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Benedetto XV, Monsignor Benigni e il programma del “Sodalitium Pianum”
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-I-

IL MODERNISMO È UNA “SETTA SEGRETA” E VA COMBATTUTO COME TALE

Modernismo come “setta segreta”

San Pio X ha definito il modernismo una “setta segreta / foedus clandestinum” (Sacrorum Antistitum, 1° settembre 1910). Ora per combattere una setta che lavora in segreto, occorre prendere atto della sua segretezza, altrimenti si spara a vuoto in quella che non è una guerra convenzionale, ma una “guerra occulta”. Lo spionaggio viene combattuto con il contro/spionaggio; i servizi segreti nemici vanno combattuti con i propri servizi segreti purché non siano “deviati”. Un serpente che si nasconde tra l’erba folta non lo si schiaccia sparando in aria contro gli uccelli, ma andando alla ricerca del suo covo nascosto.

L’obiettivo di questa “setta segreta” detta anche “quinta colonna nemica[1] composta di “membri segreti o coperti” all’interno della Chiesa, era duplice: 1°) diffondere nella Chiesa alla chetichella, sotto veste ufficiale di apparente cattolicesimo genuino, sistemi teologici in realtà gravemente erronei; 2°) introdursi occultamente nei posti chiave della Chiesa - cattedre universitarie, direzione dei seminari, parrocchie importanti, e, soprattutto, sogli episcopali e specialmente occupare il Papato - per prenderne la guida e cambiarla di nascosto dal di dentro.

In questo modo l’eresia modernista cercava d’infiltrarsi il più profondamente possibile nelle viscere stesse della Chiesa, erodendola dall’interno e lasciandone solo l’apparenza (come fanno i tarli col legno), per disorientare i fedeli, insegnando loro, quasi con l’autorità apparentemente propria della Chiesa, gli errori da questa condannati realmente e distruggerla, così, si fieri potest. Questo è stato il colpo maestro di satana sempre tentato dalla contro-chiesa, ma riuscito solo a partire dal Vaticano II.

Si comprende facilmente che questa “setta segreta” o “foedus clandestinum”, la quale è il “compendio di tutte le eresie” (Pio X, Enciclica Pascendi, 1907), avrebbe realizzato la sua impresa, se fosse riuscita a rimanere completamente occulta all’interno degli ambienti cattolici. Di qui la necessità di combatterla servendosi di metodi leciti, riservati, non eccessivamente pubblicizzati, che svelassero il piano occulto e segreto dei modernisti, come era già avvenuto per il marranesimo nel XV secolo, grazie all’Inquisizione, che lavorava discretamente e riservatamente senza essere una società segreta “deviata”. Monsignor Umberto Benigni ebbe il merito di averlo capito, ma purtroppo mise in pratica il suo programma antimodernista in maniera eccessiva quanto al modo di agire.

Questa “quinta colonna nemica” modernista è stata scoperta e  condannata vigorosamente ininterrottamente da San Pio X (Pascendi, 1907) sino a Pio XII (Humani generis, 1950), però ha continuato a lavorare segretamente, grazie all’appoggio datole dai “modernizzanti” e con Giovanni XXIII è arrivata ad occupare sino ad oggi il vertice della Chiesa.

Il suo obiettivo essenziale è restato così, almeno inizialmente ed in parte, frustrato sino a Pio XII. Roma - messa in allarme già sotto il Pontificato di Leone XIII, aveva condannato il sistema in maniera vigorosa[2] e ripetuta soprattutto con San Pio X, seguìto da Benedetto XV sino a Pio XII - aveva preso misure disciplinari contro i modernisti, poiché non si può sconfiggere l’errore senza attaccare l’errante. I fedeli erano quindi premuniti. I modernisti che si dicevano cattolici senza esserlo realmente, ormai non potevano più agire nell’ombra, come una “setta segreta” o una “quinta colonna nemica” all’interno della Chiesa, ma erano stati scoperti: il serpente nascosto tra l’erba era stato scovato e colpito, ma purtroppo non a morte.

La “setta segreta” o “quinta colonna” modernista coperta dai “modernizzanti” o la “terza forza”

Restava tuttavia ai modernisti da costituire (mediante i “modernizzanti”, che mantenevano ancora l’apparenza di cattolici a differenza della “quinta colonna” o “setta segreta” oramai scoperta) una specie di “contro-chiesa dentro la Chiesa”, un “terzo partito” o una “terza forza[3], come lo chiamava monsignor Antonio de Castro Mayer, raccogliendo gli spiriti più orgogliosi per combattere i cattolici autentici, in un’incessante guerriglia di cavilli e di sofismi per restare nella Chiesa e guastarla dal di dentro.

Purtroppo il modernismo, individuato, condannato, perseguitato, ma sempre radicato segretamente come una sorta di massoneria gnostica esoterico/cristiana negli ambienti cattolici, ha prodotto a sua volta un “terzo partito” o una “terza forza” (i modernizzanti),  che ha svolto il compito di fornire alla quinta colonna scoperta”, (i modernisti) delle condizioni di sussistenza in seno alla Chiesa; un covo ancora più occulto in cui celarsi.

In primo luogo, gli ecclesiastici modernizzanti non si dichiaravano modernisti. Anzi, in linea generale il loro modo di agire in pubblico dava l’illusione che fossero d’accordo con Roma. In realtà e segretamente, però, non combattevano il modernismo, non lo appoggiavano esplicitamente, ma lo favorivano tacitamente e praticamente e lo ospitavano nelle loro case religiose.

Il trionfo della tattica della “terza forza” modernizzante

A partire dal momento in cui questa insidiosa tattica “terzo/forzista” ha trionfato, nelle file cattoliche si son manifestati tre atteggiamenti: 1°) quello dei modernisti in lotta aperta contro i seguaci di Roma; 2°) quello della “terzo partito” (i “modernizzanti”) anch’esso opposto mellifluamente e non apertamente ai seguaci di Roma, che erano accusati di essere intolleranti, fomentatori di lotte, nemici della carità; infine 3°) quello dei cattolici veraci realmente soggetti a Roma e appoggiati dalla Santa Sede sino a papa Pacelli, ma osteggiati poi da Giovanni XXIII sino a Francesco.

Né modernisti, né integralmente cattolici: la “terza posizione” neutrale per principio

Gli uomini della “terza posizione” (né modernisti, né cattolici veraci, ma “modernizzanti”), sotto veste di neutralità per principio, erano praticamente e occultamente agenti devoti della causa modernista e  prestavano alla “setta segreta” modernista il più prezioso dei servizi: un covo nel cuore della Chiesa, scaldandole in seno una serpe.

San Pio X condannò ripetutamente il modernismo con svariate Encicliche, ma tali condanne papali non ottennero l’adesione piena e la messa in pratica da parte di tutti i membri della gerarchia della Chiesa; di fronte ad esse i fedeli e specialmente il clero si divisero in tre gruppi: 1°) una parte, veramente cattolica, accolse pienamente la parola di Roma, e applicò con ardore tutte le disposizioni delle Encicliche da San Pio X sino a Pio XII; 2°) un’altra parte, dichiaratamente modernista, rifiutò apertamente di sottomettersi alle decisioni della Santa Sede e fu scomunicata o condannata; ad esempio, Tyrrell, Buonaiuti, Loisy, de Lubac, Congar, Chenu, Rahner …; 3°) un’ultima parte scelse una posizione intermedia, sottoscrisse le condanne papali, ma non fece nulla per applicarle: questa è la “terza forza”, la più modernisticamente e segretamente insidiosa di tutte.

La pace e l’unità a tutti i costi

La ragione invocata da quest’ultimo gruppo di Prelati cripto-modernisti o modernizzanti, figli dei catto/liberali è il mantenimento della pace tra i fedeli e della carità con tutti (tranne che con i cattolici veraci, vedi Paolo VI con monsignor Lefebvre e Francesco con i Francescani della Immacolata). Però una pace e una carità senza la verità e la giustizia non sono virtù, ma parodie di esse. Così, costoro non hanno preso partito, non si sono schierati e non si sono preoccupati di sapere se nelle loro diocesi vi fossero dei modernisti e siccome “i neutrali per principio fanno scoppiare le guerre” hanno favorito la nascita e il trionfo pro tempore del modernismo.

La “pace” e le “mezza verità” sono il valore sommo

La “terza forza” in senso proprio è costituita da coloro che sono mossi da un problema di falsa dottrina, ossia dal principio che la pace è un valore sommo (col 2020 “in caso di Covid” la salute ha rimpiazzato la pace ed è diventata il fine ultimo dell’uomo) ed è quindi desiderabile conservarla a ogni costo, anche quando così facendo s’indeboliscono le forze dei difensori della verità; si apre così il campo ai propagatori dell’errore, mediante l’affermazione di “mezze verità” che son più pericolose dell’errore aperto.

Come si vede il modernizzante non ha la retta dottrina, il suo errore non è solo operativo e pratico, ma dogmatico e teoretico. Quindi il problema del cosiddetto “liberalismo” o “modernismo” di Benedetto XV non sussiste data la sua piena ortodossia. Si potrebbe al massimo parlare di diversità di governo tra Pio X e Benedetto XV, ma mai di opposizione dottrinale. Purtroppo monsignor Benigni ha errato in questo: ha ritenuto Benedetto XV un Papa “liberale”.

Il catto/liberalismo e il modernismo confondono volutamente e scientificamente princìpi e pratica, così formulano delle “mezze verità”, che sono più pericolose dell’errore manifesto poiché esse sono nascoste e segrete. Tali “mezze verità” vengono applicate non solo alla filosofia, al dogma e alla morale, ma anche alla dottrina sociale e politica della Chiesa e soprattutto alla collaborazione gerarchizzata tra Stato e Chiesa.

Per il catto-liberalismo e per il modernismo a-dogmatico il principio o il valore massimo è che non bisogna esagerare nella affermazione della verità, ma occorre sfumarla e renderla accettabile all’uomo moderno. Coloro che di fronte all’errore, invece di condannarlo, smascherarlo o disapprovarlo apertamente, cercano un accomodamento, un compromesso teoretico tra verità e falsità, negano implicitamente il principio per sé noto di identità e non-contraddizione, sotto apparenza di apostolato, di discrezionalità,  di pastoralità, di prudenzialità e sono più pericolosi di chi professa apertamente l’errore. Perciò le mezze-verità, la vaghezza, l’imprecisione, l’indecisione, il pressappochismo o l’indefinibilità dottrinale sono la “quinta colonna” o il nemico che si presenta da amico, il “Cavallo di Troia”, il lupo vestito da agnello che penetra grazie al suo camuffamento nel cuore della Chiesa e la vuole cambiare dal di dentro, come dice il “Programma dei Modernisti” (1906) attribuito ad Antonio Fogazzaro ed Ernesto Buonaiuti.

L’iniquo “falso mezzo di mediocrità” tra errore e verità

I modernizzanti, mantenendo tra loro rapporti molto cordiali, formano un autentico “partito intermedio” tra i “modernisti” e i loro avversari (i “cattolici veraci”). Essi possono esser qualificati come coloro che affermano sempre, “con la bocca e non col cuore”, la loro sottomissione alle condanne di Pio X e successori sino a Pio XII. Tali Prelati rifiutano, ciononostante, di allinearsi tra i cattolici veraci e integralmente docili alle condanne di Roma, essi aspirano alla fine delle discussioni teologiche per “amore della pace e odio alla disputa teologica”. Costoro non vogliono considerare i modernisti come sospetti di eresia, quali realmente sono. In questo modo tali Vescovi vogliono semplicemente mettere una pietra tombale sul problema dell’eresia modernista, che invece ancor oggi continua a sussistere e a lavorare non solo sotterraneamente ma ormai apertamente (v. Francesco e il Pachamama in San Pietro).

I sostenitori di questo terzo partito aspirano a restaurare l’unità della Chiesa, non attraverso la ritrattazione dei modernisti, ma attraverso l’instaurazione di una tolleranza per principio della quale costoro sarebbero stati i beneficiari.

Equilibrismo squilibrato

I “terza/forzisti” si comportano in guisa tale di fare una dichiarazione di deferenza nei confronti della Santa Sede e di parlare in termini commoventi del rispetto e della sottomissione che dobbiamo a Pietro, dichiarando che intendono conservare una posizione equilibrata tra i due gruppi avversari: 1°) i Prelati che hanno ritenuto di doversi appellare contro il Papa regnante ad un futuro e ideale Papa tollerante (v. il romanzo Il Santo di Antonio Fogazzaro[4]); 2°)  altri Prelati che hanno condannato il modernismo e lo hanno dichiarato eretico e scismatico.

Perciò il “terzo partito” modernizzante, che per amore di pace si mantiene fuori dalle dispute e agisce coerentemente con questo proposito, desidera soltanto la “pace” e la falsa “carità” o meglio la “pece” e l’ignavia, lascia ad altri la cura di chiarire e difendere la verità oscurata o attaccata dalle discussioni che guastano la carità. È un pastore che tace anche se vede il lupo avvicinarsi al suo gregge, rappresenta l’apoteosi della “carità” senza la verità e la giustizia, dell’irenica contro la polemica, che ha toccato l’apice con papa Bergoglio.

Utilità del “terzo partito” all’eresia modernista

Non meraviglia quindi che i Vescovi ostili al Papa (da papa Sarto sino a papa Pacelli) conservino rapporti di grande cordialità con gli uomini del “partito intermedio”. Quanto fosse utile alla causa modernista questo partito intermedio, è evidente per chi considera le eccezionali possibilità a disposizione dei Prelati a essa affiliati di diffondere tutta una mentalità di inazione di fronte all'errore e all’eresia.

Accettazione della “Pascendi” solo pro forma

È necessario sottolineare che i sacerdoti e i Prelati del “terzo partito” non favorivano il modernismo soltanto con il loro atteggiamento pacifista, non facendo nulla per reprimere la setta, non eseguendo le severe misure pratiche imposte dalla Santa Sede; essi erano preziosi alleati del “collettore di tutte le eresie” per tutto il loro modo di agire. Infatti favorivano tutte quelle cose che manifestavano simpatia per la setta modernista e ne diffondevano lo spirito. Anche la sincerità nell’accettazione dell’Encicliche papali da parte dei Prelati della “terza forza” può essere messa in dubbio. Esteriormente le accolsero tutti, ma con “un silenzio ossequioso” e senza calarle nella pratica. Non andavano oltre. Si trattava di una “obbedienza” pro forma e di pura facciata.

La “conciliazione ad ogni costo” anche a scapito della verità

Queste osservazioni dimostrano quanto siano nefaste le conseguenze di una politica di “mezze verità”, di “pace da palude”, di “conciliazione per principio” anche con l’errore. La pace è reale soltanto quando è alimentata dalla linfa della verità. In caso contrario, è una superficie di tenue vernice sotto la quale la divisione delle intelligenze alimenta e ravviva convulsioni talora vulcaniche. Per mantenere la pace una parte del clero “modernizzante” evitò il più possibile il trionfo della verità sull’errore, con una politica di pseudo-equilibrio (oggi si direbbe “equi-distanza”) tra l’una e l’altro.

-II-

BENEDETTO XV, LA LOTTA CONTRO IL MODERNISMO E LO SCIOGLIMENTO DEL “SODALITIUM PIANUM”

Dopo aver dimostrato, nella prima parte di questo articolo, che 1°) il modernismo fu una “setta segreta” e una “quinta colonna” all’interno della Chiesa per distruggerla dal di dentro si fieri potest, e, che 2°) i modernizzanti costituirono una “terza forza” per aiutare i modernisti a restare nella Chiesa e a mutarla dall’interno, ed infine che 3°) i cattolici veri fossero combattuti dai modernisti come pure dalla “terza forza modernizzante”; adesso - nella seconda parte di esso - affrontiamo la questione se Leone XIII, Benedetto XV, Pio XI (e Pio XII) possano essere qualificati come Pontefici “modernizzanti” in opposizione ai Papi considerati, a differenza dei primi, “veramente cattolici” (Gregorio XVI, Pio IX e Pio X).

Abbiamo visto nei passati articoli che monsignor Umberto Benigni riteneva Benedetto XV un Papa “liberale” e lo metteva in contrapposizione addirittura dottrinale con Pio X, appellandosi - in maniera specularmente/similmente opposta ai modernisti - contro il Papa regnante ad un futuro e ideale Papa intollerante. Purtroppo questo fu lo sbaglio pratico di monsignor Benigni, che nonostante ciò aveva stilato un programma teoreticamente perfetto. In questo esagerò e nocque al programma antimodernista, che fu fiaccato non solo dalla “setta segreta” o “quinta colonna” (errore per difetto), ma anche dalle intemperanze dei neo-zeloti quanto al modo di agire (errore per eccesso). Ora “ogni eccesso è un difetto” ed avendo ecceduto, il Benigni, cadde nel difetto di diminuire la forza d’urto della reazione antimodernista iniziatasi con San Pio  X, continuata da Benedetto XV e sconfessata da Giovanni XXIII sino a Francesco.

Abbiamo già visto come, da Arcivescovo di Bologna, Giacomo Della Chiesa ha condannato il modernismo già nel 1908, senza disapprovare l’azione di papa Sarto, ma solo gli eccessi di alcuni elementi un po’ troppo scalmanati del movimento cattolico integrale, i quali oggettivamente[5], seminavano la confusione in ambiente ecclesiale, scambiando per modernisti coloro che non lo erano, soltanto perché non la pensavano in tutto e per tutto come loro.

Persino il Card. Merry del Val, il Segretario di Stato di Pio X e il protettore del movimento integrista, era convinto di dover distendere alquanto il clima che si era creato nella Chiesa a causa del modo di agire di alcune personalità, oggettivamente eccessivo, nella lotta antimodernista (Y. Chiron, op. cit., p. 283) e fece allontanare dalla Segreteria di Stato mons. Benigni nel 1911.

Si può quindi affermare che Benedetto XV ha continuato la lotta di papa Sarto contro il modernismo quanto alla sostanza pur mitigandola quanto al modo o ai procedimenti, per evitare gli eccessi che alcuni avevano perpetrato nella lotta antimodernista[6].

Se (come aveva intuito giustamente monsignor Benigni) la “setta segreta” modernista doveva esser combattuta anche 1°) studiando il suo lato occulto e nascosto, e 2°) agendo contro di essa con molta oculatezza e riservatezza (non solo pubblicamente, visibilmente e apertamente); tuttavia bisognava fare attenzione a non surclassare l’Episcopato (che è di istituzione divina), rivolgendosi ad un’associazione privata (SP), che mai era stata approvata ufficialmente da Pio X, ma solo incoraggiata privatamente mediante dei biglietti augurali ad personam (come abbiamo già visto). Ora lo stesso cardinale Merry del Val nel 1911 dovette intervenire a far cessare questi abusi di potere del SP e Benedetto XV nel 1914 dovette porre fine a questo esperimento, non perché malvagio in sé, ma per gli eccessi con i quali era stato condotto  e portato avanti.

Nella sua prima Enciclica (Ad beatissimi, 1° novembre 1914) Benedetto XV elogiava come uno dei “benefici” del Pontificato di Pio X la difesa della fede contro l’eresia modernista: “Pio X ha sgombrato l’insegnamento delle Scienze Sacre dal pericolo di novità temerarie”. Inoltre papa Della Chiesa ha rinnovato la condanna del modernismo portata dal suo predecessore qualificandolo come “errore mostruoso”, ha riconosciuto che non era stato totalmente soffocato ed ha invitato ad evitarne persino “le tendenze e lo spirito”.

“Benedetto XV è stato un difensore della Tradizione, ma ha voluto che cessassero i sospetti prima che l’Autorità ecclesiastica si fosse pronunciata definitivamente.  Prima che la S. Sede avesse deciso qualcosa in merito, secondo il Papa, ci si doveva astenere dal proferire ogni insinuazione che potesse ferire gravemente la carità. In breve il Papa voleva far cessare le discordie tra cattolici ed evitare che persone private si erigessero a maestri nella Chiesa” (Y. Chiron, op. cit., p. 286).  Per istituzione divina il maestro nella Chiesa è il Papa e l’Episcopato a lui subordinato, se chiamato dal Pontefice ad esprimersi assieme a lui; inoltre il Vescovo è maestro (anche se non infallibile) nella sua diocesi e non deve essere sostituito da una “associazione privata” di semplici sacerdoti non approvata ufficialmente dalla Chiesa.

Come ha giustamente scritto Emile Poulat: “Alcuni degli integristi più accesi non erano nominati, ma erano avvertiti, senza esser condannati”[7].

Il Sodalitium Pianum non fu soppresso immediatamente dal Papa. Nel 1915 i suoi nuovi statuti furono approvati dal Card. De Lai, ma la sua attività non aveva più la stessa ampiezza di quella che aveva avuto durante il Pontificato di Pio X.

È certo che il Card. Gasparri avesse in antipatia Mons. Benigni e la sua opera[8] e siccome negli ultimi mesi del Pontificato di papa Della Chiesa, nel maggio del 1921, furono fatti circolare dei documenti dell’Archivio del Sodalitium Pianum ritrovati in Belgio durante la Grande Guerra, la S. Congregazione del Concilio aprì un’inchiesta e nel novembre del 1921 il Papa con l’accettazione (anche se non piena) di Mons. Benigni[9] giudicò opportuno far cessare l’attività del Sodalitium Pianum.

Tuttavia bisogna onestamente prendere atto che l’atmosfera, dopo la morte di Pio X, era cambiata assai in Vaticano in maniera alquanto meno sfavorevole ai modernizzanti: p. Genocchi, allontanato dall’insegnamento sotto il Pontificato Pìano se ne rallegrò in una lettera scritta al protestante ultraliberale Paul Sabatier nel dicembre del 1914; Mons. Duchesne cessò di esser posto in stato di vigilanza e dopo che nel 1912 i suoi 3 volumi della Storia della Chiesa antica erano stati messi all’Indice entrò in amicizia con Benedetto XV; don Lanzoni (il Duchesne italiano) divenne prelato; nel 1915 il Vescovo di Vicenza soppresse due giornali ardentemente antimodernisti della sua Diocesi col placet del Papa.

Tuttavia Benedetto XV si oppose a che le opere di p. Laberthonnière messe all’Indice nel 1916 fossero riabilitate; nel 1917 la Storia del Cristianesimo di Mons. Ernesto Buonaiuti fu condannata; nel 1918 furono condannati i due libri su S. Agostino del medesimo Autore; nel 1920 fu condannata la Vita di Fogazzaro di Tommaso Gallarati Scotti, che tanta nefasta influenza ha esercitato su Giuseppe Roncalli e Giovanni Battista Montini. Infine papa Della Chiesa fu irremovibilmente fermo nella condanna del “Consiglio Ecumenico della chiese” nato in ambiente protestante e delle “Conferenze ecumeniste” sorte sùbito dopo la fine della Grande Guerra. Verso la fine del 1917, un pastore luterano di Uppsala, lanciò l’idea di una “conferenza ecumenista e per l’unità spirituale dei cristiani”. La S. Sede il 19 giugno del 1918 respinse categoricamente questi progetti e riaffermò che “la Chiesa romana è la sola garante dell’Unità dei cristiani e prega per il ritorno dei dissidenti a-cattolici a quest’Unità”[10]

Yves Chiron riconosce che il Papa non ha intralciato per nulla, nel dominio dottrinale, l’opera del S. Uffizio diretto dal Card. Merry del Val (chiamatovi dal medesimo Benedetto XV) dal 1914 al 1930, anche se nel “caso Semeria” è stato un po’ troppo duttile.

Conclusione

Tra il Pontificato di Benedetto XV e quello di Pio X non c’è stata rottura o discontinuità dottrinale, ma soltanto un cambiamento di metodo e di spirito, dovuto in parte alla formazione e alla personalità di Benedetto XV (molto diversa da quella di Pio X) e in parte ad alcuni eccessi di zelo per la purezza della fede antimodernista di Mons. Umberto Benigni (il cui “programma” era oggettivamente buono in sé) e di qualche suo collaboratore, che squalificarono non il cattolicesimo integrale in se stesso, ma  ne inficiarono la futura azione ed efficacia, facendone arrestare la forza propulsiva: “ogni eccesso è un difetto”. Errare humanum est, ma non si può portare ad esempio l’eccesso di zelo. Monsignor Benigni è un autore da studiare, ma non è un modello da imitare.

Certamente papa Della Chiesa non ha avuto lo spirito fortemente combattivo contro l’errore modernista di Pio X, ma non per questo si può asserire che è stato un Papa “liberale”. No! la sua dottrina è integralmente cattolica, il suo governo della Chiesa è stato tutto finalizzato al bene e al trionfo della Chiesa di Cristo, anche se i metodi da lui impiegati risentono della sua formazione giuridica e diplomatica e degli eccessi di Benigni che non potevano durare. Nulla di più, nulla di meno.

Lo sfacelo che vive l’ambiente ecclesiale da Giovanni XXIII sino a Francesco ci fa capire la necessità della figura del Papa per il mantenimento dell’Unità della Chiesa e nello stesso tempo ci aiuta ad essere più comprensivi verso Papi che sono stati integralmente cattolici pur senza essere stati “integristi” nel senso positivo del termine. Benedetto XV è certamente uno di questi.

-III-

IL PROGRAMMA DEL “SODALITIUM PIANUM”

Incoraggiato privatamente da due rescritti autografi di papa Pio X (5 luglio 1911; 8 luglio 1912) e da una Lettera del cardinal De Lai della S. Congregazione Concistoriale (25 febbraio 1913), ma non riconosciuto ufficialmente dalla Santa Sede.

«1°) Noi siamo cattolici-romani integrali. Come l’indica questa parola, il cattolico-romano integrale accetta integralmente la dottrina, la disciplina, le direzioni della Santa Sede e tutte le loro legittime conseguenze per l’individuo e per la società. Egli è «papalino», «clericale», antimodernista, antiliberale, anti-settario. Egli è dunque integralmente contro-rivoluzionario, perché è avversario non solamente della rivoluzione giacobina e del radicalismo settario, ma ugualmente del liberalismo religioso e sociale.
Resta assolutamente inteso che dicendo «cattolico romano integrale», non s’intende affatto modificare in qualsiasi modo l’autentico e glorioso titolo di cattolico-romano. La parola «integrale» significa soltanto «integralmente cattolico-romano», cioè pienamente e semplicemente cattolico-romano senza le aggiunte o restrizioni corrispondenti (anche al di fuori dell’intenzione di chi ne usa) tanto alle espressioni di «cattolico liberale», «cattolico sociale», e qualunque altra, quanto al fatto di chi tende a restringere in teoria od in pratica l’applicazione dei diritti della Chiesa e dei doveri del cattolico nella vita religiosa e sociale.

2°) Noi lottiamo per il principio e per il fatto dell’Autorità, della Tradizione,
dell’ordine religioso e sociale nel senso cattolico della parola e nelle sue deduzioni logiche. 

3°) Noi consideriamo come piaghe nel corpo umano della Chiesa lo spirito e il fatto del liberalismo e del democratismo cosiddetti cattolici, come del modernismo intellettuale e pratico, radicale o moderato, con le loro conseguenze.

4°) Nel caso pratico della disciplina cattolica, noi veneriamo e seguiamo i Vescovi, posti dallo Spirito Santo a reggere la Chiesa di Dio, sotto la direzione ed il controllo del Vicario di Cristo, col quale noi vogliamo sempre essere, prima di tutto e malgrado tutto.

5°) La natura della Chiesa cattolica c’insegna, e la sua storia ci conferma, che la Santa Sede è il centro vitale del cattolicismo: per ciò stesso, da un certo punto di vista e specialmente in alcune circostanze, il contegno momentaneo della Santa Sede è altresì la risultante della situazione religiosa e sociale. Così
noi comprendiamo pienamente come Roma possa talvolta tacere ed attendere, in vista della situazione stessa, quale nel momento si presenta. In tali casi noi ci guarderemo bene dal prenderne pretesto per restare inattivi davanti ai danni ed ai pericoli della situazione.
Dacché abbiamo compresa e sicuramente controllata, in ogni caso, la realtà delle cose, noi agiamo nel miglior modo possibile contro quei danni e pericoli, sempre e dovunque secondo la volontà e il desiderio del Papa.

6°) Nella nostra osservazione ed azione noi ci mettiamo soprattutto dal punto di vista «cattolico», cioè universale - sia nel tempo, attraverso i differenti momenti storici - sia nello spazio, attraverso tutti i paesi. Noi sappiamo che nelle contingenze momentanee e locali, c’è sempre, almeno nel fondo, la lotta secolare e cosmopolita fra le due grandi forze organiche: da un lato, l’unica Chiesa di Dio, Cattolica-Romana, dall’altro i suoi nemici interni ed esterni. Gli esterni (le sette giudaico-massoniche ed i loro alleati diretti) sono nelle mani del Potere centrale della Setta; gl’interni (modernisti,
demoliberali, ecc.) gli servono d’istrumento cosciente o incosciente per l’infiltrazione e la decomposizione tra i cattolici.

7°) Noi combattiamo la Setta interna ed esterna, sempre e dovunque, sotto tutte le forme e con tutti i mezzi onesti ed opportuni. Nelle persone dei settari interni ed esterni e dei loro complici noi combattiamo soltanto la realizzazione concreta della Setta, della sua vita, della sua azione, dei suoi piani. Questo, intendiamo farlo senza alcun rancore verso i nostri fratelli traviati, come altresì senza alcuna debolezza e senza alcun equivoco, come un buon soldato tratta sul campo di battaglia quanti militano sotto lo stendardo nemico, i loro ausiliari ed i loro complici.

8°) Noi siamo pienamente:

contro ogni tentativo di diminuire, di rendere secondarie, di dissimulare sistematicamente le rivendicazioni papali per la Questione Romana, di ostacolare l’influenza sociale del Papato, di far dominare il laicismo;
per la rivendicazione instancabile della Questione Romana secondo i diritti e le direzioni della Santa Sede, e per uno sforzo continuo al fine di ricondurre, il più possibile, la vita sociale sotto l’influenza legittima e benefica del Papato ed, in genere, della Chiesa cattolica.

9°) Contro l’interconfessionalismo, il neutralismo e il minimalismo religioso nell’organizzazione ed azione sociale, nell’insegnamento, come in ogni attività dell’individuo e della collettività, la quale dipende dalla vera morale, dunque dalla vera religione, dunque dalla Chiesa;

per la confessionalità in tutti i casi previsti dal comma precedente; e se, in casi eccezionali e transitori, la Santa Sede tollera delle unioni interconfessionali, per l’applicazione coscienziosa e controllata di tale tolleranza eccezionale e per la sua durata ed estensione le più possibilmente ristrette, secondo le intenzioni della Santa Sede.

10°) Contro il sindacalismo apertamente o implicitamente «areligioso», neutro, amorale, che fatalmente conduce alla lotta anticristiana delle classi, secondo la legge brutale del più forte;
contro il democratismo anche quando si chiama cristiano, ma sempre più o
meno avvelenato da idee e fatti demagogici;
contro il liberalismo, anche quando si chiama economico-sociale, che spinge col suo individualismo alla disgregazione sociale;
per l’armonia cristiana delle classi fra loro, come fra l’individuo, la classe e la società intera;
per l’organizzazione corporativa della società cristiana secondo i princìpi
e le tradizioni di giustizia e di carità sociale, insegnati e vissuti dalla Chiesa e dal mondo cattolico per molti secoli, e che perciò sono perfettamente adattabili ad ogni epoca e società veramente civili.

11°) Contro il nazionalismo pagano che fa riscontro al sindacalismo areligioso (quello considerando le nazioni, come questo le classi, quali collettività di cui ciascuna può e deve fare amoralmente i propri interessi al di fuori e contro quelli degli altri, secondo la legge brutale di cui abbiamo
parlato); e, nello stesso tempo,
contro l’antimilitarismo ed il pacifismo utopista, sfruttati dalle Sette allo scopo d’indebolire e addormentare la società sotto l’incubo giudaico-massonico;
per il patriottismo sano e morale, patriottismo cristiano di cui la storia della
Chiesa cattolica ci ha dato sempre splendidi esempi.

12°) Contro il femminismo che esagera e snatura i diritti e i doveri della donna, mettendoli fuori della legge cristiana;
contro la coeducazione dei sessi;
contro l’iniziazione sessuale della fanciullezza;
per il miglioramento delle condizioni materiali e morali della donna, della gioventù, della famiglia secondo la dottrina e la tradizione cattolica.

13°) Contro la dottrina ed il fatto profondamente anticristiani della separazione fra la Chiesa e lo Stato, come fra la religione e la civiltà, la scienza, la letteratura, l’arte;
per l’unione leale e cordiale tanto della civiltà, della scienza, della letteratura,
dell’arte quanto dello Stato, con la religione e perciò con la Chiesa.

14°) Contro l’insegnamento filosofico, dogmatico e biblico «modernizzato», il quale, anche quando non è prettamente modernista, si rende per lo meno uguale ad un insegnamento archeologico od anatomico, come se non si trattasse di una dottrina immortale e vivificatrice, che tutto il clero, senza eccezione, deve imparare soprattutto per il suo ministero sacerdotale;
per l’insegnamento ecclesiastico ispirato e guidato dalla gloriosa tradizione della Scolastica e dei Santi Dottori della Chiesa e dei migliori teologi del tempo della Contro-riforma, con tutti i seri sussidi del metodo e della documentazione scientifica.

15°) Contro il falso misticismo a tendenze individualistiche ed illuministe;
per la vita spirituale, intensa e profonda, secondo l’insegnamento dottrinale e pratico dei Santi e degli autori mistici lodati dalla Chiesa.

16°) In genere, contro lo sfruttamento del clero e dell’azione cattolica da parte di qualsiasi partito politico o sociale, ed, in ispecie;
contro l’esagerazione «sociale» che si vuole inoculare al clero ed all’azione cattolica sotto pretesto di «uscire dalla sagrestia» per non rientrarvi che troppo raramente, o di nascosto, od almeno con lo spirito assorbito dal resto;
per il mantenimento dell’azione ecclesiastica e rispettivamente della azione cattolica nel suo insieme sul terreno apertamente religioso, avanti tutto, e senza esagerazioni «sociali» o simili per il resto.

17°) Contro la mania o la debolezza di tanti cattolici, di voler apparire «coscienti ed evoluti, veramente del loro tempo», e bonari di fronte al nemico brutale od ipocrita, ma sempre implacabile, pronti ad ostentare il loro spirito di  “tolleranza per principio”, e ad arrossire, se non a dir male, degli atti di giusto rigore compiuti dalla Chiesa o per essa; pronti ad un ottimismo sistematico verso gli inganni degli avversari, e riservando le loro diffidenze e durezze per i cattolici-romani integrali;
per un contegno giusto e conveniente, ma sempre franco, energico ed instancabile di fronte al nemico, alle sue violenze e alle sue astuzie.

18°) Contro tutto quanto è opposto alla dottrina, alla tradizione, alla disciplina, al sentimento del cattolicesimo integralmente romano;
per tutto quanto gli è conforme».

-IV-

COMMENTO FINALE SUL PROGRAMMA E LA PRATICA DEL “SODALITIUM PIANUM”

Il Programma teoretico del “Sodalitium Pianum” di monsignor Umberto Benigni non solo è buono, ma è addirittura ottimo. Tuttavia, se si confronta la teoria con la pratica o il modo di operare dei membri del SP, si scorgono alcune anomalie, le quali non invalidano la bontà del cattolicesimo integrale e della dottrina del SP, ma denotano soltanto la oggettiva limitatezza e la caducità dell’essere umano (fosse anche monsignor Benigni) pur con tutte le sue buone qualità che non ho mai negato (come non si possono negarne i limiti). Infatti l’uomo è creato dal nulla e perciò è limitato e imperfetto per la sua stessa essenza. Non si può mitizzare, deificare un uomo o un movimento (SP) fatto di più uomini, data la natura finita dell’uomo stesso e di ogni movimento umano. Il Bene assoluto è solo e soltanto Dio, che è infinito; soltanto i santi eroici che si avvicinano (per quanto permette la fragilità della natura umana sollevata dalla grazia soprannaturale) alla divinità hanno una partecipazione abbastanza elevata della perfezione divina, ma pur sempre limitata. In monsignor Benigni non si può riscontrare il “male assoluto” (come fanno i modernisti). Infatti il male è “privazione di bene” e quindi non può essere assoluto, se fosse totale o assoluta privazione non esiterebbe. Il bene può, invece, essere assoluto e infinito, ma solo in Dio che è l’Essere infinito e assoluto. L’uomo non può giungere alla infinità e all’assoluta perfezione. Fatta questa premessa, per prendere le distanze dai modernisti come dai neo-farisei, passo ad esporre i punti che mi lasciano perplesso quanto alla discordanza tra il dire e il fare, tra il programma e l’azione del SP.

1° punto) “Il cattolico-romano integrale accetta integralmente la dottrina, la disciplina, le direzioni della Santa Sede”. Abbiamo visto come monsignor Benigni abbia discordato ampiamente dalla Santa Sede quando in essa il sedente era Benedetto XV; inoltre già nel 1911 sotto Pio X, il cardinal Merry del Val fece allontanare mons. Benigni dalla Segreteria di Stato vaticana perché il suo modo di agire un po’ sopra le righe comprometteva la credibilità della politica diplomatica della S. Sede. Benigni soprannominò il cardinal del Val “La Paura”, ora come si può polemizzare persino con il cardinale Segretario di Stato di Pio X, che agì sempre all’unisono con papa Sarto e di cui si rivela da parte di molti storici una maggior rigidità che non nel santo Papa?

4° punto) “Noi veneriamo e seguiamo i Vescovi, posti dallo Spirito Santo a dirigere la Chiesa”. Ora spesso, già sotto il pontificato di Pio X monsignor Benigni entrò in conflitto con molti Vescovi, per non parlare poi delle dispute avvenute con essi durante i pontificati di Benedetto XV e di Pio XI, anch’essi ritenuti da lui addirittura Papi “liberali”.

5° punto) “Noi comprendiamo pienamente come Roma possa talvolta tacere ed attendere, in vista della situazione stessa, quale nel momento si presenta”. Sinceramente in più di qualche occasione, come abbiamo visto negli articoli passati, monsignor Benigni non mostrò col suo atteggiamento e con i suoi scritti di accettar di comprendere il “tacer di Roma”, anzi lo criticò quale atteggiamento liberale ed eccessivamente conciliazionista.

7° punto) “Noi combattiamo la Setta interna ed esterna, sempre e dovunque, sotto tutte le forme e con tutti i mezzi onesti ed opportuni […] senza alcun rancore”. Anche qui mi sembra che la collaborazione con l’Ovra da parte di un sacerdote non si possa portare ad esempio di lotta “apartitica, onesta ed opportuna e senza rancore”.

16° punto) “Noi siamo pienamente contro lo sfruttamento del clero e dell’azione cattolica da parte di qualsiasi partito politico”. Accusare i Gesuiti di essere una “Internazionale antifascista” dalle pagine della rivista La Vita Italiana di Giovanni Preziosi, per un sacerdote non è il massimo del “rifiuto di lasciarsi utilizzare da un partito politico”. Purtroppo monsignor Benigni si è lasciato sopraffare dalla esasperazione, non ha accettato il cambiamento di politica della S. Sede, avvenuto dopo la morte di Pio X, ed ha agito in maniera “umana… troppo umana”; non me ne scandalizzo, è una fragilità tipicamente umana, ma non ne faccio neppure un esempio da proporre alla imitazione dei cattolici fedeli alla Tradizione.

d. Curzio Nitoglia

Fine Della Nona Parte

Continua



[1] La “Quinta Colonna” è un corpo d’élite composto da elementi infiltratisi nell’accampamento avversario. Essi operano clandestinamente contro il contendente nel cui accampamento sono penetrati, di cui sembrano essere amici mentre in realtà lavorano a favore di chi sta fuori, col quale paiono non aver nulla a che spartire (N. Zingarelli).

[2] Leone XIII, Lettera Testem benevolentiae del 1895.

[3] Cfr. Mons. Antonio de Castro Mayer, Como se prepara una revolucão. O jansenismo e a terciera força , in “Catolicismo”, San Paolo del Brasile, nn. 20/21, agosto/settembre 1952; tr. it. Come si prepara una rivoluzione. Il Giansenismo e la Terza forza, in “Cristianità”, Piacenza, nn. 1/2, settembre/ottobre; novembre/dicembre 1973.

[4] Ne  Il Santo (1905) Fogazzaro ha scritto: “Vogliamo tutti ordinare la nostra azione. Massoneria cattolica? Sì, Massoneria delle catacombe. […]. Bisogna lavorare a riformare il cattolicesimo romano in senso progressista e teosofico, mediante un Papa che si lasci convincere da queste idee” (A. Fogazzaro, Il Santo, Milano, Baldini & Castoldi, 1905, p. 44 e 22). Il romanzo fu messo all’Indice dei libri proibiti appena un anno dopo la sua pubblicazione nel 1906. Fogazzaro si sottomise sùbito e apparentemente, ma nel suo romanzo successivo (Leila), pubblicato nel 1911e  al quale aveva cominciato a lavorare sùbito dopo il 1906,  “riprese posizioni moderniste analoghe, ed anche questo fu posto all’Indice” (“Enciclopedia Cattolica”, voce Fogazzaro Antonio, Città del Vaticano, 1950, vol. V, col. 1459).

[5] Cfr. E. Poulat, Intégrisme et catholicisme intégral, Parigi, Castermann, 1969; L. Bedeschi, La Curia romana durante la crisi modernista, Parma, Guanda, 1968.

[6] Cfr. A.  Baudrillart, Les Carnets du Cardinal Alfred Baudrillart (1914-1918), 3 voll., Parigi, Cerf, vol. I, 1994, 14 settembre 1914; Id., Benoit XV, Bloud & Gay, 1920.

[7] E. Poulat, Intégrisme et catholicisme intégral, Parigi, Castermann, 1969, p. 600.

[8] E. Poulat, Intégrisme et catholicisme intégral, cit., p. 601; Cfr. A.  Baudrillart, Les Carnets du Cardinal Alfred Baudrillart, cit., 1° dicembre 1914.

[9] Lettera del Card. Sbarretti a Mons. Benigni, 25 novembre 1921, in E. Poulat,  Intégrisme et catholicisme intégral, cit., p. 515 ss.

[10] AAS, 1919, vol. XI, p. 309.


 
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