>> Login Sostenitori :              | 
header-1

RSS 2.0
menu-1
TUTTI |0-9 |A |B |C |D |E |F |G |H |I |J |K |L |M |N |O |P |Q |R |S |T |U |V |W |X |Y |Z

Archivio Articoli FREE

paulII.jpg
L’ecumenismo e la fine dei tempi
Stampa
  Text size
Nella visione del Terzo Segreto di Fatima, profezia per i nostri tempi finali, può sembrare sconcertante che l’eccidio del Santo Padre col suo seguito sia perpetrato anche con frecce; da «un gruppo di soldati che gli spararono vari colpi e frecce».
Eppure, ciò indica un linguaggio simbolico che è ricorrente in tutte le Sacre Scritture.
Infatti, nel Salmo 59, 5-6 si legge: «Cose dure hai fatto sperimentare al tuo popolo, ci hai dato a bere vino dell’angoscia. Tuttavia, a quelli che ti temono hai concesso un’insegna affinché possano fuggire dinanzi all’arco dei nemici».

«Solo in Dio riposa l’anima mia»

Nella visione del Terzo Segreto, segno dato per aiutarci nel buio del nostro tempo, ogni particolare deve avere un senso valutabile nel segno simbolico.
Il gruppo di soldati non indica forse delle forze istituzionali, dotate non solo di armi convenzionali, ma di frecce ideologiche?
Queste dal punto di vista simbolico indicano tante cose diverse: dal potere delle logge alla resistenza alla Parola di Dio; dal veleno sparato dalle ideologie e «filosofie» moderne, alle frecciate dell’eretica mentalità modernista; l’importante era eliminare, per sostituire, l’autorità cattolica in terra.
Soldati e chierici come forza organizzata, che colpivano la fede senza sapere cosa facevano, perché seguivano una «centrale del male» intenta a che una nuova gerarchia fosse insediata per aggiornare la Chiesa al nuovo ordine mondiale.
Perciò, la vecchia gerarchia, quella dell’unica famiglia di Dio riunita nella Chiesa di Cristo, rappresentato dal Papa, andava soppressa.
San Paolo parló apertamente ai Corinzi come a figli, «Dilatate il cuore anche voi! Non lasciatevi legare al giogo estraneo degli infedeli. Quale rapporto ci può essere tra la giustizia e l’empietà, o quale comunione tra la luce e le tenebre? Quale armonia tra Cristo e Beliar, quale società tra un fedele e un infedele, quale accordo tra il tempio di Dio e gli idoli?Perché noi siamo il tempio del Dio vivente, come Egli ha detto: abiterò e camminerò in mezzo a loro, e sarò il loro Dio ed essi il mio popolo. Perciò uscite di mezzo a loro e mettetevi in disparte, dice il Signore, non toccate nulla d’impuro. E Io vi accoglierò e sarò per voi un padre, e voi sarete per me figli e figlie, dice il Signore onnipotente». (II Corinti 6, 13-18).
E San Paolo ricorda: «Ad Abramo e alla sua discendenza furono fatte le promesse. Non dice: e alle sue discendenze, come se si fosse voluto riferire a molte, ma ad una sola: e alla tua discendenza, che è Cristo... Tutti infatti siete figli di Dio in Cristo, mediante la fede in Cristo Gesù... Se poi siete di Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa» (Galati 3, 16; 26; 29; 4- 4-6). «Quando giunse la pienezza del tempo, Dio inviò il Figlio suo, nato da una donna, sottomesso alla legge, affinché riscattasse coloro che erano sottoposti alla legge, affinché ricevessimo l’adozione a figli. Poiché siete figli, Dio inviò lo Spirito del Figlio suo nei nostri cuori, il quale grida: ‘Abbà, Padre!’».

La filiazione divina realizzata da Dio nello spirito

«La Chiesa di Dio, per ammirabile provvidenza,  fu costituita in modo da riuscire nella pienezza dei tempi come un’immensa famiglia, che abbracci l’universalità del genere umano e perciò, come sappiamo, fu resa divinamente manifesta, tra le altre sue note caratteristiche, per mezzo dell’unità ecumenica» (Papa Pio XI, «Ecclesiam Dei», 12 novembre 1923).
«Potrà sembrare che i pancristiani (ecumaniaci), tutti occupati nell’unire le chiese, tendano al fine nobilissimo di fomentare la carità fra tutti i cristiani; ma come mai potrebbe la carità riuscire in danno della fede? Nessuno certamente ignora che lo stesso apostolo della carità, San Giovanni (il quale nel suo Vangelo pare abbia svelato i segreti del Cuore sacratissimo di Gesù che sempre soleva inculcare ai discepoli il nuovo comandamento: ‘Amatevi l’un l’altro’), ha vietato assolutamente di avere rapporti con coloro i quali non professano intera ed incorrotta la dottrina di Cristo: ‘Se qualcuno viene da voi e non porta questa dottrina, non ricevetelo in casa e non salutatelo nemmeno’ (II Ioann., 10). Quindi, appoggiandosi la carità, come su fondamento, sulla fede integra e sincera, è necessario che i discepoli di Cristo siano principalmente uniti dal vincolo dell’unità della fede» («Montalium animos», Papa Pio XI).

Parimenti Pio XII insegna: «La Chiesa giuridicamente fondata, che ha per capo il Sommo Pontefice, è la stessa Chiesa di Cristo, la Chiesa della Carità, e l’universale famiglia dei cristiani» (Disc. «Solemnis conventus», 14 giugno 1939).
La Fede cattolica è fondata sulla rivelazione di Dio Padre che ci ha creati a Sua immagine e somiglianza, per cui si deve credere alla misteriosa possibilità d’essere figli di Dio, ma secondo ìl disegno divino.
Si tratta della formazione della famiglia universale degli umani che, creati liberi, possono ricevere questa inestimabile eredità offerta dal Padre attraverso la grazia che sgorga dalla passione del Figlio perfetto - imitandoLo; ma anche rifiutarla, alienando quest’alleanza di figli, di popolo, di Chiesa di Dio.
Riguardo all’immagine di Dio nell’uomo San Tommaso spiega (I, q. 93): «Come fa osservare Sant’Agostino, - dove c’è immagine vi è senz’altro somiglianza; dove però c’è somiglianza non per questo c’è senz’altro immagine -. Da ciò rileviamo che la somiglianza fa parte della nozione di immagine, e che quest’ultima aggiunge qualche cosa alla nozione di somiglianza, cioè la dipendenza da un altro; infatti immagine deriva dall’atto di imitare.[…] E’ chiaro che nell’uomo vi è una somiglianza con Dio, dipendente da lui come da suo esemplare: ma non è una somiglianza di uguaglianza, perché l’esemplare supera all’infinito la copia.[…] Si dice che l’uomo è l’immagine di Dio, non perché egli sia essenzialmente un’immagine, ma perché sulla sua mente è impressa l’immagine di Dio; come si dice che la moneta è l’immagine di Cesare».
Il Damasceno scrive: - l’immagine include l’intelligenza e il libero arbitrio: la somiglianza la conformità nella virtù -.Il fedele, con Sant’Agostino e San Tommaso, intende la propria immagine e somiglianza con Dio pensando: Lo amo dunque sono.
La risposta è la vocazione «dell’amore come via della conoscenza divina dipendente esclusivamente dalla grazia», mai dalle proprie scelte.

Il Figlio redentore non fu accolto, ma crocifisso.
Eppure, dal Suo Sacrificio di amore è nata sempre l’innumerabile famiglia cristiana, formata e sostenuta dal Suo Sacrificio.
Se Dio rivelò la Sua grande passione, che traspare in tutta la Bibbia: quella di formare con l’essere umano un’immensa grande famiglia, poiché manifestò tale passione di amore con le parole: «La mia delizia era stare con i figli dell’uomo», questa non poteva fallire. E da allora, tutto quando succede agli uomini in questo e nell’altro mondo è legato a questo Evento che determina i Novissimi: morte, giudizio, inferno e paradiso.
La Famiglia di Dio è formata da innumerevole anime: è la Chiesa trionfante in Cielo, in attesa delle anime purganti e di quelle della Chiesa militante in terra.
Essa ha già manifestato, bene o male, la sua carità nell’insuperabile civiltà cristiana.
Potrà sembrare oggi, come ricordava Pio XI, che molti, mirando al nobile fine di fomentare la carità fra tutti i cristiani, tendano a confondere il fine del Sacrificio di Dio, che va onorato nel Suo santuario cattolico per essere fonte di grazie e di bene, con l’idea umana di unire le varie chiese per ottenere la pace.
«Ma come mai potrebbe la carità riuscire in danno della fede?»
Ed ecco che nell’avanzata di quest’unione ecumenista l’umanità intera si avvia al degrado morale nella dispersione dei figli della famiglia del Padre.
Chi potrebbe vantare la condizione di figlio di Dio, se non secondo la fede rivelata che impegna la volontà di aderire al Verbo divino, seguendo la consegna dell’amore fraterno.
«In questo si rendono manifesti i figli di Dio e i figli del diavolo: chiunque non compie la giustizia non è da Dio, come pure chi non ama il proprio fratello. Poiché questo è l’annuncio che avete ascoltato fin dal principio: dobbiamo amarci gli uni gli altri» (ibidem 10,11).
E la Redenzione richiede la giustizia che è nell’intelligenza e nella volontà personali di amare Dio su tutte le cose e al prossimo come noi stessi.
Chi non ama secondo questa Carità paternale in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, ma nel mondo privo del segno dell’amore fraterno cristiano, non vive nella fraternità dei redenti, «Non vi meravigliate, fratelli, se il mondo vi odia. Noi sappiamo di essere passati dalla morte alla vita perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte» (ibidem 13).

Compassione o perfidia ecumenista?

Una nuova teologia conciliare è apparsa col Vaticano II nei suoi discorsi, in quello inaugurale di Giovanni XXIII nell’ottobre 1962 e in quello finale di Paolo VI del dicembre 1965.
E’ utile conoscerli per capire le linee la rottura col pensiero e la fede cattolica, che rispecchiano il Disegno del Padre, il Sacrificio del Figlio e l’Amore dello Spirito Santo.
Non vi è Carità fuori di questa Fede, a cui si rifà, anche inconsapevolmente la bontà di ogni uomo.
Il Signore la rappresentò nell’azione del buon Samaritano.
Perciò si dovrebbe definire meglio il buon Samaritano dei nostri tempi.
Sarà quello di Giovanni XXIII o di Paolo VI?
Sentiamolo: «La Chiesa del Concilio si è assai occupata dell’uomo... dell’uomo che si fa non solamente il centro di tutto ciò che l’interessa, ma che osa di essere il principio e la ragione ultima di tutte le realtà… L’umanesimo laico e profano è apparso, infine, nella sua terribile statura ed ha, in un certo senso, sfidato il Concilio. La religione di Dio che S’è fatto uomo si è incontrata con la religione dell’uomo che si è fatto Dio. Cos’è avvenuto? Uno choc, una lotta, un anatema? Ciò poteva anche arrivare; ma questo non è avvenuto! L’antica storia del Samaritano è stata il modello della spiritualità del Concilio. Una simpatia immensa lo ha investito... sappiate riconoscere il nostro nuovo umanesimo: Noi, pure, Noi più di chiunque altro, NOI ABBIAMO IL CULTO DELL’UOMO!».
Eppure, la Chiesa avendo insegnato che la carità, l’amore del prossimo, del fratello, deriva dall’amore del Padre, insegna: «Mai potrebbe la carità riuscire in danno della fede», del culto del Vero, della conversione filiale a Dio Padre, prima d’ogni altra cosa.
Così i «samaritani conciliari» hanno visto l’umanità sofferente e ne ebbero pietà; fasciarono le sue piaghe con delle tossine, versandovi sopra i veleni modernisti; poi la misero sulla propria cavalcatura conciliare e la condussero alle logge perché ne prendessero possesso, insieme all’ONU, dichiarata la sua ultima speranza.
Il risultato storico fu il collasso dell’uomo spirituale nel mondo, mentre il messaggio della Madre degli afflitti, veniva nascosto in Vaticano dai neo samaritani di turno!
Cosa aveva tale procedura in comune con quella del buon samaritano indicato nella parabola di Gesù?
E il culto conciliare sviluppò invece la dottrina della «redenzione universale» degli uomini, «che lo sappiano o no», dottrina deviata insegnata da nuovi maestri come Rahner, De Lubac, Wojtyla ed altri, fautori e seguaci della nuova teologia conciliare.
Essa implica una alienazione del dovere personale di conversione al Padre secondo la Sua Volontà affidata alla Sua unica Chiesa.
Sono le «teologie» dei «cristiani anonimi», della «coscienza adulta» e della «redenzione universale», di cui si è fatto portatore il Vaticano II nella «Gaudium et Spes» e in altri documenti sulla Chiesa e sulla Fede, «aggiornate» alla nostra epoca.
Queste nefaste falsità «teologiche» furono da sempre condannate dalla Chiesa e per ultimo da Pio XII;
perché sono illusioni lanciate sul vuoto della libertà umana per favorire la fraternità illuminista e massonica del mondo nemico del vincolo cristiano con Dio.
La coscienza umana sarebbe libera di giudicare e scegliere la fede che intende, tanto la Redenzione dell’uomo è già compiuta per sempre e per tutti!
Come si può amare i fratelli, essere buoni samaritani con questi progetti di alieanazione mentale e spirituale?

La salvezza è legata quindi al vero amore.
Ma si può dire che fuori della Chiesa non si ama il prossimo?
Non sembra.
Perché dire allora che fuori della Chiesa non c’è salvezza?
Molti pensano che sia impossibile trovare la risposta a tale quesito chiave nella fede della Chiesa tradizionale, il che giustificherebbe la mutazione conciliare, aperta agli altri tre quarti dell’umanità, dei non cristiani.
Ora, Nostro Signore ha già portato luce sulle condizioni della salvezza, verità affidate ai Successori di Pietro, per essere confermate in ogni tempo nella Chiesa.
Perciò la possibilità di salvezza fuori dalla Chiesa è impossibile, avendo Cristo legato ad essa i mezzi di salvezza per l’intero genere umano.
Tuttavia, anche dentro la Chiesa Universale, è di fede che soltanto il Signore conosce chi è in stato di grazia.
In questo senso fu esemplare la risposta di Santa Giovanna d’Arco ai suoi boia clericali che la volevano incastrare: prego a Dio di essere in stato di grazia, e se lo sono di conservarmi.
E’ falso, però, pensare che questo pio dubbio renda impossibile capire questioni vitali per la salvezza.
In primis la nozione fondamentale della Volontà del Padre di salvare gli uomini attraverso il Sacrificio del Figlio, che indica la Via della salvezza in quest’Amore unico.
Chi crede di salvarsi seguendo come figli questo disegno in questa vita, per arrivare alla Casa del Padre, crede nella sublime analogia rivelata della fede trinitaria del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
A questo punto, l’anima non si salva esibendo le credenziali cattoliche, ma perché queste attestano la ragione di tale identità che scaturisce dalla fede nell’amore di Dio Uno o Trino, come insegna senza ombra di confusioni la Sua unica Chiesa.
In altre parole: perché un cattolico si professa figlio in quest’adesione di fede alla Volontà del Padre è nella Sua Chiesa.
Perciò non necessariamente si professa la vera fede perché si crede di essere nella Chiesa, ma perché attraverso gli insegnamenti e i sacramenti della Chiesa si conserva la fede come bene primario, divino.
La Chiesa è per la Fede e non il contrario.
Ora, quando un’autorità modernista, che sembra essere della Chiesa, pretende allargare l’identità di figli di Dio all’intera umanità, ma dispensando dalla fede, costoro e chi li segue, hanno solo umanamente il nome di cattolici, poiché quest’identità scaturisce solo dal disegno che la precede, ovvero la fede nell’amore di Dio Uno o Trino, per cui la Sua unica Chiesa, col Papato, col Sacerdozio e tutto il resto esiste per celebrare l’unico Sacrificio del Figlio che porta moltitudini al Padre.

La nuova compassione

Il «buon buddista» si può salvare?
Forse, ma non certo in virtù del suo buddismo, bensì in virtù della sua eventuale appartenenza non proprio alla Chiesa, ma ad essa nella Sua fede, al disegno di figli di Dio Padre di cui essa è depositaria, diligente custode e missionaria.
Essa in verità non esiste per predicare propriamente la sua unità e unicità, che deriva dal Signore, e a cui ogni uomo deve aderire, ma per essere l’unica a predicare quel mistero della universale famiglia di Dio, per cui il Signore l’ha istituita Sposa nel Suo Sangue.
Se fosse possibile ad un buddista aderire a quanto la Chiesa predica in Nome di Dio, e aderirvi anche senza conoscerla, si salverebbe, certo però come «buon cristiano» e non come buddista che ha smesso di essere.
Ma questo non sembra possibile nell’ordine umano.
Perciò la vera carità è stata sempre manifestata nella Missione cattolica.
I «pancristiani» con l’operazione ecumenista conciliare l’hanno demolita escogitando di risolvere la questione cambiando a fondo la dottrina cattolica: uno si salva perché la Redenzione era per tutti, universale.
Così intende insegnare la Gaudium et Spes: 22. Cristo, l’Uomo nuovo.
a)... Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del Suo Amore svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione.
b)... Poiché in Lui la natura umana è stata assunta, senza per questo venire annientata, per ciò stesso essa è stata anche in noi innalzata a una dignità sublime.
Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo.
c) Il cristiano […] associato al mistero pasquale e assimilato alla morte di Cristo, andrà incontro alla risurrezione confortato dalla speranza.
d) E ciò non vale solo per i cristiani ma anche per tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la grazia (Lumen Gentium 16).
Cristo, infatti è morto per tutti e la vocazione ultima dell’uomo è effettivamente una sola, quella divina, perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire a contatto, nel modo che Dio conosce, col mistero pasquale.

Riguardo all’associazione dei cristiani al mistero pasquale, con cui tutti hanno la possibilità di venire a contatto nel modo che Dio conosce ed è operato dallo Spirito Santo, il modo rivelato e istituito dal Figlio non è forse il battesimo e l’unione nella fede della Chiesa di Cristo?
Può il termine vocazione, usato correntemente, come una direzione, un’evoluzione continua della coscienza, indicare un altro modo di Dio, oltre a quanto ci ha rivelato?
Se le parole in un certo modo (al b) intendessero una riserva all’affermazione che ogni uomo è unito al Verbo divino, per esprimere un’unione potenziale, il testo, anche se ambiguo (perciò quantomeno storto), ancora avrebbe l’aspetto tradizionale.
Infatti, ogni uomo è ordinato a questa unione, che si attua con la sua salvezza.
Se invece insinua che, anche prima della ricezione delle grazie della Redenzione (per mezzo del battesimo), la natura divina è, in atto, in ciascun uomo a causa della sua dignità e malgrado il suo stato di decadimento, è eretica.
Perciò l’ambiguità nella Gaudium et Spea celava un altro senso, che intendeva un’altra dottrina, che aggiornava quella cattolica.
Si tratta della cosiddetta «nuova teologia» condannata dall’enciclica «Humani generis» (1950) di Pio XII.
Tra i teologi colpiti dal verdetto c’era il P. Henri de Lubac, in rottura con la philosophia perennis, cioè con la base della teologia cattolica.
Elevando de Lubac al cardinalato, Giovanni Paolo II ha riabilitato ufficialmente questo tentativo teologico di fusione con la filosofia moderna, svelando così la sua interpretazione conciliare.
«C’è una similitudine evidente fra la cristologia e l’ecclesiologia di Karol Wojtyla e quella di Henri de Lubac. Anche per il de Lubac il Cristo si è unito nell’Incarnazione a tutta l’umanità, in modo che tutti gli uomini sono organicamente legati al Cristo, a formare, con la Chiesa, un’unità organica. Per de Lubac i cristiani non sono che le ‘membra formali’ del corpo del Cristo. Essi hanno il dovere missionario di rendere accessibile ai non-cristiani la singolarità, a loro sconosciuta, del cristianesimo» (Teo, pagina 81).
Per quanto concerne la nozione di rivelazione, nel commento di Karol Wojtyla al testo da «Gaudium et Spes»  22 si legge: «Il testo conciliare, applicando a sua volta la categoria del mistero al¬l’uomo, spiega il carattere antropologico o perfino antropocentrico, della Rivelazione offerta agli uomini in Cristo. Questa Rivelazione è concentrata sull’uomo: il Cristo svela pienamente l’uomo all’uomo, ma lo fa per mezzo della Rivelazione del Padre e del suo amore».

Il professor Dörmann, dopo aver dimostrato che questo concetto di «mistero dell’uomo» (vale a dire l’esistenza in Cristo) del card. Wojtyla «coincide in modo sorprendente con l’esposizione di Henri de Lubac», cita il cardinale Siri: «Il padre de Lubac dice che il Cristo rivelando il Padre e rivelato da Lui, finisce per rivelare l’uomo a se stesso. Quale può essere il significato di questa affermazione? O Cristo è unicamente uomo, o l’uomo è divino. Tali conclusioni possono non essere espresse così nettamente, tuttavia determinano sempre questa nozione del soprannaturale in quanto implicato nella natura umana di per sé. E quindi, senza volerlo coscientemente, si apre il cammino dell’antropocentrismo fondamentale». (Siri, opera citata pagina 60).
Conclude: «Si è potuto vedere chiaramente che anche nel cardinal Wojtyla la natura umana implica il soprannaturale... (Dm, n.1). La nozione di rivelazione di Henri de Lubac si ritrova nel cardinale Wojtyla perfino nei termini che adotta. Senza dubbio alcuno non si commette errore a supporre che la corrispondente formulazione della Gaudium et Spes, 22 risalga, in ultima analisi, essa pure ad Henri de Lubac» (Teo, 82).
E’ certo che l’interpretazione di queste parole è di Wojtyla, che ha partecipato alla redazione della Gaudium et Spes, e divenendo Giovanni Paolo II le interpreta spiegandone il significato nel suo documento «Redemptor hominis»: «Dio in Lui (Cristo) si avvicina ad ogni uomo dandogli il tre volte santo Spirito di Verità», che sarebbe la grazia santificante ...
«La dignità che ogni uomo ha raggiunto in Cristo: è questa la dignità dell’adozione divina (Redemptor hominis, 11)»...
«Non si tratta dell’uomo astratto, ma reale concreto storico, si tratta di ciascun uomo, perché... con ognuno Cristo si è unito per sempre (Rh 13)».

Secondo la dottrina di Giovanni Paolo II ogni uomo è unito a Dio per sempre, perciò in grazia di Dio, e ciò in conseguenza di un’adozione decisa da Dio, che non dipende dalla corrispondenza dell’uomo: «Perché con l’uomo, ogni uomo senza alcuna eccezione, Cristo è in qualche modo unito, anche quando l’uomo non è di ciò consapevole»...
«Mistero (la Redenzione) del quale diventa partecipe [è stato redento da Cristo] ciascuno dei cinque miliardi di uomini viventi nel nostro pianeta, dal momento in cui viene concepito sotto il cuore della madre».
In verità l’uomo ha ricevuto una volontà libera per aderire o no alla volontà divina.
E’ scritto: «Cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto? E se l’hai ricevuto, perché te ne vanti come non l’avessi ricevuto?» (I Cr 4, 7).
La sua volontà deve riconvertirsi a Dio per essere redenta.
Al contrario, la tesi di una redenzione riguardo alla quale l’uomo è passivo, non solo davanti a Dio, ma di fronte alla vita e alla società, non può rendere degno l’uomo: porterebbe all’estenuazione della responsabilità umana, anche di fronte alla società, con conseguenze rovinose; non rappresenta nessuna novità religiosa; è piuttosto un’antireligione.
La dottrina della «Gaudium et Spes» sull’idea di una Redenzione universale è ripresa da Giovanni Paolo nella sua «Dominum et vivificantem»: (50).
«Et verbum caro factum est. Il Verbo si è unito ad ogni carne, specialmente all’uomo: la portata cosmica della Redenzione. Dio è immanente al mondo e lo vivifica dal di dentro»... «L’Incarnazione del Figlio di Dio significa la assunzione all’unità con Dio, non solo della natura umana ma in essa, in un certo senso, di tutto ciò che è carne: di tutta l’umanità, di tutto il mondo visibile e materiale... Il Generato prima di ogni creatura, incarnandosi nell’umanità individuale di Cristo, si unisce in qualche modo con l’intera realtà dell’uomo... ed in essa con ogni carne, con tutta la creazione».
L’idea panteistica d’identificazione Dio-mondo ha diverse sfumature.
«Ma la parabola del panteismo è quasi fatale, richiesta dalla coerenza interna dei suoi presupposti: si parli di emanazione del mondo da Dio o di unione ipostatica di esso con Dio stesso (il mondo sussiste nella personalità divina) o di atto immanente, il mondo è ridotto in fondo a una parvenza o a un’illusione» (voce «Panteismo», Enciclopedia Cattolica).
L’idea che «Dio è immanente al mondo» è l’idea panteistica di Dio!
Se fosse vero che l’uomo si rivela all’uomo, perché l’uomo non dovrebbe farlo sempre di più, arricchendo quanto era ancora incompleto, dubbio, oscuro, mitologico?
Da questo punto in poi sarebbe lui stesso a creare l’uomo nuovo, che da queste dottrine del Vaticano II passerebbe a creare ed arricchire la propria religione.
Ma chi è quest’uomo nuovo del Vaticano II?
(24d) «Il Signore... ci ha suggerito una certa similitudine tra l’unione delle persone divine e l’unione dei figli di Dio nella verità e nella carità. Questa similitudine manifesta che l’uomo, il quale in terra è la sola creatura che Iddio abbia voluto per se stessa, non possa ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé».

Riguardo alla frase per cui l’uomo è la sola creatura che Iddio abbia voluto per se stessa, essa è corretta se s’intende che Dio ha voluto gli esseri della terra per l’uomo, che è l’unico ad essere ordinato solo a Se stesso.
Ma non era questa l’intenzione della frase che ebbe tra i suoi autori conciliari Karol Wojtyla, il cui pensiero antropologico era già nei suoi libri, quale «Amore e responsabilità»: «Nessuno ha il diritto di servirsi di una persona, di usarla come un mezzo, neanche Dio suo creatore. Da parte di Dio è d’altronde impossibile, poiché, dotando la persona con una natura ragionevole e libera, Egli le ha conferito il potere di darsi da se stessa la finalità dei suoi atti...».
Commenta Rocco Buttiglione: «Riprendendo e completando la formulazione kantiana dell’imperativo categorico, Wojtyla formula i termini della norma personalista, che costituisce il punto di orientamento fondamentale di tutto il suo pensiero etico...».
Tale principio è alla base del suo concetto di ogni libertà di coscienza... «è alla base di tutta l’elaborazione di Wojtyla sulla persona e anche della sua interpretazione del Vaticano II e della sua importanza filosofica» («Il pensiero di Karol Wojtyla», Marietti, 1980, pagina 19).
Infatti, qui si tratta dell’inversione della verità per cui «Tutte le cose il Signore ha operato per se stesso, e anche l’empio per il cattivo giorno» (Pv. 16, 4).
«Dio è la causa finale di tutte le cose» (ST I, 44, 4).
Il Concilio Vaticano I condanna chi nega che il mondo è stato fatto per la gloria di Dio (canone 5).
Ma la visione filosofica, per cui il Redentore è il rivelatore del carattere trascendente della persona umana, considera che la causa della Rivelazione e della Chiesa, che esistono per modellare la «coscienza» umana, può solo essere essenzialmente l’uomo per se stesso.
Riguardo a tale visione della «Gaudium et Spes», interpretata nella «Redemptor hominis» (13), dice il professor Dörmann (Théo p.172): «La prerogativa della Chiesa d’essere ‘segno e salvaguardia del carattere trascendente della persona umana’ riveste un senso speciale nella teologia di Karol Wojtyla, che già lo aveva formulato da cardinale in ‘Segno di contraddizione’ (edizione originale pagina 32) in questo modo: ‘La Chiesa del nostro tempo è divenuta particolarmente cosciente di questa verità e giustamente alla sua luce è riuscita a ridefinire nel Vaticano II la sua propria natura’ ».
«L’affermazione di questa prerogativa esposta dalla ‘Redemptor homionis’, rientra nel contesto di una redenzione universale del ‘buon Pastore di tutti gli uomini’ e di una Chiesa che riunisce tutti gli uomini, poiché tutti hanno parte nella trascendenza della persona umana. [«Redemptor hominis» 13,3 lo conferma]: Si tratta di ‘ciascun’ uomo, perché ognuno è stato com¬preso nel mistero della Redenzione e con ognuno Cristo si è unito, per sempre, attraverso questo mistero. Ogni uomo viene al mondo concepito nel seno materno, na¬scendo dalla madre, ed è proprio a motivo del mistero della Redenzione che è affidato alla sollecitudine della Chiesa. Tale sollecitudine riguarda l’uomo intero ed è incentrata su di lui in modo del tutto particolare. L’oggetto di questa premura è l’uomo nella sua unica e irripeti-bile realtà umana, in cui permane intatta l’immagine e la somiglianza con Dio stesso. Il Concilio indica proprio questo, quando, parlando di tale somiglianza, ricorda che ‘l’uomo in terra è la sola creatura che Dio abbia voluto per se stessa’ («Gaudium et spes» 24) […]».

«Conclusione: ‘Redemptor hominis’ insegna che ‘Gesù Cristo è la via principale della Chiesa’. Questa conduce ‘da Cristo all’uomo’, all’uomo redento a priori. A questo uomo è diretta la sollecitudine del ‘buon Pastore di tutti gli uomini’ e perciò la ‘sollecitudine fondamentale della Chiesa’. In una comune sollecitudine, il Pastore e la Chiesa mirano a che la vita in questo mondo sotto tutti i suoi aspetti corrisponda alla eminente dignità dell’uomo e sia organizzata in modo sempre più umano» (ibidem pagina 173).
«Badate che nessuno vi faccia sua preda con filosofie vane e fallaci, inganni ispirati alle tradizioni umane, agli elementi del mondo e non a Cristo, poiché è in lui che dimora corporalmente tutta la pienezza della divinità, e voi siete stati riempiti in lui, che è il capo di ogni principio e potenza; in lui inoltre siete stati circoncisi di una circoncisione non operata dall’uomo, ma nella spoliazione del corpo carnale, nella circoncisione del Cristo» (Col. 2, 8-11).
Così siamo in pieno nella grande alienazione dell’umanità contemporanea che, persa l’Idea vitale del Padre, ha visto «ritoccato» il mistero divino nello stesso «Luogo di Dio».
Si tratta dell’alienazione impercettibile ma terminale riguardo alla Parola del Padre e al Sacrificio del Figlio, per cui si può parlare della fine del tempo delle nazioni cristiane. (confronta Luca 21, 24).
Infatti tutta la storia versa sulle tre fatali alienazioni riguardanti la Parola e il Sacrificio di Dio.

Siamo alla terza: della Sua Chiesa, istituita per frenare la scalata intenta a devastare l’opera del Verbo, che è stata «tolta di mezzo» per un tempo (confronta II Tes. 2); questa «diga» col suo katéchon cattolico crollò in mezzo agli applausi del mondo e di molti chierici infetti dalle false idee religiose dell’era moderna e conciliare.
 
Quale la relazione del pancristianesimo con la fine?

Una volta capito che il mondo umano è stato creato per il fine rivelato nel Disegno divino del Padre, compiuto nel Sacrificio del Figlio incarnato, per cui esiste la Chiesa, tutto quanto in essa è per compiere la Sua Missione.
Il Signore insegnò: «In verità, in verità ti dico che se uno non rinasce dall’acqua e dallo Spirito Santo, non può entrare nel regno di Dio» (Giovanni 3, 5).
Gesù stesso ha dato l’esempio facendosi battezzare nel Giordano da Giovanni Battista.
La Chiesa non poteva insegnare diversamente perché la sua autorità deriva dalla Parola del Signore ed è per tutti gli uomini universale (cattolica).
Qui, invece, si insinua la necessità del Battesimo solo a coloro che sono stati evangelizzati e hanno la possibilità di riceverlo.
Si scontrano così col Canone V del Concilio di Trento: «Se qualcuno dice che il Battesimo è opzionale, cioè che non sia necessario alla salvezza, sia anatema».
Inoltre, essi rendono opzionale la loro evangelizzazione, anzi la rendono rischiosa, poiché da essa derivano limiti alla salvezza altrimenti inesistenti.
Mentre la professione di Fede cattolica è fondata sulla dottrina per cui gli uomini devono andare incontro alla Grazia, domandarla a Dio e prepararsi per riceverla nella Chiesa, la «credenza» modernista, qui velatamente professata, ritiene che la Grazia sia ovunque, che la Chiesa sia solo uno dei suoi molteplici canali e il Sacrificio del Signore una tra le diverse vie di salvezza per tutti gli uomini, note solo alla misericordia divina.
In verità, Dio ci ha mandato il Signore, che ha stabilito la Chiesa come unico ovile di salvezza dei redenti.
Ebbene, «il modo che Dio conosce» fu rivelato a noi ed affidato alla sua Chiesa per predicare la Verità in tutto il mondo.
La posizione di quanti considerano lecito supporre che sia possibile compiere la volontà di Dio, come la si conosce (o immagina), «anche ignorando il Vangelo di Cristo, per essere salvati», non corrisponde al vero e certamente non riguarda l’autorità cattolica istituita da Gesù Cristo (Marco 16, 16).
I riformatori conciliari della fede svelano così che la loro autorità non è universale, né necessaria.
La Chiesa, il Papato e tutto in essa esiste per il mandato di Gesù: convertire ogni creatura, innanzi a tutti i giudei, al Vangelo: «Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato» (Marco 16, 16).
Ma un’altra chiesa proclama: «Tutti i giusti del mondo, anche quelli che ignorano Cristo e la Sua Chiesa, sotto l’influsso della grazia, e chi cerca Dio col cuore sincero, è chiamato ad edificare il Regno di Dio» (Giovanni Paolo II, 6 dicembre, 2000, riportando l’insegnamento del documento del Vaticano II «Lumen Gentium», 16).

I termini qui sono tutti ambigui.
Chi è il giusto che ignora Cristo?
E lo fa per ignoranza o per indifferenza invincibile?
E la grazia è data per la conversione o per sostenere quella buona fede?
Perché allora il Regno di Dio è qualcosa da edificare non con la Fede divina, ma con la sincerità umana.
Una frase infelice di Giovanni Paolo II?
No; essa è in linea con altre sue dichiarazioni precedenti, con le nuove dottrine del Vaticano II, col nuovo catechismo, ecc., anche nella loro ambiguità.
Del resto, la riunione delle grandi religioni di Assisi e ogni incontro interreligioso lo conferma, specialmente quelli coi giudei, che non avrebbero bisogno di convertirsi a Cristo perché rimangono nella fede dell’Antica alleanza.
Per la nuova religione conciliare, quindi, non è necessario predicare il Vangelo in tutto il mondo per convertire ogni creatura, perché non è vero che solo «chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, mentre chi non crederà sarà condannato».
A questo punto per la nuova chiesa la fede sarebbe superflua per la salvezza!
Ciò che è in gioco è la difesa della verità rivelata.
Gesù Cristo, per dare a tutti i popoli la dottrina evangelica, inviò per tutta la terra gli Apostoli, e perché non potessero sbagliare, li volle prima ammaestrare in ogni verità dallo Spirito Santo (Giovanni 16, 13): forse che nella Chiesa, assistita e custodita sempre da Dio, questa dottrina degli Apostoli è venuta mai a mancare e si è offuscata?
Quando il nostro Redentore affermò nettamente che il Vangelo non era cosa dei soli tempi Apostolici, ma di tutte le età venture, poteva l’oggetto della fede divenir col tempo così oscuro e incerto da doversi tollerare opinioni diverse non solo, ma contrarie fra. di loro?
Se fosse così, bisognerebbe pur dire che lo Spirito Santo, disceso sugli Apostoli, e la sua perpetua presenza nel seno della Chiesa e la predicazione medesima di Gesù Cristo, hanno perduto oramai da secoli ogni utilità ed efficacia: cosa che a solo dirla apparisce una bestemmia.

E’ emblematico inoltre il contrasto dei lumi della «Lumen Gentium» con la luce del Sacrificio di amore di Gesù Cristo che «è per la vita spirituale e morale di tutti i popoli del mondo quello che è il sole per la vita naturale della terra» (S. Francesco di Sales).
Il Santo Sacrificio perpetuato nella Santa Messa cattolica è la «fortezza del Cielo».
Esso è il «sacrificio quotidiano sospeso mentre sarà eretto l’abominio della desolazione» (Dn 12, 11).
Dice il Signore: «Quando vedrete l’abominio della desolazione, di cui parlò il profeta Daniele, stare nel luogo santo, chi legge comprenda... sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno grandi prodigi e miracoli, da indurre in errore, se possibile, anche gli eletti. Ecco, Io ve l’ho predetto» (Matteo  24).
Nei nostri tempi Sant’ Alfonso Maria de Liguori ha scritto: «Satana sopprimerà il Sacrificio della Messa e ciò sarà causato dalla mancanza di fede degli uomini».
Il dotto cardinale Billot spiega inoltre che sempre e ovunque si è creduto nell’interpretazione biblica del «Luogo santo» e del «Sacrificio perpetuo» in Daniele, riguarda la Chiesa.
Ora, poiché il Sacrificio di amore di Gesù Cristo «il sole per la vita naturale della terra» è stato offuscato insieme alla missione della Chiesa, si verifica che in nome della Chiesa si opera un’inversione nel senso del Mandato divino di diffusione del Vangelo in tutta la terra e ciò evoca la Profezia divina sulla fine dei tempi.
«Quando questo Vangelo del regno sarà predicato in tutta la terra, quale testimonianza a tutte le genti, allora verrà la fine» (Matteo 24, 14).

Perché si può credere che il Vangelo sia già stato predicato e diffuso in tutto il mondo?
Perché siamo al suo riflusso, sia nel campo della dottrina, come si è visto prima riguardo agli stessi uomini nella Chiesa, sia nello spazio geografico, dove i cristiani sono perseguitati come nessun’altra religione al mondo, come si legge nel libro di Antonio Socci e nei giornali quotidiani.
Nel campo dottrinale appare, per adattare il Vangelo ad ogni fede con l’operazione ecumenista, che è la stessa voluta dalle logge e dai poteri mondiali, per stabilire la fraternità globale, che opera il riflusso terminale della Fede cristiana predicata in tutta la terra.   
«Vi sarà allora una tribolazione grande, quale mai c’è stata dall’origine del mondo fino ad ora, né mai vi sarà. Se non fossero stati abbreviati quei giorni, nessun uomo si salverebbe. Tuttavia, a causa degli eletti saranno abbreviati quei giorni» (Matteo 24, 21-22).

La Parusia

«Subito, dopo la tribolazione di quei giorni, il sole si oscurerà, la luna non più darà la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze celesti saranno sconvolte. Allora apparirà nel cielo il segno del Figlio dell’uomo e allora si batteranno il petto tutte le tribù della terra e vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi del cielo con grande potenza e splendore (Matteo 24, 29-31)».

Prepariamoci perché i segni ci sono e chiari: - degl’inganni dei falsi cristi e dei falsi profeti; - della fine del tempo delle nazioni e del ritorno degli ebrei a Gerusalemme; - dell’abominio che riguarda il Santo Sacrificio; e della predica del Vangelo nel mondo, ormai compiuta ma neutralizzata dalla perfidia ecumenista.
E la Parola di Dio non manca per salvare ancora quanti La onorano al disopra delle doppiezze conciliari.

Arai Daniele


Home  >  Cattolicesimo                                                                                     Back to top


La casa editrice EFFEDIEFFE ed il direttore Maurizio Blondet, proprietari
dei contenuti del giornale on-line, diffidano dal riportare su altri siti, blog,
forum, o in qualsiasi altra forma (cartacea, audio, etc.) i suddetti contenuti,
in ciò affidandosi alle leggi che tutelano il copyright ed i diritti d’autore.
Con l’accesso al giornale on-line riservato ai soli abbonati ogni abuso in
questo senso, prima tollerato, sarà perseguito legalmente. Invitiamo inoltre
i detentori,a togliere dai rispettivi archivi i nostri articoli.

 
Nessun commento per questo articolo

Aggiungi commento


Libreria Ritorno al Reale

EFFEDIEFFESHOP.com
La libreria on-line di EFFEDIEFFE: una selezione di oltre 1300 testi, molti introvabili, in linea con lo spirito editoriale che ci contraddistingue.

Servizi online EFFEDIEFFE.com

Archivio EFFEDIEFFE : Cerca nell'archivio
EFFEDIEFFE tutti i nostri articoli dal
2004 in poi.

Lettere alla redazione : Scrivi a
EFFEDIEFFE.com

Iscriviti alla Newsletter : Resta
aggiornato con gli eventi e le novita'
editorali EFFEDIEFFE

Chi Siamo : Per conoscere la nostra missione, la fede e gli ideali che animano il nostro lavoro.



Redazione : Conoscete tutti i collaboratori EFFEDIEFFE.com

Contatta EFFEDIEFFE : Come
raggiungerci e come contattarci
per telefono e email.

RSS : Rimani aggiornato con i nostri Web feeds

effedieffe Il sito www.effedieffe.com.non è un "prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata", come richiede la legge numero 62 del 7 marzo 2001. Gli aggiornamenti vengono effettuati senza alcuna scadenza fissa e/o periodicità