Vaticano: la lobby evoluzionista ha vinto
18 Dicembre 2008
«Abbiamo chiesto di partecipare anche noi, ma siamo stati lasciati
fuori», sospira il professor Guy Berthault, massimo studioso della
formazione di sedimenti geologici. «Eppure ho conosciuto il cardinal
Ratzinger, ed era interessato alle voci critiche dell’evoluzionismo.
Nel suo libro ‘Verità e Tolleranza’, sostiene che gli argomenti
contrari devono essere ascoltati con oggettività, con volontà di
ascolto da entrambe le parti». Invece... «Monsignor Marcelo Sanchez
Sorondo, il cancelliere della Pontificia Accademia, mi ha fatto
rispondere che quella era una riunione privata».
L’«altra parte» che certe forze attorno al Papa non vogliono sia
ascoltata, s’è riunita all’anfiteatro della clinica romana. Attenzione,
non sono «creazionisti». Sono cattedratici, biologi, geofisici,
genetisti, ciascuno di fama mondiale nel suo campo di ricerca. E non
sono nemmeno sostenitori dell’«intelligent design», ossia della
(detestata dai darwinisti) teoria alternativa al neo-darwinismo.
La loro posizione è, appunto, rigorosamente «critica»: smentiscono
sperimentalmente certe petizioni di principio, asserzioni non
controllate e non confermate, su cui si basa l’evoluzionismo. Quale
idea bisogna mettere al posto del darwinismo, non lo dicono: si
limitano a dimostrare che la teoria, semplicemente, non regge più di
fronte alle nuove scoperte e ricerche.
Il professor Berthault ad esempio (le sue ricerche sono pubblicate
dall’Accademia delle Scienze di Francia, e da quella di Russia) ha
addirittura creato una scienza, la paleo-idrologia sperimentale.
Tutte le datazioni dei fossili antichissimi, ha spiegato, si basano
sulla geologia, e la geologia studia gli strati di rocce e sedimenti
sotto-terra: più profondo lo strato, più antichi i fossili che vi
contiene. E’ così che i paleontologi possono raccontarci che un dato
dinosauro è vecchio di 250 milioni di anni, e un ominide di 800 mila.
«Ma tutta la teoria degli strati si basa sulle tesi di Charles Lyell,
un avvocato amico di Darwin e suo contemporaneo: il quale sosteneva che
i sedimenti si sono formati per semplice e tranquilla sovrapposizione»,
dice Berthault: «Questa teoria presuppone che le correnti marine o
fluviali non abbiano alcun ruolo nella formazione».
Con esperimenti in grande vasche in varie università americane,
Berthault ha dimostrato che sedimenti portati dall’acqua che corre,
secondo il peso dei materiali sospesi, e della velocità della corrente,
si formano nel giro di ore, non di secoli nè tanto meno di milioni di
anni.
«Immagini di mettere in una provetta mercurio, olio ed acqua. Il
mercurio va a fondo, ovviamente. Ma non per questo possiamo dire che è
lo strato più antico».
La sua critica ha avuto una conferma anche in natura. Nel 1980,
esplode il vulcano St.Helens, nello Stato di Washington; l’eruzione
ebbe un andamento tragico e complesso, perchè lava e terra franata
finirono nel vicino Lake Spirit, e le acque ribollenti furono
proiettate su una collina di fronte, per poi tornare trascinando con sè
tanti detriti, da formare un lago nuovo più a monte; lago che poche
settimane dopo si svuotò per una rottura dell’argine naturale di
detriti. Questa serie di eventi formò in 36 ore un primo strato di
depositi, stratificati, del tutto simile a quelli cui i geologi
attribuiscono età antichissime; intere «ere geologiche» apparvero in
tre settimane.
Ovviamente, forti correnti sono costanti anche nelle profondità marine,
provocando dislocazioni immani; antiche maree e emersioni hanno avuto
una parte essenziale nella formazione di strati e sedimenti; di tutto
questo la teoria geologica, che è ancora quella di Lyell (morto nel
1875, senza saper nulla della deriva dei continenti e dell’idrologia),
non tiene alcun conto.
«La geologia si basa su un presupposto sbagliato; le datazioni date dai
paleontologi sono mitiche; e imbarazzanti, quando per esempio trovano
un teschio umano nello stesso strato, e nelle vicinanze, di ossa di
dinosauri».
I paleontologi dovrebbero dedurne che i due reperti vissero da
contemporanei milioni di anni fa? Magari, le correnti li hanno
trascinati vicini in antiche - o non tanto antiche - alluvioni.
«Oggi agli studenti di geologia si insegna a datare gli strati in base
ai fossili che vi si trovano, e a datare i fossili in base agli strati:
petizione di principio se ce n’è una».
E allora, il dinosauro che ci vien detto esser vissuto 240 milioni di anni fa, potrebbe essere vissuto 200 anni orsono?
Niente paura: oggi i darwinisti dispongono di «cronometri»
precisissimi, basati sul decadimento di isotopi radiattivi reperibili
nei terreni o nei fossili. Il tempo di decadimento è noto; dunque,
misurandolo, si può stabilire una datazione precisa. Il carbonio 14 per
fossili entro i 50 mila anni, il Potassio/Argon per i milioni di anni...
Invece no, ha spiegato Jean de Pontcharra, capo delle ricerche del
CEA-LETI (Commissariat de l’Energie Atomique, Laboratoire de
Technologie de l’Informatique), fisico con dottorato a Grenoble.
Nel 1980, anche lui è andato a fare ricerche sul Moiunt St. Helen; ha
preso campioni di rocce laviche appena eruttate, e li ha fatti datare
da diversi laboratori specializzati nel metodo Potassio/Argon, senza
dire dove aveva preso i campioni.
Il supposto precisissimo cronometro ha sancito: sono rocce di 900 mila
anni fa. Anzi, le datazioni, secondo il tipo di minerale dominante nei
campioni, variavano da 900 mila e 2,8 milioni di anni.
«La teoria suppone che all’inizio, la lava contenga solo potassio, e
solo col tempo, decadendo il potassio, appaia l’argon; tanto più argon,
quanto più è antica la roccia. Ma in realtà, noi non sappiamo quanto
argon c’era nella roccia originaria. Nei nostri campioni ce n’era
evidentemente troppo. Non sappiamo nemmeno se quell’argon era nella
lava ribollente, oppure nei minerali che l’eruzione ha trascinato con
sè lungo il camino vulcanico. Di fatto, non sappiamo abbastanza per
tarare i presunti cronometri radiologici».
Il professor Pierre Rabischong è il rettore della facoltà di Medicina a
Montpellper; pioniere della chirurgia assistita dal computer, da anni
si dedica, con i suoi ingegneri e medici, alla concezione di protesi
bioniche più avanzate: da una mano artificiale per i monchi, con tutte
le funzionalità di una mano naturale, ad apparati auditivi per sordi,
all’ambizioso tentativo di restituire la visione ai ciechi con modulati
impulsi elettrici e chips elettronici. Per farlo, lui e i suoi tecnici
di altissimo livello studiano ovviamente questi apparati naturali,
cercando poi di replicarli.
«Ma una mano, un apparato visivo, un orecchio funzionante, sono cose
così complicate, che replicarle artificialmente è quasi impossibile.
Sono dei veri e propri progetti per la soluzione di problemi; come far
udire o vedere in modo stereoscopico, ad esempio? Mica facile; e quelle
che scopriamo in natura sono soluzioni geniali, che implicano
conoscenze di ingegneria altissime; liste di specifiche almeno pari a
quelle che si hanno per la progettazione di un Concorde, ma spesso, con
l’uso della nanotecnologia (certi apparati dell’orecchio interno, la
coclea, hanno zigrinature regolari di 60 micron per distribuire
l’acustica, e tessuti nel fondo di un tipo speciale, per evitare echi
fastidiosi), e soprattutto, un attentissimo ‘controllo di qualità’. Non
sono ammessi errori. Per noi uomini, questo richiede un laboratorio
enorme e molto attrezzato. Ma dov’è il laboratorio in natura? Dove sono
i prototipi?».
La visione, ad esempio: abbiamo la capacità di vedere forme, colori e
movimento; e due occhi, che ci fanno però vedere un’immagine sola, non
sdoppiata, e per di più stereoscopica, in tre dimensioni.
«Sembra facile perchè usiamo ogni giorno di queste facoltà, ma quando
ci proviamo in laboratorio, dobbiamo rinunciare; troppo complicato»,
dice il professore: «ai ciechi riusciamo a far vedere solo fosfemi,
lampi luminosi».
E peggio: l’occhio dispone di un punto ad altissima definizione, la
macula, a decine di migliaia di pixel; per gli oggetti in movimento,
c’è il coordinamento fra il movimento della testa e quello degli occhi.
«Le sembra facile? No, è un processo complicatissimo, che richiede
miriadi di controlli continui in tempo reale del servomeccanismo
(testa-collo), per cui non basta un computer potentissimo».
L’unico apparato (o quasi) in cui manca il «controllo di qualità» è
l’apparato produttore di spermatozoi: semplicemente impossibile anche
per il miglior gruppo di tecno-ingegneri, perchè il tubo seminifero del
maschio umano - dove si fabbricano gli spermatozoi, alla cui testa (la
cellula) viene applicata la coda, come in una fabbrica - ha un diametro
di 200 micron (millesimi di millimetro) e una lunghezza di... un
chilometro.
«Risultato: il 20% degli spermatozoi in un’eiaculazione sono difettosi.
E qual è la soluzione ingegneristica trovata? Compensare la qualità
manchevole con la quantità; 220 milioni di spermatozoi per
eiaculazione, e ciascuno compete per arrivare all’ovulo; vi arriva solo
il più forte e sano, e una volta penetrato, l’ovulo femminile non ne
accetta altri. Geniale, geniale».
Non si finirebbe mai di ascoltare il dottore. Come quando spiega perchè
tutti gli animali si accoppiano «da dietro», e solo l’uomo generalmente
davanti: «Gli animali non hanno bisogno di fantasia, nè di riconoscere
individualità nella compagna. Sono, nell’atto, solo rappresentanti
della specie».
Nell’uomo, invece, la faccia dell’amata è essenziale.
«E’ come l’olfatto. Esso guida quasi totalmente gli animali. Nell’uomo,
l’olfatto non è diminuito come si crede, è usato per cose diverse».
Quali?
«La gastronomia, ad esempio». Gastronomia?
«Negli animali non esiste: i carnivori mangiano tutto, carogne o bestie
vive, lucertole, insetti, qualunque schifezza, purchè contenga
proteine». Ah già, non ci abbiamo mai pensato.
«Come non avrà mai pensato che - secondo i darwinisti - tutta questa
ingegneria è avvenuta «per caso». E non solo in un singolo individuo
con centinaia di apparati tutti funzionali e d’alta qualità, ma è
avvenuto miliardi di volte, per i tre milioni di esseri viventi
conosciuti».
Ci sono state delle mutazioni, dicono gli evoluzionisti.
«Guardi, sa perchè non ci credo? Ammettiamo che in un individuo maschio
compaia una mutazione favorevole - cosa peraltro mai constata in
natura, dove le mutazioni o sono neutre o sono dannose, anzi letali -
che gli sia di vantaggio nell’esistenza. Non basta: occorre che in una
femmina sia apparsa la stessa mutazione, nello stesso tempo, e che i
due siano così vicini da potersi incontrare e generale prole».
«Il processo casuale implica la coincidenza di due sequenze indipendenti, ma perfettamente determinate», dice. Pardon?
«Lei cammina per la strada, e le cade un vaso di fiori in testa. Due
sequenze indipendenti che, per sua sfortuna, convergono». Non capita
spesso.
«Per i darwinisti è capitato migliaia di volte per ciascuno dei tre milioni di specie».
Il professore si prende gioco di quella che chiama «ancestromania», la
mania di trovare un «antenato» estinto (ancestor) per qualunque specie
vivente, ricerca invariabilmente conclusa con esiti imbarazzanti,
ridicole cantonate o addirittura creazioni truffaldine (il celebre Uomo
di Piltdown, che qualcuno fabbricò con un cranio umano d’oggi a cui
applicò una mandibola di scimpanzè).
Di altri relatori parlerò un’altra volta. Specie del professor Maciej
Gierthich, polacco con superlaurea ad Oxford (scienze forestali) e alla
Toronto University (fisiologia vegetale) e una terza in genetica, uno
fra i più stimati tudiosi di genetica delle popolazioni, perchè
richiede un articolo a parte.
Tanto, questo scoop non ce lo ruberà nessuno: non un solo giornale ha
mandato un giornalista ad ascoltare. Così è stato possibile fare un po’
di gossip con gli scienziati sui possibili motivi per cui la Pontificia
Accademia gli ha chiuso le porte, facendo entrare solo evoluzionisti.
L’ipotesi più accreditata è stata, alla fine, questa: che i darwinisti,
e i loro amici in Vaticano, sperano di strappare al Papa una qualche
affermazione a favore della loro teoria, proprio per metterla al riparo
dalle critiche dei cosiddetti creazionisti; se sono cattolici, i
creazionisti dovranno obbedire al Santo Padre...
Se fosse vero, sarebbe un segno di disperazione e un ridicolo
paradosso: gli scientisti credenti nel «cieco caso» che si rifugiano
sotto l’autorità dogmatica per rendersi indiscutibili.
Maurizio Blondet
(articolo pubblicato il 4 novembre 2008)
1) «Cardinale
Schönborn: nessuna incompatibilità tra evoluzione e creazione -
Questioni al centro della Plenaria della Pontificia Accademia delle
Scienze - ROMA, lunedì, 3 novembre 2008 (ZENIT.org).- Tra la teoria
scientifica dell’evoluzione e l’affermazione cristiana della creazione
non esiste incompatibilità. Lo ha affermato venerdì scorso il cardinale
Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna (Austria), durante la
Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze, che si concluderà
questo martedì a Roma. Il porporato, ricorda l’emittente pontificia, ha
spiegato che non esiste contrapposizione tra l’evoluzionismo e il
credere nella Creazione, quanto un conflitto tra due concezioni diverse
dell’uomo e della sua razionalità, tra la visione cristiana e un
razionalismo che pretende di ridurre l’uomo alla sua dimensione
biologica. Citando diversi interventi del cardinale Ratzinger prima e
dopo la sua elezione a Papa, il cardinale Schönborn ha spiegato che "ci
sono tante prove scientifiche in favore di un’evoluzione". Ad ogni
modo, ha precisato, pur arricchendo la nostra conoscenza della vita,
questa teoria non risponde al grande quesito filosofico: "Da dove viene
tutto e come il tutto prende un cammino che arriva finalmente
all’uomo?". Per questo, si tratta di scoprire "che c’è un’idea che mi
precede", che non siamo frutto del caos, ma "siamo pensati", "voluti" e
amati da Dio. La nostra grande missione è allora "scoprire questo
senso, viverlo e dare così un nuovo elemento alla grande armonia
cosmica pensata dal Creatore". Nello stesso senso, il Cancelliere della
Pontificia Accademia delle Scienze, monsignor Marcelo Sánchez Sorondo,
ha spiegato alla "Radio Vaticana" che, lungi dal contraddirsi, la
teoria dell’evoluzione è più vicina al racconto biblico della creazione
rispetto ad altre ipotesi sull’origine del mondo. "Pensando al fatto
che la Bibbia ci presenta Dio che crea il mondo in sette giorni", c’è
"un progredire", ha constatato. La teoria dell’evoluzione è quindi
molto più vicina a quella degli antichi greci, "che dicevano che il
mondo era eterno e ciclico e che tutto girava e girava sempre in modo
uguale". La questione non si pone con la teoria dell’evoluzione in sé,
ha aggiunto, ma con "filosofie che si rifanno all’evoluzionismo e sono
materialistiche e dicono che esiste solo la materia. Ma questa non è
scienza, è filosofia". Il cardinale Schoenborn è quello che ha fatto
esporre nel museo della cattedrale cattolica di Vienna l’opera di un
artista contemporaneo, che ha dipinto l’Ultima Cena come un’orgia
omosessuale. Non a caso può dirsi convinto che «non esiste
contrapposizione tra l’evoluzionismo e credere nella Creazione»:
evidentemente, non ha l’abitudine al ragionare rigoroso. Ignora che
l’evoluzionismo esclude la creazione «per principio», sostenendo che
tutto il vivente è il risultato di una serie fortunata di caso cieco, e
di cieca necessità (le forze dell’ambiente, la soluzione naturale).
Cercare di scoprire che «c’è un’idea che mi precede», che «siamo
pensati e voluti», è precisamente quel che l’evoluzionismo nega, e che
è nato per smentire. Essi non si limitano a dire, come crede monsignor
Sorondo, che c’è stata una «evoluzione»; dicono che questa evoluzione è
stata casuale azione di forze materiali, e priva di scopo e
d’intelligenza.
A leggere certe affermazioni, si resta sgomenti: solo in certe alte
sfere cardinalizie si trova una tale mancanza di rigore logico, un tale
pressapochismo, una tale infatuata incomprensione delle idee della
modernità.
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