfr. D. Irving, cit., p. 118). Inoltre Göring si disse certo che alcune foto di Dachau erano state scattate negli ultimi caotici giorni del III Reich quando morirono Tedeschi e prigionieri dei campi di concentramento (cfr. Interrogatorio di Göring Saic/X/5 presso i National Archives, RG.322, ETO.G-2 section, box 73).

Jackson e le lobby ebraiche

Sappiamo che il giudice Robert Jackson attorno all’11 giugno del 1945 ebbe un incontro con alcune potenti organizzazioni ebraiche americane, le quali gli chiedevano di avere una parte attiva e pubblica nello svolgimento del Processo di Norimberga, volendo trattare il problema dell’antisemitismo del III Reich come un affare a parte, ritenendo che il Reich avesse sterminato 6 milioni di ebrei dell’Europa nord orientale. Ciò che lascia perplessi di questa cifra è che ben 25 anni prima, alla fine della Prima Guerra Mondiale, la comunità ebraica americana aveva lamentato un identico “olocausto” (dove si parlava di “crocifissione”) di 6 milioni di israeliti (cfr. l’articolo “La crocifissione degli ebrei deve terminare”, in American Hebrew, 31 ottobre 1919).

Il 31 luglio 1945 il leader sionista e futuro Presidente dello Stato d’Israele Chaim Weizmann chiese ancora una volta a Robert Jackson che gli ebrei avessero un ruolo attivo nel Processo di Norimberga poiché erano l’unico popolo contro il quale era stata eseguita una sistematica politica di sterminio pianificato, ma Jackson non fu favorevole (cfr. Diario Jackson, 31 luglio 1945).

Il caso Kempner

Tuttavia Jackson acconsentì a far assumere un ebreo, il dr. Robert Kempner,  per la presentazione degli atti d’accusa al Processo, ma il comportamento di costui fu davvero eccessivo tant’è vero che negli Archivi di Norimberga esiste un memorandum del colonnello Telford Taylor, che diffidava Kempner dall’esercitare pressioni sui prigionieri durante gli interrogatori, promettendo loro una liberazione anticipata (cfr. National Archives, RG.238, Entry 199, Records HQ, 6850th International Security Detachment IMT, box 15); anche l’avvocato di von Ribbentropp, Friedrich Gaus, lamentò di essere stato minacciato dal Kempner di essere consegnato ai Sovietici (cfr. Affidavit di F. Gaus 15 marzo 1945, presso i National Archives, RG.328, US Chief of Counsel in Nuremberg, Main Office files, box 180).

Kempner portò alla luce, negli Archivi del Ministero tedesco degli Esteri, la copia originale n. 16 del famoso Protocollo di Wannsee del 20 gennaio 1942 e lo lesse arbitrariamente come prova di una “soluzione finale fisica” degli Ebrei e non “geografica” come il Protocollo recitava.

Il sapone fatto con i cadaveri degli Ebrei

Il propagandista sovietico Ilya Ehrenburg inventò di sana pianta la favola accolta dal Tribunale di Norimberga, che è stata inclusa nella sentenza finale contro i gerarchi germanici[8], la quale ancora oggi gode di una certa credibilità presso il pubblico, ma che è stata smentita dagli Ebrei medesimi (Dichiarazione di Shmuel Krakoski, Direttore degli Archivi del Museo Yad Vashem di Gerusalemme, pubblicata in anteprima dal Chicago Tribune, 25 aprile 1990 e ripresa dalla stampa di quasi tutto il mondo), secondo cui i Tedeschi fabbricavano sapone servendosi dei resti degli Ebrei uccisi (gasati o cremati) con sopra stampata la sigla “RJF” (“Puro Grasso Ebraico”).

Decifrazione dei messaggi sulle camere a gas

Dopo la primavera del 1942, per un anno intero, gli Alleati avevano intercettato e decifrato i rapporti segreti inviati a Berlino  dai Comandanti SS impegnati nel rastrellamento degli Ebrei dietro il fronte orientale; inoltre erano stati decifrati anche i messaggi che i Comandanti dei 7 principali campi di concentramento (Dachau, Buchenwald, Aushwitz…) inviavano quotidianamente a Berlino a proposito dei trasferimenti e della mortalità dei lavoratori forzati, ma in tutti quei messaggi, stranamente, non c’era alcun riferimento a uccisioni mediante gas, a uccisioni di massa o a cremazioni di persone vive (persino ad Aushwitz, ove dal 1942 erano morte decine di  migliaia di persone per tifo, freddo e stenti) e tuttavia le decifrazioni furono utilizzate per incriminare i gerarchi tedeschi di sterminio di massa (F. H. Hinsley, British intelligence in the second world war. Its influence on strategy and operations, Cambridge, 1979-1984).

Il caso del campo di Dachau è tipico. Infatti è storicamente accertato che a Dachau non vi erano camere a gas letali (cfr. International Military Tribunal, vol. V, p. 172 ss.; Die Zeit, 19 agosto 1960) e tuttavia alcuni internati tedeschi a Norimberga sotto interrogatorio furono spinti a confessare di aver ucciso molti Ebrei nelle camere a gas. Inoltre, avendo gli Americani affidato il compito di eseguire le autopsie su cadaveri rinvenuti a Dachau (purtroppo non è stato fatto anche ad Aushwitz) a dei medici patologi sotto la direzione del prof. Charles P. Larson, essi stilarono un rapporto scientifico medico/legale secondo cui quasi tutti i defunti erano morti per “cause naturali” legate allo stato di guerra: malnutrizione, freddo, febbre, lavori pesanti e soprattutto tifo… (cfr. J. D. McCallum, Crime Doctor, Washington, Mercer Island, 1978, p. 46 ss.). Il prof. Larson fu elogiato per il suo lavoro di capo-patologo dall’Università del Kansas nel 1980; dopo di ciò egli mise in evidenza il fatto che gli ebrei defunti “erano morti a causa delle condizioni alle quali erano assoggettati e non per uno sterminio di massa e che nei campi di concentramento il 90% moriva a causa della tubercolosi, che dilagava di baracca in baracca” (cfr. Wichita Eagle, 1° aprile 1980).

Conclusione

Dalle citazioni di Irving e dai documenti da lui portati alla luce appare che vi è stata realmente una deportazione di Ebrei nei campi di concentramento tedeschi, ma non vi è traccia di un piano predeterminato della loro uccisone ed eliminazione tramite camere a gas o forni crematori. Inoltre gli Ebrei che morirono nei lager furono uccisi dal tifo, dalla tubercolosi, dal freddo, dagli stenti e soprattutto dalle conseguenze dei bombardamenti degli Alleati sulla Germania, che si trovava stremata e alla fame a partire dal 1944.

Norman G. Finkelstein - un ebreo americano, i cui genitori furono deportati in un lager tedesco - fa alcune amare riflessioni (che possiamo far nostre) su quella che egli chiama “la fabbrica dell’olocausto”, definendola una costruzione ideologica di sfruttamento della shoah fatta a posta per interessi materiali, di potere geopolitico ed economico, che è peggiore dell’oblio in quanto vuole sfruttare la sofferenza degli ebrei che realmente furono deportati in campi di lavoro (La fabbrica dell’olocausto, Milano, Bompiani, 2003).

Dopo la “Guerra dei 6 giorni” del 1967, per il Finkelstein, si è utilizzato il dramma della deportazione degli Ebrei nei campi di lavoro, costruendoci sopra il “mito olocaustico”, per giustificare la politica aggressiva di Israele nei confronti dei Palestinesi e degli Egiziani e per spegnere ogni critica nei confronti dello Stato d’Israele.

Secondo Finkelstein “la letteratura sulla soluzione finale fisica degli Ebrei non ha nessun valore scientifico”. Gli studi sull’olocausto son pieni di contraddizioni, frodi e mancano di prove reali, ma Ben Gurion aveva predetto: “Dobbiamo servirci di Hitler per costruire la nostra patria”.  Quindi l’olocausto doveva esistere per far sussistere lo Stato di Israele.

Secondo Peter Novik, un docente universitario ebreo-americano, “gran parte dei decessi di Ebrei nei campi di concentramento germanici si è avuta negli ultimi mesi del conflitto e non sarebbe stata così grande senza la pretesa degli Alleati di una resa senza condizione della Germania” (The Holocaust in American Life, 1999).

d. Curzio Nitoglia



[1] Cfr. D. Irving, Norimberga, ultima battaglia, Roma, Edizioni Settimo Sigillo, 2002, pp. 26-33; Id., Il piano Morgenthau 1944-45, un genocidio mancato, Roma, Edizioni Settimo Sigillo, 2004.

[2] Specialmente la seconda bomba risultò particolarmente criminale in quanto sganciata dopo che il Giappone aveva domandato la resa a causa della prima bomba su Hiroshima, che aveva causato la morte di oltre 70 mila persone.

[3] Cfr. D. Irving, Apocalisse 1945. La distruzione di Dresda, Roma, Editrice Settimo Sigillo, 2004.

[4] I Polacchi chiesero ripetutamente di poter giudicare i Tedeschi che avevano operato in Polonia dopo l’occupazione del 1939, ma ciò non venne loro concesso, anche perché avrebbero potuto chiedere di giudicare i Sovietici che avevano occupato anch’essi la Polonia assieme ai Tedeschi e ancora la occupavano…

[5] Cfr. D. Irving, Apocalisse 1945. La distruzione di Dresda, Roma, Editrice Settimo Sigillo, 2004.

[6] Cfr. V. Suvorov, Stalin, Hitler, la rivoluzione bolscevica mondiale, Milano, Spirali, 2000.

[7] Per esempio, nei lager tedeschi i prigionieri vivevano dentro baracche di legno, con un pavimento di legno e 6 letti a castello di legno; mentre nelcampi di concentramento alleati in Italia, ad Afragola o a Coltano, i prigionieri vivevano in una tenda da campo, che non aveva neppure un telo per pavimento e dormivano, quindi, sulla nuda terra.

[8] In Francia oggi è reato penale negare questa invenione. In Germania il quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung, 6 maggio 1995 la riportava come veritiera.

 
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