I Fatti Storici:
1° – III/IV Secolo
Nel III/IV secolo il Vescovo S. Cipriano di Cartagine sostenne per un po’ di tempo che solo la Chiesa di Cristo può santificare le anime e quindi i Ministri che hanno abbandonato la Chiesa o ne sono stati espulsi con la scomunica non possono santificare, mentre papa Stefano asseriva che il Sacramento ha valore di per sé e quindi se il Ministro, anche eretico, pone la materia, la forma ed ha l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa anche se non ci crede o se reputa che la Chiesa si sbagli, confeziona ed amministra il Sacramento validamente (DThC, col. 2387). S. Agostino, la Scolastica, S. Tommaso d’Aquino hanno ripreso e approfondito la dottrina sostenuta da papa Stefano e poi il Concilio di Trento l’ha definita dogmaticamente e l’ha resa obbligatoria e quindi l’ha insegnata infallibilmente. Ma prima di arrivare alla definizione dogmatica, obbligante e infallibile, nella Chiesa, le due dottrine (quella detta “africana” di S. Cipriano da Cartagine e quella detta “romana” di papa S. Stefano) si sono affrontate teologicamente anche con veemenza. Inoltre, come vedremo appresso, alcuni Vescovi e persino Papi, pur ritenendo vera in teoria la dottrina di papa S. Stefano, però poi in pratica riconferivano i Sacramenti confezionati da Ministri che erano fuori della Chiesa per eresia o scisma.
La teologia “romana” si è imposta abbastanza presto in Occidente. Il Concilio di Arles (314) ha fatto sua la teologia “romana” e i Vescovi africani hanno pian piano abbandonato la pratica assolutamente stretta di riconferire i Sacramenti (DThC, col. 2389), mentre l’Oriente cristiano ha continuato a sostenere assolutamente e praticare strettamente la dottrina di S. Cipriano di Cartagine ossia la teologia “africana” sull’invalidità e la reiterazione dei Sacramenti conferiti da Ministri fuori della Chiesa.
La teologia greca e specialmente quella siriana nel IV secolo continuò a sostenere la dottrina, chiamata dai teologi, “africana” di S. Cipriano, tuttavia quando scoppiarono le grandi controversie trinitarie e cristologiche (IV-V secolo), la situazione nella Chiesa di rito greco si fece abbastanza pesante con nuove separazioni, eresie e scismi. Perciò i Vescovi greci, alle prese con nuove separazioni dalla Chiesa cattolica, cominciarono ad attenuare in pratica lo stretto rigore con cui reiteravano i Sacramenti conferiti da eretici o scismatici, prima quanto al solo Battesimo e poi anche quanto all’Ordine Sacro (DThC, col. 2392).
I Padri greci del IV secolo (S. Atanasio, S. Basilio, S. Epifanio) usarono termini molto severi sulle Ordinazioni conferite da Ministri passati all’Arianesimo. Poi verso la fine del V secolo i Nestoriani formarono delle vere e proprie “chiese” dissidenti, eretiche e scismatiche basate sull’errore monofisita (in Cristo vi è una sola natura, quella divina e non quella umana). Furono soprattutto i Monofisiti, che privi di preparazione teologica e emotivamente esacerbati, ricorsero “visceralmente” a soluzioni estreme, ritornando alla stretta teologia “africana” e negando assolutamente ogni validità ai Sacramenti conferiti dai Ministri che non appartenevano alla loro “chiesa” o meglio setta (DThC, col. 2395). Ma per fortuna la Chiesa cattolica greca nel secolo VII, di fronte a tali eccessi dei settari monofisiti, iniziò ad abbandonare la teoria e la pratica delle riordinazioni, però questo abbandono non fu senza un certo ritorno alla teologia “africana” (DThC, col. 2396).
2° – V/VI Secolo
Nella Chiesa di rito latino (Felice di Aptonga e Optato di Milevi), invece, si rafforzò viepiù la teologia “romana” ostile alle riordinazioni, che oramai erano divenute una specie di ossessione o “ri-ordinazionismo”. Tuttavia persino nella Curia romana non mancarono le esitazioni di molti teologi e canonisti. Papa Innocenzo I (402-417) in una lettera (cfr. Jaffé, Regesta Pontif. Rom., n. 303, PL, t. XX, coll. 526-537) non insegnò l’illegittimità della pratica delle riordinazioni, ma d’altra parte usò termini forti sull’impossibilità di dare ciò che non si ha (“is qui honorem amisit, honorem dare non potest”) applicata ad un Ministro eretico, che, essendo fuori della Chiesa, non poteva dare la grazia agli altri, quando lui stesso ne era privo. Papa S. Leone Magno (440-461) riprese la teoria di Innocenzo I, mentre papa Atanasio II (496-498) era per la validità dei Sacramenti conferiti da Ministri eretici, ma con papa Pelagio I (556-561) si ritornò alla teologia di S. Cipriano. Tutte queste prese di posizione di questi Papi, scrive p. Emann, son dovute al fatto che durante il loro Pontificato si erano verificati episodi poco edificanti di Ministri sacri passati all’eresia e che avevano consacrato altri Ministri. Quindi nelle loro Epistole i Papi suddetti usarono espressioni forti per esprimere il loro pensiero personale come dottori privati e non come Pastori supremi della Chiesa universale (DThC, col. 2399). Per avere un parere teologico obiettivo e spassionato occorre, secondo Emann, attendere papa S. Gregorio Magno (590-604), il quale scrisse a Giovanni di Ravenna: “Come il battezzato non deve essere ribattezzato, così l’ordinato o il consacrato non deve essere riordinato o riconsacrato” (Ep. 1, II, n. 46, PL, t. 77, col. 585), come si vede è la pura dottrina di S. Agostino († 430), che trionferà con S. Tommaso d’Aquino († 1274) e sarà definita infallibilmente e irreformabilmente dal Concilio di Trento (1545-1563).
3° – VII/IX Secolo
Purtroppo tra il VII e il IX secolo nella Chiesa latina vi è stata una certa decadenza dei Ministri, che ha fatto regredire anche il livello teologico e canonico dell’epoca. La dottrina agostiniana venne abbandonata e si assisté alla pratica generalizzata delle riordinazioni senza se e senza ma. Poi vi fu il triste caso di papa Costantino II (767-769), il quale fu eletto irregolarmente ma validamente (DThC, col. 2401), però fu comunque dichiarato usurpatore, deposto e rimpiazzato da papa Stefano III. Ora, siccome papa Costantino aveva consacrato 8 Vescovi, ordinato 8 Preti e 4 Diaconi, ma poiché queste Consacrazioni e Ordinazioni erano state fatte fuori dei tempi liturgici in cui si suole conferire l’Ordine, ci si appigliò a questa circostanza del tutto contingente quanto alla confezione del Sacramento per dichiarare invalide le sue Ordinazioni durante il Sinodo romano non dogmatico, presieduto da papa Stefano III: invece la teologia cattolica odierna le considera assolutamente valide (DThC, col. 2402).
Nel secolo IX vi fu un fatto ancora più increscioso, quello di papa Formoso (891-896), che dopo la sua morte fu riesumato e il suo cadavere venne giudicato nell’897 dal Sinodo romano detto “cadaverico” presieduto da papa Stefano VI e venne confermato da papa Sergio III. Inoltre il Sinodo si pronunciò sull’invalidità di tutti gli atti e le Ordinazioni di papa Formoso. In quest’epoca la teologia conobbe non solo una grave decadenza, ma una vera e propria “eclissi” (DThC, col. 2410). Questo stato di decadenza durò per tutto il secolo X. Vi furono dei buoni Pastori, che provvisti di zelo forse eccessivo, però mancavano di buona formazione teologica e di ponderatezza, quindi nella reazione alla decadenza oltrepassarono i limiti più per eccesso di zelo, imprudenza e ignoranza che per malizia.
4° - XI Secolo
Nell’XI secolo vi fu la disputa sulla Simonia sotto il Pontificato di S. Leone IX. Egli non riuscì a farsi un’opinione su la questione degli Ordini dati a o da un Simoniaco. Nello stesso periodo S. Pier Damiani sviluppò la teoria, poi divenuta comune, della validità di queste Ordinazioni. Ma Leone IX, che al Sinodo di Vercelli (1050) aveva affermato la validità di queste Ordinazioni, tornato a Roma sotto l’influsso del Cardinal Umberto da Silva Candida reiterò le Consacrazioni date da o a simoniaci. Quindi Emann e Saltet parlano di “due teologie contraddittorie nel seno della medesima Curia romana” (DThC, col. 2414), quella di S. Pier Damiani (Liber gratissimus, PL, t. 145, coll. 96-156) e quella del Cardinal Umberto da Silva Candida (Adversus simoniacos, PL, t. 143, coll. 1005-1212) alle quali il papa S. Leone IX si rifaceva senza decidersi per una sola. Ma l’ultima parola sulla questione delle Ordinazioni dei simoniaci la ebbe S. Pier Damiani, che nel Sinodo romano del 1160, presieduto da papa Nicola II, pur dimostrandosi giustamente severo nei confronti dei Simoniaci non considerava tuttavia invalide le loro Ordinazioni (DThC, col. 2415).
Con il Pontificato di Urbano II (1088-1099) la Curia romana cercò di arrivare ad una certa unità di teoria e pratica sacramentaria quanto alle Riordinazioni. Urbano II rispondendo ad Anselmo da Milano citò i Padri che affermavano la validità dei Sacramenti conferiti da Ministri fuori la Chiesa (cfr. Jaffé, cit., n 5387, PL, t. 151, col. 298); dall’altra parte sussisteva ancora la teologia “africana” di S. Cipriano da Cartagine, seguìto da Bernoldo di Costanza, che affermava la necessità di ribattezzare o riordinare coloro che lo furono extra Ecclesiam (Epist., 109, PL., t. 44, col. 1139). Tuttavia nella pratica Urbano II contraddiceva la sua stessa teoria. Infatti Popone di Trevi, che era stato ordinato Diacono simoniacamente, quando venne eletto Arcivescovo di Metz fu riordinato prima Diacono e poi consacrato Vescovo da Urbano II stesso (DThC, col. 2419). Lo stesso avvenne con Daiberto, quando fu nominato Vescovo di Pisa, che era stato ordinato Diacono simoniacamente da Vezilone di Magonza (ivi).
5° - XII Secolo
Nel XII secolo si scontrarono ancora due scuole. La prima scuola riteneva invalidi i Sacramenti conferiti extra Ecclesiam, ad essa apparteneva il celebre canonista Rolando Bandinelli (il futuro papa Alessandro III, †1181), autore del Liber sententiarum e della Summa Decreti (cfr. L. Saltet, cit., pp. 298-307). Un suo discepolo, Rufino da Bologna, scrisse la Summa Decretorum tra il 1157 e il 1159, in cui riprendeva e sistematizzava le tesi di Rolando Bandinelli. Il papa Lucio III (1181-1185) si atterrà a queste teorie praticando le Riordinazioni, come narra Uguccione da Pisa nella sua Summa Decreti (DThC, col. 2423). La seconda scuola li riteneva validi. Monsignor Ognibene anche lui professore di diritto a Bologna e Vescovo di Verona nel 1157 si distanziò dal suo maestro Rolando Bandinelli, seguìto da Gandolfo di Bologna, inoltre Uguccione da Pisa nella sua Summa Decreti confutò la tesi della prima scuola e sostenne la validità degli Ordini conferiti extra Ecclesiam, la dottrina di Uguccione si impose poco a poco nell’Università di Bologna. Infine si arrivò, con S. Raimondo da Peñafort, alla sconfitta della tesi dell’invalidità degli Ordini extra Ecclesiam.
A Parigi si assisté alla stessa evoluzione che aveva subìto la scuola di Bologna, si partì con alcuni teologi “invalidisti” e si giunse all’affermazione della validità dei Sacramenti extra Ecclesiam. Pietro Lombardo nelle sue Sentenze (lib. IV, dist. 13 e 25) si pose la questione sull’invalidità dei Sacramenti degli eretici, operò le dovute distinzioni, ma non osò concludere con certezza e lasciò l’arduo compito ai suoi successori (DThC, col. 2427).
6° - XIII Secolo
Tra la fine del XII secolo e il XIII i Canonisti insegnarono l’invalidità. Stefano Vescovo di Tournai, morto nel 1203, nella sua Summa Decreti seguì tale tesi. Invece Prevostino da Cremona si rifece alla dottrina agostiniana (cfr. L. Saltet, cit., p. 351). Lo stesso insegnarono Roberto di Flamesbury e Roberto di Courçon (DThC, col. 2429).
S. Tommaso d’Aquino
Ci si avviava verso il trionfo, che sarà raggiunto solo con S. Tommaso d’Aquino, della dottrina agostiniana con Guglielmo d’Auxerre († 1231) nella sua Summa aurea in IV libros Sententiarum (folio 284 v), poi fu la volta di Rolando da Cremona, il primo domenicano che ottenne la licenza d’insegnare alla Sorbona. Quindi S. Tommaso dimostrò, e fece diventare dottrina comune, la validità dei Sacramenti degli eretici conferiti salva eorum substantia (In IVum Sent., dist. 25; S. Th., III, q. 82, aa. 7-8; Suppl., q. 38, a. 2).
7° - Il Concilio Di Trento (XVI Secolo)
Il Concilio di Trento definì la dottrina agostiniana e rigettò quella di S. Cipriano di Cartagine. Ma durante il Vaticano I gli anti-infallibilisti cercheranno di confutare l’infallibilità del Papa risuscitando le controversie sui Sacramenti conferiti extra Ecclesiam nelle quali numerosi Papi, come dottori privati o insegnando non dogmaticamente (senza voler definire ed obbligare) in vari Sinodi (di Roma, 770, 897, 1160, di Vercelli, 1150), avevano detto il contrario di quanto poi definito dal Tridentino: si erano contraddetti insegnando una tesi e praticando la dottrina contraria (DThC, col. 2431). Monsignor Antonio Piolanti spiega: «Questa concezione [che riteneva invalide le Ordinazioni dei Ministri eretici, ndr] anche se accolta in pratica da qualche Papa, non ne compromise l’infallibilità, poiché non volle portare un giudizio definitorio e obbligante sul caso concreto» (Dizionario di teologia dommatica, Roma, Studium, V ed., 1957, p. 355, voce “Riordinazioni”; ristampa, Proceno – Viterbo, 2018).
Fine Della Seconda Parte
Continua
d. Curzio Nitoglia