La Maledizione Del Giudaismo Postbiblico
Siccome il Giudaismo talmudico e i suoi accoliti hanno rigettato il Signore Gesù, Iddio ha abbandonato il Giudaismo e i Giudei increduli: “Deus non deserit nisi prius deseratur / Dio abbandona solo dopo essere stato abbandonato” (S. Agostino). In questo senso si può dire che il Giudaismo è “maledetto formalmente”, ossia condannato e non solo “disapprovato oggettivamente” in quanto viene costatata la sua separazione da Dio; perciò è degno di essere abbandonato dal Signore, sanzionato o punito esplicitamente. Per fare un esempio, il giorno del Giudizio particolare, per quanto riguarda l’anima che si presenta davanti a Cristo Sommo Giudice nello stato di peccato mortale: a) Gesù constata la sua separazione da Lui (maledizione oggettiva); inoltre b) Egli pronuncia la maledizione di condanna al fuoco eterno (maledizione formale); così è per Israele postbiblico: ά) non solo Dio constata la sua separazione da Lui, ma β) lo maledice formalmente e lo condanna all’anatema.
L’Etimologia Di “Maledizione”
“Maledetti” etimologicamente significa: “condannati, anatemizzati o s/comunicati, separati da Dio, allontanati da Dio, s/consacrati” (Nicola Zingarelli, Vocabolario della Lingua italiana, Bologna, Zanichelli, X ed., 1970, voci corrispettive).
In questo senso l’Ebraismo postbiblico è condannato da Dio e si trova oggettivamente separato da Lui, non è più il “popolo eletto”, ma è stato “s/consacrato” e non è più in comunione con il Signore, ma è stato “s/comunicato” da Lui.
L’Hèrem Ebraico
Il termine greco e latino “anathema” traduce l’ebraico “hèrem” dal verbo “hàram”, che significa separare ed esprime la separazione di un oggetto o di una persona abominevoli, affinché non contaminino altre cose o persone (Lev., XXVII, 29). Per esempio i Cananei erano votati da Dio all’anatema, che comporta la distruzione fisica totale, per evitare il pericolo dell’idolatria. L’Israelita, se cadeva nel peccato d’idolatria o di politeismo diventava anatema, ossia veniva separato dal popolo d’Israele non solo geograficamente, ma era eliminato fisicamente (Exod., XXII, 19). Dopo l’esilio babilonese (anno 586 a. C.) si sostituì all’uccisione la confisca dei beni e l’esclusione o scomunica dalla Comunità (Esdra, X, 8), pratica che si perpetuò sino al tempo di Gesù, in cui venivano scacciati dalla Sinagoga coloro che credevano nel Messia Gesù Cristo (Giov., IX, 22; Lc., VI, 22; Mt., XVIII, 15). Perciò è paradossale, da parte cattolica, non osare più di ricordare che il Giudaismo deicida e incredulo nel Cristo venuto sia maledetto da Dio non solo oggettivamente, ma anche formalmente; quando invece il Giudaismo postbiblico ha costantemente scomunicato gli Ebrei credenti in Gesù come Messia sin a partire dai tempi della vita pubblica di Cristo fino ad oggi. Infatti leggiamo nel Vangelo: “Complottavano i Giudei [“conjuraverant Judaei”] di scomunicare dalla Sinagoga chiunque osasse dire che Gesù era il Messia” (Giov., IX, 22).
L’Anatema Nel Nuovo Testamento
Nel Nuovo Testamento il termine “anatema” permane, si veda Galati (I, 8); I Corinti (XII, 3; XVI 22); Romani (IX, 3). Si tratta essenzialmente di una “pena vendicativa”; solo in I Corinti (V, 5) e in I Timòteo (I, 20) si parla di una “pena medicinale” affinché il peccatore si converta (cfr. Francesco Spadafora, Dizionario biblico, Roma, Studium, III ed., 1963, pp. 29-30, voce “Anatema”). Infatti la pena è innanzitutto vendicativa e solo secondariamente medicinale.
Nella versione del Vecchio Testamento in greco, detta “dei Settanta”, la parola “anatema” indica una cosa o persona destinata da Dio o per Iddio alla distruzione fisica totale. Nel Nuovo Testamento conserva questo significato con una leggera sfumatura: cosa o persona colpita da maledizione divina e destinata genericamente o in senso lato alla rovina (cfr. P. Parente - A. Piolanti – S. Garofalo, Dizionario di Teologia Dommatica, Roma, Studium, IV ed., 1957, pp. 16-17, voce “Anatema” a cura di Antonio Piolanti).
La Maledizione Nel Talmud
Nel Talmud (Babba metsia 59b) la scomunica si divide in a) niddoui (separazione), essa è una forma blanda di “scomunica” in senso largo e dura sino a tre mesi al massimo; e in b) hèrem (scomunica in senso stretto), che è perpetua. “La cerimonia dell’hèrem è impressionante, essa ha luogo nella sinagoga ove si accendono le candele nere. Un tribunale rabbinico costituito da tre giudici pronuncia una maledizione, in cui si domanda - tra le altre cose - che la persona scomunicata sia colpita da malattie, che perda i suoi beni, che sia maledetta da tutti, che non sia sepolta con rito religioso e, se è un uomo, che sua moglie sposi un altro” (G. Wigoder – S. A. Goldberg diretto da, Dictionnaire Encyclopédique du Judaisme, Parigi, Cerf/Laffont, 1996, p. 349, voce “Excommunication”). La stessa cosa insegna il famoso esegeta cattolico padre Bonaventura Mariani: “L’hèrem è un’esclusione solenne e perpetua da ogni consorzio con i fedeli israeliti ed è accompagnata da maledizioni, che si rifanno al Deuteronomio cap. XXVIII” (Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1948, vol. I, coll. 1159-1160, voce “Anatema”).
Come si vede 1°) nel Giudaismo postbiblico odierno si ricorre alla scomunica, che viene accompagnata da una maledizione esplicita; però 2°) si pretende che l’Ebraismo incredulo nella divinità di Cristo e deicida non possa essere neppure definito “maledetto e riprovato da Dio”… e la cosa più triste è che i “cristiani” modernisti sono d’accordo con il diktat del Bené Berìt (la Massoneria ebraica)… che ha stilato la Dichiarazione Nostra aetate del Concilio Vaticano II sui rapporti tra Cristianesimo e Giudaismo postbiblico, la quale insegna falsamente che «gli Ebrei non devono essere presentati come rigettati da Dio, né come maledetti, quasi che ciò scaturisse dalla Scrittura».
Infatti Lazare Landau, sul Quindicinale ebraico/francese “Tribune Juive” (n. 903, gennaio 1986 e n. 1001, dicembre 1987) scrive: «Nell’inverno del 1962, i Dirigenti ebrei ricevevano in segreto, nel sottosuolo della sinagoga di Strasburgo, un inviato del Papa [...] il padre domenicano Yves Congar, incaricato da Bea e Roncalli di chiederci, ciò che ci aspettavamo dalla Chiesa cattolica, alla vigilia del Concilio [...] la nostra completa riabilitazione, fu la risposta [...]. In un sottosuolo segreto della sinagoga di Strasburgo, la dottrina della Chiesa aveva conosciuto realmente una mutazione sostanziale».
Conclusione
La Sinagoga talmudica – che l’Apostolo S. Giovanni chiama ben due volte “Sinagoga di Satana” (Apoc., II, 9; III, 9) – dopo l’uccisione di Cristo, è stata disapprovata, maledetta, rigettata da Dio, che ha costatato la sua infedeltà al “Vecchio Patto” stretto da Lui con Abramo/Mosè (1900 a. C./1300 a. C.) e l’ha ripudiata o allontanata da Sé per stringere una “Nuova ed Eterna Alleanza” con il “piccolo resto” o “reliquia” d’Israele fedele a Cristo e a Mosè (Cfr. Salvatore Garofalo, La nozione profetica del “Resto d’Israele”, Roma, Lateranum, nn. 1-4, 1962), e con tutte le Genti pronte ad accogliere il Vangelo, le quali in massima parte hanno corrisposto al dono di Dio; mentre solo una “reliquia” di Gentili lo ha rifiutato, per adorare se stessa tramite gli idoli pagani che si era costruiti, narcisisticamente, a mo’ di specchio.
Quindi, a mo’ di riassunto, possiamo affermare che il Giudaismo post-biblico è maledetto non solo oggettivamente, ma anche formalmente ed è pure riprovato o disapprovato da Dio, ossia sino a che esso permane nel rifiuto ostinato di Cristo, non è unito spiritualmente a Dio, non è caro a Lui, non è in grazia di Dio, ma è separato dal Signore, non avendo la fede poiché “senza la fede è impossibile piacere a Dio” (Ebr., XI, 6).
Eugenio Zolli, l’ex rabbino capo di Roma convertitosi al cattolicesimo scrisse: «Il popolo ebraico, che era stato il veicolo della Rivelazione, quando questa si presentò nella sua pienezza con Cristo e gli Apostoli, la rigettò, almeno nel maggior numero dei suoi componenti, e si pose fuori della Chiesa. […]. Nell’Ebraismo più che la Morale sono il Culto e il Dogma che costituiscono offesa a Dio, perché si basano sul rifiuto di ascoltare la Sua Voce, che si è fatta udire con la più alta risonanza nella pienezza dei tempi: “In principio era il Verbo…” (Giov., I, 1 ss.). Di conseguenza gli atti di Culto ebraico costituiscono atti contrari alla Virtù di religione, perché onorano Dio con un culto oramai falsato dagli avvenimenti» (F. Roberti – P. Palazzini diretto da, Dizionario di Teologia Morale, Roma, Studium, 1955, pp. 450-452, voce “Ebraismo”, a cura di E. Zolli; ristampa, Proceno – Viterbo, EFFEDIEFFE, 2019).
Quindi il Giudaismo si è messo fuori della Comunione con Dio e i suoi atti di culto religioso sono idolatrici; perciò Dio ha dovuto condannarlo quale separato, scomunicato o maledetto e idolatrico, analogamente a quanto avviene al Giudizio particolare, in cui Dio prende atto dello stato di grazia o di peccato mortale del morto e pronuncia la benedizione o maledizione: “Entra nella Gioia del tuo Signore” oppure: “Via lontano da Me, maledetti nel fuoco eterno!” (Mt., XXV, 41).
Dunque si può affermare, teologicamente parlando e senza nessun timore di antisemitismo biologico, che il Giudaismo rabbinico/talmudico è un’idolatria maledetta o riprovata da Dio e si trova in uno stato di totale separazione da Lui.
Fine Della Seconda Ed Ultima Parte
d. Curzio Nitoglia