La religione del democratismo ecumenista
16 Ottobre 2008
Il «nuovo ordine mondiale» mira al pantheon delle religioni unite.
Dall’alba dei tempi il sussurro del tentatore originale suscita nella mente umana l’idea di un’autonomia assoluta da Dio fondata su una speciale trimurti moderna: libertà, uguaglianza, fraternità.
Libertà, senza la verità, uguaglianza senza distinzioni naturali, fraternità senza padre.
Nell’altro secolo tale idea si ripresentò con forza nella «Dottrina segreta» di Helen Blavatsky, svelando un grande piano: «
La Teosofia è una gnosi che intende divinizzare l’umanità come una vera e propria religione di massa, che insegna essere il male uno dei principali sostegni del mondo manifestato; una necessità per l’evoluzione e il progresso, come la notte per il giorno e la morte per la vita, e affinché l’uomo possa vivere eternamente. Satana (o Lucifero) rappresenta l’energia attiva dell’Universo [l’entropia], la luce, la vita, la lotta, il pensiero, la coscienza, il progresso, la civiltà, la libertà […] è Dio […] una sola cosa col Logos. Esiste in natura una Legge eterna, legge che tende a conciliare gli opposti e a produrre l’armonia finale. Grazie a tale Legge di sviluppo spirituale... l’umanità verrà liberata dagli dèi falsi e bugiardi [si legga cristianesimo] e otterrà, alla fine, la sua autoredenzione».
Il pensiero segreto mirava ad un’idea di autoredenzione della cristianità.
La Blavatsky e la sua teosofia sono stati adattati dall’antroposofia di Rudolf Steiner ai nostri tempi, che ha combinato tra loro questi concetti per un nuovo cristianesimo, il cui «Cristo» armonizza gli opposti.
Teilhard de Chardin è stato attratto da questa teoria e il giovane Karol Wojtyla è stato uno dei suoi discepoli nella ricerca di un’armonia antropocentrica: la pace attraverso l’idea della redenzione universale.
Sono le idee venute alla ribalta ad Assisi nel 1986.
Non si presterà mai abbastanza attenzione al pericolo occulto di un pastore che pretende la conciliazione di ogni contraddizione!
Il vero problema è che le ideologie violente sono suscitate da dottrine perverse che insinuano l’intrinseca bontà dell’essere umano, l’inesistenza dello spirito del male e del peccato originale, dottrine che operano per la «conciliazione» della verità con l’errore, per l’equivalenza tra democrazia e cristianesimo, per la parità universale delle religioni.
Poiché questo sincretismo totale, politico e religioso, avviene in nome della pace, bene supremo, tali sofisti moderni sono convinti della propria bontà, capace di realizzare perfino l’assurda conciliazione tra bene e male!
La lotta nel campo delle idee fu falsata dal modernismo
Il modernismo faceva da collettore di tutte le nuove utopie nel campo delle questioni politiche, sociali e religiose.
Ma poiché i modernisti provenivano, per la maggior parte, dalle file del clero ed occupavano posti di responsabilità nelle scuole, nei Seminari, nella stessa Gerarchia, perfino in uffici di Curia, essi rendevano la lotta contro il modernismo estremamente difficile.
Il male più grave era che i modernisti erano diventati ormai maestri di errori e di combutte.
Lo si può leggere anche nelle «Mémoires» del prete apostata Loisy, dove è palese la congiura e la rete di tradimenti che sotto il Pontificato di Leone XIII permisero al modernismo di progredire ed estendersi.
Purtroppo in pochi avevano capito le conseguenze letali, per la cristianità, del veleno che serpeggiava con le nuove teorie, divulgate con astuzia da libri e riviste, da pubbliche cattedre e segrete conventicole, dirette alle coscienze indifese di fronte a dottrine che si presentavano come cristiane, anzi, come un ritorno al vero cristianesimo.
«
Filosofia e teologia, storia e Bibbia, dogma e disciplina, ascetica e culto, niente più restava immune dal veleno dell’eresia modernista. Il che spiega la meraviglia provocata dall’Enciclica ‘Pascendi’. La rivelazione del pericolo corso dalla fede parve tanto grave, anzi incredibile, da ingenerare il dubbio che in realtà esso fosse esistito» (SPX, pagina 367).
L’estensione della «malattia» imperversata sotto Leone XIII era tale che, quando San Pio X gli successe, la sua lotta contro il modernismo si dimostrò umanamente insostenibile.
Per combatterla il nuovo Papa dovette ignorare gridi e proteste in nome dei recenti progressi e orientamenti di vita cristiana, dei nuovi indirizzi della Chiesa, della nuova vocazione sociale del clero, tutto fondato sui bisogni e le aspirazioni dell’anima moderna (Enciclica «Pieni l’animo», ai vescovi d’Italia, 28 luglio 1906. Confronta Pii X Acta, v. 111, pagina 171).
L’opera di difesa dottrinale rappresentava la continuazione ed il completamento di quella già iniziata nei Pontificati di Pio IX e di Leone XIII, ma, quanto alla disciplina, essa doveva applicarsi in modo chiaro ed incisivo, con le sentenze inappellabili del sommo Giudice dei cristiani, cui spettava il dovere di «
vibrare la scure alle radici della multiforme eresia per schiacciare la testa all’idra che con la maschera di Giuda tentava di stringere nelle sue spire tutta l’anima della Chiesa» (ibidem 369).
Vediamo il caso del noto modernista Alfred Loisy, il prete che analizzò le Sacre Scritture alla luce del razionalismo tedesco.
Nominato «l’Ario dei tempi moderni», egli si trovò sotto l’esame e il giudizio delle Sacre Congregazioni dell’Indice e del Santo Officio in seguito a denunzie e critiche di vari vescovi, tra cui anche il Patriarca di Venezia, il futuro Pio X, che conosceva molto bene le dottrine dell’eretico francese.
Ma Loisy fu lasciato tranquillo grazie alla «puissante force d’opinion et de vérité» - come egli stesso si definiva, (Mémoires, v. II, pagina 259) e grazie a sospette protezioni, almeno finché visse Leone XIII.
Mancava, quindi, un’eroica e dotta operazione di difesa del soprannaturale di fronte all’attacco violento di autori che, come Tyrrell, il tedesco Schnitzer e tanti altri, erano esaltati dall’intellighenzia liberale.
Per esempio, l’irlandese Tyrrell diceva, applaudito da molti, che le verità della fede sono già contenute nella coscienza dell’uomo.
Perciò non è più Dio che comunica all’uomo le verità sovrannaturali per mezzo della Rivelazione, ma è l’uomo che le scopre in se medesimo, e poiché la coscienza umana non è collegata a nulla che la oltrepassi, essa non potrà attingere a Dio se non in se stessa: «Esso si trova nell’uomo stesso». (Through Scylla and Charybdis).
«
Papa San Pio X, nello stile preciso dell’epoca, del quale il linguaggio babelico di questa seconda metà del secolo XX ha perduto il ricordo, lo chiama l’immanentismo e rileva il grande errore nell’equivalenza fra coscienza e Rivelazione» (Marcel de Corte, «La grande Eresia», Volpe, 1970, Roma).
Quanto a Loisy, ricordiamoci, fu a sua volta discepolo di Duchesne (autore di riferimento di Roncalli), fautore di una grande riforma nella scienza storico-critico-esegetica.
I loro nomi si distinguono nella storia del Modernismo, scuola d’incredulità e d’apostasia, sepolcro imbiancato di scienza, ma ripieno di empietà e di «disdegno superbo dell’antica Filosofia».
L’errore veniva da lontano.
Leone XIII ne individuò la causa nell’abbandono della filosofia scolastico-tomistica, e quindi operò per rimettere le scuole cattoliche in linea con la sapienza antica: l’Enciclica «Aeterni Patris» (4 agosto 1879) sarà uno degli atti lungimiranti del grande Papa.
Il Modernismo voleva infiltrarsi nella Chiesa per adattarla ai tempi e per riuscirvi cominciò col combattere la filosofia di San Tommaso.
Ma la volontà di Leone XIII non fu rispettata.
Il Modernismo col suo culto per il «positivo» - come allora si diceva - allontanava sempre più i giovani studenti dallo studio della metafisica, chiave filosofica per tutte le altre scienze.
Il compito di aggiustare le cose era così affidato a San Pio X, che «n
on poteva cogliere ed indicare meglio la causa del deviamento di tante giovani ed anche promettenti intelligenze che, prive della luce sicura di una sana Filosofia, si erano allontanate dalla strada della verità e della vera scienza per correre dietro al luccichio di più o meno abili sofismi basati non
sull’essere, ma sull’apparenza dell’essere, sopra ipotesi prive di ogni solido fondamento, come poi, in casi infiniti, uno studio serio finì per dimostrare» (SPX, pagina 425).
«
Il Tyrrell si illuse, una volta, di riuscire a far passare, sotto la copertura dell’Aquinate, interpretato a modo suo, delle proposizioni moderniste che, presentate nella loro nudità, non potevano che sollevare opposizione e contrasto» (M. D. Peters, «Antobiografy and Life of George Tyrrell», volume Il, pagina 45, London, 1912).
Loisy rise alquanto della semplicità del Modernista irlandese, perché per lui era impossibile mettere d’accordo San Tommaso e il Modernismo, filosofia scolastica e filosofia moderna (Loisy, «Mémoires», volume I, pagine 494-495): non rimaneva che impiantare ogni cosa sul nuovo sistema, salutando per sempre tutte le «Somme» uscite dalle menti contemplative e metafisiche del Medioevo.
E Tyrrell, persuaso, scriveva il suo «Medievalism» in risposta al cardinale Mercier (London, 1908), profetando la fine della Chiesa quando questa «avesse voluto ostinarsi a cercare giustificazioni e difese ai suoi dogmi nel Tomismo».
Ora, i secoli avevano dimostrato la potenza filosofica e scientifica del sistema dell’Aquinate, e San Pio X, riconoscendo non solo l’utilità, ma la necessità che gli studiosi cattolici e gli studenti delle scuole e delle università cattoliche si applicassero a studi minuziosi e pazienti di ricerca (Lettera citata «Sub exitum» ai vescovi, protettori dell’Istituto Cattolico di Parigi, Ivi, pagina 40) in ogni ramo della scienza, ordinava che fosse ripristinata la filosofia Scolastica secondo i princìpi e il sistema di
San Tommaso; solo con «
uno studio filosofico esteso e profondo secondo i principi dell’Angelico Dottore delle Scuole i giovani studenti saranno preparati convenientemente ad affrontare gli studi teologici e biblici» (ibidem). Urgeva rimediare a tanto danno e San Pio X coraggiosamente vi si accinse, completando, con le sue disposizioni, l’opera del suo glorioso
Predecessore.
Tra i principali documenti c’è la Lettera Apostolica «In praecipuis landibus» (23 gennaio 1904), indirizzata all’Accademia Romana di San Tommaso, dove, dopo aver elogiato il lavoro di Leone XIII per la restaurazione del tomismo, San Pio X continuava: «
Da parte nostra, arrivati al Pontificato in tempi forse ancora più ostili dei passati, alla sapienza antica dei Padri,
crediamo del tutto indispensabile e necessario mantenere scrupolosamente le decisioni del nostro illustre Predecessore per quanto riguarda l’insegnamento della Filosofia e della dottrina tomistica, adoperandoli, anzi, con ogni sollecitudine, affinché se ne moltiplichino i frutti (Confronta Pii X Acta, volume 1, pagine 136-137)».
Questi papi erano consapevoli che l’allontanamento da quel pensiero avrebbe portato all’agonia del Cristianesimo.
Il problema è che ai modernisti di Francia faceva eco il gruppo di «Nova et Vetera» in Italia, col Buonaiuti e la sua rivista.
Contro questi gruppi non bastavano i documenti papali che denunciavano il Modernismo, ma servivano le commissioni di vigilanza istituite da San Pio X, che in seguito compilò anche una professione di fede contro gli errori modernisti: il Giuramento Antimodernista, poi soppresso da Paolo VI.
Sull’appartenenza di Roncalli a questi gruppi modernisti valgano gli scritti compiacenti di Giulio Andreotti.
Inoltre, non bastava provvedere alla repressione del Modernismo: occorreva dimostrare che non solo la Chiesa non aveva paura della scienza, ma che la vera scienza storico-critica stava dalla sua parte.
Ecco, perciò, la necessità di fondare un Istituto Biblico per lo studio dei Libri Santi, con particolare riguardo alle scoperte ed ai progressi moderni, sia linguistici che archeologici e storici.
Questi erano divenuti gli ambiti preferiti degli attacchi modernisti.
Già Leone XIII aveva pensato di fondare a Roma un Istituto Biblico, che fosse il complemento pratico dell’Enciclica «Providentissimus Deus» (1893), ma la cosa non era andata più in là del progetto.
«
In luogo dell’Istituto Biblico, mentre andava ogni giorno più arroventandosi la discussione e la lotta intorno alla storicità, al valore e all’interpretazione dei Libri Santi e da molte parti la Santa Sede veniva pregata di intervenire a frenare con la sua autorità le audacie dei Novatori, sulla fine del 1902 si annunziava la costituzione di una Commissione Biblica con sede in Roma, incaricata di promuovere gli Studi Biblici e quanto potesse servire alla loro illustrazione e difesa».
Ecco la «Lettera Apostolica ‘Vigilantiae studiique memores’» del 29 Ottobre 1902.
Leone XIII fu spinto alla creazione di questa Commissione Biblica proprio per avere presso di sé un corpo di studiosi e scienziati che esaminassero le questioni sulle quali in quei giorni si domandava il giudizio di Roma, e in particolare la posizione in cui si trovava il Loisy con il suo insegnamento e con i suoi libri.
La Commissione Biblica istituita con la Lettera «Vigilantiae» non fu, perciò - rigorosamente parlando - che la continuazione della Commissione stabilita da Leone XIII per giudicare dell’opera del Loisy (SPX, pagina 430).
Pio X sarebbe andato più avanti su questa via, ricordando le aspirazioni di Leone XIII affinché in un tempo di confusioni suscitate dalla propaganda modernistica, la gioventù studiosa cattolica avesse una scuola dove potersi specializzare nella scienza delle Sacre Lettere.
Comunque il Papa sapeva chi veramente reggeva quell’operazione.
Massoneria e ragionamento «conciliare»
«
La filosofia religiosa della Massoneria, sulle tracce segnate da Lessing, Herder e Fichte, pone tutte le religioni sul medesimo livello, considerando in esse non altro che il prodotto di quel dato grado di civiltà e di cultura che ha raggiunto il popolo che le professa; una tappa nel processo evolutivo dell’umanità, verso quella suprema meta in cui tutti gli uomini avranno raggiunto il possesso della ‘vera luce’. La fede cristiana e cattolica, alla quale le vecchie corporazioni operative rimasero sempre tenacemente attaccate, si è andata man mano dissolvendo, verso un perfetto agnosticismo religioso nella Massoneria latina, che ha detronizzato Iddio e posto il Divin Redentore alla pari di tanti altri eroi dell’umanità. A dire del Findel, quella che per taluni sarebbe la vera filosofia della Massoneria non è in realtà che una tarda sovrapposizione dell’età del filosofismo alla genuina dottrina massonica, la quale consisterebbe nei ‘principi eterni ed immutabili comuni a tutte le religioni’, princìpi che ognuno ha diritto di vagliare e far suoi con ‘piena libertà di opinioni’. Non dovendo la mente umana inchinarsi ad altre verità fuori di quelle ch’essa può da se stessa indagare e comprendere, ne segue che la religione cattolica, con le sue verità rivelate positive e dogmatiche, va eliminata come tutto ciò che non soggiace al controllo della ragione e della scienza, e relegata fra i miti e le superstizioni. La stessa formula del Grande Architetto dell’Universo che troneggia sull’ara del tempio massonico, e il volume della Bibbia, per i più non rappresentano che residui e tradizioni ereditate dalle vecchie maestranze e non implicano la positiva credenza in un Dio personale e nella Rivelazione, ma solo una certa religiosità evanescente che ciascuno può intendere a modo suo. La meta che la Massoneria si propone di raggiungere è l’emancipazione dell’umanità da ogni sorta di schiavitù, civile, religiosa e morale. In ciò consiste il supremo grado di perfezione a cui il massone può e deve aspirare, attraverso il simbolismo e i misteriosi riti dell’‘arte reale’. I tre gradi di apprendista, compagno e maestro, nei quali si concreta in compendio tutta la grande piramide degli alti gradi, corrispondono alle diverse tappe di questo cammino verso la ‘vera luce’». (Enciclopedia Cattolica, pagine 323-324)
Dietro la tradizione massonica si svela l’Antichiesa
Come si vede, rifacendosi a simboli tradizionali di passaggi evolutivi dell’umanità, circonfusi di un misticismo che si avvale di pratiche esoteriche, gnostiche, teosofiche, spiritiche, cabalistiche, ecc., la Massoneria prospetta agli uomini l’introduzione nel tempio di un’umanità perfetta.
Perché ciò avvenga è necessario seguire il suo nuovo ordine, i cui maestri hanno istituito una scala di perfezione crescente determinata dai gradi: da apprendista si diventa compagno e poi maestro; i maestri, a loro volta, da capitolari diventano filosofici e finalmente sublimi.
Ai vari gradi corrispondono i diversi organi gerarchici dell’Ordine, cioè Logge, Capitoli, Consigli, Grande Oriente e Supremo Consiglio, custodi del «segreto reale», dell’«arte reale», del cammino per la «vera luce».
«
La Santa Sede non tardò a scorgere nella Massoneria una istituzione infesta alla religione ed eversiva degli stessi ordinamenti civili: Clemente XII con lettera apostolica ‘In eminenti’ del 28 aprile 1738 ne colpì gli aderenti con scomunica riservata al Pontefice, e ordinò ai vescovi di procedere contro i massoni come verso persone vehementer sospette di eresia, dichiarando che, nell’opinione pubblica, dare il nome alla Massoneria equivaleva ad incorrere in una pravitatis et perversionis notam. Benedetto XIV rinnovò la condanna con la costituzione Providas, del 17 maggio 1751, come fecero Pio VII, Leone XII ed altri. Vanno ricordate perché di particolare importanza la costituzione Apostolicae Sedis di Pio IX, l’enciclica Humanum genus di Leone XIII, e l’allocuzione concistoriale del 20 novembre 1911 di San Pio X. La Sacra Congregazione del Sant’Uffizio il 27 giugno 1839 dichiarò che nella condanna generale va compresa anche la Massoneria scozzese d’Irlanda e nordamericana; e il 20 giugno 1894 vi comprese talune associazioni umanitarie americane di emanazione massonica. La Sacra Congregazione di Propaganda Fide ha emanato istruzioni per i luoghi di missione. La disciplina vigente è compresa nel canoni 684, 233s e 2.336 dei CIC; il primo ammonisce gravemente i fedeli di guardarsi dal dare il nome ad associazioni segrete, condannate, sediziose o sospette, o che comunque si sottraggono alla vigilanza ecclesiastica; il secondo infligge la scomunica ipso facto incurrenda riservata alla Santa Sede a chi dà il nome alla Massoneria; il terzo infligge pene speciali ai chierici» (ibidem, pagine 324-325).
Liberalismo massonico e modernismo
Tale pensiero si ricollega ad una politica umanitarista e pacifista, già svelata nell’era moderna col liberalismo cristiano modernista.
In fondo di che si tratta?
Ebbene, si tratta di liberare la Chiesa dal suo insegnamento tradizionale per cui la Fede cattolica deve formare ogni aspetto della vita personale e sociale, dei governi, delle leggi, dell’educazione, dei rapporti sociali ed internazionali, insomma dell’ordine cristiano, i cui princìpi divini devono essere a fondamento di ogni società umana.
Perché quest’insegnamento cattolico dovrebbe essere abbandonato, secondo i modernisti e la Massoneria?
Perché il cristianesimo non è più il pensiero centrale, o meglio, maggioritario nel mondo democratico moderno.
Se non si facesse da parte, i cristiani potrebbero permettersi di imporre i loro princìpi in un mondo libero di pensare come vuole e di scegliersi la credenza che preferisce, con il conseguente ritorno dei grandi conflitti sociali e delle micidiali guerre di religione.
In poche parole, il cristiano dovrebbe tenere per sé la sua fede e desiderare solo che la società in cui vive recepisca alcuni valori cristiani, come la tolleranza e la solidarietà.
Il disegno modernistico, secondo il gesuita Tyrrell: «
La democrazia è conquista definitiva e, per le generazioni che verranno, qualsiasi altro concetto dell’autorità sarà semplicemente inconcepibile; e, se l’autorità del Papa, dei Concili e dei vescovi non fosse interpretata in tal senso, sarebbe irrimediabilmente destinata a perire, come sono morte anche le teologie dell’infanzia dell’umanità. E’ solo nella collettività che il vero si elabora» (G. Tyrrell, «Il Papa e il modernismo», Edizioni E. Voghera, Roma, 1912).
Altrimenti quest’autorità, si comporterebbe da integralista e fondamentalista, non meno degli ebrei o dei musulmani che vogliono che la loro religione condizioni ogni legge.
La rivoluzione democristiana aveva preparato il terreno nel campo sociale con la dottrina del «Sillon», condannata all’inizio del secolo da un Papa santo.
Ma poiché il partito popolare della «conciliazione cristiana» nasceva in Italia nel 1919 con l’approvazione di Benedetto XV, si può dire che da quella data sia caduto in modo ufficioso nel dimenticatoio il «non expedit», il divieto ai cattolici italiani di partecipare alla vita politica sotto governi legati alla spoliazione dei territori della Santa Sede.
Gli errori connessi a questa «conciliazione» furono promossi dal partito della Democrazia Cristiana nella vita politica di alcuni Paesi europei come l’Italia, la Germania, ecc.
Tale partito salì al potere a causa di una congiuntura storica: serviva un partito che rappresentasse la controrivoluzione cristiana e allo stesso tempo la rivoluzione modernista del Sillon, che raccoglie ogni rivoluzione.
Ecco l’ambiguità politica associata alla somma ambiguità conciliare: la rivoluzione anticristiana per eccellenza; la più subdola e rovinosa!
Un esempio concreto di questa velata sovversione religiosa: San Pio X, il 25 ottobre 1910, con l’enciclica sul «Sillon», «Notre Charge Apostolique», diceva: «
Il Sillon ha la nobile cura della dignità umana. Ma questa dignità, esso la concepisce allo stesso modo di alcuni filosofi di cui la Chiesa non può vantarsi. Il primo elemento di questa dignità è la libertà intesa nel
senso che, tranne in materia di religione, ogni uomo è autonomo».
Ebbene, il modernismo aveva gettato le basi affinché anche quella eccezione, perfino quel «tranne... in materia di religione», fosse in breve rimosso da quel «futuro concilio» tanto aspirato dalle logge.
Fu questa riduzione religiosa operata dai partiti nemici della Chiesa?
No!
Faceva parte del piano di «matrice cristiana» della Democrazia Cristiana, tramato da lunga data, che ebbe bisogno di due Guerre Mondiali e della vittoria delle democrazie e del comunismo in Europa, per diventare un potere popolare di governo in Europa, in particolare in Italia, dove avrebbe governato per più di 40 anni, qualificandosi come «il partito dell’unità confessionale dei cattolici».
La confessione di fede di quei «cattolici», però, rimase in disparte, in secondo piano, democraticamente rispettosa di tutte le politiche.
Non dovrebbe quindi sorprendere che con tali idee ondeggianti di governo si sia operata in Italia, sede del Papato, una secolarizzazione totale nella vita sociale e, per conseguenza, nell’educazione delle coscienze.
Ciò ebbe per risultato la scristianizzazione, voluta dalle forze laiche e dal comunismo, effettuata proprio sotto la Democrazia Cristiana, che si era presentata agli elettori come diga contro tali errori.
Abbiamo così collegato il modernismo sociale alle sue conseguenze nefaste per l’ordine cristiano in Europa.
Infatti, è nel campo delle idee che si avverano le grandi trasformazioni e... devastazioni.
Torniamo dunque alle idee che hanno devastato l’Europa nel XX secolo.
La Terza Via della gestione degli opposti e dei raillement
Una nuova classe clericale si è formata nei tempi moderni per gestire, in nome della pace, quella che è in realtà una contrapposizione metafisica.
A questo scopo si pretende di porre sullo stesso piano le rivendicazioni di uguaglianza e di diritti della città mondana ed il culto della città di Dio.... Ebbene, se prevale una politica ecclesiastica che ignora tale opposizione irriducibile mirando ad una conciliazione totale, in extremis, tra bene e male, ciò è un segno che dei ‘maestri’ rivoluzionari hanno operato all’interno della stessa Chiesa.
Questo spirito di apertura al mondo è riconoscibile nei conciliari, di ieri come di oggi, perché costoro dichiarano che il processo rivoluzionario, civile e religioso, è animato da uno spirito profondo e generoso che opera per la fratellanza mondiale: gli manca solo il battesimo per entrare nel solco cristiano.
Mezzo secolo dopo, i fautori delle tesi moderniste, organizzando il Vaticano II, svelano l’intento di realizzare tale disegno con affermazioni pubbliche come questa: «
Il cambiamento di civiltà comporta dei cambiamenti nel concetto stesso che ci facciamo sia della creazione che della salvezza attraverso Gesù Cristo» (monsignor Schmitt); «
Il principio di collegialità determina in se stesso il modo di esercitare l’autorità della Chiesa, quale fu istituita dal Cristo stesso» (monsignor Wojtyla, «Aux sources du renouveau», pagina 124).
Ora questi chierici sono vescovi e disporranno della Lumen Gentium per realizzare tale democratizzazione della Chiesa.
Ma quale Chiesa?
Perché un’entità di stampo umano non è di certo la Chiesa eterna i cui princìpi sono immutabili.
Coloro che La volessero cambiare «
si sono scomunicati da loro stessi in una maniera più profonda nel silenzio del loro cuore» (confronta Journet, «L’Eglise du Verbe Incarné», T.II, pagina 221).
Ora, questa politica per condizionare la Religione rivelata alla pace altro non è che una religione e una pace rivoluzionaria; un tradimento dei chierici che la eseguono, d’accordo coi massoni e con tanti altri.
Si noti che i Papi cattolici non hanno mai detto a destra e a manca che tutte le altre religioni sono false; questo è implicito per la Religione rivelata, altrimenti ci sarebbero molte rivelazioni di tanti dèi contraddittori e bugiardi.
I Papi applicavano la tolleranza a favore della pace sociale, ma ribadendo che l’errore non ha diritti.
Allo stesso tempo, promuovevano le missioni per la conversione alla vera Chiesa, fuori della quale non c’è salvezza, poiché il bene è la conversione alla Via, alla Verità e alla Vita, parola di Gesù Cristo.
E poiché il bene è legato al Vero, come il male al falso, le religioni false sono fonti di male, personale e sociale, nazionale e universale; vettori di guerre, non di pace.
Nel nuovo Codice Canonico della chiesa conciliare, cioè del Vaticano II, queste condanne non ci sono più, anche se quelle autorità assicurano che rimane il divieto di appartenere a società contrarie alla Chiesa, il che è ovvio, ma se la Massoneria si accorda con la cupola clericale anche questo divieto cade.
Quel che non può cadere è l’intrinseca opposizione della Massoneria al vero Cristianesimo.
E dunque, non si accorda ad esso una «chiesa» che non è esplicitamente contraria alla Massoneria.
Non si scende qui in particolari sulle varie massonerie né sull’appartenenza alle loro logge di altolocati vaticani, come Rampolla o Roncalli, ma si deve tener presente che è il pensiero massonico, con le cerimonie interreligiose di Assisi e tutto il nuovo corso postconciliare, ad improntare il programma della chiesa cosiddetta conciliare.
Nel ragionamento «conciliare» e massonico, il bene è la pace immediata, anche se per ottenerla si deve buttare a mare il Cristianesimo.
Infatti, il Vaticano II ha stabilito che non si tratta di tolleranza, ma di un vero diritto alla libertà religiosa, deducibile dalla stessa rivelazione (della religione vera).
Perciò tutte le religioni sono buone e gli uomini hanno diritto a scegliere quella che per i loro gusti è la migliore.
E’ il dogma delle logge applicato dai conciliari alla costituzione di una religione mondiale.
Tutto ciò era in atto nel mondo e in germe nella Chiesa già un secolo fa, con le conseguenze che oggi conosciamo in politica e nella religione.
Ecco il pericolo mortale per la Chiesa e il Papato che la profezia di Fatima voleva sventare.
Un compromesso storico di portata e conseguenze inaudite si stava delineando sul piano religioso: la fusione dell’idea cristiana con l’idea mondialista.
La prima, dell’amore cristiano verso il Redentore, sopperisce l’umana ignoranza e restaura la volontà decaduta degli uomini; la seconda neutralizza il Cristianesimo che rifiuta la civiltà moderna centrata sull’uomo.
Si dirà: quando mai chierici come Rampolla o Roncalli hanno detto simili cose?
Nel loro caso non si tratta di averle dette apertamente, ma di aver aderito al pensiero massonico, il cui programma rivoluzionario, noto da tempo, è stato smascherato da tante iniziative, come quella di voler stravolgere il Cattolicesimo tradizionale.
Nella stessa direzione procedeva l’operazione di una nuova classe clericale per la conciliazione globale col mondo.
Essa si preparava ad elaborare una nuova evangelizzazione che riducesse la Redenzione ad un diritto universale dovuto alla dignità umana.
Ecco l’idea della «Redenzione universale» della Gaudium et Spes e della Redemptor hominis, due creazioni del Vaticano II, convocato per avviare il processo del nuovo ordine religioso per la nuova umanità.
Questo programma conciliare consisteva in una «nuova presa di coscienza» per introdurre nella religione del Sacrificio redentore un nuovo umanesimo: l’utopica civiltà dell’amore, intesa come conciliazione e unione universale delle religioni (si veda il piano URI in Epiphanius).
Questa «terza via» conciliare vorrebbe fondere le altre due vie dell’incrocio storico, in cui o si segue il Cristianesimo o la Rivoluzione, con una manovra di aggiornamento, cioè con una via cristiana aperta alla modernità e ad ogni sua «evoluzione«: l’idea gnostica e massonica che il pensiero cattolico ribadito dai Papi rifiutava come perversa.
La revisione del Cristianesimo, rappresentata dalla rivoluzione dell’aggiornamento clericale, aperto ad ogni utopia, è riuscita dove le altre hanno fallito.
Ciò è implicito nel Messaggio di Fatima, il cui terzo segreto, se fosse stato svelato nel 1960, come previsto, avrebbe fatto luce sull’origine di quei fatti, dimostrando la portata degli «errori sparsi dalla Russia» nella stessa Italia.
Questo messaggio non avvertiva forse di un evento senza precedenti storici che, successivo alle due Guerre Mondiali, sarebbe stato ancora più rovinoso della rivoluzione sovietica sul piano morale?
Cosa s’intendeva se non la rivoluzione totale d’ispirazione satanica, che voleva ridurre il Papa a un fratello democratico?
Emblematicamente il Messaggio divino che parlava di tale attentato fu censurato da chierici che seguivano l’altra via, secondo quanto disse Gesù: «
Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi ricevete; se un altro venisse nel proprio nome, lo ricevereste» (Giovanni 5, 43).
Le idee gnostiche possono sembrare molto particolari e poco ricollegabili con la strana mutazione religiosa innescata con un conclave e operata con un concilio.
Ebbene, tutte le ramificazioni gnostiche, dalle più antiche fino allo «gnosticismo cristiano» dei discepoli della Blavatsky, come la Besant, Rudolf Steiner, Teilhard de Chardin e discepoli, hanno una direzione comune: dall’uomo verso Dio; tutte insegnano una conoscenza esoterica che indica quale sia il «bene» umano.
Per questa gnosi spuria, la missione del Cristianesimo è compiere tale bene.
E guarda caso, per i «mondialisti» come per i conciliari, questo bene consisterebbe nell’ unione globale.
Quindi il Cristianesimo non avrebbe più per missione condurre i popoli alla verità di Gesù Cristo, ma all’unione mondiale; se opera in tale direzione è buono e giusto, se, invece, ne dissente è nocivo, anche se è la Fede da sempre predicata; ragion per cui ci si deve scusare del passato.
Ecco perché il deismo delle logge, il rapporto dei maestri terreni col grande «architetto universale», è dello stesso tipo di quello modernista del «nuovo cristianesimo», che tende verso il Cristo cosmico di Teilhard de Chardin e discepoli conciliari.
Il XX secolo e il tradimento dei chierici
Prendiamo Chesterton: «
Oggi il criminale più pericoloso è il filosofo moderno, emancipatosi da ogni legge»; a questo lo scrittore francese Jean Madiran aggiunge: «Dalla legge di Dio che è il Vangelo, e emancipatosi dalla legge naturale che è il Decalogo»; e continua: «La filosofia moderna non è, in essenza, una filosofia, è un atteggiamento religioso a livello della religione naturale, una controreligione naturale, l’opposto dei primi quattro comandamenti del Decalogo; […] La formidabile eresia del XX secolo consiste nell’affermare cose che non sono vere in nessun ordine reale, in nessun dominio dell’essere, che sembrano vere solo nell’ambito della filosofia moderna e specialmente marxista, e che fuor da codeste farneticazioni ideologiche non hanno né una realtà, né un senso» («L’eresia del XX secolo», Volpe, Roma, 1972).
La rivoluzione conciliare, oscura metamorfosi religiosa, si svela, come già visto, nelle parole della stessa gerarchia conciliare i cui membri, al contrario di quanto hanno insegnato i Papi, non solo riconoscono l’ideale generoso delle rivoluzioni e la profonda religiosità di Lutero, ma ritengono i frutti di tali ribellioni - persecuzioni, scristianizzazione del mondo, genocidi,
immoralità sociale - il risultato dei soliti errori umani, accidentali e non intrinseci al processo rivoluzionario.
Anzi, dicevano che la solidarietà rivoluzionaria fa avanzare il mondo verso il nuovo ordine di giustizia e pace smarrito dall’intransigenza cattolica!
Ora, non si vuol affermare qui che i nuovi pastori seguano la teosofia di Madame Blavatsky o simili, riguardo all’inversione del Cristianesimo; quello che si constata, e grazie alle loro stesse dichiarazioni, è che essi intendono armonizzare la Religione di Dio con il nuovo umanesimo che riunisce quella e tante altre credenze e non credenze.
Ecco la gestione degli opposti, che è nella sua contraddizione un’idea anticristiana.
In tal senso basta rileggere Paolo VI, che ha inteso battezzare perfino i seguaci della «religione dell’uomo che si fa Dio» (vedi discorso del 7 dicembre 65).
Alla contrapposizione tra le «due città» antepongono la simpatia per quella rivoluzionaria che vuole l’uguaglianza delle ideologie e delle religioni.
Ratzinger dirà a Vittorio Messori: «
Il problema degli anni sessanta era di acquisire i migliori valori espressi in due secoli di cultura liberale. Ci sono infatti dei valori che, depurati e corretti, anche se nati fuori della Chiesa, pos-sono trovare il suo luogo nella visione del mondo. Questo è stato fatto» (dal Vaticano II).
Dove si manifesta il mistero dell’iniquità?
Il fatto concerne chi ha il potere per impedirlo, ma è tolto di mezzo (2Ts, 2).
«
Se la Sede pontificia non è la prima a rivolgersi al sentiero dell’emendazione, è certo che tutta la terra dovrà giacere per molti e molti anni nell’abisso dell’errore e della iniquità. E’ d’uopo che la riforma proceda da lei come da quella che è pietra angolare della salute. E’ d’uopo che la riforma proceda dal clero superiore, giacché non havvi nequizia d’uomo tanto perniciosa quanto quella dei sacerdoti. Con la lingua si predicano le parole della sapienza, ma le conferma la vita del maestro» (San Pier Damiani).
L’assenza di chi ha il potere delle chiavi per impedire l’azione dell’empio Anticristo è sottolineata dalla sua presenza.
La ribellione finale contro l’autorità di Dio si manifesta laddove fu fondata l’opera di redenzione dalla prima ribellione: nella Sua Chiesa.
Ecco il mistero dell’iniquità, che era trattenuto dal potere divino del Papato.
Lo spirito di umanizzazione opera oggi nel silenzio dell’apostasia generale poiché procede da un vertice ecclesiale.
Il potere che impediva l’iniquità è ormai utilizzato per attuarla.
Il nemico primordiale ha varcato la soglia della Chiesa e... dove fu costituita la sede del beatissimo Pietro e la Cattedra della verità ad illuminare le genti, lì ha eretto il trono della sua abominazione e scelleratezza affinché colpito il pastore possa disperdere anche il gregge (Leone XIII, «Esorcismo invocando San Michele Arcangelo»).
Ma l’iniquità e il tradimento della legge divina all’inizio del XX secolo erano tali che un devastante collasso sociale sarà inevitabile.
Che il Signore ci aiuti a superarlo mantenendo la Sua Fede integra e pura.
Arai Daniele
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