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La Samaritana e il pozzo
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La storia della samaritana è percorso verso l’ignoto che svela la conoscenza; la fede che dona la luce, la vita che rigenera il vigore. «Lasciò la Giudea e si diresse di nuovo verso la Galilea. Doveva perciò attraversare la Samaria». Gesù passa ai crocevia dell’esistenza. Il suo movimento non è casuale, ma volontario: Lasciò e va a coincidere con la necessità di abbeveraggio dell’anima.

«Arrivò intanto una donna di Samaria ad attingere acqua». L’esigenza della persona e la vita donata da Cristo si incontrano a ridosso di un misterioso pozzo. Esso, senza scomodare la psicanalisi, richiama l’interiorità, l’abisso, la profondità del mistero dell’uomo e dell’esistenza. La ricerca del cuore è sempre faticosa; non c’è conquista, senza lotta. Lo spirito cerca di soddisfare le sue ansie di sete profonda, esistenziale. Anche Cristo dalla croce urlò: «Ho sete», ma la sua dimensione era totalizzante; era una sete che riguardava la diramazione contagiosa della vita eterna da Lui donata nel suo Sangue. La sete di Gesù coincide con la salvezza delle anime e la glorificazione di Dio. La sete dell’anima coincide in prima istanza con la sua esigenza di immortalità e di felicità; i due alberi al centro del giardino: quello della vita, oramai precluso, dopo l’improprio tentativo di essere felici, prescindendo dal Sommo Bene, passando per il frutto del male, colto contro il divieto.

Con il peccato, la felicità si cerca a tentoni nelle profondità di un pozzo. L’acqua da sempre è simbolo cosmogonico, sostanza magica e medicinale per eccellenza; guarisce, ringiovanisce, assicura la vita eterna. Questo percorso, fuori dal piano di Dio, è di discesa; implica inclinazione del cuore all’occulto, all’esoterico, alle regioni dell’inconscio e dell’esistenza dominata dai demoni. Lì ci dovrebbe essere l’acqua; non è un caso se ad attingere vada una donna samaritana; la femminilità richiama alla memoria la dea madre: il mistero di vita/morte/rigenerazione; oscura dipendenza del ventre materno, alveo monistico dell’universo creato, coincidente con l’Increato; l’essere samaritana invece connota chiaramente il riferimento al culto pagano; la commistione con i riti assiro-babilonesi era giustamente elemento di disturbo per il giudaismo ortodosso. Il paganesimo, anche se secondo diverse sfumature, è sempre e senza dubbio stato caratterizzato dal ricorso alla magia ed alla superstizione. Tutto l’Oriente, tanto amato e propagandato oggi dai media, è costituito da continui legacci del cuore, nei confronti dei quali perfino le prescrizioni del Levitico perdono consistenza; solo a titolo d’esempio: sapete che presso la cultura indù esistono riti di purificazione seguenti alla bollitura del riso, per espiare l’uccisione dei microrganismi?

L’attingere acqua dal pozzo è pertanto percorso esoterico di conquista della vita, attraverso l’iniziazione della discesa agli inferi. Quindi la donna samaritana costituisce il retaggio di quel tassello pagano presente nel cuore dell’uomo. Le disse Gesù: «Dammi da bere». La richiesta di Gesù si colloca trasversalmente rispetto all’esigenza dell’anima. Chiede acqua, ma la richiesta non è per la propria sopravvivenza, è utile soltanto a disgelare un rapporto inconciliabile; la sete di Cristo è funzionale a cogliere l’interesse dell’anima; ecco il Mistero di Dio, che pur essendo al di là di ogni immaginazione e potenza, si rende bisognoso dell’uomo. Il cuore dell’uomo percepisce la fragilità del Crocifisso e non ne comprende tuttavia l’abisso d’amore; resta nondimeno incuriosito.

Cristo chiede l’acqua, ma non ha intenzione di attingere dal pozzo, non ha come attingere, perchè Gesù non ha bisogno di arrivare all’acqua; non ha bisogno di percorrere i recessi dello spirito per risalire alla vita rinnovata; Egli è in Sé tale vita e l’acqua di salute sgorga dal suo fianco. L’albero della croce diviene pertanto l’albero del bene dal quale si assume il frutto dell’eternità.

«… il fiume e lacqua della vita, limpida come cristallo, che sgorga dal trono di Dio e dellagnello... E sulle due sponde del fiume cresce lalbero di vita» (rif. Ap 22).

«Ma la Samaritana gli disse: ‘Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?’. I Giudei infatti non mantengono buone relazioni con i Samaritani». Il contrasto tra la Rivelazione divina ed i paganesimo esoterico è netta; al punto che l’anima paganizzante non comprende che nesso possa esservi tra sé, il suo dissetarsi e l’annuncio del Vangelo… Cristo entra irruentemente nella vita della persona, provocando direttamente la sua sete di esistere: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: ‘Dammi da bere!’, tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Il messaggio evangelico arriva dritto al punto: tu cerchi l’acqua della vita; vuoi l’immortalità e la felicità piena; Gesù dà la risposta.

Ma l’anima pagana è profondamente scettica: «Tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque questacqua viva?». Il pozzo è profondo! Non è possibile per te, che rifiuti l’occulto, l’esoterico, il magico, l’arcano… introdurti nelle profondità dell’essere e dell’esistere! Non puoi.

Il paganesimo (ma in questo anche l’esoterismo cristiano, che costituisce una sorta di paganesimo dalle sole sembianze cristiane) irride Gesù ed il suo messaggio; si prende gioco del cristiano, figlio di Dio… non comprende che Cristo è la via, la verità e la vita. Lo vede debole. Preferisce autoingannarsi, faticando con le proprie mani, tirando su il secchio per recuperare l’acqua. L’attingere è la fatica alchemica o magico-rituale del sacerdote pagano e/o esoterico e/o talmudico che pretende di dominare il creato e l’increato, attraverso l’approvvigionarsi delle fonti della vita. La vita del cristiano è invece anzitutto invocazione e supplica a Cristo; invocazione e fede senza dubbio; da questo scaturiscono tutti i beni.

Ebbene l’anima pagana non resiste di fronte alla prova della verità; infatti la sua coscienza è macchiata dall’adulterio delle pratiche che pone in essere, sempre diverse e mai coerenti con la sua dignità creaturale. I molti mariti. Quando pretende l’acqua da Cristo, lo fa soltanto perché questo comporta per lei meno fatica: «Dammi di questacqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Questo è l’atteggiamento del pagano non realmente convertito, che passa al cristianesimo soltanto perché lo ritiene uno dei modi migliori per perseguire il suo risultato; non ha intenzione di cambiare vita, di convertirsi. Non siamo ancora a quel punto. No! a lui interessa l’acqua che Cristo dona senza fatica; è il cabalista cristiano, l’antroposofo, il rosacroce… il suo animo non è cambiato: usa del cristianesimo, ma non lo accetta. Eppure Cristo sa scendere ancora più in profondità. «Vaa chiamare tuo marito e poi ritorna qui». Rispose la donna: «Non ho marito». Le disse Gesù: «Hai detto benenon ho marito’; infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». Ecco la verità dell’anima: il bene autentico.

Il paganesimo, come l’esoterismo in genere, non distingue bene da male; se lo fa, non è perché, dal suo punto di vista, si tratti di realtà ontologicamente differenti; si tratta soltanto di una differente polarità e modalità dell’esistenza. Il discernimento bene/male è radicato soltanto in Dio, Sommo Bene trascendente ed eterno, completamente Altro rispetto al creato; quindi nel Dio cristiano ed evangelico. Nell’ottica monista, questo non ha senso. E proprio perché non è in grado di distinguere in maniera netta, i frutti dell’ideologia pagana, sono sempre frutti di morte. Gesù richiama l’anima alla verità dell’esistenza; dai frutti amari del suo peccato, le fa riconoscere la sua misera condizione. Sono le carrube dei porci alle quali anelava il figlio prodigo. Il cuore sincero riconosce la verità e si prostra ai sui piedi: «Vedo che tu sei un profeta». Il riconoscimento della profezia, di cui la storia sacra e la storia della Chiesa è colma, è primo passo verso la ricezione della Verità e l’accesso alla vera adorazione.

«Voi adorate quel che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai giudei. Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà ogni cosa». Le disse Gesù: «Sono io, che ti parlo».

La vera natura di Dio è rivelata. Dio è spirito; occorre pertanto all’uomo, se vuole conoscere il Vero, amarLo ed adorarLo, spiritualizzarsi secondo verità. Ecco la Rivelazione; ed ecco il ruolo attivo del cuore umano, che si apre all’avvento di Gesù. Per questo san Paolo dirà «… se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo» (Romani 10,9).

Cristo è il vero pozzo dal quale attingere acqua; è in Lui che bisogna sprofondare, adorandolo in prostrazione fisica e spirituale; in Lui occorre calare il secchio delle nostre secchezze, aridità ed arsure; al pozzo, alla Chiesa, occorre accedere nel deserto della vita; intorno ad esso, gli apostoli con le vivande, sazieranno l’anima indigente di vita e di luce, di acqua e di nutrimenti.

Preparerà il Signore degli eserciti
per tutti i popoli, su questo monte,
un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti,

di cibi succulenti, di vini raffinati.

(Isaia 25,6)

Stefano Maria Chiari



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