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Paolo Mieli, cambi mestiere
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Prima gravissima prova a carico: aveva chiamato il figlio «Osama, in onore di bin Laden». Seconda prova, schiacciante: a un altro figlio, di anni due, diceva: «Impara a memoria il Corano, impara a usare la spada». La spada, capite? Terza prova, definitiva: «mandava perfettamente a memoria i discorsi di bin Laden» (non sa, il poveretto, che li scrive Rita Katz).

E così Rachid Ibrahimi, 31 anni e da 20 milanese, saldatore incensurato, è diventato il capo-kamikaze che voleva «far saltare il Duomo», secondo il Corriere. Insieme all’amico Abdelkader Ghafir, muratore.

Peccato che non ci sia più Giorgio Gaber, il cantore della mitica «Banda dell’Ortica», autrice di grossi colpi mai andati a segno. Gaber potrebbe scrivere una nuova canzone, «L’Al-Qaeda di Macherio».

Intercettati passo passo, i due terroristi islamici si sfogavano andando in giro in macchina. Volevano morire per Allah, a parole.

«A Natale vado in Duomo e metto qualche bomba cinese... le vendono i cinesi... fanno pum... Possiamo comprarne anche duecento pezzi».

Il Corriere, giustamente, strilla: «Puntavano al Duomo». Coi fuochi d’artificio cinesi, che fanno pum. Esplosivo più serio non ne avevano.

Ghafir, in auto, diceva però all’amico: «Certi italiani vendono l’esplosivo... Certi italiani per soldi vendono proprio tutto». E le auto di un parcheggio Esselunga?

«Un giorno esco di notte e verso la benzina su tutte», diceva il kamikaze saldatore al kamikaze muratore («in questi giorni a casa per un infortunio in cantiere»).  Immaginavano, «un giorno», di far saltare la sede del terzo reparto mobile della PS, «in cui si lavora ai permessi di soggiorno».

Ragione per cui, il Gip Silvana Petromer li ha sbattuti in galera con l’accusa di «terrorismo internazionale e concorso esterno alla rete terroristica di Al Qaeda».

Concorso esterno, grande invenzione del giure italico: si applicava ai delitti di mafia (non sei mafioso, ma suo sostenitore «oggettivo»), ora si estende trionfalmente ad altri reati: di Al Qaeda non hai nessuna idea, salvo quelle che leggi sul Corriere; però sei «come» Al Qaeda, perchè sei musulmano, chiamo il tuo bambino Osama e credi che Osama sia un vendicatore di musulmani, anzichè un agente della CIA.

A questo punto, cari lettori, visto che i miei capi e complici sono stati arrestati, devo rendere piena confessione.

Anch’io mi dichiaro colpevole di concorso esterno in Al Qaeda. Anch’io dico spesso, e penso più spesso: «Certi italiani per soldi vendono proprio tutto».

Tipo quei 44 medici e farmacisti tra Roma e Messina, Napoli e Cagliari, che spacciavano ricette false per arricchire aziende farmaceutiche, «remunerati anche con prestazioni sessuali di ragazze italiane e colombiane». Le ragazze italiane sono ex-veline, che notoriamente per soldi se la vendono: chieda a Emilio Fede, che compra.

Anzi, signora Gip Petromer, le voglio rivelare: siamo in tantissimi, nel complotto. Il concorso esterno ad Al Qaeda, nonchè il terrorismo internazionale, è una pratica diffusissima tra i cittadini italiani. Lei non immagina quanti di noi, impossibilitati a trovare un parcheggio e persino a viaggiare date le auto in terza fila, confidiamo spesso: «Una notte esco, e verso la benzina su tutte». E se ci intercettasse quando parliamo in auto o per strada con amici di Veltroni, Berlusconi o Napolitano, o anche dei consiglieri regionali, sentirebbe dalle nostre bocche furenti propositi omicidi, desideri di strage; sapesse quante volte ci chiediamo l’un l’altro dove trovare l’esplosivo per far saltare tutti i piloti Alitalia, i docenti universitari che fanno vincere il concorso di medicina legale alla figlia con laurea in lettere, la Procura di Napoli che ha lasciato decorrere i termini per 40 mila cause di camorra, o anche solo i fancazzisti del Comune di Viterbo (assenti uno su tre).

E non siamo nemmeno musulmani.

Quanto all’intenzione di far saltare la Questura dove gli immigrati vanno a rinnovare il permesso di soggiorno: le posso assicurare – cara signora – che migliaia di immigrati, anche cattolicissimi filippini, romeni ortodossi, venezuelani agnostici, nigeriani animistri, sognano di fare un massacro.

Provi a mettersi nelle loro file – file che si prolungano sui marciapiedi come serpenti, per ore sotto la pioggia, perdendo giornate di lavoro per rinnovare documenti assurdi, trattati con sospetto e costretti a umiliarsi, e ne avrà la certezza: Al Qaeda è fra noi.

Ci circonda da ogni parte, questo terrorismo internazionale assetato di sangue.

Questa storia di Al Qaeda in Brianza mi ha obbligato a comprare il Corriere. Bene, mi sono detto, così leggerò a fondo le notizie che ho sentito vagamente alla radio: il figlio di Di Pietro indagato nel natio Molise perchè «consigliava» consulenti alla Regione; oppure quella immane causa che grava sui politici napoletani, per cui già uno di loro (Nugnez) s’è impiccato, e che dicono travolgerà tutta la classe politica della Monnezza City; e magari anche la clamorosa riabilitazione di Luigi De  Magistris, l’ex-pm di Catanzaro.

Già. Perchè, sapete, il magistrato De Magistris, spernacchiato, perseguitato e rimosso  dal Consiglio Superiore della Magistratura perchè s’era messo in testa di indagare su certi colleghi giudici («Toghe Lucane») e sui maneggi di certi giudici con Clemente Mastella allora ministro della Giustizia, accusato di «protagonismo mediatico» ed altre nefandezze, spogliato in tutta fretta delle indagini che stava conducendo («Why Not» e «Poseidone»), aveva ragione. E avevano torto i suoi calunniatori magistrati e ministri. C’era davvero «il comitato d’affari occulto che sarebbe riduttivo chiamare deviato», come diceva lui.

Una notizia-bomba. I PM di Salerno che s’occupano del caso hanno spedito avvisi di garanzia, e perquisito le case dei magistrati che s’erano presi le inchieste di De Magistris al solo scopo di «disintegrarle e favorire alcuni indagati».

Tra gli indagati «favoriti» ci sono: Mastella (che si dimise sdegnato, ricordate?, dichiarando il suo candore immacolato); Lorenzo Cesa, ex governatore della Calabria nonchè ex procuratore di Reggio Calabria; Giuseppe Chiaravalloti, generale delle Fiamme Gialle, alcuni altri deputati dell'UDC e di Forza Italia, nonchè Antonio Saladino, capo della Compagnia delle Opere (CL) in Meridione.

E non basta ancora. Gli inquirenti di Salerno indagano anche sulla torma di magistrati lucani accusati di marciume da De Magistris, e che loro erano riusciti a far trasferire, evidentemente perchè quel che De Magistris era riuscito a raccogliere contro di loro era fondato.

E indagano anche sul venerato Nicola Mancino, ossia nientemeno sul vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, quello della legge Mancino, la cui faccia vale una fedina penale; sul procuratore della Cassazione Mario Delli Priscoli; sul sostituto procuratore di Cassazione Vito D’Ambrosio, che è stato anche governatore DS delle Marche per dieci anni (ma guarda, questi magistrati «terzi»), e che nel CSM sostenne l’accusa per far trasferire De Magistris; sull’Associazione Nazionale Magistrati (guarda guarda) e sul suo presidente Simone Luerti, che s’è dovuto dimettere – dopo che aveva sparato a zero sulle «fantasie» di De Magistris – perchè s’era scoperto che impapocchiava troppo con Mastella e Saladino nel palazzo del ministero della Giustizia.

Perquisiti e indagati anche Vincenzo Iannelli, procuratore generale, e Bruno Arcuri, presidente di sezione del Tribunale, perchè con l’accusa di aver manovrato per «archiviare illegalmente» la pratica su Mastella («la cui iscrizione tra gli indagati era invece doverosa») nonchè «per calunniare De Magistris e distruggerlo professionalmente».

Sono indagati anche il procuratore di Catanzaro Lombardi, il suo vice, e il procuratore reggente Favi; il parlamentare Pittelli di Forza Italia, per aver strappato «illegalmente» a De Magistris le cause «Poseidone» e «Why Not»... eccetera, eccetera. 

L’accusa: concorso in corruzione in atti giudiziari.

Insomma, un verminaio immenso, che da cima a fondo investe la magistratura meridionale, fino ai suoi vertici centrali e ai suoi organi cosiddetti di controllo (il Mancino); un luridume cento volte più esplosivo di «Mani Pulite».

Altro che «concorso esterno in Al Qaeda».

Una notizia da sparare in prima pagina – come pur fece il Corriere di Paolo Mieli per innescare i processi mediatici di Mani Pulite, in combutta con la procura di Milano, Borrelli-Di Pietro.

E invece, stavolta, che cosa fa il Corriere?

Mette la notizia a pagina 21. In uno spazio così striminzito, che è difficile al giornalista spiegare quel che è successo (solo i nomi degli indagati occupano i tre quarti del pezzo). E il titolo è un capolavoro di  sottovalutazione in stile Mieli: «Caso De Magistris, toghe indagate, illeciti per sfilargli le inchieste»... Ma qui si tratta di ben più che «sfilargli le inchieste».

Ebbene: che cosa invece ritiene di mettere in prima pagina, il Mieli?

La faccenda dell’IVA aumentata a Sky TV di Rupert Murdoch. Uno «scandalo»  e presunta prova del conflitto d’interessi di Berlusconi, che non esiste: perchè quell’aumento era stato ingiunto dalla Commissione Europea, e Prodi stesso s’era impegnato ad adeguarsi.

Perchè infatti se tutti noialtri paghiamo il 20% di IVA quando compriamo una macchina, o qualunque altra merce o servizio non giudicato di prima necessità, gli abbonati a Sky per vedere le partite di calcio debbono pagare il 10%. Cos’è Sky, un farmaco salvavita?

Ma no: Mieli dedica al fatto – nonostante la bomba anti-belursconi gli sia scoppiata in faccia, come in faccia a Veltroni – non solo la prima del Corriere, ma la seconda pagina; e non solo la seconda, ma anche la terza («Silvio show: la sinistra con i ricchi, attacco a Corriere e Stampa»). E non gli basta la terza: gli dedica anche la quinta pagina, per dirci che Giuliano Ferrara e Baget Bozzo sono anche loro dalla parte di Murdoch, e implorano il Cavaliere di ridurre l’IVA al miliardario australiano del Katz.

Per come Mieli (e la Stampa di Torino, stessa stoffa) hanno trattato il caso, Berlusconi ha detto che i due direttori «dovrebbero cambiare mestiere». E Paolo Mieli mette in prima un corsivo tutto dignità offesa, alto senso dell’onore giornalistico e professionale, tutto impettito a difesa della libertà di stampa minacciata.

Eh no, caro Mieli. La libertà di stampa non c’entra.

C’entra che avete montato, con la faccenda di Sky, una notizia falsa e tendenziosa. Dovevate controllare i dati e le fonti, invece l’avete montata fino all’inverosimile, all’indifendibile. Tanto da non trovare uno straccio di giornalista da mandare a spiegarci per quali furbate il figlio di Di Pietro è indagato in Molise, nè per informarci sul marciume di Napoli, che sta per travolgere Jervolino, Bassolino, e tutti gli altri politici-monnezza; su De Magistris, solo uno striminzito articolo a pagina 21. E nemmeno una riga sulle indagini di Mumbai, dove si scopre che alcuni attentatori erano stati ospiti dei Lubavitcher per due settimane, e che i Lubavitcher avevano ordinato «100 chili di carne», forse, chissà, per sfamare gli ospiti, che avevano depositato nella piissima Nariman House un deposito di armi e munizioni.

Niente di niente, Paolo Mieli. Solo Sky TV e leccate di di dietro a Napolitano, e allarmismi sui kamikaze islamici dell’Ortica.

Un Corriere pieni di puerilità e furberie, leccaculismi e politicamente corretto.

Sì, se esistesse un Ordine dei giornalisti – e non fosse come il Consiglio Superiore della Magistratura di Mancino – anch’esso le cosiglierebbe di cambiare mestiere.

Bisogna pur constatare che, per quanto Berlusconi sia facilone, furbastro e inadeguato, quelli che sono contro di lui – «sinistra» e padri nobili dei salotti buoni – si dimostrano, invariabilmente, peggio.



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