Cuori e menti consumati dall’odio
08 Gennaio 2009
L’agenzia ebraica Ynet.news ha ripreso quattro di queste interviste
(1).
Le mani tagliate col filo di ferro
Soldato: «C’era uno matto davvero nella mia unità, gli piaceva
torturare. Una volta ha provocato l’amputazione delle mani di un uomo».
Intervistatore: «Cosa è successo?».
Soldato: «Insomma, c’era quell’arabo... il soldato gli ruba una scatola
di tabacco. L’arabo si mette a gridare: ‘Ladri, ladri, vi ho visto’. Si
avvicina al soldato, e noi lo spingiamo per allontanarlo. Non sapevamo
del furto. ‘Il soldato comincia a pestarlo, e tutti noi anche...
finisce che l’arabo è stato pestato parecchio. ‘Poi il soldato ha preso
un filo di ferro - era molto incazzato - ha afferrato l’arabo e ha
cominciato a stringerlielo attorno...».
Intervistatore: «alle mani?».
Soldato: «Già.... gliel’ha stretto molto forte. Te lo giuro, abbiamo
cercato di fermarlo. ‘No, non lo lascio andare. Ha alzato le mani
contro di me, lo punisco’. E dài a girare, dài a stringere… dopo,
quando abbiamo cercato di liberarlo, non ci siamo riusciti, gli aveva
fatto proprio un canale nella mano. Era blu. E il tipo gridava: ‘Non
sento più la mano’. Abbiamo anche tentato di scavare (tra la carne e il
filo metallico) con un coltello, ma non siamo riusciti… Gli abbiamo
detto di andare all’ospedale. Niente da fare, non riuscivamo a tagliare
il filo. Gli hanno amputato la mano».
Ladri
Soldato: «Abbiamo fatto un bel po’ di ruberie….Una volta siamo entrati
in una casa di Hebron, gente ricca. Abbiamo trovato in una scrivania
una quantità di dollari. Pazzesco. Il capitano dice ai due secondi in
grado dell’unità: bene, ci dividiamo questi soldi. Se li sono spartiti.
Ne hanno lasciato un po’, e a me hanno detto: «Se parli, torniamo e ti
sgozziamo».
Intervistatore: «Era consueto, il furto?».
Soldato: «Un po’ di saccheggio era normale... Backgammon (sic),
sigarette, tutto... Quello che ci piaceva lo prendevamo. Altri ragazzi
prendevano regali per le loro ragazze dalle botteghe».
Pestaggi
Soldato: «Eravamo di pattuglia, e vediamo un tipo in un taxi che
sembrava nascondere qualcosa. Fermiamo la macchina... C’era appena
stato un incidente, un soldato accoltellato o qualcosa del genere».
«Troviamo un coltello... Chiediamo al tizio: «Perchè il coltello?», e
lui dice: «E’ per mia madre, per tagliare la verdura». Noi diciamo:
«Cosa sei, un idiota? Scherzi? Stai mentendo?». Ci ha fatto proprio
incazzare. Lo abbiamo afferrato e l’abbiamo colpito, non in faccia,
nelle costole».
«Il resto della pattuglia vede il pestaggio, e ci salta dentro... Tutti
a picchiarlo, a picchiarlo di brutto, sul serio. Con bastoni sulla
testa. E uno poi comincia a strangolarlo, con le due mani. Aveva 17 o
18 anni e comincia a gridare “Mama, Baba”. Quello continua a
strangolarlo, stava diventando blu e perdeva coscienza. Di colpo gli
altri ragazzi si rendono conto di quel che succede e cominciano a
tirare indietro il soldato. Ma lui non voleva lasciare la presa. Non
lasciava, e urlava: «Ci volevi ammazzare, vuoi ammazzarci, volevi
pugnalarmi eh? Figlio di puttana, pugnalarmi volevi».
«Era come matto, lo abbiamo tirato indietro per le gambe e la vita. Tutto il suo corpo era sollevato, e noi tiravamo... ma
(il soldato) s’era attaccato all’uomo come un pitbull. Finalmente l’abbiamo staccato».
Soffocamenti
Soldato: «Facevamo ogni genere di esperimento per vedere chi faceva la
più bella spaccata a Abu Sneina. Li mettevamo faccia al muro, come per
perquisirli, e ordinavamo loro di allargare le gambe. Allarga! Allarga!
Allarga! Era la gara per vedere chi allargava di più. Oppure
controllavamo chi tratteneva il respiro più a lungo».
Intervistatore: «Come lo controllavate?».
Soldato: «Soffocandoli. Uno di noi faceva finta di perquisirli, ma di
colpo urlava qualcosa come se quelli avessero parlato e cominciava a
soffocarli... a bloccargli le vie aeree, bisogna premere il pomo
d’Adamo. Non è piacevole. Guardi l’orologio mentre lo fai, finoa che
quello sviene. Chi ci mette più tempo a svenire, vince».
L’organizzazione Breaking the Silence dice di aver pubblicato queste
interviste per «suscitare un pubblico dibattito sul prezzo morale
pagato dalla società israeliana nel suo complesso», per far vedere cosa
diventano «giovani soldati obbligati a prendere il controllo di una
popolazione civile». Ed è un continuo «degrado morale», e «la società
israeliana ha il dovere di ascoltare i soldati e assumersi la
responsabilità di ciò che viene fatto in suo nome».
Il testo integrale delle testimonianze può essere letto nel sito dell’organizzazione, www.shovrimshtika.org
Uno dei soldati dice: «Tutti noi sentivamo di fare qualcosa di
sbagliato. Almeno, i miei amici sentivano di fare una cosa sbagliata».
Ma nessuna resipiscenza tardiva minaccia i «coloni» giudaici di Hebron,
che si sono messi lì a Gaza per rivendicare ad Israele le tombe dei
Patriarchi, che sorgono lì e sono un luogo di preghiera anche per i
musulmani.
Da questo insediamento veniva Baruch Goldstein, che nel ’94 irruppe
nella Tombe ammazzando col suo mitragliatore 29 palestinesi e ferendone
150. Goldstein era americano e armato, come tutti i «coloni» di questo
avamposto sacro, che è abitato da estremisti seguaci del rabbino Kahane
e del partito razzista-religioso Kach. Infatti i coloni hanno sepolto
Goldstein (che fu ucciso mentre compiva il massacro) nel loro cimitero
che chiamano Kahane Memorial Park.
La lapide sulla tomba dice: «A san Baruch Goldstein, che ha dato la sua
vita per il popolo ebraico, la Torà e la nazione di Israele». Parecchi
rabbini confermarono che la strage compiuta da Goldsetin era una
«mitzvah», un’opera meritevole di fronte a Dio.
Mantenuti dalla diaspora, questi coloni non hanno bisogno di lavorare.
Passano il tempo ad angariare i palestinesi a cui hanno rubato i campi,
a tirare pietre e ad aggredire gli scolari palestinesi che passano
nelle vicinanze per andare a scuola, a sparare sui passanti e ad
ubriacarsi. Ebrei ma americani, si sentono come coloni del Far West in
territorio Sioux, ma con l’aggiunta «religiosa».
Sono costantemente armati di mitra e pistole, portano con orgoglio la
kippà e lunghe barbe da «profeti». Caratteristici gli sguardi carichi
d’odio con cui ti squadrano, se non sei ebreo, e gli insulti di cui ti
coprono se sei giornalista o fotoreporter.
Le loro donne, in parrucca o foulard ebraico, insultano le donne
palestinesi, e quando possono le picchiano. Sotto la protezione
costante del glorioso Tsahal.
L’ultima impresa di questi pii ebrei riguarda Hammad Nidar Khadatbh, un
ragazzo palestinese di 15 anni, che il 15 aprile era uscito di casa per
raccogliere cetrioli, purtroppo nelle vicinanze dell’insediamento
illegale (ma protetto) di Al-Hamra. La sera non era tornato, e la
famiglia è uscita a cercarlo per ogni dove. Nulla. Il mattino dopo, il
padre e i fratelli di Hammad ripartono alla sua ricerca, e lo trovano
in una zona dove l’avevano già cercato la sera prima. Evidentemente era
stato buttato lì nella notte.
Il corpo del ragazzo era nudo, gonfio, e torturato. La faccia gli era
stata spaccata con pietre, il collo rotto, un dito gli era stato
troncato. Sul torso aveva numerosi buchi, apparentemente praticati con
un oggetto aguzzo e tondo, come una penna. Il corpo è stato portato ad
un perito, per l'autopsia, nel settore israeliano di Gerusalemme. I
parenti sono convinti che anche quello scempio sul loro figlio sia una
delle opere sante dei coloni religiosi.
«Dio della pace,
Volgi verso il Tuo cammino di amore
coloro che hanno il cuore e la mente
consumati dall’odio».
Dalla preghiera del Santo Padre a Ground Zero.
Maurizio Blondet
(articolo pubblicato il 22 aprile 2008)
1) Hanan Greenberg, «Testimonies from Hebron: soldiers choke, beat Palestinians,», Ynet.news, 18 aprile 2008.
2) Body of 15
year old Palestinian boy found mutilated in Israeli settlement»,
International Solidarity Movement, 18 aprile 2008. «Given the location
of the body - on settlement lands and near an Israeli-only apartheid
road - the family are convinced that Hammad was killed by settlers from
the Al-Hamra settlement. His father explained that his son was only a
young boy, and had no enemies. Also, he explained, there are no
Palestinians in that area, only settlers from the agricultural
settlement. The 11.500 residents of the village of Beit Furiq, located
near the northern West Bank city of Nablus, have regular problems with
the illegal settlements near their village. Approximately three years
ago a 78 year old man, Mohammad Abu Oday, was killed when settlers from
Itamar settlement destroyed his head with large rocks. Another young
man was also shot dead by settlers, and five others have been injured
whilst attempting to pick their olives. Residents advise that these
attacks happen when Palestinians go to lands that are anywhere near to
settlements, occurring every couple of years».
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