Una “Teoria Nuova” Di Appena … 49 Anni
Introduzione
Dopo aver studiato, nella quinta parte del presente articolo, la figura e il pensiero ecclesiologico dell’Abbé Georges de Nantes, passo ad affrontare la tesi esposta dal dottor Arnaldo Xavier Vidigal da Silveira nel suo libro La Nouvelle Messe de Paul VI: Qu’en penser? (Chiré-en-Montreuil, DPF, 1975).
Questo libro era già apparso in portoghese - in forma ciclostilata in proprio e in pochi esemplari - diviso in tre opuscoli, tra il giugno del 1970 e il gennaio 1971, col titolo: Consideraçoes sobre o Ordo Missae de Paulo VI[1].
Infine, nel 2016, l’editore Solfanelli di Chieti ha pubblicato per la prima volta in lingua italiana la seconda parte del libro, tradotta da Calogero Cammarata, riguardante la questione del Papa eretico sotto il titolo Ipotesi teologica di un Papa eretico[2].
La “Nuova Messa” Di Paolo VI
La parte più bella e meglio concepita del libro è senz’altro la prima, in cui l’Autore dimostra in maniera apodittica l’eterodossia ereticale filo-luterana della “Nuova Messa di Paolo VI”, che è anche in rottura oggettiva o scismatica con la Tradizione apostolica liturgica.
Tali errori dogmatico/liturgici restano nel Rito della Nuova Messa, che non è stato ritoccato, anche dopo le correzioni della sola Institutio generalis o Introduzione teologica del 1969 del Novus Ordo Missae, apportate da papa Montini nel 1970[3], a causa delle pesanti riserve espresse sulla Nuova Messa nel 1968/1969 dal Cardinale Prefetto del S. Uffizio Alfredo Ottaviani, il quale aveva studiato il Novus Ordo Missae e lo aveva fatto studiare per tre mesi pure da tutti i teologi del S. Uffizio, prima di presentare a papa Montini, assieme al Cardinale Antonio Bacci, una “Lettera di accompagnamento” al “Breve Esame Critico del Novus Ordo Missae”, che non ebbe alcuna risposta da parte di Paolo VI e che, come disse nel 2000, il Cardinal Alfonso Stickler (uno dei massimi studiosi della storia del diritto canonico del secolo XX) “attende ancora una risposta”[4] …
I Decreti Del Concilio Vaticano II
Arnaldo Xavier Vidigal da Silveira (1970), nella prima parte del suo libro sulla Nuova Messa, ha fatto un’operazione analoga a quella che poi è stata condotta da Monsignor Brunero Gherardini (2009/2011) sulla ermeneutica della rottura e non della continuità dei 16 Decreti del Concilio Vaticano II con la Tradizione apostolica[5].
Anche Monsignor Gherardini (come i Cardinali Ottaviani e Bacci) non ha ricevuto nessuna risposta, pur avendo presentato a papa Benedetto XVI le sue obiezioni raccolte in vari libri, accompagnate dalla “Presentazione” di un Vescovo diocesano allora in carica (Monsignor Mario Oliveri) e da un Arcivescovo della Curia romana diventato poi Cardinale (Malcom Ranjit).
Pregi E Difetti Del Libro Di Da Silveira
La spinosa questione del Papa eretico secondo i Dottori controriformistici della Chiesa (Bellarmino, Suarez, Gaetano, Torquemada, Cano, Soto, Giovanni da San Tommaso…) e i teologi o canonisti della terza Scolastica (Billot, Wernz-Vidal, Salaverri, Journet, Vellico, Mondello…) - citati abbondantemente e brillantemente dal da Silveira - è una “ipotesi” possibile o al massimo probabile, ma non è una “certezza” teologica.
Tuttavia il da Silveira, pur reputandola inizialmente come puramente “ipotetica”, nel prosieguo del libro - con un passaggio indebito dal “teologicamente possibile” - giunge a ciò che per lui sarebbe “teologicamente certo”; ma come dicono gli Scolastici “a posse ad esse non valet illatio / non si può passare dal possibile al realmente esistente”.
Cyrille Dounot Su Da Silveira
Il professor Cyrille Dounot - docente di storia del diritto all’Università Clermont Auvergne - nel libro La déposition du Pape hérétique (Parigi, Mare & Martin, 2019), al capitolo 7°, Paul VI hérétique? La deposition du Pape dans le discours traditionaliste (pp. 146-149), affronta il problema del « Papa eretico » sollevato nel 1970 dal dr. Arnaldo Xavier Vidigal da Silveira (6 anni dopo l’Abbé Georges de Nantes).
Il Dounot (op. cit., p. 146) spiega che, nella seconda parte del libro, il da Silveira resta volutamente sul teorico e non applica esplicitamente ed in pratica a Paolo VI quanto detto, nella prima parte del suo libro, sulla Nuova Messa del 1969, la quale viene presentata dal teologo brasiliano come oggettivamente in rottura con la Tradizione apostolica e dogmaticamente filo-luterana.
L’Autore capisce che, in questa materia, si può cadere facilmente nell’eresia conciliarista (secondo la quale l’Episcopato sarebbe superiore al Papa in caso di eresia e potrebbe deporlo), dunque preferisce non risolvere in concreto il problema del “Papa eretico”, applicando a papa Montini le conclusioni cui era giunto nella prima parte della sua opera (nuovo rito della Messa oggettivamente ereticale e scismatico, ossia in rottura con la Tradizione della Chiesa), rifiutando categoricamente la teoria secondo cui l’Episcopato è superiore al Papa, e quindi può giudicarlo penalmente e deporlo (C. Dounot, cit., p. 147).
Tuttavia per risolvere il problema il da Silveira (come aveva fatto analogamente già l’Abbé de Nantes, anche se in maniera diversa) fa una distinzione secondo cui il Papa caduto in eresia conserverebbe la giurisdizione in maniera precaria, radicalmente o potenzialmente, nella misura in cui essa è necessaria per il bene comune della Chiesa (A. X. V. da Silveira, cit., p. 275). In tal caso sarebbe Gesù a mantenerlo nella sua giurisdizione pontificia e non la Chiesa, il Concilio imperfetto o l’Episcopato (A. X. V. da Silveira, cit., p. 276)[6].
Passaggio Indebito Da Ipotesi/Opinione A Tesi/Certezza
Il da Silveira sino a quando illustra in maniera antologica (sinteticamente, chiaramente e precisamente) le cinque opinioni dei Dottori e teologi della seconda e terza Scolastica parla, giustamente, di “ipotesi teologica di un Papa eretico” (op. cit., p. 87); ma poi, quando, per concludere, espone le diverse soluzioni date dai Dottori a questo quesito ipotetico e puramente possibile o al massimo probabile, rende - indebitamente - l’ipotesi una tesi o certezza teologica[7], rifacendosi soprattutto alla “ipotesi teologica” di S. Roberto Bellarmino (per il quale, invece, la questione del Papa eretico è solo un’opinione speculativamente o investigativamente possibile) e purtroppo non dice esplicitamente e chiaramente che questa certezza teologica non era propria dei Dottori citati, i quali invece si fermavano alla pura possibilità o al massimo probabilità, ma soltanto la sua propria e personale “tesi”.
Infatti, ad esempio, il Card. Louis Billot, trattando della questione del Papa eretico in ecclesiologia, è solito scrivere “ammessa l’ipotesi” o “una volta supposto che un Papa diventi eretico” e ritiene ciò puramente ipotetico e mai realizzabile (L. Billot, De Ecclesia Christi, Prato, Giachetti, 1909, tomo I, p. 615-616; cfr. A. da Silveira, op. cit., p. 34, nota 7).
Il medesimo da Silveira, nell’ottimo riquadro riassuntivo delle cinque opinioni sul Papa eretico (pp. 30-31), scrive che il Bellarmino “sostiene l’opinione” secondo cui “il Papa non può cadere nell’eresia”, anche se per un’ipotesi puramente speculativa (“ammesso e non concesso”) “non si può escludere la possibilità di un Papa eretico”, che è quindi giustamente - nella prima parte del suo trattato sul “Papa eretico” - una mera non/ripugnanza e non una certezza.
Certamente il da Silveira è libero di “aggiornare” l’ipotesi bellarminiana rendendola una certezza, ma dovrebbe dichiarare esplicitamente che tale soluzione è la sua e non del Bellarmino e poi dovrebbe dimostrare essere certo e non solo possibile che il Papa possa cadere in eresia formale e possa essere deposto ipso facto.
Inoltre il fatto più grave è che il da Silveira non esclude in via di principio la “deposizione” o la “perdita del Pontificato” da parte del Papa in caso di eresia pubblica e notoria anche se ne vede tutta la pericolosità pratica (cfr. A. X. da Silveira, Ipotesi teologica di un Papa eretico, Chieti, Solfanelli, 2016, cap. VII, pp. 87-98).
Due Esempi
Per essere più chiaro riguardo I) al passaggio indebito e II) all’esito terminativamente conciliarista della tesi del da Silveira porterò due esempi banali.
I - Primo Esempio: Il Passaggio Indebito Dal Possibile Al Certo
Se, tanto per fare un esempio terra-terra, si parte da una proposizione “antecedente” (o premessa): 1°) “ammesso e non concesso che un asino possa volare”[8], oppure “che un sasso lasciato cadere nel vuoto rimanga sospeso in aria senza precipitare a terra”[9] e - analogamente - che “il Papa possa essere formalmente eretico”; 2°) la proposizione “conseguente” (o conclusione) è la seguente: “Che cosa bisognerebbe fare?”. Infatti, se Dio sospendesse il miracolo, il sasso o l’asino potrebbe cadere in testa ad un passante. Allora a) alcuni opinerebbero di abbattere l’asino dopo aver fatto evacuare la zona sottostante o - analogamente - di dichiarare il Papa eretico deposto ipso facto (Bellarmino/Suarez e la Scuola gesuita); b) altri lo lascerebbero volare con la speranza che si allontani dal centro abitato o - analogamente - di processare canonicamente il Papa e poi deporlo (Gaetano e la Scuola domenicana) e così via (il da Silveira cita addirittura cinque ipotesi, di cui però le due riportate qui sopra sono le principali e lui predilige quella bellarminiana).
Però il problema dell’asino volante (come quello del Papa formalmente eretico) non è qualcosa di reale o fisicamente certo, ma è soltanto ipoteticamente possibile da un punto di vista meramente speculativo o investigativo[10]; ora l’uomo normale nel suo agire quotidiano non prende realmente in considerazione le possibilità eccezionali (l’asino che vola), ma solo le possibilità prossime o le probabilità (l’eventualità che piova poiché le nuvole si addensano e il vento cessa e quindi sarebbe opportuno prendere l’ombrello); se invece si fissa su ciò che è eccezionalmente possibile e ne fa una certezza, evidentemente ha qualche problema quanto al suo modo di pensare, che è eccezionalmente fuori della norma e non lo fa più vivere e agire normalmente, ma lo fissa sull’eccezione e non sulla regola e perciò egli si comporta in maniera esageratamente “stravagante”, “sregolata” e “originale”.
II - Secondo Esempio: Esito Conciliarista Della Tesi Del Da Silveira
Se, ad esempio, un parroco accompagnando da Roma i suoi parrocchiani in pellegrinaggio al Duomo di Milano prende l’Autostrada del Sole in direzione per Napoli, i suoi fedeli lo possono correggere caritatevolmente dicendogli: “Reverendo, ha sbagliato strada, occorre prendere la direzione per Firenze e poi per Bologna/Milano”. In tal caso è lecita la correzione caritatevole e non giudiziale dei fedeli. Quindi, se il parroco ha un minimo di buon senso e di umiltà cambia direzione e si dirige verso Firenze/Bologna; ma se è ostinato e orgoglioso continua sino a ritrovarsi a Napoli, ove certamente non troverà il Duomo di … Milano. Per quanto riguarda i fedeli, se oltrepassano la correzione fraterna o caritatevole per sottoporre ad un processo penale il parroco, dichiararlo decaduto e nominarne uno nuovo, allora essi passerebbero dalla parte della ragione a quella del torto, arrogandosi un potere che non hanno. Perciò i parrocchiani dovranno limitarsi a far constatare al parroco che la “Madunìna” non si trova a “Partènope”; così - analogamente - se i Vescovi di fronte alla Esortazione “Amoris laetitia” di papa Francesco (19 marzo 2016) lo ammoniscono caritatevolmente dicendogli che ha sbagliato strada teologica incamminandosi verso l’eresia materiale, può succedere che il Papa, umilmente e con buonsenso, riveda la sua tesi e cambi rotta tornando alla dottrina tradizionale della Chiesa e allora il caso è chiuso felicemente; ma se si inorgoglisce e si ostina nella sua esortazione innovativamente eterodossa, allora i Vescovi non possono giudicarlo penalmente, deporlo e nominare un nuovo Papa, ma debbono continuare a mostrargli il suo sbaglio di direzione e a pregare Dio che lo illumini o se lo ritiri; altrimenti passerebbero dalla ragione al torto arrogandosi un potere che non hanno: quello di giudicare il Papa come se fosse inferiore a loro.
Tuttavia se il Papa, al massimo dell’ostinazione orgogliosa, volesse obbligare sotto pena di condanna i Vescovi e Cardinali (con i Sacerdoti e i fedeli) a seguire la sua innovazione eterodossa (come è successo con la “Nuova Messa di Paolo VI”[11]), allora essi dovrebbero non obbedire ad un ordine illecito e perseverare nella professione della vera dottrina cattolica (“lex orandi, lex credendi”), aspettando l’aiuto di Dio, il quale non permetterà che “le porte degli Inferi prevalgano”[12].
Bellarmino, Suarez E Billot
Secondo il da Silveira (op. cit., p. 37) Francisco Suarez (De Fide, disp. X, sect. VI, n. 11, Parigi, Vivès, tomo XII, 1858, p. 319) e S. Roberto Bellarmino (De Romano Pontifice, lib. IV, cap. 7, Milano, Battezzati, vol. II, 1858) difendevano in maniera meno rigida, all’inizio del Seicento, la medesima tesi ripresa, all’inizio del Novecento, dal Cardinale Louis Billot, che usava toni più accesi.
Infatti, il Billot (Tractatus de Ecclesia Christi, Prato, Giachetti, 1909, tomo I, pp. 617-618) la riteneva esplicitamente una “mera ipotesi, mai traducibile in atto. […]. A priori si può ritenere che Dio non lo permetterebbe mai”.
Invece Suarez e Bellarmino impiegavano termini meno forti, però la sostanza della loro tesi coincide con quella del Billot, ossia secondo i due Dottori controriformistici il Papa come dottore privato (per esempio: Benedetto XVI che scrive il libro su “La vita di Gesù” come dr. Joseph Ratzinger) può ipoteticamente e per una pura possibilità o al massimo per una probabilità e mai per una certezza teologica cadere in eresia.
Pietro Ballerini
La tesi del da Silveira è assai vicina a quella di San Roberto Bellarmino e di un altro grande teologo di Verona (pure se meno famoso, ma non meno ecclesiologicamente profondo), don Pietro Ballerini (1698-1769), che ha scritto due opere sul Primato del Papa (De vi ac ratione primatus Romanorum Pontificum, Verona, 1766) e sui rapporti tra Papa e Concilio ecumenico (De Potestate ecclesiastica Summorum Pontificum et Conciliorum generalium, Verona, 1765, Roma, De Propaganda Fide, II ed., 1850), abbondantemente citate dal da Silveira.
Se si studia bene il pensiero di don Pietro Ballerini si vede che secondo lui il Papa è obbligato a sottomettersi alla fede soprannaturale e alla morale naturale e divina; non ha nessuna autorità umana/ecclesiastica sopra di lui, ma il suo potere è limitato da quello di Dio di cui egli è il Vicario in terra; soltanto quando - come Pastore Universale, che parla di fede e di morale - definisce e obbliga a credere è infallibile; invece come dottore privato opinando su questioni non ancora definite può errare; infine, in caso di eventuale e possibile eresia esterna, il Ballerini non si oppone alla possibilità che il Papa vi cada, non trattandosi di definizioni dogmatiche che obbligano a credere sotto pena di anatema, ma ritiene che ciò non si sia mai verificato nel corso della storia della Chiesa e non si verificherà mai.
In breve, ciò che don Pietro Ballerini mantiene come certissimo è che il Papa - nel definire e obbligare a credere questioni di fede e di morale - non errerà mai; infine come ipotesi puramente investigativa - simile a quella in cui San Tommaso d’Aquino si chiedeva “An Deus sit / Dio esiste?” (S. Th., I, q. 2, aa. 1/3) - “ammesso e non concesso” che il Papa cada in errore contrario alla fede (analogamente alla possibilità che un asino voli), dovrebbe essere ammonito e corretto e dopo due ammonizioni, se si ostinasse nell’errore, si dichiarerebbe da se stesso eretico e decaduto dal Pontificato, ma tutto ciò deve essere opera non di giurisdizione bensì di carità[13] (De Potestate ecclesiastica Summorum Pontificum et Conciliorum generalium, Verona, 1765, cap. 9, nn. 3-8; cap. 15, n. 21; cfr. T. Facchini, Il Papato principio di unità e Pietro Ballerini di Verona, Padova, Il Messaggero di S. Antonio, 1950, pp. 126-128).
Ora 1°) la mancanza, nel libro del da Silveira, di distinzione tra certezza, probabilità e possibilità, e, 2°) il passaggio indebito (logicamente e teologicamente) dal possibile al reale e al certo, portano l’Autore a delle contraddizioni e soprattutto a delle conclusioni teologiche erronee e potenzialmente molto pericolose, che vengono oggi riprese da alcuni intellettuali per far dichiarare papa Francesco formalmente eretico dal Collegio cardinalizio o dall’Episcopato e dichiararlo deposto da Cristo.
Il da Silveira stesso si accorge della pericolosità del suo assunto quando scrive a pagina 25, nota 5: “Occorre tenere ben presente i gravi rischi che sorgerebbero nell’abbracciare in modo assoluto una delle opinioni ammesse dai teologi […]. Supponiamo che, a fronte dell’ipotesi di un Papa eretico, qualcuno lo ritenesse deposto ipso facto, come insegna San Roberto Bellarmino [ma in maniera del tutto ipotetica e puramente possibile, ndr], e ne traesse le conseguenze pratiche che ne derivano. questa persona si esporrebbe al rischio di giungere ad uno scisma”.
Purtroppo lo scisma è invocato e auspicato oggi da alcuni “guastatori teologici”, “che scorrazzano” in ambiente tradizional/neoconservatore “a perdizione delle anime” …
Nella nota n. 9 a pagina 26 il da Silveira scrive: “Considereremo solo la possibilità di eresia del Papa come persona o dottore privato. Perché questa è l’unica ipotesi che gli autori trattano esplicitamente ed ex professo. Tuttavia nel capitolo X mostreremo che la sacra teologia non esclude la possibilità di eresia del Papa come persona pubblica [ossia come Papa, ndr]”.
Purtroppo il da Silveira rende poi certo, nelle sue conclusioni ed in pratica, quel che per i Dottori della Chiesa è solo possibile in teoria. Ora se è possibile in teoria che io diventi miliardario, da qui a concludere che certamente un giorno lo sarò in pratica il passaggio è indebito, anche se piacevole: “A posse ad esse non valet illatio / non è lecito passare dal possibile al realmente esistente”.
Questo è il grave difetto logico/filosofico del libro del da Silveira, difetto ampliato oggi dalla tendenza teologica (fomentata da certi ambienti vicini al movimento teocon americano e foraggiata dalla Cia) a far deporre papa Bergoglio come eretico notorio aumentando così il caos, che già regna sovrano in ambiente ecclesiale, ritrovandoci con un Papa “scellerato” (Bergoglio), un “Papa emerito” (Benedetto XVI) e un eventuale anti-papa, eletto da qualche Vescovo o Cardinale, che per fortuna neppure si è riusciti a trovare dal 1964/2016 sino al 2020 (tranne il caso di Monsignor Ngo-Din Tuc).
Infine il da Silveira conclude: “Stando così le cose, con che diritto qualcuno ai nostri giorni può appellarsi ad una di queste ipotesi, pretendendo di imporla senza indugi?” (p. 24). Infatti, un’ipotesi è solo una possibilità, al massimo una probabilità, ma non è assolutamente una certezza e quindi non può obbligare nessuno e non può essere trasformata in tesi teologicamente certa, come sono soliti fare gli eresiarchi e i fondatori di “setterelle”.
Tuttavia l’Autore dopo aver esposto brillantemente l’antecedente (in una utilissima antologia delle cinque opinioni dei teologi che hanno studiato il problema del “Papa eretico”, con le relative cinque diverse ipotesi sulla possibilità che un Papa cada in eresia[14]) si focalizza sulla proposizione conseguente o conclusione pratica, secondo la quale, “ammessa e non concessa l’eresia possibile del Papa” … egli “dovrebbe essere deposto a) ipso facto o b) dopo un processo canonico”[15] e ne fa una tesi certa.
La disamina delle opinioni dei Dottori scolastici fatta dall’Autore è buona; in questo il suo libro è interessante e lo si può studiare con profitto, ma la conclusione cui giunge il da Silveira è sbagliata poiché egli rende teologicamente certa la tesi bellarminiana che invece è solo speculativamente possibile.
Nel prossimo articolo riassumo le cinque diverse opinioni dei Dottori e teologi sulla questione del Papa eretico esposte dal da Silveira nel suo libro e condensate in uno “Specchietto riassuntivo” da pagina 30 a pagina 31.
Conclusione
Costatare deposto il Papa eretico significa distruggere praticamente, se non teoreticamente la costituzione divina della Chiesa come monarchia fondata da Gesù su uno solo come capo di Essa (Pietro e i suoi successori sino alla fine del mondo) e rimpiazzarla con una forma aristocratica in cui il Papa sarebbe come un re costituzionale, che può essere giudicato, corretto e rimosso non solo dall’Episcopato (riunito in Concilio o sparso nel mondo), che sarebbe superiore al Papa come il tutto è superiore ad una singola parte, ma dai teologi che constatano l’eresia del Papa. Quindi il Papa sarebbe sottomesso al Concilio e ai teologi e sarebbe pari ad essi[16].
Anche qui le analogie con certe asserzioni contemporanee sono impressionanti. Infatti, la tesi dei conciliaristi è quella di convocare un Concilio o di ricorrere ai Cardinali e ai Vescovi sparsi nelle loro Diocesi per rimettere la Chiesa in ordine, per constatare l’eresia del Papa e per dichiararlo decaduto.
Ora la via del Papa costatato eretico dai teologi o dai Vescovi e dai Cardinali, che non è più Papa a causa della sua eresia, equivale praticamente ad una forma di Conciliarismo moderato, la quale ritiene il Papa inferiore all’Episcopato in caso di eresia perché la teoria conciliarista riprese e diffuse l’opinione che solo in alcuni casi (ad esempio in caso di eresia) il Papa potesse essere sottomesso al giudizio dei suoi sudditi.
La conclusione è ovvia: “Un errore non si corregge con un altro errore”, altrimenti si hanno due errori e non più un solo errore. La crisi del Papato non può essere corretta dal Conciliarismo, che pone l’Episcopato sopra il Papa e dichiara deposto il Papa eretico né tanto meno dalla tesi ipotetica (resa certezza) del Papa eretico che, constatata l’eresia del Papa, lo dichiara decaduto.