In questa quarta parte della serie di articoli dedicata ai Rothschild e al potere dell’alta finanza, ripercorrerò in maniera più approfondita (grazie alle preziose informazioni che Egone Conte Corti ha potuto trasmetterci, tramite la sua speciale consultazione di archivi privati di molte famiglie nobiliari, che invece erano chiusi agli altri storici), la storia della ricchezza e del potere che i Rothschild seppero iniziare ad accumulare già durante la crisi napoleonica e l’epoca della Restaurazione, che ho iniziato a trattare nell’ultimo articolo in maniera più sommaria.
La crisi napoleonica
L’Inghilterra - durante il Settecento e l’Ottocento - avendo soppiantato finanziariamente l’Olanda, era divenuta la “prima potenza commerciale d’Europa; la Casa Rothschild aveva compiuto, così, una mossa abilissima, mandando colà uno dei propri figli e per giunta quello di maggiore ingegno: Nathan, che si stabilì prima a Manchester. […]. Con l’estendersi dei suoi affari, Nathan venne in stretto contatto con la capitale, cuore della Gran Bretagna, dove si concentravano tutti gli interessi bancari e finanziari del vasto impero britannico. Egli, nel 1804, lasciava definitivamente Manchester per stabilirsi a Londra; ivi si avvide, sin dalle prime, che la sua qualità di straniero gli era di grandissimo impaccio in ogni sorta d’affari, perciò, non più tardi dell’estate 1806, chiese di essere naturalizzato suddito britannico” (Egone Conte Corti, La famiglia dei Rothschild, Milano, Mondadori, 1938, pp. 83-84 — in ristampa presso EFFEDIEFFE, nde).
A Londra Nathan, oramai trentanovenne, conobbe una giovane fanciulla di ricca famiglia israelita, il cui padre immigrò in Inghilterra da Amsterdam e la chiese in sposa; per di più la sorella della sua futura moglie, Giuditta Cohen, aveva sposato il ricchissimo banchiere Mosè Montefiore, che entrò così in stretto rapporto con Nathan Rothschild, il quale iniziò a gettare le fondamenta della futura grandezza della sua Casa, allacciando una serie di matrimoni con alcune delle più potenti e ricche famiglie di banchieri israeliti (Elkann, Warburg, Montefiore, Leonino, Worms, Rockefeller …), che ancor oggi dominano il mercato finanziario e bancario del mondo intero.
Nathan era il più abile dei 5 fratelli Rothschild e “sapeva sfruttare con particolare abilità quei periodi di eventi eccezionali, che sono sempre occasione d’arricchimento per chi abbia il talento della speculazione; mentre mandano in rovina chi ne resta spettatore inerte” (Egone Conte Corti, cit., p. 86).
Napoleone, avendo paralizzato le basi di tutto il commercio britannico col suo blocco dell’Europa continentale, invasa per buona metà da lui, aveva messo in crisi l’economia europea oltre che britannica. Nathan, nel 1811, da Londra chiese a suo fratello James, appena diciannovenne, di spostarsi da Francoforte a Parigi dove Nathan avrebbe dovuto far giungere forti quantità di denaro contante proveniente da Londra, il che avrebbe giovato moltissimo all’economia britannica. James Rothschild entrò in ottime relazioni con i più grandi banchieri francesi, che in contraccambio gli concessero tratte verso Londra, guadagnandovi su, sia da parte della Francia sia da parte dell’Inghilterra, pur facendo finta, con i Francesi, di lavorare per il bene della Francia; mentre, con gli Inglesi, mostrava di lavorare soprattutto per il loro vantaggio. Invece questa politica finanziaria sarebbe stata di grande vantaggio per l’Inghilterra, mentre avrebbe nuociuto alla Francia di Napoleone. Così il giovane James, per attirarsi le simpatie dei Francesi, fece credere al governo napoleonico che “in Inghilterra si vedesse assai di malocchio questo esodo di denaro contante verso la Francia e si facesse di tutto per impedirlo” (Egone Conte Corti, cit., p. 87).
Tuttavia lo scopo reale di Nathan era quello d’avvantaggiare l’Inghilterra, naturalmente dopo le sue banche, e di sfavorire la Francia. Quindi, lavorava - secondo i desiderata dei Britannici - per far giungere somme enormi di denaro liquido in Francia dalla Gran Bretagna “col segreto proposito di farle pervenire, alla fine, alle truppe di Wellington, che combattevano allora in Spagna contro i Francesi” (Egone Conte Corti, cit., p. 83).
Wellington in Spagna si trovava in gravi difficoltà finanziarie poiché non aveva il denaro sufficiente per mantenere il suo esercito in uno stato di efficienza sufficiente a renderlo vittorioso, perciò tempestava Londra di lettere con le quali chiedeva aiuto economico sotto pena d’interrompere la campagna bellica spagnola.
L’Inghilterra, allora, dovette iniziare una vasta azione di soccorso finanziario verso il suo esercito in Spagna, cui presiedeva Nathan Rothschild, che aveva una spiccata preferenza per l’Inghilterra e un’avversione, molto ben nascosta, per la Francia napoleonica; naturalmente sempre dopo aver pensato alle casseforti delle sue banche.
Nathan, dopo aver acquistato, a prezzo bassissimo, una grande quantità di tratte emesse da Wellington e avendole riscosse a partire dall’erario britannico; mediante lo stretto della Manica fece pervenire denaro liquido a suo fratello James, banchiere in Parigi, che lo girava, sotto forma di tratte, verso le banche della Spagna e quindi a Wellington, che finalmente avrebbe potuto ricevere dalle banche iberiche denaro liquido, “così, i contanti provenienti dall’Inghilterra compivano il solo breve tragitto da Londra a Parigi, donde, grazie a una fitta rete di relazioni tra banche per lo più ebraiche, attraverso la Francia, pervenivano alla fine nelle mani del comandante delle forze britanniche in Spagna” (Egone Conte Corti, cit., p. 89).
Come si vede, non è il solo denaro a muovere le fila della storia umana, ma senza di esso le battaglie non si vincono troppo facilmente. Ora tutti i libri di storia parlano di Wellington, ma quasi nessuno dei Rothschild; tuttavia chi oserebbe asserire che il ruolo dei secondi sia stato inferiore a quello del primo? Di qui la necessità, nell’affrontare la storia europea del XIX e XX secolo, di studiare un poco anche le vicende della famiglia Rothschild, poiché nella guerra dell’oro contro il sangue non è quasi mai quest’ultimo a riportare la vittoria o almeno mai senza l’aiuto del primo.
La bravura di Nathan e James Rothschild fu anche quella di aver svolto i loro affari “d’accordo con la più alta autorità economica francese, il Ministro delle Finanze Mollien, il quale si cullava nell’illusione che l’Inghilterra si trovasse nel massimo imbarazzo economico, come gli avevano fatto credere Nathan e James. Fu così che l’oro, sotto gli occhi e quasi sotto la protezione del governo francese, fluiva in tutta sicurezza, attraverso la Francia stessa, sino nelle tasche del nemico mortale della Francia: Wellington” (Egone Conte Corti, cit., p. 90).
I traffici dei Rothschild furono scoperti da alcuni solerti funzionari della polizia francese, che avvertirono i loro diretti superiori e questi portarono la notizia a Napoleone, il quale era troppo intento a combattere “eroicamente”, sul suo cavallo bianco, con armi e con sangue e disprezzava forse un po’ eccessivamente i calcoli “meschini” dei ragionieri delle banche per occuparsi di questioni economiche e di “guerra occulta”, rimettendo tutto nella mani del Ministro delle Finanze: Mollien, amicissimo dei Rothschild, il quale insabbiò tutto e mandò, così, la Francia, le armi, i cavalli e il genio militare di Napoleone alla malora, dando la vittoria agli squallidi calcoli dei banchieri e dei bancari (cfr. Egone Conte Corti, cit., p. 91). Teniamolo bene a mente: contro Giuda e contro l’oro non è il sangue a far la storia, ma nei confronti del Giudaismo talmudico possiamo essere competitivi solo con la fede, come ci ha detto Gesù: “Questa è la vittoria che vince il mondo, la nostra fede” (1Giovanni, V,5).
Di lì a poco iniziava la ritirata e la sconfitta disastrosa di Napoleone da Mosca (3 dicembre 1812). La sconfitta del Còrso avrebbe liberato mezza Europa dalla sua signoria e anche nella sede primigenia dei Rothschild, Francoforte, si sarebbe tornati a sperare il ritorno del Principe Guglielmo IX d’Assia, che aveva aiutato il vecchio Mayer Amschel Rothschild a muovere i primi passi nell’avventura finanziaria della sua famiglia. Naturalmente le loro banche non restarono insensibili davanti a questa notizia, che finalmente riportava un po’ di libera circolazione negli affari delle banche di mezza Europa: “Laissez faire”.
Nathan fu molto prudente nell’agire in questi frangenti, poiché sebbene la famiglia Rothschild avesse appoggi in ambedue i grandi campi, così in quello di Napoleone come in quello dei suoi nemici, tuttavia se uno dei due fosse stato sconfitto, la Casa Rothschild avrebbe dovuto trasferire il centro dell’attività delle sue banche dalla parte vittoriosa; però non bisognava dimenticare che Napoleone anche se sconfitto, molto probabilmente, sarebbe riuscito a risollevarsi e a suscitare un’altra guerra con un nuovo esercito. Inoltre Francoforte (la sede natia dei Rothschild) restava ancora occupata dai napoleonici. Quindi occorreva ancora temporeggiare.
Napoleone riuscì a creare quasi dal nulla un nuovo esercito abbastanza agguerrito, ma si coalizzarono contro di lui l’Inghilterra, la Prussia, la Russia, l’Austria e l’Assia. I Rothschild ancora una volta avevano visto giusto e Nathan iniziò a finanziare la coalizione anti-napoleonica.
Si giunse, quindi, alla battaglia di Lipsia (18 ottobre 1813). Napoleone venne sconfitto. Finalmente in Assia tornava Guglielmo IX, il vecchio “benefattore” dei Rothschild, i quali si sentirono sùbito più liberi di svolgere i loro affari con chi avevano maggior confidenza. Egone osserva: “Tali eventi esercitarono un’influenza benefica sugli affari di Casa Rothschild. Ecco restaurato, nella sua potenza di prima, il Principe alle cui ricchezze essi dovevano la loro fortuna. […]. Ciò non poteva avere se non favorevoli ripercussioni per il banchiere della Corte d’Assia” (Egone Conte Corti, cit., p. 95).
Tuttavia a Francoforte era cambiato il governatore (Dalberg), che aveva sostituito il Principe d’Assia ma che ne aveva continuato sostanzialmente la politica filoebraica (senza inimicarsi Napoleone), il quale era amicissimo dei Rothschild. La città francofortese, sotto il Dalberg, aveva equiparato gli Ebrei agli altri sudditi, ben foraggiata dai Rothschild. Ora, invece, il Senato di Francoforte era animato da sentimenti fortemente ostili al Dalberg e agli Ebrei di Francoforte. Siccome il Principe Guglielmo IX non era ancora giunto nella sua città, si correva il rischio che il Senato revocasse l’equiparazione concessa dal Dalberg. Egone commenta: “Non c’era che un rimedio: bisognava che la Casa Rothschild, con servigi finanziari, si rendesse talmente utile alle maggiori potenze della coalizione vittoriosa, da far sì che i vincitori fermassero la mano al Senato di Francoforte, qualora esso volesse davvero riprendere un atteggiamento ostile agli Ebrei. Certo, criterio supremo rimaneva, per Casa Rothschild, il lucro e l’accumulo di ricchezze, ma l’idea dell’emancipazione della razza giudaica faceva parte anch’essa, indirettamente, di tale piano, perché creava libertà di mosse, che generava nuovo guadagno e a sua volta diventava fattore di potenza” (cit., p. 96).
In questo momento (dopo le sconfitte russe e di Lipsia) Napoleone batteva in ritirata, ma era ancora potenzialmente pericoloso, perciò i Rothschild - che hanno sempre lavorato nascostamente contro di lui, finanziando (con loro guadagno) i suoi avversari - continuavano ad avversare il Còrso, ma nella massima segretezza (molte delle loro banche erano sparse nell’Europa occupata dai napoleonici e sarebbe stato pericoloso esporle alla rappresaglia napoleonica). Soprattutto Nathan dall’Inghilterra, con l’aiuto di James da Parigi, faceva pervenire il denaro a Wellington, tramite l’Olanda.
Francoforte, così cara ai Rothschild, era stata occupata dalla Russia, dalla Prussia e dall’Austria. La presenza di Metternich era propizia, poiché egli era molto vicino agli Ebrei e aperto verso i Rothschild, che però erano ancora troppo giovani e recenti banchieri, per cui non erano molto quotati nella Corte austriaca.
Il Principe austriaco, inoltre, era accompagnato dal von Barbier (il vice capo del Ministero delle Finanze austriache), un caro amico dei Rothschild, i quali iniziarono a fare i primi passi per introdursi anche in Austria, tramite von Barbier e Metternich, ma per ora senza molta fortuna; tuttavia non desistevano. La perseveranza era ed è una delle loro caratteristiche (assieme ai matrimoni d’affari combinati) sulle quali hanno costruito il loro impero, che ancora dura dopo oltre 200 anni; cosa quasi incredibile se si pensa che in Italia sino a qualche anno fa l’unica famiglia finanziariamente dirigente che ancora durava dopo 100 anni di vita (oltre i quali normalmente non si va) erano gli Agnelli di Torino, che ora sono stati “sostituiti” o rimpiazzati dagli Elkann, anch’essi imparentati con i Rothschild e ancora più antichi, come ricchi banchieri, di loro di almeno 250 anni.
Metternich era un politico molto abile ma, Egone Conte Corti (cit., p. 98), ci rivela che dal punto di vista economico non era brillante, anzi conduceva una vita assai dispendiosa, non badando a spese per cui spesso aveva dovuto far ricorso a diversi banchieri anche francofortesi, ma non ancora ai Rothschild, forse troppo “giovani” e parvenu per un Principe austriaco. Inoltre il suo consigliere e segretario personale, Friedrich von Gentz, conduceva una vita ancor più libera (e indebitata) del suo Principe; mentre quanto ai suoi studi di materia economico/finanziaria era assolutamente geniale e in patente contrasto con la sua vita privata. Gentz aveva studiato economia in Inghilterra e aveva conosciuto Nathan Rothschild, il quale non si era lasciato sfuggire l’occasione di poter prendere tre piccioni (Gentz, Metternich e Casa d’Asburgo) con una fava (cfr. Egone Conte Corti, cit., p. 99).
Tuttavia l’antica Casa austriaca, sino al 1814, era ancora restia ad allacciare rapporti con i troppo giovani banchieri Rothschild, che però, proprio nel 1814, ottennero l’incarico di pagare gli stipendi agli ufficiali imperiali in transito o in stanza a Francoforte: era il primo passo, che i Rothschild riuscivano finalmente a compiere verso Casa Asburgo.
Certamente Egone Conte Corti è una vera miniera d’informazioni, specialmente sui Rothschild, egli ci dice molte cose che difficilmente si trovano altrove. Per questo motivo mi fermo qui, a Francoforte 1814, e nella prossima puntata studieremo l’avventura dei banchieri francofortesi nella crisi post-napoleonica sino all’epoca della Restaurazione.