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La ricusa d’essere figli
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«Guardate quale grande amore ha dato a noi il Padre: siamo chiamati figli di Dio, e lo siamo! Per questo il mondo non ci conosce, poiché esso non ha conosciuto Lui. Carissimi, fin d’ora siamo figli di Dio e non si è ancora manifestato quel che saremo. Sappiamo che quando ciò si sarà manifestato saremo simili a lui, poiché lo vedremo com’Egli è. Chiunque ha questa speranza in lui, diventa puro com’Egli è puro» (Giovanni 3, 1-3).

La grande passione che traspare nella Bibbia, dalla prima all’ultima parola, è quella di Dio che vuole formare con l’essere umano un’immensa grande famiglia.
Ma in Dio non sussistono passioni, dirà il teologo.
E’ vero; perciò Dio si è fatto Uomo per vivere la Sua passione di amore tra gli uomini: la Passione del Figlio dell’uomo.
«La mia delizia era stare con i figli dell’uomo».
Eppure, non fu accolto, ma crocifisso.
Ed è da questo Suo Sacrificio di amore che è nata l’innumerabile famiglia cristiana.
Essa è formata e sostenuta dal Suo Sacrificio.
Quando non Lo difende nel Suo santuario, si avvia alla dispersione (confronta Daniele 11).

Dopo aver ricordato che la Fede cattolica è fondata sulla sublime analogia di Dio rivelatoSi Padre, ora si deve considerare la misteriosa analogia d’essere figli.
Sì perché, così come si è rivelato piano divino formare la famiglia universale degli esseri umani, creati ad immagine e somiglianza di Dio e ad imitazione del Figlio perfetto e templi dello Spirito Santo, questi, creati liberi, potevano rifiutare d’essere custodi di quest’alleanza per divenire figli; ricusare l’eredità filiale offerta dal Padre.
Gli umani, esseri contingenti, non possono vantare la condizione di figli di Dio, se non secondo l’analogia rivelata che impegna la volontà di aderire alla Parola, al Verbo divino, a cui segue il segno cristiano dell'amore fraterno.

«In questo si rendono manifesti i figli di Dio e i figli del diavolo: chiunque non compie la giustizia non è da Dio, come pure chi non ama il proprio fratello. Poiché questo è l’annuncio che avete ascoltato fin dal principio: dobbiamo amarci gli uni gli altri» (ibidem 10,11).

Quindi, chi non ama secondo la Carità paternale di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, ma nel mondo privo del segno dell’amore fraterno cristiano, non è nella fraternità dei redenti; redenzione che richiede intelligenza e volontà personali.
Una «redenzione universale» degli uomini, «che lo sappiano o no», come vollero insegnare maestri deviati como Rahner, De Lubac, Wojtyla ed altri, fautori e seguaci della nuova teologia, divenuta conciliare, è falsità nefasta da sempre condannata dalla Chiesa e per ultimo da Pio XII; è un ponte lanciato sul vuoto per favorire la fraternità illuminista e massonica del mondo nemico della Croce.
Non si ama i fratelli con questi progetti.

«Non vi meravigliate, fratelli, se il mondo vi odia. Noi sappiamo di essere passati dalla morte alla vita perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte».

Non si ricorderà mai abbastanza che «analogia» non significa, per il pensiero cattolico, conformità e meno ancora identità, come si potrà trovare nei dizionari.
L’uso del termine è proprio quando si tratta di distinguere tra realtà assimilate solo verbalmente.
E’ il caso di realtà descritte con le stesse parole, ma che sono diverse anche in modo perentorio.
Per esempio, si può descrivere tutto con la parola «essere», ma tra l’essere Dio onnipotente e tutto l’essere del cosmo da Lui creato la differenza è assoluta.
Parimenti tra Dio Padre e i padri della specie umana.
Eppure, il Creatore ha usato questa stessa parola, in modo analogico, per rivelarSi all’intelligenza umana.
Le religioni del mondo lo ignorano e non possono avvicinare l’uomo a Dio e l’Islamismo lo nega,
professando la distanza assoluta tra Dio e l’uomo, anche nel piano delle parole e delle immagini e del Sacrificio.
Si privano così del Santissimo Spirito d’amore tra il Padre e il Figlio, origine d’ogni amore.

L’analogia riguardo al Santo Sacrificio

«Come il Figlio dell’uomo che non è venuto ad essere servito, ma a servire e dare la propria vita in riscatto di molti» (Matteo 20,28).

Nel Santo Sacrificio il Figlio, perfetto Dio, sacrifica la vita di perfetto uomo per servire la volontà del Padre di riscattare e radunare un immenso popolo di figli devoti, che partecipano a questo Sacrificio.
Per il Cristianesimo il termine padre può essere lo stesso nel piano del governo della vita umana, ma non in quello dell’infinita differenza tra vita soprannaturale e naturale.
Qui l’analogia cessa per non portare il pensiero a idee come quella panteista che paragona Dio all’universo materiale con un’equivalenza verbale, un nominalismo che attribuisce la realtà esistente a livello di parole o simboli.

«Io gioisco nelle sofferenze che sopporto per voi, e completo nel mio corpo ciò che manca dei patimenti del Cristo per il suo corpo, che è la Chiesa, della quale sono divenuto ministro, in conformità al compito che Dio mi ha affidato a vostro riguardo, per realizzare la parola di Dio, il mistero che, nascosto ai secoli eterni e alle generazioni passate, ora è svelato ai suoi santi. A questi Dio volle far conoscere quale fosse la splendida ricchezza di questo mistero tra i gentili: Cristo in noi, la speranza della gloria» (Col 1, 24-26).

«Badate che nessuno vi faccia sua preda con filosofie vane e fallaci, inganni ispirati alle tradizioni umane, agli elementi del mondo e non a Cristo, poiché è in lui che dimora corporalmente tutta la pienezza della divinità, e voi siete stati riempiti in lui, che è il capo di ogni principio e potenza; in lui inoltre siete stati circoncisi di una circoncisione non operata dall’uomo, ma nella spoliazione del corpo carnale, nella circoncisione del Cristo» (ibidem 2, 8-11).

In questo richiamo San Paolo fa conoscere quanto la consapevolezza e comportamento di ognuno siano necessari all’opera della propria redenzione, che non è mai robotizzata.
Sembrerà a qualcuno che si tratti di questioni d’interpretazione di parole, eppure si tratta di una posizione sistematica che configura l’aggiornamento del Vaticano II ad una vera nuova religione liberale, varata con tutti gli orpelli e apparenze di quella tradizionale.

Redenzione di tutti o di molti?

«Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e per dare la propria vita in riscatto per molti» (Marco 10, 45).

L’intelligenza e la volontà libere dell’essere umano non possono che essere ordinati al superiore disegno d’essere figli di Dio.
Se si cerca questa figliolanza e conseguente fraternità, si trova armonia, progresso e pace in Gesù Cristo; se Lo si avversa e rifiuta, si può trovare solo odio, delitti e conflitti in questo mondo e perdizione nell’altro.

«Il Figlio dell’uomo che non è venuto ad essere servito, ma a servire e dare la propria vita in riscatto di molti».

Quelli guariti da Gesù, che disse: «Cosa volete che io vi faccia?»: «Signore, che si aprano i nostri occhi!... Gesù toccò i loro occhi e subito ricuperarono la vista e si misero a seguirlo» (Matteo 20, 28ss).
L’intelligenza dell’uomo ha per fine conoscere il Vero, come la vista vederLo.
Ma ciò dipende anche dalla volontà di trovare «Colui che viene nel nome del Signore... per proclamare: ‘Osanna nel più alto dei cieli!’».
Ecco, però, che questa fede, per così dire interattiva, è stata negata dalle «religioni» e «teologie» dei «cristiani anonimi», della «coscienza adulta» e della «redenzione universale», di cui si è fatto portatore il Vaticano II nella «Gaudium et Spes» e altri documenti sulla Chiesa e sulla Fede, «aggiornate» alla nostra epoca.
Tutto rimase impregnato da questo tenebroso inganno, per cui la salvezza universale fu acquisita con l’Incarnazione del Verbo, anche senza le opere e l’adesione al Suo Santo Sacrificio.
Infatti, anche nella consacrazione del Sangue redentore si volle sostituire il «pro multis» con «per tutti».
Un disguido casuale?
Per niente.

La questione era già stata discussa e risolta nel Concilio di Trento, il cui Catechismo dice espressamente sulla forma della consacrazione del vino:

«216. Per la medesima ragione, sopra ricordata (per la consacrazione del pane), è necessario che il sacerdote conosca bene anche quanto si riferisce alla consacrazione del vino, che è l’altra materia di questo sacramento».
«Si deve ritener per fede che essa è costituita dalle parole (Decretal,  tit. 41, 6): 'Questo è il calice del sangue mio, della nuova ed eterna alleanza (mistero della fede!) il quale per voi e per molti sarà sparso a remissione dei peccati'».

«Molte di queste parole sono prese dalla Scrittura; le altre la Chiesa le ha ricevute dalla Tradizione apostolica. Infatti, Questo è il calice, si trova in san Luca (XXII, 20) e in San Paolo (I Corinti XI, 25); del sangue mio, o il mio sangue della nuova Alleanza, che per voi e per molti sarà sparso in remissione dei peccati, si trovano in San Luca e in San Matteo (XXVI, 28); le parole: eterno e mistero della fede, ci vengono dalla tradizione, interprete e custode della cattolica verità. Qualora si richiami quel che abbiamo detto sopra a proposito della consacrazione del pane, nessuno potrà dubitare di questa forma. Essa consta di quelle parole che significano il cambiamento della sostanza del vino nel sangue del Signore. Ma poiché le parole ricordate esprimono appunto questo, è chiaro che non vi può essere altra forma per la consacrazione del vino. Esse esprimono, inoltre, mirabili frutti del sangue del Signore, sparso nella passione; frutti che appartengono in modo tutto particolare a questo sacramento. Il primo è l’accesso all’eredità eterna a cui ci dà diritto il nuovo ed eterno Testamento. Il secondo è l’accesso alla giustizia mediante il mistero della fede. Infatti Dio ha preordinato Gesù propiziatore mediante la fede nel suo sangue, per mostrare insieme che egli è il giusto ed è la fonte di giustizia, per chi ha fede in Gesù Cristo (Romani III, 25-26). Il terzo è la remissione dei peccati. Ma occorre esaminare con più grande diligenza le parole della consacrazione del vino, che sono piene di misteri e convengono perfettamente al loro soggetto. Le parole: Questo è il calice del sangue mio, significano: questo è il mio sangue contenuto i n questo calice. Ed è con ragione che mentre si consacra il sangue in quanto è bevanda dei fedeli, viene menzionato il calice; poichéÌ il sangue di per sé non significherebbe una bevanda, se non fosse presentato in una coppa. Seguono le parole: della nuova Alleanza, per farci intendere che il sangue del Signore viene offerto agli uomini nella nuova Alleanza, ma in realtà non in figura, come nella vecchia Alleanza, di cui San Paolo scrivendo agli ebrei ha detto che non fu stipulata senza sangue (IX, 18)».

Perciò l’Apostolo ha scritto: Gesù Cristo è mediatore della nuova Alleanza, affinché avvenuta la sua morte per riscattare le trasgressioni commesse sotto la prima Alleanza, i chiamati ricevano l’eterna eredità loro promessa (Ebrei IX, 15).
L’aggettivo eterna si riferisce all’eterna eredità, che a buon diritto ci è pervenuta per la morte del Cristo eterno testatore.
Mentre le parole, mistero della fede, non tendono a escludere la verità della cosa, ma indicano che bisogna credere con ferma fede quel che rimane occulto e remotissimo agli occhi nostri.
Il senso di questa frase è diverso qui da quello che riveste applicata al Battesimo.
Qui infatti diciamo mistero di fede in quanto vediamo solo cogli occhi della fede il sangue di Gesù Cristo, nascosto sotto le specie del vino; mentre il Battesimo è chiamato sacramento di fede e dai Greci mistero di fede, in quanto comprende l’intera professione della fede cristiana.
Chiamiamo il sangue del Signore mistero di fede, anche perché la ragione umana trova molta difficoltà e grande fatica ad ammettere quel che le propone la fede: che cioè Gesù Cristo, vero figlio di Dio, vero Dio e vero uomo, abbia per noi sofferto la morte, la quale viene appunto significata dal sacramento del sangue.
Ecco perché, a preferenza che nella consacrazione del corpo, viene fatta qui menzione della passione del Signore con le parole: che sarà sparso in remissione dei peccati.
Il sangue infatti, consacrato separatamente, ha più forza ed efficacia per mettere sotto gli occhi di tutti la passione del Signore, la sua morte e la natura delle sue sofferenze.

Le parole: per voi e per molti, prese separatamente da Matteo (XXVI, 28) e da Luca (XXII, 20), sono riunite dalla santa Chiesa, ispirata da Dio, per esprimere il frutto e l’utilità della passione.
Infatti se consideriamo l’efficace virtù della passione, dobbiamo ammettere che il sangue del Signore è stato sparso per la salute di tutti; ma se  esaminiamo il frutto che gli uomini ne hanno ritratto, ammetteremo facilmente che ai vantaggi della passione partecipano non tutti, ma soltanto molti.
Perciò dicendo: per voi, ha voluto significare i presenti, con cui parlava, eccetto Giuda, oppure gli eletti del popolo ebreo, quali erano i discepoli.
Ed aggiungendo: per molti, ha voluto intendere gli altri eletti, ebrei e i gentili.
Con ragione dunque non è stato detto: per tutti, trattandosi qui soltanto dei frutti della passione, la quale apporta salute soltanto agli eletti.
In questo senso bisogna intendere anche le parole dell’Apostolo: Gesù Cristo fu offerto una sola volta per togliere i peccati di molti (Ebrei IX, 28); e quelle del Signore: Prego per loro; non prego per il mondo, ma per quelli che mi hai dati, perché sono tuoi (Giovanni XVII, 9).
Molti altri misteri sono ancora nascosti in queste parole della consacrazione: i Pastori li scopriranno da sé, con l’aiuto di Dio, mediante un’assidua e diligente meditazione delle cose divine («Catechismo Tridentino», Edizioni Cantagalli, Siena, 1981, pagine 258-261).

Misteri delle cose divine da meditare profondamente

I pastori modernisti, però, su quanto non capiscono, non meditano, aggiornano!
E ciò è davvero strano, per non dire contradditorio ed empio, poiché toccare il Santo Sacrificio è segno integrante la profezia finale sul mistero d’iniquità nel Luogo Sacro.
Per di più, proprio in nome della libertà umana la gente avrebbe dovuto sentirsi libera di «vedere» quel che immagina, mentre la visione della propria redenzione, che dipende dal proprio libero arbitrio, diviene, per così dire, automatica per tutti, universale alla misura della grande fraternità mondiale, e proprio per voce dei «nuovi pastori! Così la libertà d’essere figli e fratelli nel «mondo» assume priorità su quella d’essere figli del Padre eterno e fratelli nel Figlio di Dio.
Ecco l’opera secondo lo spirito del mondo.
E siamo in pieno nella realtà dell’umanità contemporanea che, persa l’Idea vitale del Padre, si trova immersa nell’inganno religioso.
Esso, volto a «ritoccare» il mistero divino, porta l’umanità all’alienazione impercettibile ma terminale riguardo la Parola del Padre e il Sacrificio del Figlio.
Infatti tutta la storia è scritta, non da eventi strepitosi, che sono però contingenti, ma su tre svolte fatali dell’umana coscienza, riguardanti la Parola, l’Amore del Padre e il Sacrificio del Figlio:

1 quella originale, del Peccato di alienazione della Parola del Padre:
2 quella del popolo eletto da Dio per superare la prima, originale, che, formato per preparare la venuta del Messia redentore, rifiutarono il Verbo divino incarnato, alienando così la propria elezione a favore dell’idea di un regno terreno.
3 Per superare questa seconda grande alienazione storica, Dio ha inviato il Suo Spirito a formare la Sua Chiesa e frenare la scalata continua intenta a devastare l’opera del Verbo.
Eppure, oggì proprio questa «diga» col suo karéchon crollò con gli applausi del mondo.

La prima alienazione fu la trasgressione dell’unico ordine di Dio, che riservava a Sé il giudizio sul bene e sul male - del resto inaccessibile alla mente umana senza Dio, che per sanarla inspirò all’uomo, ramingo in tutto il mondo, il bisogno del sacrificio riparatore.
Ma anch’esso fu sempre più deturpato e alienato poiché invece del proprio sacrificio a Dio si passò all’olocausto del prossimo, fino a quello del Figlio di Dio.
E questo sommo e perfetto Sacrificio rimase come pegno della salvezza di moltitudini.
Fino al nostro tempo, quando Esso fu violato per servire alle illusioni umane di conciliazione ecumenista, in seguito alle traviate iniziative fondate sulle false idee religiose dell’era moderna.
Se l’idea fondamentale del sacrificio nel rapporto col Padre impregnava anche il mondo civile, questo ora promuove quell’indipendenza e liberazione dall’Ordine, dall’Autorità, dalla Tradizione rivolta al mondo intero, rappresentato dalla Chiesa e dal Papato cattolico; un moto autodemolitore che avanza incompreso nel mondo della grande alienazione, profondamente infettato dalla grande apostasia della Chiesa del Santo Sacrificio.
In essa imperversano ormai quanti, in nome di una religiosità ecumenista, avviano il nefando spirito del Vaticano II, per cui anche i «valori dell’illuminismo» anticristiano vanno «battezzati»!
Così l’antropocentrismo è promosso alla pari del pancristianesimo ecumenista attuale.
Quest’ultimo predica senza veli un’equivalenza religiosa universale a causa dell’innata religiosità umana, ma questa fraternità «religiosa» centrata nell’uomo fa a meno proprio del Verbo unico di Dio; della Parola e Volere unici del Padre; è religiosità aliena e opposta all’univoca e non analoga Verità della fede cattolica integra e pura.

Il rifiuto dell’Essere, del Padre e dell’essere figli

Tornando al pensiero sul «rifiuto di essere» del filosofo cattolico brasiliano Alfredo Lage («A Recusa de Ser», A Falência do Pensamento Liberal, Edizioni Agir, Rio, 1971), si ricorda che l’autore inquadra l’attrazione del pensiero liberale e progressista per l’irrealismo di una democrazia astratta che segue un pensiero utopico tendente ad instaurare l’immaginazione nel potere.
Tutta questa alienazione della realtà genera una dialettica di massificazione disumanizzante di un essere umano senza natura e fine comprensibili: natura di creature che possono aspirare al fine di divenire figli di Dio.
E l’irrazionalità liberale della società democratista che paga gli interessi composti dell’assurdo d’essere corpo senza capo né fine: ovvero di non essere più che un fenomeno che «organizza» la ribellione esistenziale.
E i giovani, «staccati da ogni radice, principio e forma di civiltà, ad eccezione delle facilità in cui vivono, sono la patetica espressione di un militante e inglorioso rifiuto della crescita trasfiguratasi in contestazione» (opera citata, pagina 222).
Una generazione che si compiace a vivere il conformismo del loro vano inconformismo di non-figli, di «astrazioni personificata».
Nella Filosofia dell’Essere, Dio è riconosciuto l’Essere sussistente da Cui le creature traggono l’esistenza.
L’Essere, quindi, soltanto è esprimibile da un’analogia limitata; ma come origine di tutto è assolutamente l’Altro dalla Creazione.
Assimilare il Creatore alla creatura è pensiero che conduce al dio-tutto dei vari panteismi e esistenzialismi globali.
In questo senso si può capire la riverenza dell’Islam, che però si tiene distaccato da Dio.
Se Dio si dice Padre è per esprimere l’Amore per l’uomo e il Suo disegno di creare l’immensa famiglia umana; l’analogia sublime dell’Onnipotente che Si rende vicino.
Abbandonata l’analogia di Dio che Si rivelò Padre, Figlio e Spirito Santo per la comprensione umana dell’Amore che va oltre alla carne, il pensiero umano si inaridisce.
Ma sovvertire la nozione di quest’analogia è ancora peggio; può far avanzare l’idea di fraternità universale priva e avversa al Padre eterno, come pretende la «religione dell’uomo che si fa dio»; che sostituisce il Padre con un grande fratello occulto, risultato degli utopismi di salvezza terrena di ideologie gnostiche, dalla Massoneria al comunismo.
E dal nefasto degrado del pensiero sovvertitore dell’Analogia rivelata sul Padre, spuntano allora i profeta terminali della «massa dannata», che ricusa il Regno del Padre a favore delle assemblee dei fratelli.
E’ l’ora del grande fratello anticristo.

Dal Regno universale al «nuovo ordine mondiale»

Dal concetto d’ordine universale si passò all’idea di fraternità mondiale secondo un ordine rivoluzionario e massonico guidato oggi dall’ONU.
Ma i papi conciliari vi sono andati per esaltare tale apparato, la cui idea di fraternità non ha niente di cristiano perché manca del principale, ovvero della Paternità divina svelata nel Vangelo.
Siamo così al mistero della Chiesa, che avendo per capo Gesù, sa che chi non è con Lui, guida del Disegno di famiglia universale sotto la paternità divina, è contro di Lui.
Il vero Vicario di Cristo può solo manifestare questo pensiero e volontà del Padre e del Figlio, con l’assistenza perenne dello Spirito Santo.
Perciò riceve il potere e la virtù che supera infinitamente l’uomo perché può manifestarsi infallibile nell’analogia divina.
Senza questa fede, però, non potrebbe né piacere a Dio, né rappresentare la Sua autorità.
Il potere della Santa Chiesa è vicario e in contrasto con l’utopia della libertà, uguaglianza e fraternità delle ideologia di un «nuovo ordine mondiale».
Quindi, le parole di Paolo VI, per cui l’ONU fu dichiarata «l’ultima speranza dell’umanità»! e le iniziative dei suoi seguaci, di senso liberista e ecumenista, che vi sono andati ad applaudire tale nuovo ordine, non hanno niente in comune col disegno divino di riunire in terra l’immensa famiglia umana.
Già lo avevano insegnato i Papi e Pio XI, nella Mortalium animos, Lettera enciclica che manifesta la  verità unívoca rivelata da Dio sulla grande fraternità umana.

«Forse in passato non è mai accaduto che il cuore delle creature umane fosse preso come oggi da un così vivo desiderio di fraternità - nel nome della stessa origine e della stessa natura - al fine di rafforzare ed allargare i rapporti nell’interesse della società umana. Infatti, quantunque le nazioni non godano ancora pienamente i doni della pace, ed anzi in talune località vecchi e nuovi rancori esplodano in sedizioni e lotte civili, né d’altra parte è possibile dirimere le numerosissime controversie che riguardano la tranquillità e la prosperità dei popoli, ove non intervengano l’azione e l’opera concorde di coloro che governano gli Stati e ne reggono e promuovono gli interessi, facilmente si comprende - tanto più che convengono ormai tutti intorno all’unità del genere umano - come siano molti coloro che bramano vedere sempre più unite tra di loro le varie nazioni, a ciò portate da questa fratellanza universale. Un obiettivo non dissimile cercano di ottenere alcuni per quanto riguarda l’ordinamento della Nuova Legge, promulgata da Cristo Signore... Perciò sono soliti indire congressi, riunioni, conferenze, con largo intervento di pubblico, ai quali sono invitati promiscuamente tutti a discutere: infedeli di ogni gradazione, cristiani, e persino coloro che miseramente apostatarono da Cristo o che con ostinata pertinacia negano la divinità della sua Persona e della sua missione».

Non possono certo ottenere l’approvazione dei cattolici tali tentativi fondati sulla falsa teoria che suppone buone e lodevoli tutte le religioni, in quanto tutte, sebbene in maniera diversa, manifestano e significano egualmente quel sentimento a tutti congenito per il quale ci sentiamo portati a Dio e all’ossequente riconoscimento del suo dominio.
Orbene, i seguaci di siffatta teoria, non soltanto sono nell’inganno e nell’errore, ma ripudiano la vera religione depravandone il concetto e svoltano passo passo verso il naturalismo e l’ateismo; donde chiaramente consegue che quanti aderiscono ai fautori di tali teorie e tentativi si allontanano del tutto dalla religione rivelata da Dio...
Egli stesso volle insegnare all’uomo i doveri che legano gli esseri ragionevoli al loro Creatore: «Iddio, che molte volte e in diversi modi aveva parlato un tempo ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del figlio».
Dal che consegue non potersi dare vera religione fuori di quella che si fonda sulla parola rivelata da Dio, la quale rivelazione, cominciata da principio e continuata nell’Antico Testamento, fu compiuta poi nel Nuovo dallo stesso Gesù Cristo.

Una unica Chiesa e Famiglia di Dio

I fautori di quelle iniziative di fratellanza «quasi non finiscono di citare le parole di Cristo: ‘Che tutti siano una cosa sola… Si farà un solo ovile e un solo pastore’», nel senso però che quelle parole esprimano un desiderio e una preghiera di Gesù Cristo ancora inappagati.
Essi sostengono infatti che l’unità della fede e del governo - nota distintiva della vera e unica Chiesa di Cristo - non sia quasi mai esistita prima d’ora, e neppure oggi esista; essa può essere sì desiderata e forse in futuro potrebbe anche essere raggiunta mediante la buona volontà dei fedeli, ma rimarrebbe, intanto, un puro ideale...
l’Unigenito Figlio di Dio non solo comandò ai suoi inviati di ammaestrare tutti i popoli, ma anche obbligò tutti gli uomini a prestar fede alle verità che loro fossero annunziate «dai testimoni preordinati da Dio», e al suo precetto aggiunse la sanzione «Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo; ma chi non crederà, sarà condannato».

Il Papa ha presente le falsità del modernismo che vuole la Fede aggiornata ai «bisogni dei tempi» e conciliata con ogni credenza del mondo moderno, dei diritti umani messi davanti ai disegni divini; della nozione di diritti messa davanti a quella di doveri.
Poiché l’uomo è guidato dal pensiero, che nelle società forma la mentalità dominante, e questo pensiero è modellato dalle fedi, sono queste a determinare in modo spesso inavvertibile il comportamento personale e sociale delle generazioni.
A questa luce, non si può evitare di concludere che l’«aggiornamento» della fede cattolica, attraverso il lamentabile «pensiero conciliare» è alla radice del profondo decadimento moderno.
Tant’è che esso si dimostra più accentuato proprio nei Paesi di tradizione cattolica.

«Purtroppo i figli abbandonarono la casa paterna, ma non per questo essa andò in rovina, sostenuta come era dal continuo aiuto di Dio».

La perfetta carità si manifesta soltanto nel Disegno divino.
L’autorità esiste per guidare ad esso con la costituzione dell’immensa famiglia umana voluta dal Padre.
L’unione deriva da questa unica Fede, confermata in passato dalla Cattedra di Pietro, che condanna le false unioni frutto di iniziative pancristiane e ecumenistiche, idee nate dal liberalismo religioso contrario alla vera fede.
Ogni cattolico dovrebbe riconoscere che chi proclama il diritto alla libertà religiosa, quindi alla scelta di professare l’errore, dimostra d’essere alieno al Disegno di Dio, quindi all’esercizio dell’Autorità divina della Chiesa.
Tale «libertà religiosa» è dogma dell’ONU, dove si professa l’agnosticismo di fronte alle religioni e al fine della creazione dell’uomo, che è nel Disegno divino.
Professa, quindi un’antireligione derivata dal disegno libertario di segno ecumenista e evoluzionista.
Ora, l’evoluzionismo è proprio l’idea che i figli sono avviati a superare i padri; il presente il passato;
il movimento ad aggiornare quanto è perenne nel Pensiero del Padre Eterno.

Il presente «interregnum» riguarda l’esito della storia cristiana, quando si sono diffusi nella Cristianità errori ed inganni abusando del Nome, della Profezia e del Santo Sacrificio di Gesù Cristo.
E quando la Madre è apparsa per chiedere agli uomini di non offendano più il Signore, che è già tanto offeso, e che ciò avrebbe causato terribili massacri e per ultimo l’eccidio della stessa Autorità pontificale col suo seguito, i capi vaticani non trovarono di meglio che censurare tale avviso e darsi all’apertura della Chiesa al mondo e all’aggiornamento della Dottrina di sempre della Fede cattolica e del Sacrificio perpetuo.
Come potrebbero costoro capire e spiegare la Profezia di Fatima per i nostri tempi?
Dopo la diffusione delle loro ideologie salvatrici che farebbe di loro salvatori del mondo, grande fu la demolizione della Città cristiana e di un clero morto a causa delle mefitiche esalazioni della voragine modernista, come appare nella visione profetica di Fatima.
Il Padre Nostro è la preghiera insegnata da Gesù perché tutti gli uomini in qualsiasi tempo si uniscano come figli per fare la Volontà del Padre, considerando i propri debiti prima dei crediti e terre da vantare, i propri doveri verso Dio, prima dei diritti umani da rivendicare.
Quando, in mezzo alla grande tribolazione che incombe, uomini e popoli terribilmente afflitti rivolgeranno questa preghiera all’Alto, vedranno che alla nostra disperazione di figli prodigi, il Padre aveva già previsto la risposta con le Sue amorevoli parabole.

«La Chiesa di Dio, per ammirabile provvidenza,  fu costituita in modo da riuscire nella pienezza dei tempi come un’immensa famiglia, che abbracci l’universalità del genere umano» (Papa Pio XI, «Ecclesiam Dei», 12 novembre 1923).

Così come la storia umana si è svolta nella certezza dalla passione di amore del Figlio, alla fine Gesù farà scaturire per la moltitudine convertita alla luce del Suo Sacrificio il grande bene del risveglio mirabile della fede che restaurerà la Sua Chiesa e la Cristianità, che, libere da tutti i miasmi dei profeti mondialisti, ecumaniaci e conciliaristi, avranno un periodo di vera pace; sarà il trionfo del Cuore Immacolato di Maria.

Arai Daniele


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