Georgia: ha perso Israele
11 Agosto 2008
Un «mercenario americano» sarebbe stato catturato nell’Ossezia del Sud
mentre combatteva per i georgiani in qualità di «istruttore». Lo
riporta la radio locale Osetinskoe Radio, che precisa: l’uomo faceva
parte di un gruppo di stranieri armati catturati vicino al villaggio di
Zar, che si trova lungo quella che gli osseti russofoni considerano «la
via della vita», perchè vi passano i rifornimenti dalla Russia. Il
personaggio catturato sarebbe pure negro, e sarebbe stato portato a
Vladikavkaz «per accertamenti sui motivi della sua permanenza in
Ossezia».
La notizia non è controllata. Ma viene fra molte
informazioni che confermano la presenza di combattenti stranieri.
Secondo Eduard Kokoity, «presidente» della Sud-Ossezia citato
dall’agenzia russa RIA, «dopo i combattimenti abbiamo trovato numerosi
cadaveri di cittadini baltici ed ucraini; in seguito sono stato
informato che corpi di diversi negri sono stati trovati sulla scena
della battaglia presso la scuola numero 12»
(1).
In
attesa di conferme, ce n’è già più d’una da parte giudeo-occidentale.
Il giorno 8 agosto, quando i kartuli sono partiti all’attacco convinti
di una rapida vittoria sugli osseti, il ministro georgiano Temur
Yakobashvili, che è ebreo come indica il suo nome («figlio di Yakov»),
e parla un ebraico fluente, esultava pubblicamente: «Gli israeliani
devono essere fieri dell’addestramento che hanno dato ai soldati
georgiani... Ora speriamo nell’assistenza della Casa Bianca, perchè la
Georgia non può vincere da sola».
Ancor più chiaramente
l’agenzia israeliana Debka (un noto centro di disinformazione del
Mossad), lo stesso giorno, sicura della vittoria, annunciava:
«Cingolati e fanteria georgiani, aiutati da istruttori militari
israeliani, nella mattinata hanno conquistato la capitale della
Sud-Ossezia secessionista, Tskhinvali». E, citando «le sue esclusive
fonti militari» era in grado di spiegare quale sia «l’ìnteresse di
Israele nel conflitto»
(2).
Eccolo:
«Gerusalemme
possiede un forte interesse nella pipeline che porta gas e greggio
del Caspio al porto turco di Ceyhan, senza bisogno di usare le reti di
gasdotti russi. Sono in corso intensi negoziati tra Israele, Turchia,
Georgia, Turkmenistan e Azerbaijian affinchè l’oleodotto raggiunga la
Turchia e da lì il terminale petrolifero di Israele ad Ashkelon e di
seguito il porto di Eilat sul Mar Rosso. Da lì, super-petroliere
possono portare il gas e il greggio in estremo oriente attraverso
l’oceano indiano».
Dunque la Vittima Eterna non vuole solo
assicurarsi il petrolio per i suoi consumi interni, bensì partecipare
al grande business, far dipendere l’Asia dalla sua buona volontà di
fornitrice.
Debka continua: «L’anno scorso il presidente
georgiano ha assunto da ditte israeliane di sicurezza (sic) alcune
centinaia di istruttori militari, si stima oltre mille, per addestrare
le forze georgiane in tattiche di commando, e di combattimento aereo,
navale e corazzato. Hanno fornito addestramento in intelligence
militare e sicurezza per il regime. Tbilisi ha anche comprato armamento
e sistemi elettronici d’intelligence e di puntamento da Israele. Questi
istruttori sono fortemente impegnati nella preparazione della armata georgiana alla conquista della capitale del Sud-Ossezia».
Non
basta. Debka rivela che «nelle scorse settimane Mosca ha ripetutamente
chiesto a Gerusalemme di smettere la sua assistenza militare alla
Georgia, fino a minacciare una crisi della relazioni bilaterali.
Israele ha risposto che l’assistenza fornita a Tbilisi era solo
difensiva».
Se le cose stanno così, la conclusione è
inevitabile: non è il dittatore di Kartulia, bensì Israele ad aver
subìto una cocente sconfitta in Ossezia. Una replica del fallito
attacco contro Hezbollah, e per gli stessi motivi: cieca presunzione
della propria superiorità, credenza nella propria stessa propaganda
(Hezbollah: belve arretrate, Russia: tigre di carta incapace di
riempire il vuoto lasciato dall’URSS), e soprattutto, il risultato
della «americanizzazione» dell’ex-glorioso Tsahal, da snella armata di
aggressione-lampo a dinosauro dalla logistica pesante «made in
Pentagon», con ricorso a «ditte» di mercenari (privatizzazione ed
outsourcing della guerra: la bella trovata di Rumsfeld), e dalla
tipica ottusità tattica made in USA: una vera tradizione questa, che
risale alla guerra di Corea, continua ostinatamente e senza rimedio in
Vietnam, e di cui si vedono gli ultimi effetti in Iraq e Afghanistan.
Ciò
dovrebbe indurre a qualche riflessione gli europei, il Berlusconi
compreso: tutti accaniti a chiedere ragione a Putin della reazione
«sproporzionata» in Ossezia, se non fossero i maggiordomi del Katz
dovrebbero chiedere a «Gerusalemme» (ma la capitale non era Tel Aviv?)
qualche ragione della sua presenza militarista in Georgia,
apparentemente col coinvolgimento diretto di suoi mercenari (oltre a
qualche povero negro americano) negli scontri. E’ legale? Che cosa dice
in proposito il famoso diritto internazionale?
Invece avviene il contrario, naturalmente.
Battezzata
«Operation Brimstone» (Operazione Zolfo), una delle più vaste
esercitazioni aeronavali occidentali del dopoguerra è finita il 31
luglio nell’Atlantico. La grande manovra ha visto impegnati un
«supergruppo di battaglia» portaerei USA, un gruppo di spedizione USA
con portaerei, un gruppo di battaglia portaerei della Royal Navy
britannica, un sottomarino nucleare da caccia francese, e un gran
numero di incrociatori, fregate e cacciatorpediniere americani, nella
parte delle «forze nemiche»
(3).
Lo
scopo dichiarato di queste grandi manovre della più grande armata
occidentale dai tempi della prima guerra all’Iraq è attuare il più
severo blocco navale attorno all’Iran. Benchè produttore di petrolio,
l’Iran ha limitate capacità di raffinazione; importa il 40%
delle benzine e dei carburanti di cui ha bisogno. Bloccare l’arrivo delle
benzine e dei carburanti è giudicato il solo modo di colpirne gravemente
l’economia. L’Europa dunque partecipa a questo blocco, che è un atto di
guerra secondo il diritto internazionale. Ancora una volta, è la scuola
israeliana a dettare la legge di guerra: il trattamento-Gaza anche per
gli iraniani, la «cura dimagrante».
Ma la quantità e il volume
di fuoco della flotta messa in campo non può essere diretta solo
all’Iran. E’ volto a dissuadere ben determinati Paesi - la Russia e la
Cina, che è uno dei maggiori clienti del petrolio iraniano - ad opporsi
al blocco, magari scortando con proprie navi militari le petroliere con
i prodotti raffinati acquistati da Teheran.
Quanto alla Russia,
si tratta di tenere sotto schiaffo, e dissuadere dall’intervenire, la
flotta del Mar Nero recentemente spostata nel Mediterraneo, con base
nel porto siriano di Tartus: guidata dalla portaerei moderna
«Ammiraglio Kusnetsov» (che porta una cinquantina di caccia e una
decina di elicotteri) e l’incrociatore lanciamissili «Moskva».
Nei
giorni scorsi la Moskva, accompagnata dalla corvetta Smetlivy sono
state spostate nell’area orientale del Mar Nero, davanti alla Georgia,
con il dichiarato scopo di assistere gli osseti in fuga davanti
all’invasione georgiana del loro territorio: almeno 30 mila persone su
70 mila, terrorizzati dalle atrocità di cui sono stati testimoni.
Nei
loro racconti, parlano di bombe a mano tirate dai soldati georgiani nelle cantine dove gli abitanti si erano rifugiati dai bombardamenti,
di soldati russi della forza d’interposizione feriti, catturati e
giustiziati sommariamente, di un inizio di pulizia etnica (il
presidente Medvedev ha parlato di genocidio). Le oltre duemila vittime
civili paiono confermare: non si è cercato di fare un’operazione
militarmente «pulita», bensì di spargere il terrore con massacri, per
spingere alla fuga la popolazione.
Ancora una volta, è la scuola
israeliana all’opera: il «trattamento Deir Yasin». E la Francia del
Sarko-katz partecipa all’avventura con un sommergibile atomico. Visto
che Berlusconi è spesso al telefono con Sarko, che è pure presidente
semestrale della UE, non potrebbe chiedergli ragione di tanto impegno?
E magari una telefonata di richiesta di chiarimenti «all’amico Bush» su
quei negri ammazzati e catturati in territorio altrui? Invece no:
chiede moderazione solo all’«amico Putin».
Le grandi manovre
giudaico-cristiane («Brimstone» nell’Atlantico, e «Immediate Response»
in Georgia, entrambe finite il 31 luglio, a ridosso dell’attacco di
Kartulia agli osseti) fanno pensare che Saakashvili, dopotutto, non
abbia agito di testa sua; l’attacco deliberato pare iscriversi in un
più vasto piano concertato di provocazione ed affermazione di potenza,
per il dominio totale delle fonti petrolifere. Una strategia alla
Brzezinsky, sul «grande scacchiere» geopolitico, contro i nemici
storici reali, Russia e Cina.
Se è così, mai nome fu più adatto
ad una esercitazione: «Operazione Zolfo» ha l’intento di incendiare
definitivamente l’area del petrolio del Golfo. In qualche modo, la
strategia Us-raeliana sembra quella di reagire alle proprie sconfitte
aumentando la posta.
Ci sono brandelli di informazioni, che non
troverete sui nostri media alla Riotta, e che paiono confermare questa
volontà di escalation.
• Il ministero degli Esteri ucraino ha
dichiarato che l’Ucraina si riserva il diritto di impedire il ritorno
della flotta russa del Mar Nero, ora impegnata al largo della Georgia,
nei porti ucraini (4). In base ad un accordo firmato fra i due Paesi,
la flotta bellica russa ha il diritto di usare i porti ucraini fino al
2017. Evidentemente la «democrazia» ucraina, che deve la sua esistenza
a Washington non meno della «democrazia» in Kartulia, arde dalla voglia
di impicciarsi nel conflitto, troppo «limitato» secondo i gusti del suo
padrone a Washington. Bisogna ampliarlo, e l’Ucraina si presta.
• Gli americani si apprestano a trasportare, con ponte aereo, metà del
contingente di Kartulia che è impegnato in Iraq, e che ne fa il terzo
dei contingenti alleati, dopo americani e britannici. Mille uomini
subito «entro 96 ore», gli altri mille al più presto, ha detto il
colonnello Bondo Maisuradze: «Gli USA ci forniranno il trasporto» (5).
Dunque il Pentagono, mentre chiede il cessate il fuoco a Putin, prepara
il suo satellite georgiano ad un qualche contrattacco. E in ogni caso,
il ponte aereo dell’USAF espone gli aerei americani al contatto con le
armi russe: una provocazione aperta, magari alla ricerca di un
«incidente».
• Nel lontano Kirghizistan, in una casa di Bishkeh
(la capitale) affittata a cittadini americani con passaporto
diplomatico, la polizia locale - allertata dai vicini - ha trovato un
vero arsenale: 53 armi da fuoco anche «di grosso calibo» oltre a
«lanciagranate, fucili mitragliatori, pistole, carabine da cecchino e
15 mila proiettili». I cittadini americani che sorvegliavano le armi
sono «due dipendenti dell’Ambasciata USA e dieci militari americani nel Paese, dicono loro, per addestrare le forze speciali kirghize». Un
dettaglio che il ministro degli Interni kirghizo, Temirkan Subanov, e
il ministero della Difesa, negano con forza. C’è un accordo con gli
USA, dicono, per addestrare gli agenti anti-droga (l’oppio afghano
passa di lì), ma l’addestramento non richiede nè contempla armamento
pesante. L’ambasciata USA ha emesso un comunicato in cui insiste:
l’arsenale era lì con il permesso e su richiesta del governo kirghizo (6).
Insomma
l’America sta rimestando attivamente nel torbido, incitando i suoi
satelliti e provocando, in tutta la vasta area d’influenza russa.
L’Europa - tramite le sue cosche non-elette - è della partita,
all’insaputa dei suoi cittadini.
I nostri media non ci informano
del fatto che siamo già schierati nella guerra di aggressione più
inaudita della storia, a provocare il nostro massimo e più affidabile
fornitore di prodotti energetici. Al contrario, titolano «Putin piega
la Georgia» (Repubblica), «Mosca cieca» (Il Manifesto), ed evocando
l’invasione sovietica a Praga nel 1968.
Quanto al Papa, invoca
la pace in nome delle «comuni radici cristiane», come se il
cristianesimo c’entrasse qualcosa: che analisi fanno, in Vaticano?
Hanno delle informazioni proprie? Che ideologia sposano? La
giudaizzazione della Chiesa la porta alla rovina mentale.
Si vede che siamo sotto protettorato di Katz, con direttori di TG del Katz, e giornali di sinistra molto del Katz.
1)
«Did mercenaries help Georgia?», Russia Today, 10 agosto 2008. Con
foto di corpi dei misteriosi combattenti, che portano mimetiche NATO. il sito Russia Today è stato oscurato per diverse ore, non certo da
Mosca.
2) «Israel backs Georgia in Caspian Oil Pipeline Battle with Russia», Debka File, 8 agosto 2008.
3) «Major
Armada prepares for Iran blockade», Europebusiness.blogspot, 7 agosto
2008. «The lead American ship in these war games, the USS Theodore
Roosevelt (CVN71) and its Carrier Strike Group Two (CCSG-2) are now
headed towards Iran along with the USS Ronald Reagon (CVN76) and its
Carrier Strike Group Seven (CCSG-7) coming from Japan.
They are
joining two existing USN battle groups in the Gulf area: the USS
Abraham Lincoln (CVN72) with its Carrier Strike Group Nine (CCSG-9);
and the USS Peleliu (LHA-5) with its expeditionary strike group. Likely also under way towards the Persian Gulf is the USS Iwo Jima
(LHD-7) and its expeditionary strike group, the UK Royal Navy HMS Ark
Royal (R07) carrier battle group, assorted French naval assets
including the nuclear hunter-killer submarine Amethyste and French
Naval Rafale fighter jets on-board the USS Theodore Roosevelt. These
ships took part in the just completed Operation Brimstone.
The
build up of naval forces in the Gulf will be one of the largest
multi-national naval armadas since the First and Second Gulf Wars. The
intent is to create a US/EU naval blockade (which is an Act of War
under international law) around Iran (with supporting air and land
elements) to prevent the shipment of benzene and certain other refined
oil products headed to Iranian ports».
4) «Ukraine threatens to bar Russian warships», Reuters, 10 agosto 2008.
5) Deborah Haynes, «Georgia sends troops from Irak to South-Ossetia», Times, 10 agosto.
6) «US arms cache found in Kyrgyzistan», Kommersant, 6 agosto 2008.
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