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Salazar filosofo della politica e vero uomo di governo
don Curzio Nitoglia
25 Dicembre 2011
«Guai ai popoli che non sopportano la superiorità dei loro grandi uomini! Più sventurati ancora quelli la cui politica non è ordinata in modo da permettere agli uomini di raro valore di servire la loro nazione! (…). Ma quasi dappertutto gli uomini sembrano oggi inferiori agli avvenimenti. Invece di farvi fronte, essi tentano di fuggirli. Li si sente sfasati, incapaci di reagire contro le forze così potentemente scatenate» (Salazar).
Prologo
Jacques Ploncard D’Assac, che è stato per molti anni il confidente di Salazar, ne ha scritto una biografia (Salazar, Parigi, Editions de la Table Ronde, 1967; traduzione italiana, Milano, Le Edizioni del Borghese, 1968), nella quale traccia anche le linee del pensiero filosofico politico dello statista portoghese. Nel presente articolo mi baso sullo scritto del celeberrimo controrivoluzionario francese (autore, tra tanti altri libri, anche di Doctrines du Nationalisme, 1959; L’Etat corporatif, 1960; L’Eglise occupée, 1975; Le secret des Francs-Maçons, 1979; Apologia della reazione, Milano, Edizioni del Borghese, 1970, in cui riassume in un capitolo la figura di monsignor Umberto Benigni e la dottrina del Sodalitium Pianum da lui fondato per combattere il modernismo e i modernisti).
Vita
Salazar nacque il 28 aprile del 1889 a Vimeiro e il suo completo nome era Antonio de Oliveira Salazar. Nel 1900 entrò in Seminario e vi restò sino al 1909, quando, diciannovenne, lo lasciò per intraprendere gli studi di giurisprudenza all’Università di Coimbra. Nel 1910 il Portogallo è attraversato da una ondata di rivolta, dopo l’assassinio del re Manuel II da parte di due massoni il 1° febbraio del 1908 e il 5 ottobre del 1910 viene proclamata la repubblica filo-massonica e anti-cristiana. Questi avvenimenti spingono il nostro giovane studente di legge ad occuparsi attentamente delle vicende politiche e a leggerle alla luce dell’insegnamento del sistema tomistico e del Magistero ecclesiastico, che aveva ricevuto in Seminario.
Filosofia politica tomistica conosciuta e vissuta
Salazar sin dall’inizio scrive che «il problema nazionale è ‘innanzitutto’ un problema di educazione e poco importa cambiare regime o partito se non si inizia innanzitutto a cambiare gli uomini. Occorrono dei veri uomini ed è necessario educarli» (1). La sua filosofia politica è assai diversa da quella di Charles Maurras. Per questo bisogna occuparsi innanzitutto della politica (politique d’abord), mentre il portoghese aveva capito che prima bisogna occuparsi dell’uomo: se non c’è il vero uomo, animale razionale e libero, fornito di intelligenza retta per conoscere il vero e rifiutare il falso e di libera volontà per fare il bene e fuggire il male, se questo uomo, che è anche animale socievole, non è educato ad essere padrone del suo corpo, dei suoi sentimenti e delle sue passioni e a realizzare la sua finalità nella società nella quale vive, a nulla vale la struttura politica o la forma di governo. Onde innanzitutto la formazione del singolo uomo, della famiglia di cui fa parte e poi si potrà organizzare correttamente la società civile, che è un insieme di famiglie. Come non si può edificare una casa se non si mettono i singoli mattoni uno sull’altro, così non si può organizzare lo Stato, la societas o la polis, se prima non si educa l’uomo e le famiglie che la costituiscono. Per Salazar «sono le idee che governano e dirigono i popoli, e sono i veri e i grandi uomini che hanno le vere e le grandi idee» (2), ma per avere i veri grandi uomini, che realizzano la loro natura di animali intelligenti, liberi e socievoli, bisogna educarli, formarli; quindi è necessario approntare un serio metodo di educazione integrale dell’uomo, nel suo fisico, nella sua sensibilità, nella sua razionalità libera e responsabile, chiamata a realizzarsi in società con altri uomini. Per tutta la sua vita politica (1926-1970) Salazar cercherà di formare veri uomini, vere famiglie e una vera società, nazione o patria.
Se Salazar non è maurrassiano, non ha voluto neppure la creazione in Portogallo di una Democrazia Cristiana sul tipo del Sillon francese, ma ha lavorato per l’inserimento dei principi cattolici nella vita sociale e politica del suo Paese, contrariamente allo spirito cattolico-liberale. Egli è la prova provata che si può essere integralmente cattolici, senza essere maurrassiani.
Fedeltà al Magistero
Il peccato di Monarchia, ossia il ritenere che l’unica forma possibile di governo sia quella monarchica, come pensavano i nemici di Leone XIII in Francia nel 1892 e poi i maurrassiani nel 1926, non ha mai sfiorato l’intelligenza, formata al tomismo e alle direttive del supremo Magistero pontificio, di Salazar: «La forma di governo è secondaria. Quello che conta sono gli uomini» (3). Nel 1918 si laurea e viene nominato professore di Scienza delle Dottrine Economiche presso l’Università di Coimbra. Egli inizia l’insegnamento nell’idea direttrice di tutta la sua vita: «Vuole essere formatore d’uomini, crede nella virtù dell’insegnamento, lo fa passare avanti all’azione politica e gli subordina l’avvenire della rinascita politica del suo Paese» (4). Secondo il Nostro, la «sola azione dei partiti politici non può risolvere i grandi problemi che ci assediano (…). La soluzione dei quali - soleva dire - si trova molto più in ciascuno di noi che nel colore politico dei ministri. Io lavoro a fare dei miei allievi degli uomini nel più alto significato del termine e dei buoni portoghesi (…). Il problema nazionale è quello dell’educazione e dello sviluppo integrale e armonioso di tutte le facoltà dell’individuo e non della sola intelligenza» (5). Certamente la politica, come virtù di prudenza sociale, è importante per Salazar, ma viene solo dopo aver formato l’uomo, come la societas o la polis si forma solo dopo che varie famiglie si sono unite assieme in vista di un fine e sotto un’autorità.
Salazar viene candidato dal Centro Cattolico al Parlamento, è eletto e il 2 settembre del 1921 partecipa per la prima e l’ultima volta ad una seduta parlamentare. Ne rimane scioccato. Infatti un ministro portoghese del partito conservatore, il quale faceva parte della maggioranza, dopo avere appreso che in Francia avevano vinto le elezioni i progressisti, gli dice: «Non possiamo far nulla. È il momento delle sinistre!». Egli vede - in quell’istante - tutta la inutilità e la vacuità della vita parlamentare. Il governo aveva la maggioranza, ma si sentiva impotente a governare perché in un Paese straniero avevano vinto le sinistre. «Il ‘nostro’ avvenire dipende solo da ‘noi’, commenta Salazar, il presente è ancora ‘nostro’», e la sera stessa rassegna le dimissioni da deputato (6). Apprezzava la politica come prudenza sociale, ma non la partitica parlamentaristica e il democraticismo rousseauiano (7).
Le tre forme di governo
Nel 1922 affronta il problema della forma politica da dare al Portogallo come filosofo della politica e non come parlamentare. Egli si rifà all’insegnamento che il 18 dicembre 1919 Benedetto XV nella Epistola al cardinale patriarca di Lisbona Celeberrima evenisse aveva impartito ai portoghesi riprendendo l’enciclica che Leone XIII, nel 1892 aveva scritto ai francesi (Au milieu des sollicitudes). Papa Giacomo Dalla Chiesa esortava i cattolici portoghesi a sottomettersi alle autorità della repubblica, poiché tutte le forme di governo in sé sono lecite; ciò che le rende buone o cattive sono le leggi che esse fanno. Ora la monarchia in Portogallo è stata rovesciata sin dal 1909 e non ha serie possibilità di vittoria. Quindi i cattolici debbono fare in modo che la repubblica portoghese abbia un parlamento che legiferi conformemente al diritto divino-naturale: «Che i fedeli obbediscano alle autorità, qualunque sia l’ordinamento dello Stato. Da esse dipende il bene comune, che è la suprema legge dello Stato (…). È dovere del cristiano la fedele sottomissione al ‘potere costituito’, come ha insegnato egregiamente Leone XIII nell’enciclica ‘Au milieu des sollicitudes’ del 16 febbraio 1892 (…). La Chiesa ha recentemente rinnovato scambievoli rapporti con la repubblica portoghese, i cattolici di costì, a loro volta, si sottomettano con buona volontà al potere civile come ora è costituito» (8). La politica del Riavvicinamento in Portogallo ebbe buon esito, poiché i cattolici portoghesi obbedirono al Papa e il loro pensatore era Salazar; in Italia la politica della Riconciliazione del 1929 ebbe buon esito, poiché era capo del governo un uomo - Benito Mussolini - che non aveva i pregiudizi della scuola liberal-risorgimentale di assoluta separazione tra Stato e Chiesa, come dichiararono sia lui che Pio XI; solo in Francia il Ralliement fallì, poiché il gallicanesimo non accettò i consigli del Papa e si aggravò sotto Pio XI nel 1926 con Maurras, che era ateo e teneva per la separazione tra Stato e Chiesa, tra la politica e la morale. L’essenziale per la Chiesa e per Salazar è che la repubblica riconosca che «l’autorità viene da Dio» (San Paolo) in maniera remota e dal popolo solo come canale, il quale designa un nome e gli trasmette, come un canale, la potestas quae est nisi a Deo come fonte. Inoltre la repubblica non mutui il democraticismo egualitarista e contrattualista da Rousseau, ma accetti la gerarchia naturale come mezzo necessario all’uomo, che vive in società, per raggiungere il bene comune temporale subordinato a quello spirituale (9). Altro tema importante di filosofia politica, toccato in quell’anno da Salazar, è quello della legittimità del potere. Essa si basa sulla finalità del potere, che deve far leggi conformi al fine della società; una legge difforme da quella divina e naturale «non est lex sed corruptio legis».
Governo de facto costituito e legittimo
Salazar si domanda, e risponde conformemente alla dottrina cattolica, sublimata in San Tommaso d’Aquino, nella seconda scolastica spagnola e portoghese (Giovanni da San Tommaso) e nel recente Magistero ecclesiastico (da Gregorio XVI a Pio XII): il governo «semplicemente costituito», che non sia ancora legittimo, deve essere obbedito? Ora, costituito equivale a «eletto, fondato, messo assieme, stabilito o presente» (N. Zingarelli). Se esso non vìola la legge divina e naturale, gli si deve obbedienza e, se legifera non per il bene comune o in vista del fine della società, la rivolta è lecita solo a condizione che sia l’extrema ratio, che si sia certi della riuscita del colpo di Stato e che la situazione posteriore non sia eguale o peggiore a quella del governo rovesciato (vedi Tirannide e tirannicidio, in questo stesso sito). Il governo portoghese non obbligava i sudditi a vìolare la legge divina e poteva da «legalmente costituito» diventare «moralmente legittimo» per modum facti; occorreva perciò - Salazar - entrare nell’agone politico e rendere il parlamento socialmente o politicamente buono, che facesse, cioè, delle leggi conformi a quella divino-naturale e corrispondenti al fine della società civile. Per Salazar la politica del Riavvicinamento era lecita ed anche lodevole, anche perché «è necessario subordinare le preferenze e le attività politiche alla difesa della religione (…). I cattolici, quindi, devono obbedire ai poteri costituiti e ‘a fortori’ a quelli legittimi» (10) in tutto ciò che non è contrario alla legge di Dio. Ora la forma di governo repubblicana non è cattiva in sé. Quindi si può e si deve sostenere la repubblica portoghese al governo sin dal 1910 e cercare di renderla sempre più conforme al Regno Sociale di Cristo. Per Salazar, «è più urgente e importante conquistare in seno al regime presente o costituito le libertà fondamentali della Chiesa e delle anime che sostituire un regime (repubblica) ad un altro (monarchia) (…). Ciò che conta è l’interesse della nazione e della Chiesa, il bene comune temporale e spirituale. La trasformazione in meglio della repubblica portoghese sarà interna, col divieto dei partiti e l’organizzazione corporativa, (…) superando l’individualismo partitico del parlamentarismo democratico con l’ordine corporativo» (11).
Democrazia aristotelico-tomistica
Come si vede, la democrazia secondo Salazar è quella classica di Aristotele e di San Tommaso e non quella moderna di Jean Jacques Rousseau. La politica è la prudenza sociale e non la partitica, che porta la divisione nella società invece di unirla in vista del bene comune. Oggi, purtroppo, si tende a confondere politica con partitica o democrazia parlamentare: Nulla di più falso. L’uomo, naturalmente è animale sociale; nulla di più «innaturale astratto e finto dell’‘uomo isolato’» o dell’individualismo liberale, come pure del collettivismo o pan-statismo totalitario». Come si vede, la concezione politica di Salazar è la filosofia sociale; della Chiesa, dei Padri ecclesiastici e degli Scolastici, specialmente di San Tommaso d’Aquino. La sua prassi politica e governativa deriva e segue come conclusione pratica da questa filosofia sociale. Salazar è stato paragonato a Solone, a Mèntore (il saggio consigliere di Ulisse nell’Odissea) o a Platone, egli è «più un filosofo che un dittatore, uno di quei saggi dell’antica Grecia che vegliavano sulla sorte degli uomini come protettori e moderatori, o che scrivevano le leggi» (Gabriel Boissy, La Tribune des Nations, 30 aprile 1936). Senza dubbio egli è un pensatore, un contemplativo completato dall’uomo d’azione.
La questione operaia: né liberismo né socialismo
La questione operaia, agitata dal social-comunismo, era risolta da Salazar secondo i principii dati da Leone XIII nell’enciclica Rerum novarum del 1891 e ripresi da Pio XI nella Quadragesimo anno nel 1931: «E’ errato credere che solo l’operaio lavori e produca; che le altre classi vivano del suo sforzo da parassite. Vi è una gerarchia nel lavoro: lavoro di invenzione, di organizzazione, di direzione e di esecuzione (…). Vi è una ineguaglianza naturale (…). Vi è una ‘ricchezza-egoismo’, destinata al consumo e all’appagamento dei bisogni creati artificialmente dalla società consumistica (crematistica, affaristica o pecuniativa); e vi è una ‘ricchezza-sacrificio’, che esige la previdenza, il risparmio e lo spirito di sacrificio (economia o ‘prudenza familiare’)» (12). Salazar evita gli scogli del socialismo e del liberismo, fondandosi sopra la dottrina sociale della Chiesa. Nel 1926, di fronte al pericolo di un colpo di Stato comunista il generale Carmona, prende il potere e nomina Salazar ministro delle Finanze, della Guerra, poi degli Interni, infine presidente del Consiglio, senza parlamentarismo, in uno Stato nazionale corporativo ossia in una dittatura pro tempore. Salazar, prima di essere uno statista e uomo di governo, è un filosofo della politica; egli era solito dire: «Guai ai popoli i cui governi non possono definire i principii superiori, una dottrina economica ed anche una filosofia, ai quali obbedisce la loro amministrazione pubblica» (13).
Occorre «volgere le spalle al liberalismo, che ha smembrato l’individuo dalla sua famiglia e dalla società, (…) per volgersi verso uno Stato corporativo e sociale in rapporto stretto con la costituzione naturale della Società civile: le famiglie, le parrocchie, i Comuni, le corporazioni, che formano la Nazione» (14). La dottrina economica, prima che dall’Università e dal Magistero ecclesiastico, Salazar l’ha appresa da sua madre. Egli lo confessò riguardo al «miracolo del risanamento economico portoghese»: «l’ho imparato da mia madre. Amministro lo Stato come un albergo, con decisione e spirito di economia» (15). Il liberismo, invece, confonde l’economia o prudenza domestica con l’affaristica o arte di arricchirsi, che fa della ricchezza il fine e non un mezzo.
Salazar, Mussolini e Hitler
Salazar ebbe dei contatti sia col fascismo che col nazionalsocialismo, dei punti in comune e delle divergenze. I punti comuni erano: il rafforzamento dell’autorità, la guerra al democraticismo parlamentarista rousseauiano, il patriottismo o amore di coloro che ci hanno dato la vita e la terra che abitiamo, l’ordine e lo Stato sociale che eviti l’individualismo liberale e il collettivismo socialista. Le divergenze consistevano nel no salazariano al cesarismo o statolatria pagana, verso la quale inclinavano il fascismo-movimento e il nazionalsocialismo. Lo Stato per Salazar deve essere forte, non violento né onnipotente o Assoluto. Egli riconosceva l’azione moralizzatrice del fascismo-regime (16).
Per quanto riguarda Hitler, il filosofo e statista portoghese ammetteva, senza paura di essere accusato di nazismo: «L’Europa gli deve il grande servizio di aver fatto indietreggiare, con sorprendente energia, le frontiere del comunismo (…). Mussolini ha creato, come Hitler, una grande forza popolare, ma è stato forse più prudente, più latino, come è del resto naturale, nella sua opera di rinnovamento» (17). Tuttavia Salazar, data la posizione geo-politica del suo Paese, che si affaccia sull’Oceano Atlantico e ha a nord l’Inghilterra, la quale era padrona dei mari, che soli potevano far giungere il Portogallo sino alle sue Colonie in Africa e in India, mantenne sino all’inizio degli anni sessanta, senza paura di essere tacciato di opportunismo, una stretta collaborazione con l’Inghilterra, malgrado ideologicamente fosse più vicino all’Italia e alla Germania che non al Regno Unito (18). Ciò che lo preoccupava era l’interesse della sua patria e non ciò che gli uomini potessero dire di lui, in bene o in male.
Salazar e Franco
Salazar nel 1935 dovette affrontare il problema della rivoluzione comunista in Spagna e la reazione del generalissimo Francisco Franco (1892-1975). Egli si schierò apertamente ed immediatamente col Caudillo, anche se Inghilterra, Francia e USA gli erano ostili. Anzi, siccome la Spagna repubblicana aveva cercato, tramite la Massoneria internazionale, di infiltrarsi in Portogallo per rovesciare il legittimo governo, Salazar colse l’occasione per sciogliere la Massoneria a nove anni dalla di lui presa del potere (19). La Massoneria lo condannò a morte. Léon de Poncins (Le Pourtogal renait) lo scrive a chiare lettere. Egli si trovava a Lisbona nel maggio del 1935 e costatava che «la Polizia ha arrestato, in questi giorni, a Oporto, un noto terrorista, Quin Marinheiro, scappato all’estero nel 1921 e ora rientrato in Portogallo per organizzare attentati contro il presidente della repubblica Carmona, il primo ministro Salazar e contro Cabral, autore della legge contro la Massoneria» (20). Il 13 luglio del 1936 viene assassinato, probabilmente da Dolores Ibarruri, il leader monarchico s»pagnolo Calvo Sotelo. Il terrore dilaga in tutta la Spagna. Franco si solleva contro la giudeo-massoneria e il bolscevismo anticristiano in una vera e propria crociata. Salazar dichiara: «se sarà necessario, imiteremo l’eroica gioventù d’Italia e di Germania. Lotteremo con le armi in pugno» (21) e fonda la Legione portoghese, un corpo di volontari atti a combattere «con l’idea e con la spada, con il libro e col moschetto». Egli «si rende sempre più conto che la guerra civile di Spagna è solamente un pretesto che già prepara il grande scontro finale: la crociata delle democrazie contro i fascismi» (22). Domenica 4 luglio del 1937 una bomba viene fatta esplodere a tre metri da Salazar che resta incolume e si reca tranquillamente a Messa e poi si mette al lavoro commentando: «Dio non ha permesso che io muoia, quindi torno a lavorare. Siamo indistruttibili perché la Provvidenza ha deciso così».
Le cause del malessere che agita i popoli
Salazar cerca le cause di tanto malessere che agita l’Europa e il suo Portogallo. Constata «un perturbamento mentale e morale dell’Europa (…). Mentre le forze al servizio dell’ordine agiscono disperse, vi è un’intesa, tacita o formale, fra gli elementi che si dedicano al disordine (…). La posta di questa battaglia è la stessa civiltà europea» (23). Tale agitazione prelude alle attività del «partito della guerra, che cerca uno ‘scontro globale fra democrazie e fascismi’. Ora le democrazie non preparano mai le guerre se non quando le hanno già dichiarate. Quindi si comincerà col cercare il pretesto per dichiarare la guerra (…). Dietro la Francia c’è l’Inghilterra; dietro l’Inghilterra ci sono gli USA, e dovunque ci sono le Internazionali della ‘crociata’ delle democrazie» (24). Salazar, pur essendo geo-politicamente vicino all’Inghilterra, vedeva chiaro e lontano. Con la scusa della lotta alle dittature fasciste si stava preparando l’asse Mosca-Londra-Washington, che avrebbe portato ad un nuovo ordine mondiale, nel quale l’Europa, cacciata dalle sue colonie in Africa, avrebbe avuto sempre meno peso a vantaggio dell’URSS e degli USA.
Versaglia e il pan-germanesimo
Salazar vedeva nel Trattato di Versaglia la causa di tanti mali che hanno incendiato l’Europa e non può non constatare la cecità dei Paesi europei (Francia e Inghilterra) che hanno contribuito alla futura implosione europea. Infatti secondo Salazar «è insensato supporre che la Germania avrebbe potuto indefinitivamente rassegnarsi a vivere sotto una tutela, che ledeva la sua coscienza nazionale, col risultato di privare l’Europa delle straordinarie capacità organizzative, lavorative di decine di milioni di uomini egregiamente equipaggiati e qualificati» (…). La politica delle democrazie europee si è lasciata «incautamente intrappolare nell’avversione contro il sistema politico del III Reich, innalzandogli intorno barriere ideologiche contro ogni logica nel momento in cui le ‘grandi democrazie’ si vantavano di ottenere la collaborazione sovietica. La Germania, dal canto suo, ha commesso qualche esagerazione e sentendosi perseguitata ha creato un imponente apparato militare che la porterà verso la guerra» (25). Nonostante ciò, la realpolitik spingeva Salazar, come pure Franco, a restare neutrale in caso di guerra mondiale e sempre filo-inglese geo-politicamente, anche se non ideologicamente. La vittoria di Franco sui rossi siglata definitivamente a Burgos il 1° aprile del 1939 era vista da Salazar come «La prima battaglia della seconda guerra mondiale», che scoppierà il 1° settembre dello stesso anno. Infatti la congiura contro la pace delle democrazie plutocratiche liberiste e socialiste non poteva tollerare che «l»Europa stesse cambiando. Ampi settori dell’opinione pubblica consideravano la democrazia come il regno del denaro. Un diffuso antigiudaismo popolare esprimeva questa presa di coscienza. L’Europa, dopo la fondazione dell’Impero italiano in Africa del nord, scivolava verso i fascismi, che rimettevano in causa i principii della Rivoluzione Francese, del liberalismo e del democraticismo» (26). La stessa vittoria in Spagna di Franco con l’aiuto di Italia e Germania, la dittatura portoghese, lo svilupparsi di movimenti fascisti in Inghilterra, America, Europa orientale non potevano essere lasciati liberi di continuare. Si cercò una canna fumante (come si è fatto in Iraq nel 2003), la si trovò a Danzica, dove si scatenò la guerra dell’oro contro il sangue, della neo-barbarie sovietico-americana contro la vecchia Europa. «Il 22 maggio del 1939 Stalin proclama: ‘i nostri sforzi sono tesi a facilitare lo scoppio del conflitto mondiale’» (27). Poi si dirà che la colpa era stata solo di Hitler e di Mussolini, che sarebbero il male assoluto. E qualche sprovveduto ancor oggi ci crede, come crede che la colpa della guerra che infiamma il Medio-Oriente sia stata solo di Saddam, di Al-Qeida, di Hezbollah e di Hamas. Penso sia lecito chiedere ed avere la libertà di ricerca storica senza pregiudizi anche nello studio della figura di Hitler come di quella di Saddam, senza dover essere tacciati di filo-nazismo o baathismo. Poi gli storici di professione descriveranno ombre e luci di questi personaggi, senza dover essere linciati moralmente e accusati di filo-fascismo, come capitò a Renzo De Felice, per aver studiato oggettivamente la figura di Mussolini, senza pregiudizi ideologici.
Giudaismo, americanismo e bolscevismo
L’allora ambasciatore statunitense in Inghilterra, Joseph Kennedy, padre del futuro presidente americano, aveva scritto: «Chamberlain mi dice: ‘L’America e l’ebraismo internazionale hanno spinto con la forza l’Inghilterra in guerra’» (28). E la storia continua. Salazar è cosciente di questa contraddizione, ma realisticamente sentenzia che, se «‘moralmente’ il Portogallo è legato all’Europa fintanto che essa continua ad essere il ‘cervello e il cuore del mondo’, ‘geo-politicamente’ si trova affacciato sull’Atlantico, dirimpettaio dell’Inghilterra, che domina i mari, i quali debbono esser varcati dal Portogallo per raggiungere le sue Colonie in Africa e in India» (29). Tuttavia l’Inghilterra non tarderà (cedendo l’India, così come la Francia l’Algeria e il Belgio il Congo), a deluderlo lasciando che le colonie portoghesi cadessero in mano dei rivoltosi utopisti, senza batter ciglio.
La crisi dell’Europa
«Crisi europea, crisi dello spirito - avverte Salazar - crisi dello spirito, crisi della civiltà. In seno all’Europa è nata la civiltà greco-latina e cristiana. Nella probabile futura rovina dell’Europa si troverà posto ancora per la verità, l’onore, la Giustizia?». La Russia comunista aveva cominciato a spargere i suoi errori, pur se adattati alle circostanze, nel mondo e particolarmente in Europa sin dagli anni Venti-Trenta (si pensi alla Scuola di Francoforte). Nel 1968 Salazar vedrà l’esplosione parossistica di tali errori, che hanno fatto piazza pulita dei valori sui quali l’Europa si è fondata ed è cresciuta, ed esclamò: «La guerra passata è stata un male, ma vi sono per i popoli dei mali più grandi, perché superano la morte e la povertà, e sono ‘il disonore e il nichilismo’» (30). Certamente il Sessantotto e il Concilio Vaticano II sono stati ben peggiori della Seconda Guerra Mondiale.
La frase di Salazar riportata in cima all’articolo: «Guai ai popoli che non sopportano la superiorità dei loro grandi uomini! Più sventurati ancora quelli la cui politica non è ordinata in modo da permettere agli uomini di raro valore di servire la loro nazione!» è più attuale e valida che mai non solo per le nazioni ma anche in ambito ecclesiale, ove, se è lecito adottare l’adagio quando non ci sono i cavalli, si fan trottare gli asini, mai dovrebbe valere gli asini avanti e i cavalli dietro. Purtroppo, invece, si vede che pure questo secondo proverbio comincia a prendere piede in ambiente cattolico anche tradizionale. E Salazar continua: «Gli uomini sembrano inferiori agli avvenimenti. Invece di farvi fronte, essi sono tentati di fuggirli». Se ieri il pericolo più apparente era il comunismo e gli Stati non era capaci di contrapporgli una dottrina positiva, superiore e contraria; oggi lo è il giudaismo, anche in campo religioso. Esso è entrato persino nella mentalità degli uomini di Chiesa, anche dei più alti, con la shoah e Nostra aetate, e, se qualcuno tenta di porvi rimedio, è scacciato e tacciato di anti-s(c)emitismo. Non si può fuggire il problema politico, sociale, economico e soprattutto teologico posto dal giudaismo nel primo dopo-guerra e durante il Vaticano II sino a Benedetto XVI, occorre affrontarlo e reagire con pari forza a poteri così scatenati. Contra malitiam, militia!. Purtroppo gli uomini di valore non sono messi in grado di servire la Chiesa e la verità, anzi ne sono impediti da mezzi uomini, che professano mezze verità (agere sequitur esse). Mao Tse Tung lo aveva pianificato: «Fa dell’uomo una mezza donna e della donna un mezzo uomo. Così governerai facilmente su mezze cose». In ambiente ecclesiale si è fatto dei monsignori dei mezzi mon-signorini e così la sinagoga di satana (Apocalisse, II, 9) riesce a governare su mezze cose, ossia su un ibrido di giudeo-cristianesimo. Mala tempora currunt, sed bona tempora veniant. Pio XII lo aveva intuito: «E’ tutto un mondo che occorre rifare sin dalle fondamenta». La restaurazione della Messa tradizionale è un bene, ma non basta; non fuggiamo la realtà e non rifuggiamoci nelle illusioni. È necessario un cambiamento totale di rotta, in campo dogmatico, morale, ascetico, disciplinare e metafisico. Salazar non si faceva illusioni sulla lotta naturalmente impari, ma ha voluto continuare a dire la verità, anche se come una voce che parla al deserto, poiché soprannaturalmente «con l’aiuto di Dio non si sa mai sin dove possono giungere gli echi di una voce» (31). Salazar essendo un grande uomo, rompe i nostri schemi e rischia di scandalizzarci. Infatti egli fu l’unico uomo politico assieme a Valera, il presidente dell’Irlanda, ad inviare un telegramma di condoglianze all’ammiraglio Doenitz per la morte del Cancelliere Adolf Hitler (32), senza paura di essere chiamato nazi.
Comunismo e colonialismo
Quanto al colonialismo, vedremo Salazar, negli anni Sessanta, in rotta con l’Inghilterra, l’America e la Francia, che scioccamente si piegarono ai venti della storia provenienti dall’Africa e ne furono sciroccate. Salazar attribuiva questa caduta di stile, soprattutto nell’Inghilterra che aveva ceduto l’India, alla «mancanza di formazione dottrinale, alle ‘verità incomplete’, all’idee troppo vaghe, all’ubriacatura di parole e al sentimentalismo indefinito, che sorreggevano gli Stati e che non potevano non produrre che contraddizioni» (33).
Uno dei pericoli che minacciavano l’Europa e la civiltà del mondo intero era, per Salazar, il comunismo sovietico, che aveva rimpiazzato l’egemonia germanica e che stupidamente era stato tenuto in vita, finanziato e rafforzato dagli USA. La natura del bolscevismo lo portava inevitabilmente al desiderio di dominio mondiale, per cui la prima vittima sarebbe stata l’Europa, la quale si era battuta per opporsi al nazionalsocialismo mentre aveva supportato un pericolo ben più grande: quello dell’orso sovietico (34). Secondo Salazar e Franco «era poco significativa la vittoria di una guerra, se si perdono i principi speculativi e morali che soli possono fondare una civiltà» (35). Il comunismo e la sovversione in genere non la si vince solo con le bombe, ma con una dottrina superiore e contraria all’errore materialista, che crei condizioni di vita avverse al proselitismo del comunismo (36). Il Giappone era stato rimpiazzato dagli USA, che, data la sua concezione liberale e libertaria della società, non poteva competere adeguatamente colla disciplina ferrea del comunismo, sino a che questi sarebbe crollato ab intrinseco per la deficienza innaturale del suo sistema economico, produttore di povertà, cosa che si è avverata nella fine degli anni Ottanta, ossia circa venti anni dopo la morte di Salazar. Il solo anti-comunismo negativo americano e delle democrazie europee, senza proporre un’alternativa dottrinale e pratica positiva, non avrebbe potuto sconfiggere il marxismo; infatti non basta essere negativamente contro qualcosa, ma occorre anche essere positivamente per una determinata alternativa.
L’altro pericolo era la rinunzia alle colonie in Africa, che - secondo Salazar - era la continuazione dell’Europa. Mentre l’URSS e gli USA premevano per la decolonizzazione, non per motivi umanitari, i quali erano solo sbandierati pubblicamente ed esteriormente, ma realmente e in segreto per abbattere quel che restava della potenza europea, la quale non sarebbe stata più competitiva con i due blocchi (americano e russo) senza le colonie in Africa e in India. Purtroppo la Francia, l’Inghilterra, il Belgio rinunciarono, ubriacate dal democraticismo americanista, alle loro colonie e ciò decretò il declino economico, politico e militare del Vecchio (ma saggio) Continente. Anche se il comunismo non riuscirà ad impiantarsi in Africa, avrà vinto, perché vi avrà portato il disordine (37). È la stessa lezione che ha imparato e messo in pratica l’America oggi in Medio Oriente. La guerra guerreggiata con l’Iraq è stata persa, come quella con l’Afganisthan, invece è riuscita - come guerra psicologica o ideologica - a vincere mettendo il caos e il disordine almeno in Iraq e spera di esportarlo nel mondo arabo intero, partendo dall’Iran, Siria, Libano e Palestina. Tuttavia una grave incognita si erge di fronte al giudeo-americanismo dello Stato d’Israele: la Turchia di Kemal Ataturk (1881-1938), armata sino ai denti dagli USA e da Israele, con 80 milioni di abitanti ed uno degli eserciti più potenti del mondo, è appena passata, con Recep Erdogan, nel campo avverso.
Salazar aveva anche intravisto il pericolo dell’islamismo. Nel luglio del 1959 il Negus Neghesti a Lisbona incontra Salazar e dichiara: «L’Etiopia, che è stata fin dal IV secolo il bastione della civiltà cristiana nel continente africano, ha preso su di sé la missione di difendere la Fede e i destini del cristianesimo (…). È nella crociata contro l’islàm che Etiopia e Portogallo hanno realizzato l’epopea della loro storia comune» (38). Salazar riprende il discorso del Negus nel 1962 e afferma che «il controllo dell’Africa del Nord da parte dell’Europa è essenziale per la pace. Senza di esso la sicurezza europea è compromessa (…). Se l’Europa continuerà ad indebolirsi e a perdere il suo coraggio, la sua volontà, quel che le resta d’ideali, ‘il mondo arabo si mostrerà molto minaccioso’» (39).
La dottrina colonialista classica di Salazar
Il colonialismo salazariano, difeso sino alla fine, non si poggiava su fondamenta di razzismo biologico-materialista darwiniano. Tuttavia esso non negava la constatazione di buon senso che dal fatto storico (contra factum non valet argumentum) della superiorità, senza disprezzo o orgoglio, della civiltà europea su quella africana, ne seguiva il compito dell’Europa di educare l’Africa, facendola prosperare poco a poco (40). Egli ammette l’esistenza di alcune élites nord-africane, ma dubita della loro sufficienza a governare un Paese senza l’aiuto dell’Europa. Infatti, «esse non hanno abbastanza ‘elementi indigeni’ su cui appoggiarsi. Ora uno Stato non è costituito solo da dirigenti, ma ha bisogno di ingegneri, economisti, agronomi, veterinari, medici, insegnanti, capi d’azienda, operai specializzati» (41). In mancanza di questo corpo intermedio tra capi e sudditi, dove andrà l’Africa? Verso la sua rovina, vittima della sovversione marxista o dei neo-colonialisti apolidi e dei trust affaristici. L’Europa greco-romana, grazie al Cristianesimo, ha perfezionato la sua missione civilizzatrice universale, che deve essere messa gratuitamente e generosamente a disposizione degli altri Paesi. Ma l’Europa stava attraversando una profonda crisi dottrinale e morale e quindi non avrebbe potuto dare ad altri ciò che non aveva saputo mantenere per se stessa (nemo dat quod non habet). Quindi la crisi del colonialismo classico o civilizzatore era inevitabile e al suo posto si sarebbe infiltrata o la sovversione comunista e l’odio di razza all’incontrario ossia verso i bianchi o il neo-colonialismo super-capitalista, che avrebbe soltanto sfruttato le ricchezze naturali dell’Africa, lasciando gli africani in balia di se stessi. Purtroppo, costatava Salazar, «l’Europa si vergogna di professare la sua alta missione educatrice e civilizzatrice cui Dio l’ha chiamata» (42). Così oggi gli uomini di Chiesa si vergognano di professare la superiorità, la unicità e la verità della sola Chiesa romana
Salazar e il problema etnico
Salazar non aveva paura di affermare il politicamente scorretto. «Noi crediamo che vi siano delle ‘etnie o razze in senso lato, decadenti, arretrate, che hanno bisogno del nostro aiuto’ per essere chiamate alla civiltà. Si tratta di un compito di formazione ed educazione umana, che deve essere svolto con umanità» (43). Qualcuno lo chiamerà nazista e razzista, ma non è così: come un padre che ha un figlio meno dotato gli riserva un’educazione più lunga e attenta, così le nazioni civili per dono di Dio debbono portare la civiltà ai popoli più bisognosi sotto pena di mantenere costoro nello stato di inferiorità ed inciviltà nel quale versano, come non si può lasciare un bambino poco dotato in balìa di se stesso illudendosi che se la caverà da solo quando non ne ha le capacità, ma richiede l’aiuto amorevole di un educatore. Tutto ciò è buon senso, non è razzismo biologico e disprezzo. Ma oggi il buon senso non va di moda e si preferisce vivere di slogan piuttosto che di verità. Salazar col suo buon senso latino e con l’attaccamento al reale era solito dire: «Non si governano angeli nel Cielo, ma uomini sulla terra, che sono come sono, con tutti i loro limiti e non come qualche utopista o sottospecie di idealista vorrebbe che fossero» (44).
Salazar rifiuta l’ammodernamento e l’aggiornamento
«Alle forze supercapitalistiche internazionali che promettono lo sviluppo di un Portogallo liberale e democratico, egli risponde: ‘Il capitale e la tecnologia non li si inventa, li si importa o li si crea. Quanto a me, preferirei ‘andare un po’più lentamente, nel quadro di una vita modesta, invece di rischiare di sottomettere il Paese a forme di colonizzazione selvagge e straniere’» (45). Aveva visto giusto. La crisi economico-finanziaria che attanaglia oggi, dopo il boom degli anni passati, l’America, la Gran Bretagna e l’Europa è il frutto di un’affaristica, che ha voluto tutto e subito, a suon di debiti. Ha creato una ricchezza virtuale e non reale, che sta per finire sommersa in un mare di cambiali.
Salazar ha rifiutato anche la s-politicizzazione dello Stato a favore della tecnocrazia. La tecnologia non è superiore alla virtù della prudenza politica o sociale, poiché «senza la polis non esisterebbe la tècne e non potrebbe lavorare» (46). Verso la fine della sua vita egli rispose ad un cronista che gli aveva chiesto se non fosse pentito di aver tenuto il Portogallo lontano «dal progresso, dalla modernità e dal liberalismo», E le pare poco? Questa frase da sola commenta e racchiude tutta la grandezza di Salazar.
Per questi motivi nel 1961 l’America e l’Inghilterra lo boicotteranno, lasceranno che il Portogallo perda le sue colonie, e cercheranno di rovesciarlo politicamente, senza riuscirvi. Il 6 settembre del 1968 Salazar è colpito da una semi-paralisi e rimette il suo mandato nelle mani del presidente della repubblica ammiraglio Thomaz, muore il 27 luglio del 1970 alle nove del mattino. È stato l’uomo politico più silenzioso d’Europa, ha avuto le Confessioni di Sant’Agostino sempre fra le mani durante il corso della sua vita politica e ha saputo leggere nei fatti storici (intus legere) per vedere quale direzione prendesse la vita del suo Paese. Lo ha governato con la saggezza del filosofo e dell’uomo d’azione, del contemplativo e del guerriero (47), abituato a guardare le cose in faccia; egli non ammetteva in politica né ignavia, né codardia né il sogno utopistico ad occhi aperti. Ha combattuto sino alla fine e Dio gli ha risparmiato di vedere lo scempio delle rivoluzione socialista del 1974 impadronirsi del Portogallo.
Don Curzio Nitoglia
Fonte > doncurzionitoglia.com
1) J. Ploncard D’Assac, Salazar, Milano, Edizioni del Borghese, 1968, pagina 19.
2) Ibidem, pagina 20.
3) Ibidem, pagina 24. Salazar non ha restaurato la monarchia in Portogallo. Franco lo ha fatto in Spagna, ma è stato proprio il re Juan Carlos a consegnare la nazione iberica alle forze del male. Come si vede non è la monarchia ad essere buona e indefettibile in sé e il re non è per se stesso infallibile ed impeccabile; anche un’altra forma di governo può essere buona, se legifera bene. Contra factum, non valet argumentum.
4) Ibidem, pagina 26.
5) Ibidem, pagina 29.
6) Ibidem, pagina 145.
7) Ibidem, pagina 30.
8) Ugo Bellocchi (a cura di), Tutte le encicliche e i principali documenti pontifici emanati dal 1740, Città del Vaticano, LEV, 2000, volume VIII: Benedetto XV (1914-1922), Epistola Celeberrima evenisse, pagina 308.
9) Ibidem, pagina 35.
10) Ibidem, pagina 37.
11) Ibidem, pagina 38.
12) Ibidem, pagine 39-41.
13) Ibidem, pagina 76.
14) Ibidem, pagine 77 e 79.
15) Ibidem, pagina 141.
16) Ibidem, pagine 96-97.
17) Ibidem, pagine 101.
18) Ibidem, pagine 102.
19) Ibidem, pagina 135.
20) Citato in J. Ploncard D’Assac, ibidem, pagina 139.
21) Ibidem, pagina 149.
22) Ibidem, pagina 152.
23) Ibidem, pagina 155.
24) Ibidem, pagina 171.
25) Ibidem, pagina 172.
26) Ibidem, pagina 174.
27) Ibidem, pagina 175.
28) Ivi.
29) Ibidem, pagina 176.
30) Ibidem, pagina 190.
31) Confronta pagina 252.
32) Ibidem, pagina 202.
33) Ibidem, pagina 213.
34) Confronta pagina 221.
35) Confronta pagina 238.
36) Confronta pagina 242.
37) Confronta pagina 225.
38) Ibidem, pagina 281.
39) Ibidem, pagina 305.
40) Ibidem, pagina 232.
41) Ibidem, pagina 311.
42) Confronta pagina 261.
43) Ibidem, pagina 264.
44) Ibidem, pagina 269.
45) Ibidem, pagina 270.
46) Ibidem, pagina 274.
47) Salazar l’8 settembre del 1936 aveva dato l’ordine, come ministro della Guerra, di bombardare con l’aviazione due navi da guerra portoghesi, che si erano ammutinate e volevano raggiungere i rossi spagnoli a Valenza: «Le navi della Marina portoghese possono essere affondate, ma non possono issare un’altra bandiera che non sia quella del Portogallo. Dall’atteggiamento del Portogallo dipende, in larga misura, l’esito della guerra civile spagnola» (J. Ploncard D’Assac, opera citata, pagina 149).
Salazar filosofo della politica e vero uomo di governo
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