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Strauss-Kahn, vergine e martire
06 Luglio 2011
Prima, accusato di stupro sodomitico, arrestato e ammanettato sulla scaletta dell’aereo, messo agli arresti domiciliari, costretto a pagare 6 milioni di dollari di cauzione, minacciato di 15 anni di galera con prove schiaccianti. Poi, colpo di scena: Dominique Strauss-Kahn viene rilasciato, la cauzione gli è restituita, e sotto accusa ormai è la donna da lui violentata: ha mentito per ottenere l’asilo politico in USA, parlava al telefono con uno spacciatore carcerato, a cui diceva che sperava di fare dei soldi con l’affare Strauss-Kahn, si prostituiva ad altri clienti dell’albergo...
Basta già questo miracoloso rovesciamento – grazie al quale un maiale notissimo nel suo ambiente per la sua incontrollabile maialeria (scimpanzè in calore, lo chiamano) diventa un martire, perseguitato e probabilmente vergine – per intuire che s’era messa in moto, a difesa dell’ex governatore del Fondo Monetario, la nota lobby. Quella americana. Perchè già la lobby francese – dall’economista Fitoussi al neocon Henry-Lévy – s’era schierata come un sol uomo nella difesa del molestatore più importante della comunità: impossibile che DSK si comporti così, noi lo conosciamo bene, c’è stato un complotto, vedrete che la cosa si sgonfierà, assicuravano già nelle prime ore. Come le accade in questi tempi messianici – tempi della vittoria senza limiti del popolo eletto sui servi-pastori goym – la lobby ebraica ama esagerare, sapendo che i media seguiranno docili: l’atto di pirateria e il massacro di pacifisti della Freedom Flotilla è stato fatto passare per aggressione di terroristi mascherati da pacifisti, figurarsi se non possono fare di DSK una verginella. Siamo in grado di riferire qualche particolare. Anzitutto, tutte le rivelazioni che hanno devastato la reputazione di Nafissatou Diallo, la cameriera violentata, non vengono dagli uffici della Procura di New York, bensì dai detective privati assoldati da Strauss-Kahn, da sua moglie che si chiama Sinclair, e dal suo ebraicissimo avvocato, Benjamin Brafman. È Brafman che ha fatto spifferare le rivelazioni prima al New York Post (il tabloid da supermarket, pieno di notizie-spazzatura) poi riprese dall’autorevolissimo New York Times, il più accreditato organo della lobby. Il New York Post, il giorno dell’arresto dell’eiaculatore precoce più famoso di Francia, ne pubblicò la foto con la scritta «Perverso». Ora attacca solo la povera negra, mentitrice; se la fa coi malavitosi, forse spaccia, forse si vende... Come se le leggi americane consentissero la violenza carnale di una immigrata che ha mentito per ottenere la carta verde. Ma tant’è: il processo non è più contro DSK, è contro la stuprata. Un tipico successo dell’avvocato Brafman.
L'avvocato Brafman
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Qui bisogna dare qualche informazione sul Ben Brafman, «piccolo ebreo» come lui si definisce. Ebreo pio, tant’è vero che, appena assunta la difesa di Strauss-Khah, invece di restare vicino al suo cliente a Manhattan, Brafman ha fatto un viaggio in Israele: a suo dire, per far visita a un suo figlio, piissimo rabbino in una colonia illegale nella Cisgiordania occupata. Il che fa sospettare qualche malfidente, al corrente degli stretti legami che uniscono il Mossad al pio rabbinato newyorkesese, e questo alla malavita organizzata: dopotutto sono parecchi ormai i pii rabbini incastrati per traffico d’organi, e per riciclaggio di denaro sporco per i cartelli colombiani, attività facilitata dal commercio ebraico dei diamanti, che ovviamente si svolge in contanti: valige di contanti, che non lasciano tracce in nessuna contabilità. Ora, accade che Brafman sia l’avvocato difensore appunto di questa pia malavita: tra i suoi clienti, uno studente talmudico accusato di riciclaggio per il Cartello di Cali, un rabbino accusato di malversazioni di fondi federali, un direttore di night club accusato di spaccio di droga, che è anche suo amico personale... Proprio nella difesa di quest’ultimo, tale Peter Gatien, Brafman fu accusato dal sostituto procuratore Eric Friedberg di fare in aula dichiarazioni «scurrilous», «improper» e «inflammatory», aggiunte manipolazioni fatte filtrare attraverso la stampa scandalistica, allo scopo di minare la reputazione di alcuni giurati e di demolire la credibilità dei testi d’accusa. Friedberg giunse all’inedita misura di chiedere – ed ottenere dal giudice che presiedeva il caso, Frederic Block – un «gag order», cioè l’ingiunzione a tacere. Va detto che Brafman non difende solo ebrei: è stato difensore di Michael Jackson nel processo per molestie sessuali a bambini, di Carmine Agnello e Sammy Gravano della famiglia mafiosa Gambino, di Vincent Gigante del clan mafioso Genovese. (Strauss-Kahn Lawyer Brafman Defended Rappers, Mobsters, Michael Jackson) I malfidenti sospettano che siano stati questi clienti, grati, a fornirgli informazioni sul fidanzato carcerato della cameriera e dei loro colloqui telefonici, informazioni che l’FBI non aveva. Per esempio quella conversazione della negra con il fidanzato del Gambia, avvenuta a quanto pare in fulani (un dialetto africano parlato dal popolo Peul), di cui la Polizia ha tardato la traduzione. Brafman è dunque noto come manipolatore dei media, che punta a vincere le sue cause prima sui giornali complici che in aula. Proprio lui, però, a maggio aveva scritto al procuratore di New York, Cyrus Vance, una lettera in cui denunciava «fughe di notizie» dalla Polizia newyorkese, che danneggiavano il suo importante cliente Dominique Strauss-Khahn.
E aggiungeva: «Se volessimo alimentare l’appetito dei media, potremmo già ora svelare informazioni importanti, che a nostro avviso scuoterebbero seriamente l’accusa, così come la credibilità della querelante». La risposta dell’ufficio della procura è significativamente timorosa e servile: «... Non siamo al corrente di tali informazioni (...) Se desiderate che noi indaghiamo su qualunque cosa concernente questo affare, saremo lieti di farlo».
Brafman non ha dato le informazioni che prometteva alla Procura – le darà al New York Times – ma tanto è bastato perchè la Procura di New York mettesse sotto torchio la cameriera querelante, sottoposta ad incessanti interrogatori e contro-interrogatori preliminari (prima del processo), mentre nessun interrogatorio ha disturbato Dominique Strauss-Kahn nei suoi lussuosi arresti domiciliari. Eppure, se la negretta ha mentito per ottenere la carta verde, anche DSK ha palesemente mentito: prima negando di aver avuto un rapporto sessuale con la cameriera accusatrice, poi – di fronte alle risultanze della perizia medica che parla di « escoriazioni vaginali» – ha ammesso: sì, ho avuto un rapporto, ma consensuale.
Brafman da par suo si adopera per far passare la Diallo per una prostituta professionale, che ha trascinato l’innocente ex capo del Fondo Monetario in giudizio perchè lui non l’aveva pagata. Sembra un po’ la canzone di De Andrè su Carlo Martello tornato dalla guerra; perchè il ricchissimo DSK non avrebbe dovuto pagare una puttana professionale? Ecco una domanda che il procuratore avrebbe potuto fare al potente maialone. Ma non è certo il caso. Il 2 luglio, l’autorevolissimo ed ebraicissimo New York Times hapubblicato del procuratore Cyrus Vance un ritratto severissimo quanto insolito, in un giornale ufficioso. (Strauss-Kahn Case Adds to Doubts on Prosecutor) Bisogna sapere che Vance sta brigando per ottenere un secondo mandato come procuratore (in USA la carica di accusatore pubblico è elettiva), ed ha bisogno di raccogliere fondi per la campagna. Ora, da che l’America esiste, quali sono i donatori che pagano le campagne elettorali ai candidati che vogliono loro? Chi manovra i pacchetti di voti, nonchè la necessaria propaganda mediatica per il candidato preferito? A quale piccolo popolo appartengono i donatori che possono decretare la fine o il trionfo di una carriera politica?
Ciò vale ancor più a New York, città dove il piccolo popolo (che ha tanto sofferto) ha il più folto addensamento di miliardari e potenti politicamente impegnati del pianeta, siano finanzieri di Wall Street o spacciatori di diamanti in cappello e finanziera nera, con boccoli, filatterii e barboni talmudici. Non sono certo le cameriere d’albergo e gli immigrati africani a formare un temibile blocco di donatori e di elettori.
Cyrus Vance
Insomma, il procuratore Vance ha capito finalmente gli avvertimenti: con una svolta a 180 gradi, ha cominciato a smantellare la sua propria indagine più in fretta che può. La vittima dello stupro è diventata «the alleged victim», la vittima cosiddetta, mentre Strauss Kahn non è il «presunto innocente»: è innocente per principio e per natura; candeggiato con velocità mirabolante da un’indagine che sta diventare non già un processo per stupro sodomitico di cameriera, ma un processo ad una cameriera africana che ha mentito nel chiedere asilo in USA: e che sarà, come minimo, espulsa.
Strauss-Kahn è trasformato sotto i nostri occhi, da celebre porcone in calore perenne, chiacchieratissimo per le sue libidini anche nel suo ambiente, in vergine e martire. Pronto per la beatificazione laica e la campagna presidenziale francese del 2012, o almeno per qualche grande incarico ufficiale nel mondo della finanza o delle Banche Centrali. Come compensazione per le sue sofferenze.
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