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Le BR nelle procure – ci sono
19 Aprile 2011
Quanto virtuoso, ufficialissimo sdegno sul manifesto apparso a Milano, Via le BR dalle procure! Perchè – si vuol rispettosamente chiedere – da quale ideologia è ispirata, poniamo, la sentenza Thyssen emessa a Torino? Il dirigente della multinazionale tedesca, accusato per un grave incidente sul lavoro con sette morti, è stato condannato per omicidio volontario. Se la definizione giuridica ha un peso, un omicidio si dice volontario quando è «il risultato di un’azione o omissione che è dall’agente preveduta e voluta come conseguenza della propria azione od omissione». Dunque, per i nostri giudici il signor Espenhahn non ha provocato la morte dei suoi operai per incuria, per trascuratezze sia pur criminose negli apparati di sicurezza. No: secondo i nostri magistrati, l’amministratore delegato ha allestito un reparto della fabbrica con il cosciente e deliberato scopo di ammazzare i sette operai.
Chi, se non la cellula brigatista rossa annidata nel palazzo di giustizia di Torino può aver escogitato una simile sentenza? E’ noto e risaputo che già le cellule brigatiste incistate nella magistratura civile hanno creato la più massiccia ed efficace forza di dissuasione e intimidazione contro le imprese straniere che concepiscono l’audace follia di insediarsi da noi: accumulando sagacemente oltre 5 milioni di cause arretrate, tali cellule fanno aspettare decenni una sentenza per risarcimento danni o violazioni contrattuali, con perdite e spese inenarrabili – e possono vantarsi di aver portato l’Italia, nelle classifiche internazionali sulla certezza del diritto al 156° posto su 181 paesi, dopo Angola, Gabon e Guinea, che è un ottimo risultato per chi sogna la rivoluzione anticapitalista. Adesso, un imprenditore straniero, se nella sua filiale italiana accade una sciagura sul lavoro, sa che da noi verrà trattato come un volgare assassino che si mette a sparare dalla finestra.
Harald Espenhahn
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Il presidente della Thyssen Italia, Klaus Schmitz, ha colto l’intento brigatista-trotzkista-terrorista delle sentenza di Torino: «Con un verdetto di questo tipo», ha detto, «alcune persone pensano di poter cambiare l’attitudine di questo Paese in tema di sicurezza sul lavoro. Proprio per questo, prima di decidere come comportarci in futuro e quali strategie adottare, abbiamo bisogno di capire come l’Italia valuta la sentenza e la novità che ha introdotto». E’ stato prontamente accontentato: un profluvio di lodi per la sentenza innovativa, esemplare: non solo dalla Camusso della CGIL («Sentenza giusta, niente sarà come prima»), ma dagli intellettuali, dai giuristi, dai politici e dai media della borghesia illuminata (quella che negli anni di piombo si fregiava del motto nè con lo Stato nè con le Br). Un coro concorde. Da cui s’è distanziato, con scandalo di tutti gli altri, il sindaco di Terni, un comunista di vecchio stampo: il fatto è che lì la Thyssen ha 2.850 dipendenti, l’acciaio made in Italy è in crisi da anni e «Thyssenkrupp è un gruppo da 190mila dipendenti – spiega Celestino Tasso, il segretario della FIM-CISL provinciale – che ha la regola che se un comparto segna tre anni di perdite, se ne libera. A giugno il nuovo gruppo dirigente deve decidere il piano industriale. Il timore c’è».
Ma che importa ai brigatisti in toga, se la Thyssen s’invola in India, lasciando a terra quasi 3 mila dipendenti? L’importante è aver tenuto il punto ideologico: l’imprenditore, specie il fabbricante di cose materiali che pesano, bruciano e si muovono su rulli e nastri – la vecchia industria pesante – è sostanzialmente un assassino. Tutt’altro giudizio legale pende sulle industrie immateriali, leggere, virtuali; nessun operaio resterà mai schiacciato sotto i bond Parmalat o titoli subprime, e difatti i brigatisti della seconda sezione penale del tribunale di Milano hanno assolto le banche Morgan Stanley, Bank of America, Citigroup e Deutsche Bank, dall’accusa di aggiotaggio informativo nell’ambito di un processo sul ruolo che hanno avuto nel crac della Parmalat.
Altri esempi si possono fare. Uno mi viene in mente: quei 750 milioni di euro che un giudice di Milano ha condannato Fininvest (Berlusconi) a risarcire a CIR (De Benedetti), provvedimento che il giudice Mesiano ha decretato per giunta «immediatamente esecutivo» – ossia intanto paga, poi ricorri. Ovvio, per i brigatisti in toga essendo Berlusconi il nemico numero uno, e De Benedetti il nemico del nemico. Ma siccome 750 milioni sono 1.500 miliardi di vecchie lire, e come esborso bastano e avanzano per distruggere l’azienda dichiarata perdente, ha dovuto intervenire la sezione civile della Corte d’appello per sospendere provvisoriamemte l’esecuzione, data «la elevatissima entità della condanna» e «l’onerosità dell’eventuale procedimento di ripetizione (ossia di recupero della somma) in caso di accoglimento parziale dell’appello». Il fallimento dell’azienda e la rovina delle sue migliaia di dipendenti è solo provvisoriamente sospeso, ma pende, e non è scongiurato.
Così, probabilmente (sperabilmente) anche la sentenza Thyssen sarà riformata in un più alto grado di giudizio, da giudici con ancora la testa sul collo e capaci di valutare le conseguenze delle sentenze. Ma questo illumina ancor di più l’irresponsabilità, l’arbitrarietà consentita nella massima e più obbrobriosa libertà alle cellule brigatiste che si annidano nei gradi inferiori della magistratura; anzi, grazie all’automatismo delle carriere, i brigatisti occupano ormai sempre più i gradi alti. Sicchè diminuiscono via via le speranze di correzioni delle loro sentenze.
Siamo sempre più debolmente difesi contro l’arbitrio di militanti cui non importa che migliaia di cittadini perdano il posto, che non si riconoscono responsabili davanti alla società complessiva, che si infischiano delle conseguenze dei loro atti giudiziari sulle persone, a cui importa solo di affermare una certa idea di Giustizia che è per loro tanto più pura in quanto senza alcun contatto (o compromesso) con la realtà.
L’odio di parte contro il Salame non ci dovrebbe far dimenticare il pericolo immanente costituito da questi eredi delle BR sottratti ad ogni giudizio e ad ogni responsabilità; perchè il Salame presto non ci sarà più, ma quelli rimangono, si perpetuano e pesano sulla nostra vita.
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