Spie olandesi per katz
30 Agosto 2008
Una o più spie olandesi hanno infiltrato l’industria nucleare iraniana per conto della CIA, allo scopo di identificare le installazioni da bombardare. Lo dice De Telegraaf, ossia il più importante giornale dei Paesi Bassi, che cita una fonte dell’AIVD (i servizi segreti olandesi), ed aggiunge un particolare allarmante: l’operazione di infiltrazione, che ha avuto «molto successo», è stata terminata nei giorni scorsi – e la spia infiltrata richiamata in patria – «perchè l’attacco USA è imminente». L’attacco, è in grado di precisare il Telegraaf, avverrà per mezzo di aerei senza pilota, e non colpirà solo le installazioni nucleari ma bersagli militari
(1).
Sarà dunque questa la «october surprise» pensata dalla Casa Bianca per favorire McCain? Doveva essere una facile vittoria in Georgia, come ha sospettato ad alta voce Putin; fallita questa, per l’attuale gruppo di potere che manovra George Bush jr. resta l’estrema necessità di pilotare le elezioni americane. Soltanto un altro presidente repubblicano può garantire all’attuale amministrazione che non sarà chiamata a rendere conto delle sue mene, della sua corruzione, dei suoi errori bellicisti ed economici e delle sue malversazioni.
Nemmeno un presidente democratico riaprirà mai i dossier più scottanti come i veri autori dell’11 settembre (la verità sarebbe insostenibile per l’America); ma potrebbe aprire, ad esempio, quello sui contratti miliardari ottenuti in Iraq – senza concorso, con procedure irregolari - dalla Hallyburton, di cui Dick Cheney è stato presidente, e da cui ha continuato ad essere pagato mentre ricopriva la seconda carica pubblica degli Stati Uniti. Già questa possibilità basta a mettere i brividi al gruppo di potere che si trova a fine mandato, e a deciderlo a qualsiasi avventura pur di scongiurare il pericolo di finire davanti a qualche tribunale.
Ovviamente un’altra guerra, con una facile vittoria da esibire sui media, farebbe magnificamente al caso; data la mentalità (malata) dell’elettorato americano, il bombardamento dell’Iran in apertura dei TG sotto elezioni favorirebbe il più guerrafondaio («patriottico») dei due candidati.
Obama ha ben presente il pericolo, se ha scelto – o gli è stato fatto scegliere – Joseph Biden come vicepresidente. E costui si è messo subito al lavoro. Alla convention di Denver, Biden ha accusato Bush non già di aver fatto due guerre rovinose dilapidando la ricchezza americana, ma di non aver fatto quelle «giuste», contro i nemici veri. Il più grande errore dell’amministrazione Bush, ha detto Biden, è di aver mancato di affrontare «le più grandi potenze che danno forma a questo secolo: l’emergenza della grandi potenze chiamate Russia, Cina e India». Il risultato? «La Russia che minaccia la libertà della Georgia», ha detto lo speranzoso vice-presidente; ma «l’amministrazione Obama-Biden riparerà a questi errori... Barak (Obama) ed io porremo fine a questa negligenza. Chiameremo la Russia a rendere conto»
(2).
Insomma, il messaggio all’elettorato è questo: americani, non vi è piaciuta la guerra in Iraq? Votate Obama, e vi regaleremo la guerra contro Cina, India e Russia; la guerra vera, totale, seria. La cosa più agghiacciante è che simili proposte possano conquistare un elettorato, nell’America d’oggi.
Per questo si illude chi in Europa punta le sue vacue speranze su un Obama «pacifista» o razionale. E’ noto che il suo principale consigliere in politica estera è Zbig Brzezinski, e che questo conta di poter completare il piano che ha stilato nel suo storico saggio geopolitico (The Gran Chessboard, il Grande Scacchiere): portare l’America a dominare la «heartland», ossia l’Asia centrale già sovietica, ed oggi – secondo lui – abbandonata al saccheggio dal vuoto di potere creato dal collasso dell’URSS. L’invasione di Iraq e Afghanistan sono state malaugurate deviazioni da questa strategia, la sola che conti per neutralizzare le potenze che «formano il mondo futuro», come ha detto Biden, ossia che domineranno se e quando l’America perderà potenza. Naturalmente, la guerra «vera» non comincerà da Cina e India, ma dalla Russia.
Nessuno dei due candidati USA accetterà lo status quo creato dalla reazione di Mosca all’attacco georgiano, che di fatto si traduce nella riaffermazione dell’egemonia russa nel Mar Nero. L’analisi è che la Russia è e resta militarmente debole; ed economicamente, un nano.
«La sua economia è solo il 7% di quella di USA ed Europa messe insieme», ha scritto un invelenito Martin Wolf (il superkatz che dirige il Financial Times). Vero è che Martin Wolf ridicolizza certi «superannuated cold warriors and neo-conservatives» (chiara l’allusione al canuto Brzezinski) che «stanno salivando al pensiero di ingaggiare una nuova guerra fredda con la Russia». Ma ciò che propone il britannico come alternativa, non è diverso: «Assicuriamoci che la dirigenza russa paghi il prezzo delle sue azioni», «integriamo Ucraina e Georgia nell’economia europea al più presto».
ll calcolo è chiaro. Guerra economica alla Russia, non guerra-guerra, suggerisce Wolf
(3).
Ma il suo ragionamento può essere colto dai «superannuated cold-warriors» a conferma delle loro tesi: se la Russia pesa nel mondo solo il 7% del cosiddetto «Occidente», basterà costringerla ad una corsa agli armamenti per dissanguarla, come già l’URSS si dissanguò per competere militarmente con gli Stati Uniti. Non è un segreto che Brzezinski la pensi esattamente così.
La lotta in USA è dunque fra imperialisti «razionali» alla Brzezinski, e neoconservatori israeliti che vogliono, anzitutto, che l’America non si distragga con Cina e Russia, visto che deve annichilire prima i nemici potenziali, ed anche ipotetici, di Israele. L’alternativa non è fra partito della guerra e partito della pace, bensì fra quale guerra scegliere.
In questo senso, è altamente significativa l’iniziativa asssunta da Ephraim Sneh
(4). Chi è costui?
E’ un semplice parlamentare israeliano, laborista, dunque dell’opposizione al governo Olmert. Una nullità. Eppure questa nullità ha mandato un «documento in otto punti» (un diktat) ad «entrambi i candidati presidenziali americani», in cui avverte: «Non c’è nè ci sarà alcun governo in Gerusalemme che si rassegnerà mai a un Iran nucleare». Il messaggio è chiaramente diretto ad Obama, che può aver nutrito la speranza di veder succedere in Israele un governo laborista all’attuale, sharoniano. Anche i laboristi vogliono dagli americani l’attacco all’Iran; non s’illuda il servo negro di poter disobbedire ai padroni della super-razza.
Sneh aggiunge che un attacco unilaterale militare israeliano contro l’Iran sarà «seriamente considerato» entro 18-24 mesi al massimo. Ma forse Bush farà l’ultimo servizio al padronato, con la october surprise che ha il vantaggio di garantire l’elezione di McCain. Del resto, i bersagli sono già stati identificati e localizzati in Iran dalle spie olandesi.
Il che ci porta – di nuovo – alla criminale ambiguità del servilismo europeo. Qualche lettore mi ha chiesto di lodare la politico di Berlusconi e Frattini verso la Russia, più amichevole che l’atteggiamento degli altri europei; Mosca «non va isolata», eccetera. Ma questo, in questi termini, non è che uno degli innumerevoli «giri di valzer» che l’Italietta ha sempre compiuto nella storia, guadagnandosi sempre la meritata fama di alleato infido e di nemico inutile.
Eravamo alleati ai tedeschi ma pronti a passare alla «resistenza»; per decenni siamo stati nella NATO ma collaboravamo con Mosca, siamo stati «occidentali» ma anche «neutralisti»; filo-israeliani ma amici di Arafat (la cosa non ha giovato molto ad Arafat). Ora siamo nella NATO aggressiva ed anche «amici di Putin».
Senza affrontare la questione centrale, che oggi s’impone più urgente che mai. Un premier serio, anzichè invitare Putin in vacanza in Sardegna, dovrebbe porre in sede NATO la questione: come mai l’Olanda, uno Stato-membro dell’alleanza, sta partecipando alla preparazione della guerra contro l’Iran? In base a quali autorizzazioni, a quali consultazioni fra alleati? Da quando in qua la NATO è in guerra con l’Iran? La Farnesina è stata avvertita? Oppure gli olandesi hanno accordi bilaterali segreti con gli USA, e partecipano in proprio a queste avventure dell’americanismo terminale? Questi accordi bilaterali sono o no una violazione delle norme NATO? Non è giunto il momento di ridefinire quali sono gli scopi e i compiti della NATO, porre la questione delle sue operazioni in Asia – teatro bellico non compatibile con la natura difensiva dell’alleanza?
Questo deve fare uno Stato serio. Naturalmente, l’Italia non lo farà. Saremo trascinati nelle guerre dei prossimi presidenti americani del Katz, e con in più la solita fama, meritatissima: alleati infidi, amici inutili, gente che tiene i piedi in due scarpe, che va in guerra con fucili di cartone sperando di arrendersi al nemico, e di esserne assunto come cuoco.
1) Steve Watson, «Biggest Newspaper In Holland Says Dutch Intelligence Helped Prepare Imminent Attack On Iran De Telegraaf front page says sources inside AVID helped CIA map air attack», Infowars.net, 29 agosto 2009. De Telegraf ha pubblicato la notizia in prima pagina, con grande rilievo.
2) Umberto Pascali, «Joe Biden: Russia, China, India: "The Real War" - Obama's running mate presents the strategic plan for the next administration», Global Research, 29 agosto 2008.
3) Martin Wolf, «The return of the Russia the west loves to loathe», Financial Times, 29 agosto 2008.
4) «Israel planning unilateral Iran attack», Press TV, 29 agosto 2008.
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