Madoff, ovvero il crepuscolo dei (giu)dei
15 Dicembre 2008
«E’ una maledizione di proporzioni bibliche per la èlite ebraica» americana, ha scritto Laurence Leamer dell’Huffington Post. Sono i miliardari che hanno affidato i loro miliardi da gestire a Bernie Madoff, l’ex presidente della National Association Securities Dealers (Nasdaq), ossia del più elitario e chiuso gruppo di brokers finanziari newyorkesi.
Lo credevano il più fidato (ebreo, sionista, gran donatore alle più note istituzioni ebraiche) e il più bravo di tutti i brokers: credevano che investisse i loro soldi come solo lui sapeva fare, e nessun altro. Madoff assicurava un ritorno di almeno il 15% sugli investimenti.
In realtà, non investiva nulla: pagava ai primi investitori i rendimenti, con i soldi dei sempre nuovi investitori miliardari attratti dalla sua reputazione di manager chic, per pochi eletti. Una truffa rozza, destinata ad esplodere, che in USA chiamano «schema Ponzi» dal più famoso truffatore che usò il metodo, Charles Ponzi, un secolo fa.
Noi la chiamiamo «piramide finanziaria»: ne sono state vittime centinaia di migliaia di albanesi e migliaia di russi che vi hanno perso i loro risparmi. Ma almeno avevano la scusa di essere neofiti del capitalismo finanziario terminale. Invece, i clienti di Madoff erano i più astuti e ricchi profittatori dei «mercati».
Madoff, arrestato, ha vaporizzato 50 miliardi dei loro dollari (il doppio di quel che basta a salvare l’industria automobilistica USA, vale la pena di notare).
La sciagura si è abbattuta sui ricchi ebrei andati a passare gli ultimi anni nei dorati ospizi e cinque stelle della Florida, sicuri che i loro rendimenti – in così buone mani – avrebero pagato le spese per sempre. Quasi tutti i 300 membri dello snobissimo Palm Beah Country Club – di cui Madoff, s’intende, era socio – sono praticamente inceneriti.
Credevano, mentre il resto dei poveracci precipita nella disoccupazione e nella miseria, di poter godere in perennità delle gioie del Club; gioie consistenti, spiega Leamer, nel farsi vedere con l’ultima moglie, più magra e più giovane di quelle degli altri; o «nell’annunciare durante le cene che il tuo hedge fund ti ha reso il 33%, mentre l’arrogante stronzo dall’altro capo del tavolo, con quella moglie grassa, non ha fatto che il 17 %».
La battuta tipica, in quell’ambiente – lo testimonia il New York Times – era che il fondo d’investimento di Madoff era «il Buono del Tesoro ebraico», tanto lo credevano sicuro
(1).
Si sa di gente che s’è iscritta al Country Club, pagando le quote principesche, al solo scopo di poter avvicinare Madoff e implorarlo di prendere i suoi miliardi e gestirli: Madoff ne ha rifiutato molti, e proprio il rifiuto aumentava gli aspiranti a dargli i loro miliardi. Significava essere nel club più ristretto ed esclusivo.
Madoff conosceva bene quello speciale e inesausto snobismo ebraico, la spasmodica sete di «distinzione» di quei ricconi disperatamente «sine nobilitate»; e sapeva come aizzarlo e sfruttarlo
(2).
Ora i soci del Palm Beach Country Club, molti con la bombola anti-enfisema agganciata alla sedia a rotelle, stanno abbandonando le suites (che non possono più permettersi) e volano, con la moglie magrissima e giovanissima (che presto li lascerà) verso Boston e New York, a constatare quel che resta loro: quasi solo gli immobili. Dovranno vendere, magari, l’attico con vista su Central Park. Addio vecchiaie dorate; addio snobismo ebraico, addio i confronti sui conti in tasca dei vicini.
Come ha potuto, Madoff?
E’ stato il tesoriere nazionale dell’American Jewish Congress, una delle più grosse organizzazioni che raccolgono fondi per Israele; una colonna storica. Fondato da Stephen Wise, miliardario di provenienza ungherese e allevato al Jewish Theological Seminary di New York, l’American Jewish Congress proclama di essere stato «la prima agenzia a difesa dell’ebraismo a sostenere la creazione dello Stato di Israele» nonchè «la prima a boicottare la Germania» nel 1930.
Madoff è ancora il tesoriere della Yeshiva University, la chiusissima università privata di New York per soli ebrei, di cui è anche uno dei finanziatori della «business school» interna, la Sy Syms School of Business.
Il sito dell’università s’è affrettato a cancellare il nome di Madoff; ma ha lasciato per chi lo vuol leggere il proclama della sua missione: «La tradizione ebraica qui fornisce la cornice per l’etica, che è parte integrante dell’educazione dei nostri studenti».
Ci si comincia a chiedere se l’etica della Yeshiva University contemplasse la truffa finanziaria chiamata schema Ponzi. E poi: d’accordo spogliare i goym, è scritto nel Talmud; ma perchè «noi», Bernie Madoff?
Per molti dei rovinati, dev’essere un traumatico risveglio. In fondo, devono aver vissuto gli ultimi anni come l’era messianica dei loro sogni: quella che promette la Bibbia ebraica, quella in cui tu, ebreo, sarai «creditore di tutti e debitore di nessuno».
Il popolo americano si è dissanguato per fare le guerre ordinate da Sion; i popoli di lingua tedesca coprono Israele di doni, a riparazione eterna, forniscono sommergibili d’ultimo modello, gratis; gli europei si piegano e s’inchinano, pagano il loro tributo senza fiatare. Persino i monarchi sauditi ci portano doni. Insomma, i noachici sono tutti nel nostro allevamento, sono i nostri conigli e galline. Non promette Isaia, nei felici tempi a venire, che «lo straniero sorveglierà le vostre greggi»?
Ecco, il tempo è qui. Il «mondo a venire» in cui il Messia collettivo ha compiuto il suo riscatto, ed esercita senza più contrasti il suo potere sui noachici, suoi servi-pastori e tributarii.
Ma appena instaurato, il regno messianico par cominciare a sgretolarsi. Già il collasso finanziario ha spazzato via (con ricchi bonus, è vero) sionisti potentissimi e munifici donatori alla comunità, come Richard Fuld della Lehman Brothers, Sanford Weill di Citibank, Maurice Greenberg di AIG; d’accordo, i 2 trilioni dei contribuenti noachici stanziati dal nostro Bernanke hanno hanno creato un soffice materasso di piume sotto i precipitanti, ma già non si sa quanti di «noi» ci hanno rimesso qualche penna.
Ora, però, Madoff li ha colpiti direttamente, nelle loro fortune private, il cui surplus andava a finanziare «fondazioni» esentasse secondo la legge americana, e dunque un modo grazioso di arricchire Sion evadendo le imposte sulle ricchezze smodate.
Ora parecchie di queste fondazioni cosiddette filantropiche dovranno chiudere per mancanza di donatori; alcune lo stanno già facendo
(3). Quanti di loro si domanderanno: come hai potuto truffare «noi», Madoff?
Lui potrebbe rispondere come lo scorpione dell’apologo: non posso farci niente, è la mia natura. E del resto, fratelli, non è l’intero sistema bancario del credito frazionale, su cui presiede la Federal Reserve, una titanica «piramide», uno schema Ponzi al quadrato?
Nel nostro mondo, il denaro non esiste finchè le banche non indebitano qualcuno, che restituirà il debito, con gli interessi, con il suo lavoro e il sudore della fronte. Il denaro è creato così, dal nulla; e il sistema funziona finchè si trovano nuovi gonzi da indebitare, coi fidi, le carte di credito e le vendite a rate «a tasso zero» (o quasi) onde creare nuovo denaro alla base della piramide, con cui pagare i primi arrivati, in cima alla piramide, cioè «noi». Quando non si riesce a trovare nuovi cretini da indebitare, il sistema crolla. E’ sempre accaduto così, in tutte le piramidi.
Ma certo, prima, nessuno di «noi» era rimasto sepolto come oggi sotto le macerie.
Poichè la Yeshiva University ha una filiale in Israele, e pare difficile nullificare 50 miliardi di dollari, c’è chi sospetta che una parte del bottino sia finita in Sion, da dove nessuna legge noachica può reclamarlo.
Personalmente credo l’accusa ingiusta: gli schemi-Ponzi sono appunto pura e semplice dilapidazione, una volta detratte le grasse commissioni del Ponzi di turno.
Ma il sospetto circola, se un giudice federale ha negato la libertà su cauzione al pio Shlomo Rubashkin, padrone della catena di macellerie kosher Agriprocessors Inc, arrestato per frode bancaria, con la seguente motivazione: «In base alla Legge del Ritorno israeliana, ogni ebreo e ogni membro della sua famiglia che lo desideri riceve la cittadinanza israeliana», e lo Stato ebraico non ha mai consentito ad estradare un suo cittadino
(4).
Il procuratore americano scrive, nella motivazione di rifiuto, che il pio Rubashkin al momeno dell’arresto aveva 20 mila dollari in contanti dentro una sacca da viaggio, in cui sono stati ritrovati il certificato di nascita dell’imputato e i passaporti dei suoi figlioletti. Ciò non impedisce al periodico The Jewish Week di accusare il magistrato di antisemitismo: «E’ ben ironico che una legge intesa a dare rifugio a noi perseguitati venga usata per detenere un ebreo che potrebbe essere altrimenti liberato in attesa di processo».
L’Anti-Defamation League promette guerra totale. La comunità soffoca d’indignazione per l’affronto: mai, mai in USA è stato trattato così uno di «noi»!
E’ il crollo del paradiso terrestre, pezzo per pezzo. E i crolli infatti si susseguono.
Ricordate Rahm Emanuel, l’uomo che Obama si è scelto come capo dello staff, potentissima posizione di filtro e controllo dell’accesso al presidente? La comunità ha esultato di tanta «distinzione». Il papà di Rahm, vecchio terrorista dell’Irgun, ha gongolato pubblicamente: «Certo che (mio figlio) va alla Casa Bianca per agire a favore di Israele. Cosa credete che vada a fare, a lavare i pavimenti? Mica è un arabo».
Che gustoso esercizio di chutzpah! Che inarrivabile Schadenfreude!
Ebbene: ora anche Rahm Emanuel è nei guai.
L’FBI avrebbe intercettato alcune sue telefonate compromettenti con Rod Blagojevich, il governatore dell’Illinois (un serbo di origine), formalmente sotto accusa per aver messo all’asta al miglior offerente il seggio senatoriale per Chicago, lasciato vacante da Obama
(5).
D’accordo, tutta la potenza lobbistica disponibile è già mobilitata per insabbiare e negare; ma resta che lo scandalo ormai macchia lo stesso Obama, che non poteva non sapere. Dopo tanti sforzi e tanti soldi spesi per farlo eleggere, ecco che «noi» ci ritroviamo con un presidente già azzoppato prima ancora di insediarsi. Per Sion, non è un bene.
E forse non è tutto. Come ha scritto il Guardian, nei grandi collassi storici tipo ’29 «le prime truffe finanziarie che vengono alla luce non sono le più grosse». Se Madoff ha volatilizzato 50 miliardi di dollari «nostri», quale sarà il prossimo Madoff, e quanti ne ha già incenerito?
Già l’elenco provvisorio dei clienti di Madoff è tale da far tremare, perchè sembra l’almanacco di Gotha degli dèi snob
(6).
Per un importo sconosciuto, s’è fatta fregare la Famiglia Loeb, la storica progenie di banchieri d’affari; e con essa Ezra Merkin presidente della branca finanziaria della General Motors; Norman Braman, già proprietario del Philadelphia Eagles, la famosa squadra; Richard Spring, un sagace analista finanziario, che ha messo nel fondo di Madoff, per sua ammissione, «il 95% della mia ricchezza», pari a 11 milioni di dollari. E’ rimasto in trappola il senatore Frank Lautenberg, colonna dalla comunità. C’è rimasto incastrato Jeff Fisher, ricchissimo avvocato divorzista di Palm Beach in Florida, che lamenta non solo la sua propria sciagura: «Ogni grosso divorzio che è passato nel mio ufficio aveva posizioni di portafoglio con Madoff». Piange la perdita di 1 milione di dollari una signora Ira Roth, che ci invita a commuoverci «per mia suocera di anni 86, che campava di rendimenti degli investimenti», e dei suoi figli, «a cui il fondo Madoff serviva a pagare le rette universitarie».
Ma la ferita più bruciante colpisce le banche e i fondi, che hanno affidato i soldi a Madoff: perchè qui ad essere inceneriti non sono solo i capitali, ma le più solide reputazioni di sagacia finanziaria e speculativa.
C’è rimasta secca la Banque Benedict Hentsch, privata, di Ginevra, per 47,5 milioni. Un Tremont Capital, fondo di fondi, piange la sparizione di «centinaia di milioni». Lamenta la scomparsa di 280 milioni il Maxam Capital Management LLC, fondo speculativo, la cui proprietaria – Sandra Manzke – confessa: «Sono stata ripulita».
C’è il Fairfield Greenwich Group. C’è il Fix Asset Management, che ha affidato a Madoff almeno 400 milioni. E il Klingate Management Ltd., con capitali gestiti di 2,8 miliardi, in parte consegnati al truffatore amico.
E c’è – ci si consenta un minimo di schadenfreude – la famiglia Thyssen: quella che risparmiava sulla sicurezza degli operai noachici nelle acciaierie in disarmo, aveva messo non si sa quanti milioni o miliardi nelle mani di Madoff, attraverso il suo fondo Thybo, che gestiva le ricchezze familiari più intime.
Forse ancora peggio: avevano confidato in Madoff il Banco Santander (che gli aveva affidato 3 miliardi di euro attraverso il suo fondo speculativo «Optimal» e il nostro Unicredit, che non vuol dire quanto ha messo in mano al truffatore, attraverso un suo retrobottega con sede a Dublino, il «Pioneer Asset Group».
Il che ci porta alla inevitabile conclusione: sì, il mondo ci sta cadendo addosso. Perchè sapevamo le nostre banche capaci di spogliare i loro propri depositanti, ossia noi risparmiatori; ma non di farsi truffare da un trucco così vecchio e rozzo.
Questo ci sorprende e c’indigna davvero: che i maghi e i gestori di Unicredit, con tutte le loro pretese informazioni riservate e tutte le loro arie da geni della finanza, siano cascati in una piramide come contadini albanesi appena usciti dalla dittatura di Enver Hoxha.
E’ venuto il momento di portar via i nostri soldi da questi signori, di rispondere con pernacchie alle loro proposte di «sofisticati investimenti» per i nostri sudati risparmi. Come speculatori, sono scemi quanto noi. Tanto vale che investiamo daper conto nostro; ci rovineremo lo stesso, ma almeno senza pagare le commissioni d’oro a questi cretini altezzosi.
Unicredit, Unicredit. Così occhiuta e micragnosa nel concedere un fido a una sana aziendina italiana, e così lesta a confidare in Madoff; alla cieca, perchè era Madoff, del NASDAQ, l’«americano» così distinto e riservato. In fondo, Madoff ha saputo vendere bene le ultime briciole di autorità e credibilità morale dell’impero americano.
Ora non ne resta più, nemmeno una briciola, per Barak Obama. Forse il mondo sta cambiando davvero.
1) Laurence Leamer, «Bernard Madoff and the Jews of Palm Beach», Huffington Post, 12 dicembre 2008.
2) «Snob» è una abbreviazione tipica di certi inviti regali e nobiliari, dove è indicato il titolo degli invitati: ad esempio, la regina potrebbe mandare un cartoncino d’invito a CJohn Windham, Esq. (per Esquire), e ad «Alain Elkann, s.nob. (sine nobilitate)». Ovviamente, gli esempi sono del tutto inventati. Nell’aristocrazia, la abbreviazione è diventato un modo beffardo di segnalare gli arrampicatori sociali, che aspirano a confondersi con la nobiltà e ne imitano, in caricatura, i modi e le sprezzature.
3) Fra le «charities» che stanno chiudendo, va segnalata la «Robert Lappin Charitable Foundation» di Boston, la cui missione era «rovesciare la tendenza alla assimilazione e ai matrimoni misti» con non ebrei. La Lappin Foundation pagava viaggi in Israele ad adolescenti e preparava educatori specifici «nello sforzo di mantenere i nostri figli ebrei». Ora ha licenziato i sette dipendenti. Madoff finanziava anche il «Gift of Life», una serata di gala e di raccolta fondi per una banca del midollo destinata agli ebrei leucemici. Vedere Gabrielle Birkner e Anthony Weiss «M Madoff Arrest Sends Shockwaves Through Jewish Philanthropy», Froward, 13 dicembre 2008.
4) Stewart Ain, «Feds Argue Return Law Makes Jews Flight Risk, «The Jewish Week, 12 dicembre 2008.
5) James Bone, «Blagojevich scandal: Rahm Emanuel and Jesse Jackson Jr face new revelations», Times, 13 dicembre 2008.
6) «Bernie Madoff’s victims: the list», Clusterstock Research & Analysis, 13 dicembre 2008.
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