Guerra di Georgia? Forse no
20 Agosto 2008
E’ vero, l’uomo è un po’ strano: Saakashvili, il presidente georgiano, si mangia la cravatta. Guardare per credere
(1). Strano certo Saakashvili, ma pure così fesso da attaccare la Russia sperando di farla franca? Difficile a credere. Questa guerra è stata lei la più strana che si potesse immaginare; ma forse una spiegazione c’è. Il giornale della Confindustria con l’articolo di un collaboratore dal cognome inequivocabile, Giorgio S. Frankel, ci avverte che forse «una guerra (nel Caucaso) ne ha scacciata un’altra (nel Golfo)
(2).
Proviamo a capire: può essere che le pressioni di Giuda su Washington per un attacco all’Iran in questi ultimi mesi siano state tali che l’amministrazione americana non abbia potuto sottrarsi dal considerare questa come questione prioritaria della sua agenda politica? Forse. Infatti pericolosi giochi di guerra si sono svolti al largo della costa atlantica degli Stati Uniti alla fine di luglio nell’ambito dell’«Operation Brimstone», attivati subito dopo la presentazione alla Camera dei Rappresentanti (il 22 maggio scorso) di un disegno di legge (H CON 362) che ha invitato l’amministrazione Bush ad effettuare un blocco economico diretto contro l’Iran.
Identificati con la sigla JTFEX (Joint Task Force Exercise), i nuovi War Games hanno visto la partecipazione anche di unità da combattimento britanniche, francesi, brasiliane e - casomai vi fosse sfuggito - italiane: c’eravamo pure noi (anche se il Sole 24 ore si guarda bene dal farcelo sapere) col sottomarino S 526 Salvatore Todaro. Ce na dà notizia oltrechè il Daily Press
(3) anche il sito della marina militare col Comunicato Stampa numero 27/2008 del 21 Luglio 2008, in cui si precisa che «la partecipazione del Sommergibile Todaro è collocata in un intenso programma di addestramento con la US Navy per affinare le procedure operative nel settore subacqueo, svolgere una serie di prove per verificare le prestazioni dei sistemi e delle apparecchiature in diversi condizioni ambientali, infine interagire con gruppi navali complessi nei diversi scenari operativi».
Il sito della marina militare informa anche che «il sommergibile, al comando del Capitano di Corvetta Mauro Panebianco e con trenta uomini d’equipaggio, al termine dell’esercitazione si sarebbe dovuto dislocare a Norfolk, in Virginia, per una sosta programmata». Precisazione quanto mai opportuna, che dimostra il classico cerchiobottismo italico, perché mentre noi ci «dislocavamo» in Virginia e i brasiliani con la loro fregata della marina «Greenhalgh» se ne tornavano comprensibilmente a casa loro, americani, inglesi e francesi avrebbero dovuto navigare - motori a massimo regime - verso il Golfo Persico, per unirsi ad altre due squadre degli Stati Uniti, di cui una già schierata e l’altra in arrivo dal Giappone.
Il 13 agosto, a guerra di Georgia ormai scoppiata fonti militari statunitensi e Stratfor (un Think Tank di studi strategici vicino alla NATO) si premuravano di definire queste informazioni errate.
Peccato però che nel frattempo il governo kuwaitiano avesse attivato il suo «Emergency War Plan» proprio sulla base delle informazioni relative a un grande spiegamento navale nel Golfo Persico
(4).
Il collegamento tra «Operation Brimstone» e possibile attacco all’Iran pare confermato dalle notizie e dalle immagini diffuse da INFOLIVE.TV, network in diretta da Gerusalemme, secondo cui le forze della coalizione avrebbero dovuto essere impiegate per acquisire il controllo delle isole dello stretto di Ormutz, da dove i Pasdaran iraniani avevano nelle scorse settimane minacciato di attuare un blocco navale in caso di attacco
(5). Ma un blocco navale (naval blockade) equivale a una dichiarazione di guerra e costituisce una flagrante violazione del diritto internazionale. Esso costituisce, anzi, una classica misura di guerra volta a impedire l’entrata o l’uscita di qualsiasi nave dai porti di un belligerante. La prassi del blocco è disciplinata - se si esclude la Dichiarazione di Parigi del 16 aprile 1856 sui Principi della Guerra Marittima - da norme di natura consuetudinaria, non essendo mai entrata in vigore la Dichiarazione di Londra del 26 febbraio 1909 sul Diritto della Guerra Marittima che lo regolamentava.
Con l’entrata in vigore della Carta delle Nazioni Unite del 1945 il blocco non può ritenersi consentito al di fuori dei casi di legittima difesa di cui all’articolo 51 della stessa Carta: esso contrasta infatti con l’articolo 2, numeri 3 e 4 che vieta il ricorso all’uso della forza nelle relazioni tra gli Stati, come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Per questo motivo «il blocco dei porti o delle coste di uno Stato da parte delle forze armate di un altro Stato» è compreso tra gli atti di aggressione (ci sia stata o no dichiarazione di guerra) dall’articolo 3, lettera c) della Risoluzione dell’Assemblea Generale delle NU 3314 (XXXIX) del 14 dicembre 1974.
L’ingresso di tante navi da guerra nel Golfo avrebbe potuto far saltare i nervi a Teheran o avrebbe potuto creare l’incidente tanto atteso per legittimare l’attacco all’Iran. Ma questa guerra al momento conviene davvero a Washington? Davvero l’Iran è una minaccia attuale per gli USA?
Recentemente il Segretario alla Difesa Robert Gates e il presidente dei capi di Stato Maggiore interforze, ammiraglio Michael Mullen, si sono dichiarati contro l’ipotesi di una guerra con l’Iran, mentre tanto la Rand Corporation (da decenni tra i principali consulenti del Pentagono) e l’Institute for Science and International Security, si sono espressi per una politica verso l’Iran più cauta e paziente, certamente non bellicista. Dopo l’«Operation Brimstone» qualcuno a Washington potrebbe avere cambiato idea all’ultimo momento e deciso di non alzare la tensione.
Il Sole 24 ore ci informa che «un analista israeliano, Amir Oren, in un articolo scritto prima della guerra in Georgia, disse che per gli Stati Uniti l’Iran era solo al quarto posto nell’ordine di priorità. Il suo messaggio, certamente approvato dai vertici politici e militari israeliani, era molto chiaro: ‘Contrariamente a quel che crede l’opinione pubblica, uno scontro militare con l’Iran non è imminente’ (Haaretz, 10 agosto 2008)… Gli Stati Uniti non davano a Israele il ‘via libera’ per un’azione militare contro l’Iran. L’ultimo a ricevere questo avvertimento è stato il ministro della Difesa israeliano Ehud Barak, che è anche leader del partito laburista ed è stato primo ministro (1999-2001), e in precedenza capo dello Stato Maggiore generale».
Davvero Saakashvili è uno sprovveduto che ha deciso di aggredire la Russia da solo, o qualcuno gli aveva assicurato che gli USA sarebbero accorsi al suo fianco? Forse qualcuno lo ha incoraggiato ad accendere la miccia che incendiando il Caucaso avrebbe obbligato Washington ad intervenire, convocando l’Armageddon tanto caro ai cristiano-sionisti? Forse qualcuno gli aveva dato assicurazioni che in caso di reazione russa l’America sarebbe intervenuta? Qualcuno ha tentato di forzare la mano a Washington per obbligare quella flotta smisurata, composta da tre portaerei, di cui due a propulsione nucleare e dalle tre maggiori potenze dell’Occidente a dirigersi nel Golfo? La guerra della Georgia è stato un azzardo non riuscito, un maldestro tentativo di accelerare la «venuta del Regno»?
Per una volta il cinico realismo di Washington ha impedito ad altri di realizzare i suoi piani? Forse ha pure impedito ad «altri» di dare alla Georgia il proprio ulteriore sostegno? Forse per questo Temur Yakobashvili, il ministro israelo-georgiano ha detto che ‘Israele ci ha tradito come gli europei e gli Stati Uniti’?
Frattanto le autorità iraniane hanno dichiarato di aver effettuato con successo il lancio di un satellite per telecomunicazioni completamente «Made in Iran». Ne ha dato notizia il portavoce del governo, Gholamhossein Elham, citato dall’agenzia iraniana Fars. Il satellite, secondo Mohsen Mir Shams, numero due dell’agenzia spaziale iraniana, sarà messo in orbità a 650 chilometri di quota e passera sull’Iran una volta ogni 24 ore. Commentano le agenzie che si tratta di un aspetto bizzarro per un satellite da telecomunicazioni di solito geosincroni, ossia ad orbita fissa. Poi Teheran, come si conviene in certi casi - ha rettificato: il satellite non c’era. Evidentemente anche lì sono in corso nuovi war games
(6).
Si dice che a Roma qualcuno avesse mangiato la foglia ed allora è meno sbalorditivo che quel marpione di Berlusconi abbia lasciato il sommergibile Todaro a Norfolk, in Virginia, per una sosta programmata, ma, soprattutto, dopo lo scoppio delle ostilità tra Russia e Georgia, il «ministro kosher» Frattini in vacanza alle Maldive…
Forse allora non è sorprendente, dietro le pompose dichiarazioni di rispetto della democrazie e dei diritti, la frase pronunciata oggi dal presidente dei senatori del Popolo della libertà, Maurizio Gasparri: «Troppo entusiasmo in giro per una adesione della Georgia alla NATO. Potremmo trovarci coinvolti in conflitti decisi da altri che, pur avendo subito un’invasione, hanno attaccato l’Ossezia e devono consolidare i propri processi democratici»
(7).
Domenico Savino
1) http://www.effedieffe.com/content/section/4190/200/
2) www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Mondo/2008/08/guerre-caspio-golfo.shtml
3) www.dailypress.com/news/dp-local_carrier_0728jul28,0,1632649.story
4) www.metimes.com/International/2008/08/11/special_report_kuwait_readying_for_war_in_gulf
5) www.infolive.tv/en/infolive.tv-26169-israelnews-massive-naval-exercise
«The large exercise comes barely a month after the Israeli air force conducted a massive exercise in the Mediterranean reportedly a rehearsal for a military strike on Iran’s nuclear sites, and also shortly after the Geneva meeting where six world powers gave Iran yet another ultimatum of two weeks to suspend its uranium enrichment program. For the first time units of the US Navy Expeditionary Combat command who are trained to operate in shallow coastal waters similar to those off the Perisan Gulf and the Strait of Hormuz where Iranian Revolutionary Guards are stationed on islands near the strait. One cannot rule out the possibility that international forces may have to control the islands to ensure oil shipping freed passage out to world markets».
6) www.repubblica.it/news/ired/ultimora/2006/rep_nazionale_n_3267186.html
7) www.repubblica.it/news/ired/ultimora/2006/rep_nazionale_n_3269645.html
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