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Large Hadron Collider e uovo cosmico
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Sul Large Hadron Collider anche Blondet scrisse in merito un articolo; il 10 settembre l’esperimento avrà inizio e non senza polemiche.

«Nel Cern di Ginevra, il laboratorio europeo per la ricerca nucleare, mercoledì verrà accesa la macchina che cercherà di riprodurre i primi istanti dell’universo, 20 milionesimi di secondo dopo il ‘big bang’, e tentare di dare una risposta al perché della vita. E mentre 2mila studiosi di tutto il mondo che collaborano al progetto saranno in trepidazione sicuri di portare a casa un grande risultato, un manipolo di scienziati capitanati dal professor Otto Rossler, sono invece convinti che gli abitanti della Terra assisteranno in diretta alla fine del pianeta. Per questo, Rossler e compagni hanno presentato alla Corte dei diritti umani di Strasburgo un ricorso, subito respinto, dalla stessa Corte, per fermare l’esperimento. Materia del contendere sarebbe il buco nero che verrebbe a formarsi all’interno della grande ‘macchina del tempo’ costata 6 miliardi di euro e posizionata a 100 metri di profondità al confine tra Francia e Svizzera. Secondo Rossler il buco nero potrebbe, in 4 anni, inghiottire il pianeta. Da Ginevra, sebbene l’equipe dell’Lhc non escluda la formazione di un buco nero, assicurano, tuttavia, che le sue dimensioni non costituirebbero una minaccia per la Terra. Ma se le rassicurazioni della maggior parte del mondo scientifico sgombrano il campo dalle allarmanti dichiarazioni di Rossler, la struttura dell’Lhc, con le sue dimensioni, certo impressiona. Il Large Hadron Collider è il più potente acceleratore di particelle al mondo. Si tratta di un ‘tubo’ circolare con una circonferenza di 27 chilometri formato da 2mila magneti superconduttori mantenuti a una temperatura di -271°C in grado di far scontrare protoni ad altissima velocità. Lungo il percorso si trovano 4 postazioni di rilevamento dati che registreranno il comportamento delle particelle durante le 800 milioni di collisioni che avverranno ogni secondo. Ma per raggiungere questa cifra si dovrà attendere almeno un anno: tanto servirà all’Lhc per andare a pieno regime. Il cuore pulsante dell’Lhc sono le postazioni di rilevamento, e in particolar modo l’Alice, il Cms, l’Atlas e l’Lhcb. Il loro scopo principale è cercare il Bosone di Higgs. L’esistenza della ‘particella di Dio’ è stata ipotizzata per spiegare perché la materia abbia massa. Ma i 4 esperimenti hanno anche altri obiettivi: capire di cosa è fatta e come si è originata la materia oscura che compone gran parte dell’universo; spiegare perché nell’universo conosciuto la materia prevale sull’antimateria; verificare la teoria della ‘Grande unificazione’ secondo cui le forze della natura sono in realtà una sola forza; verificare la teoria supersimmetrica che prevede l’esistenza di ‘particelle-ombra’ di quelle che sono state osservate finora e infine scoprire se esistono nuovi mattoni fondamentali della materia e nuove forze tra essi. Se l’esperimento avrà successo - assicurano dall’Istituto nazionale di fisica nucleare - si apre una nuova era per la scienza e per l’umanità intera» (1).

Sembra che il fatto abbia avuto echi anche di risonanza sociale, come si può evincere da quanto scritto in rete: «… a pochi giorni dall’esperimento Lhc, il Cern di Ginevra mostra l’altro volto. Lo testimonia un video apparso da qualche giorno su Youtube, che vede protagonisti giovani fisici e informatici, ragazzi e ragazze, che hanno dedicato all’accensione ufficiale di Lhc prevista per il 10 settembre, un delizioso rap».

Giovani, che preferiscono rimanere nell’anonimato pur mostrando la loro faccia raggiante, e che esprimono la loro felicità ballando e cantando al suono di rap.
E, come in una antica ballata che descrive le gesta dell’eroe del momento, decantano le qualità e le caratteristiche di Lhc, descrivendo uno ad uno i quattro esperimenti Atlas, Lhcb, Alice e Cms, e le loro gesta-finalità.
Una festa che rispetta una tradizione lunga venti anni che i più giovani, forse meno oberati di lavoro, ma che hanno comunque contribuito al successo dell’«operazione Lhc», non si lasciano sfuggire nel miglior spirito della partecipazione senza cadere nella goliardia.
«E’ solo festa per un momento meraviglioso per il Cern» (2).

Fatti salvi i rischi potenziali connessi ad eventuali esiti nefasti (e forse non proprio controllabili dell’esperimento stesso), vorremmo sapere se, viziata la premessa, non siano necessariamente viziate anche le conseguenze; pensare di improntare un esperimento costosissimo (si veda in merito quanto scritto da Blondet) sul dogmatismo dell’ipotetico e mai provato big-bang, risulta per lo meno vano.
La pretesa poi che dalle risultanze sperimentali arrivi addirittura la risposta al «perché» della vita, è cosa offensiva per l’intelligenza e per la verità.

Che il big-bang sia la versione volgare e scientista dell’Uovo cosmico delle diverse credenze religiose, mitema archetipico presente nelle tradizioni indiane, cinesi, orfiche e finanche africane, è facile provarlo proprio riscontrandone le analogie.
La creazione sorge dalla rottura dell’Uovo, che rappresenta l’indistinto Uno (per mutuare un’espressione del monismo indù), l’unità primordiale dell’essere (questo non ci ricorda forse la testa di spillo di densità massima di materia, dalla cui contrazione ed esplosione, il big-bang appunto, sorse tutto quanto vediamo?).
Nella Bahyrivha Upanisad, vi è infatti la narrazione di un uovo di Brahma (brahmanda) o embrione d’oro (hiranyagarbha), il Germe d’Oro, il Germe universale, attraverso il quale la divinità da immanifesta diviene manifesta, attraverso cui la creazione prende vita dal dio primordiale della creazione (che Guenon considererebbe la prima manifestazione della divinità nella categoria dell’Essere).

Nei Veda è possibile leggere: «In principio sorse il Germe d’Oro: Egli fu, non appena nato, il Signore dell’Essere, sostenitore della Terra e di questo Cielo… Quando le Acque potenti giunsero, portando con sé il Germe universale, da cui scaturì il Fuoco, allora venne in essere l’Unico Spirito di Dio… Questo Uno che nella sua potenza abbracciò con uno sguardo le Acque pregne di forze vitali, che generano il sacrificio, Egli è il Dio degli Dei e nessuno è pari a lui».
Buddha stesso utilizzerà la metafora dell’uovo e dell’uscita del pulcino, proprio per raffigurare la rottura del samsara, il ciclo cosmico delle esistenze, ossia la liberazione del risvegliato che sia in grado di ergersi al di là della dimensione transeunte dell’essere.
Uovo cosmico, che nella tradizione indiana viene quasi a confondersi con Purusa, Macrantropo originario, l’Uomo cosmico, dal cui smembramento sorgono tutte le cose.

Nella cosmogonia taoista, parimenti, l’Uovo rappresenta il «Grande Uno».
Il mito di Pan Gu è al centro della narrazione ed è analogo per molti versi all’Uovo Cosmico indù ed alla figura dell’Uomo Cosmico, Pan Gu, cresce per diciottomila anni dentro L’Uovo primordiale, che costituisce, all’inizio del mondo, tutto il creato (il cielo e la terra insieme).
Alla fine diventa un vero gigante e, con un colpo di scure, rompe il guscio in due parti.
Egli, come Purusa, alla fine trasforma ogni parte del suo corpo e dà origine ad ogni cosa…

Similmente riscontriamo nei racconti cosmogonici dell’orfismo «In principio vi era il Caos e la Notte e il nero Erebo e l’ampio Tartaro, e non vi era la Terra né l’Aere né l’Oceano; negli infiniti recessi di Erebo generò per primo la Notte dalle nere ali un uovo senza seme, dal quale, con volgere delle stagioni, germoglia Eros desiderato splendente nella schiena per le ali dorate, simili a vortici tempestosi […] In principio vi era l’acqua e la materia, da cui si condensò la terra, ponendo innanzi tutto questi due princìpi, l’acqua e la terra… Crono, dragone, genera una triplice generazione: l’Etere, dice, umido, il Caos infinito e terzo oltre questo Erebo nebbioso... Ma in questi Crono generò un uovo... E come terzo accanto a quelli il dio incorporeo, con ali dorate sopra le spalle e con teste taurine attaccate sui fianchi e sopra la testa un dragone immane… […] L’acqua era per lui il principio di tutte le cose, e dall’acqua si formò il fango, e da entrambi nacque l’animale dragone, con una testa di leone attaccata e nel mezzo un aspetto di divinità, di nome Eracle e Crono. Questo Eracle generò un uovo straordinariamente grande, il quale, essendo pieno, per la violenza di chi lo generò, fu spezzato in due dallo sfregamento. La metà dalla parte della sommità divenne Urano e quella in basso la Terra; ne procedette un dio dal doppio corpo» (frammento DK 1, reperito da Aristof. Uccelli 693-702).

In Africa, similmente, la tradizione dei Bambara riporta il racconto dell’Uovo cosmico come generatore della medesima divinità creatrice: il vuoto, la dimensione del non-essere, il nulla, che genera l’essere.
Ma forse l’origine del mitema è da rinvenirsi nella civiltà sumerica.

Le narrazioni cosmogoniche sembrerebbero attestare, dal 2600 avanti Cristo, l’esistenza di una realtà omogenea ed indistinta (realtà indicata genericamente come il cielo e la terra) da cui tutto procede e da cui tutto origina, unità embrionale, indifferenziata, che precorre l’evento creativo.
Forse non è errato pensare che proprio a seguito della migrazione verso Occidente, risalente al XVI secolo avanti Cristo (dal Medio Oriente all’India), ebbe origine la riflessione e la redazione dei Veda.
Anche il big-bang possiede le medesime valenze pagane, ma le veste di quel razionalismo, vuoto di ragione, denominato scientismo.

I presupposti ideologici sono comunque analoghi: quelli di un paganesimo che misconosce la figura di un Dio creatore, personale, preesistente, libero ed onnipotente; la divinità pagana infatti, non crea propriamente ma genera, emana, «dispiega»una realtà nascosta rendendola palese.
La manifestazione del divino è niente altro che una semplice e distinta modalità di essere che prende corpo nel creato: l’uomo non è soggetto destinatario di predilezione eterna e di amore esclusivo: una creazione unica voluta da Dio, amata e desiderata dall’eternità, destinata alla felicità perfetta e senza fine; è un mero incidente di percorso dell’incomprensibile divino che, illusoriamente, diviene individualità pensante.

Lo scenario descritto non può che apportare tristezza e disperazione: l’uomo è un essere solo, destinato a sparire nella voragine eterna del buco nero del non-senso.
Ma tutto questo è uno scenario falso!
Perché presume una divinità inesistente, non perfetta, non creatrice.
Dio (in questa visione) non è l’Essere infinito che esercita la sua signoria ed il suo dominio su ogni cosa, capace di essere in se stesso tutta la possibilità infinita di essere (anche oltre l’essere ed il
non-essere, per utilizzare «orientalisti», amati dagli esoteristi), libero di creare come di non creare, grande non per quel che fa o crea, ma per quel che realmente è.
Ma un Dio diverso non è possibile né pensabile.
La Verità dell’esistenza di Dio e della verità del cristianesimo si prova già, meditando sulla figura di Dio stesso.
Non serve altro.

Una posizione scientifica, che volente o nolente precipiti nell’insensatezza della non creazione, resterà un vuoto contenitore di niente, scienza fai da te, ridicolo pensiero dell’uomo, polvere destinata a sparire di fronte alla Verità infinita di Colui che è.

Stefano Maria Chiari




1) Da http://iltempo.ilsole24ore.com/2008/09/07/923586-origine_della_vita.shtml
2) da  www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/scienza/grubrica


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