Abruzzo: la Weimar de’ noantri?
16 Dicembre 2008
Come diceva il grande Marx, la storia si replica, la seconda volta in forma di farsa. Il voto in Abruzzo promette di essere questa farsa: con Tonino Di Pietro nella parte di Hitler, Bossi come un Mussolini emiplegico, e la «politica» specie della «sinistra» ma non solo, nella parte della repubblica di Weimar.
La «sinistra», da noi, è la federazione di tutte le Caste parassitarie, più Vladimir Luxuria.
Questa Weimar de’ noantri folleggia e impazza da troppo tempo: ha i suoi squali (quelli che Grosz disegnava con il cilindro, il sigaro e la nuca grassa mentre smanacciavano ragazze allegre), e i suoi squali proclamano la «democrazia» e la moderazione mentre possiedono panfili e attici a Manhattan; nè il pregiudicato Bassolino nè la pregiudicabile Strìdula si schiodano dalla poltrona della Regione Camorra, perchè continuano ad arraffare; a Firenze, intere compagini di «sinistra al governo» vengono messi sotto inchiesta; in Abruzzo, non bastando l’arresto di Del Turco per le probabilissime mazzette sulla Sanità (ripetiamo tutti con lui: «Sono innocente fino a prova contraria», è politicamente corretto) è stato arrestato il sindaco PD di Pescara e tutta la sua cosca (detta nel mandato «associazione a delinquere») per corruzione e concussione, truffa, falso e peculato in un appalto per i «servizi cimiteriali»: allegria!
Frattanto, Vladimir Luxuria compare in tutte le TV, nazionali e locali, benedetta e intervistata in ginocchio dai giornalisti tutti.
Per di più questa sinistra delle mazzette, dei transessuali, della pillola del giorno dopo, della camorra e degli yacht pretende una sua superiorità morale – ipocrita eredità del PCI – sul suo avversario miliardario televisivo che ha «il conflitto di interesse». La sua vera colpa è essere «un privato» quindi colpevole, mentre loro sarebbero «il pubblico», gli statali, i maestri elementari di troppo, i magistrati di Cosche Lucane e dintorni: il «Bene», la «Volontà Generale».
Risultato. Come accadde a Weimar, la gente che lavora – più precisamente, che sta perdendo il lavoro, e pagando con le tasse i panfili, gli attici, le ville, la cocaina, i folleggiamenti e i miliardi di tutti costoro – comincia a non riconoscersi più nella «democrazia».
In Abruzzo, metà della gente non è andata a votare. Ha fatto perdere la sinistra, e il solo a prendere più voti è stato Di Pietro. Esulta Berlusconi, perchè il suo candidato è stato eletto, mentre il candidato del Manhattan Veltroni no.
«E’ la prova che Veltroni ha consegnato la sinistra ai modi eversivi di far politica del Signor Di Pietro»; e ancora: «E’ la fine del vecchio modo di far politica».
Ecco appunto. Che cos’ha da esultare? Il vecchio modo di far politica è anche il suo.
Il suo partito, come la DC, è ammanigliato alla Mafia in Sicilia. Il suo governo risponde ai drogati recidivi che ammazzano la gente con l’auto, abbassando il tasso alcoolico illegale: adesso anche i preti, se si mettono al volante dopo la Comunione con le due specie, sono passibili di ritiro della patente, siamo tutti neo-alcoolisti
(1).
E’ appunto questo il modo di far politica della «sinistra»: fare leggi che rendano colpevoli tutti gli italiani, che li tengano sotto schiaffo della «legalità» arbitraria, quella che è incapace di frenare gli strafatti pluriassassini.
Altro esempio di politica vecchia: Berlusconi ha «salvato Alitalia» (cioè una Casta di parassiti strapagati) con tremila miliardi dei contribuenti, salvando nell’operazione anche l’amico Toto di AirOne – oggi indagato a Pescara con il sindaco PD: gli squali della Weimar abruzzese stanno un po’ qua e un po’ là, secondo come conviene; alle primarie «democratiche», del resto, abbiamo visto tutti i banchieri italioti – i superladri – andare a votare ostentatamente Veltroni.
Squali e squali e squali, ma niente elettorato. Weimar al pecorino.
Credo che Berlusconi non abbia capito: il suo candidato ha vinto «by default», cioè ha perso meno degli altri nel quadro di una fuga generale dal voto. E poi, se Veltroni ha il suo Di Pietro, stia attento: il Berlusca ha il suo Bossi.
Sapete cosa avverrà nei prossimi mesi? Che rinascerà «er fascismo», naturalmemte in versione di farsa: un’alleanza fra Bossi e Di Pietro, in nome della rozzezza, volgarità, furberia – e del «federalismo», naturalmente.
L’ha intuito Bertinotti (con la villetta in Provenza): «Il pericolo è quello di ritrovarci con un PRC al 2% e l'IDV al 10%. A quel punto è chiaro che l'unica forza a sinistra del PD sarà proprio quella rappresentata da un uomo che di sinistra non è come Di Pietro».
Come nel vero, tragico tempo che fu, dopo la vera Weimar. Anche allora una parte notevole dell’elettorato di sinistra scelse un partito Nazionale Socialista dei Lavoratori, visto che la «sinistra parlamentare» era quella degli Squali & Profittatori.
In Italia accadde lo stesso: gli scariolanti del Ferrarese, tutti rossi, si fecero convincere da Italo Balbo. Mica sapevano di votare «nero»; votavano per un socialista (Mussolini) che aveva un «modo non vecchio di far politica».
Di Pietro e Bossi hanno, del fascismo vero, la vena plebea, il semplicismo violento e volgare che tanto irritava – allora, nei tempi più veri – gli altezzosi «liberali» elitari piemontesi, tutti per la «democrazia» coi loro banchieri e imprenditori-Fiat.
Non si può pretendere troppo: il fascismo di allora era un movimento combattentistico, fatto di reduci della Grande Guerra che avevano in mano le armi e non le deposero per tornare sotto i Facta e i piemontesi oligarchi.
«Er fascismo» d’oggi ha la sua forza in cose come «Striscia la notizia» e «Blob», è televisivo, ossia da divano, fasullo e bassissimo, come sono stati resi bassi dalla TV gli italiani.
Il fascismo vero manganellava, bruciava sedi di partito, faceva funzionare i tram negli scioperi generali; questo che arriva, «er fascismo de’ noantri», sta seduto nei talk show e mostra il cappio giustizialista dal teleschermo.
Il cappio giustizialista: ecco cosa unisce di Pietro alla Lega. Ecco il punto programmatico comune, che li spinge all’abbraccio fatale sui colli fatali di Roma (ladrona).
Vi paiono ridicoli, inconcludenti, straparlatori?
Lo sono. Ma – come il fascismo – non sono «nè di sinistra nè di destra», essendo la «sinistra» parlamentare nient’altro che la Casta dei privilegiati di Stato, e la «destra» nient’altro che rappresentata da un altro miliardario, votato da partite IVA in via di immiserimento: gli scariolanti prossimi venturi.
Quei due sono un «modo nuovo di far politica», ovviamente alla vaccinara, adeguato a un elettorato attaccato al telecomando e al telefonino, che è costratto a caricare con 10 euro per volta perchè sta perdendo tutto.
Intendiamoci, in Abruzzo, Di Pietro non ha vinto. Ha solo raddoppiato i voti. Ma anche Hitler aveva all’inizio tre seggi alle elezioni, poi otto, poi 107, e nel 1933 divenne Cancelliere con maggioranza parlamentare. Mussolini almeno fece la marcia su Roma, il Fuerher fu regolarmente eletto.
Un ulteriore approfondimento della crisi economica – che è certo – e la rabbia delle masse telespettatrici si tradurrà nelle urne come ha previsto Berty: voti a Di Pietro che «fa giustizia», voti a Bossi che «ha centinaia di migliaia di fucili nella valli bergamasche».
Sarà un fascismo torbido e mentalmente torpido, inarticolato e falso, parolaio e incompetente; un fascismo da vecchi pensionati che guardano l’Isola dei Famosi, mica da giovani reduci capaci di menare le mani per la rivoluzione e l’uguaglianza: «er fascismo», appunto, de’ noantri.
In questa Weimar cacio e pepe, non mancano le figure alla Facta, alla conte Sforza.
Nel caso, è il signor Massimo D’Alema proprietario di yacht, che pontifica contro Veltroni: «di fronte a un governo che comincia ad avere difficoltà, solo Di Pietro capitalizza, prendendo voti che potrebbero andare a noi».
Il calcolo del PD-Weimar era proprio questo: associarsi di Pietro per sfogare le rabbie giustizialiste di un elettorato «di sinistra», per aumentare «i consensi» che se no, possono «non andare a noi». Invece i «consensi» li prende Di Pietro. Fortunato D’Alema, perchè col suo yacht potrà scappare all’estero, schivando i lanci di scarpe del «popolo». Berlusconi sarà già alle Bermuda, Veltroni a Manhattan, Visco nella villa abusiva in vista della Libia, Bertinotti in Provenza.
Anche negli anni ’20, i signori oligarchi fecero questo calcolo: ma sì, diamo soldi a quel fascista e mezzo socialista, a quel Mussolini; ci libererà dai sindacati e dai comunisti, poi lo mandiamo a casa. Stessa cosa si dissero, in Germania, i Krupp e i Thyssen: finanziamo quell’Hitler coi suoi farabutti e culattoni SA; serve per riportare l’ordine oligarchico e finanziario costituito; poi lo facciamo sparire, tanto è un fuoco di paglia...
E che dire di Marini, l’ex sindacalista, dolorante per la sconfitta «democratica» in Abruzzo?
Leggo sul Corriere di Weimar (già Corriere della Sera) quanto segue: Franco Marini dice che il partito democratico di Veltroni deve rendersi «autonomo» da Di Pietro. D’accordo, ma come?
«Sulla giustizia, per esempio, aprendo un confronto con il Pdl, e «se “lui” non ci sta, noi andiamo avanti lo stesso».
La riforma della giustizia è necessaria; i «democratici» non l’hanno mai voluta fare, perchè la cosca in toga era dalla loro parte (così credevano) e colpiva solo Berlusconi.
Quel che Marini propone ora, un accordo anti-magistrati fra PD e Pdl, per l’elettorato non sarebbe che una combutta per ripararsi dalla pioggia degli avvisi di garanzia che stanno subissando anche la «sinistra». Un’associazione a delinquere per lo status quo, per eternizzare il grasso che cola sui parassiti di Weimar.
Bel programma, Marini: ecco come farai vincere Di Pietro e il gran partito, nè destra nè sinistra, del cappio giustizialista.
Insomma, la comica promette ogni giorno nuove battutacce, nuovi qui-pro-quo, scambi di persona, arlecchinate e pagliacciate. Italioti, godetevi almeno lo spettacolo: tutti al telecomando!
Ma prima, leggetevi quel che scrisse allora – nei tempi tragicamente serii – il giornalista ebreo Bruno Heilig: «
C’era una volta un Paese con una bella costituzione democratica, fondata sugli ideali della libertà e dell’autogoverno; un Paese che aveva eletto all’Assemblea Nazionale di Weimar personalità che davano le migliori garanzie di estirpare il prussianesimo. Poi sono arrivati dei pazzi, dei mascalzoni, dei viziosi (sarebbero i nazisti, ndr.),
e la democrazia è stata gettata via, la libertà è diventata spazzatura. Si danno di questo fenomeno varie spiegazioni (...),
che hanno tutte una cosa in comune: evitano di dar conto dei meccanismi sociali che distrussero la Germania dall’interno».
L’Italia è distrutta dall’interno da un pezzo: il frutto marcio pronto a farsi raccogliere da Di Pietro e da Bossi.
1) I veri assassini con tasso alcoolico-monstre non hanno nulla da temere: come noto, ad essi la patente è già stata ritirata più volte, ma continuano a guidare e ad ammazzare. Gli uffici competenti pubblici, infatti, sono i soli ad ignorare che togliendo il documento non si toglie la capacità fisica di guida: esempio luminoso di come la burocrazia confonda le sue carte con la realtà. I soli ad essere colpiti saranno gli onesti e gli innocui, come sempre. Per la burocrazia, infatti, è più facile punire gli innocui che i veri delinquenti. Un efficace Stato di diritto, per risolvere il problema endemico dei guidatori strafatti, dovrebbe contemplare l’amputazione al recidivo del piede destro, quello che schiaccia l’acceleratore.
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