Arriva il false flag?
12 Gennaio 2009
Qualunque città americana è vulnerabile ad un attentato «con mitragliatori e granate come quello di Mumbai». E come non crederci, vista l’autorevolezza di chi lo ha annunciato? Si tratta di Ken Wainstein, massimo consigliere del presidente Bush per la «Homeland Security», ossia la sicurezza interna
(1).
Wainstein è il collegamento fidato fra la Casa Bianca e il Dipartimento della Homeland Security, un nuovissimo ministero creato da Bush dopo l’11 settembre, e di cui ha messo a capo Michael Chertoff: doppio passaporto, Chertoff era nei giorni dell’11 settembre il procuratore di New York; il suo contributo alle indagini sull’attentato islamico fu di rimandare in Israele quei giovani facchini dell’agenzia di traslochi Urban Moving Systems, visti festeggiare la strage delle Twin Towers e perciò fermati dalla polizia di New York. «Lavoro illegale in USA», in cui questi ragazzoni, tutti militari israeliani, erano arrivati con visto turistico.
Ovviamente anche Wainstein appartiene alla stessa, diciamo, cultura. Il fatto allarmante è che Bush se l’è messo accanto da poco, dal marzo 2008, quando ormai la sua presidenza si avviava alla fine. La Homeland Security, la sicurezza della patria americana, è totalmente in mano a Israele, come del resto la Federal Reserve, affidata a Benjamin Shalom Bernanke (con vistosi risultati).
Wainstein ha fatto la sua «previsione» in un seminario del WINEP, Washington Institute for Near East Policy, una «fondazione culturale» nota come la più efficace fra le formazioni della lobby per influenzare la politica USA in senso pro-israeliano.
Il WINEP, finanziato da miliardari (che detraggono le donazioni dalle tasse) si atteggia a centro di pensiero «oggettivo». Nel 1988, prima delle elezioni americane presidenziali, il WINEP emise una raccomandazione per il prossimo presidente, «Building for Peace: an American strategy for the Middle East», in cui consigliava testualmente il futuro presidente di «resistere a pressioni per una soluzione procedurale», ossia ad un accordo fra palestinesi e israeliani, «finchè non è necessario».
Sei membri del WINEP sono poi divenuti membri del primo governo Bush, che adottò appunto il suggerimento di bloccare ogni tentativo «procedurale» di accordo coi palestinesi. I morti della prima intifada, allora in corso, poterono così raggiungere numeri degni di lode. In seguito, sempre membri del WINEP sono stati ministri o segretari sotto Bush padre, Clinton, Bush figlio.
Chi fa parte del WINEP?
Nella lista riconosciamo Edward Luttwak, Richard Perle, James Woolsey, Max Kampelman, Mortimer Zuckerman, nonché un paio di alti ufficiali dell’esercito israeliano, Chuck Freilich e Ze’ev Schiff… Insomma gran parte degli stessi personaggi che, in altre fondazioni «culturali» (American Enterprise e Project for a New American Century) raccomandarono «un taglio netto» nei tentativi di pace con i palestinesi, e «una nuova Pearl Harbour» per riarmare l’America e indurla a nuove guerre.
La nuova Pearl Harbour ebbe luogo l’11 settembre. Con Obama, l’influenza del WINEP sulla Casa Bianca diminuirà?
Non sembra probabile: Obama s’è dovuto scegliere, come consigliere speciale per il Medio Oriente, Martin Indyk: che è addirittura il fondatore del WINEP, oltre che ex direttore delle ricerche dell’AIPAC (American-Israeli Political Committee).
Insomma, gli specialisti in «attentati islamici» sono già in posizione. Cosa ha detto Wainstein parlando di Mumbai?
«Potete facilmente immaginare una cosa del genere che accada in qualunque città americana, ed è agghiacciante quando ci si pensa. E’ il tipo di cose che sono fin troppo realistiche in una qualunque parte del mondo».
Ovviamente, Charles Allen, sottosegretario del Department Homeland Security, ha rincarato: «Una risposta ad un simile attacco terroristico in una città americana importante sarebbe difficile».
E gli si può credere, non solo perchè è facilissimo fare attentati in alberghi come a Mumbai, ma perchè Allen - che dovrebbe impedirli per dovere d’ufficio - dice che è difficilissimo. E perchè la sicurezza interna USA è in mano a Israele, la quale - con l’immagine di vittima un po’ sporcata dal massacro di Gaza - ha urgente bisogno di rinfrescare l’odio e l’orrore delle opinioni pubbliche occidentali per «gli arabi».
I media hanno dato notizia di come le autorità americane si stiano già preparando a questa terrificante opportunità, pardon, possibilità.
Il capo della polizia di New York, Ray Kelly, ha annunciato davanti alla commissione senatoriale per l’Homeland Security che, appena un attentato stile Mumbai si profilasse, lui chiuderà o disturberà tutti i telefoni cellulari della metropoli.
E’ esattamente quel che ci vuole, in caso di attentato. Perchè, ha spiegato Kelly, durante l’attentato del mese scorso a Mumbai, i terroristi e i loro capi si sono tenuti in contatto con i telefonini, riuscendo così a coordinare perfettamente attacchi multipli ad hotel, stazioni ferriviarie, case di Lubavitcher (in cui i terroristi islamici s’erano portati provviste alimentari per una settimana, e seguivano le operazioni della polizia indiana in diretta TV).
«Voglio togliere ai terroristi questa formidabile capacità di adeguare le loro tattiche mentre l’attentato è in corso», ha detto Kelly
(2).
Senonchè, poi ha aggiunto: la chiusura dei telefonini risolverebbe anche «la complicazione presentata dalle dirette dei media, che possono rivelare le tattiche di noi tutori della legge in tempo reale. In passato, è avvenuto che la polizia ha annullato ogni vantaggio che questo (le dirette tv) potevano dare a prenditori d’ostaggi, togliendo l’elettricità al luogo da cui operavano. Oggi, la proliferazione di telefoni mobili rende inutile tale soluzione. Quando si tratta di salvare vite, i tutori dell’ordine devono trovare il modo di interrompere le reti cellulari o altre comunicazioni».
Ecco dunque il motivo: al giornalista non far sapere quel che fanno i «terroristi islamici» e soprattutto, la polizia. A Mumbai, l’eccesso di libertà TV ha mostrato cose sgradevoli: l’attentatore islamico ed unico sopravvissuto con un bracciale da fanatico indù; il capo dell’antiterrorismo Karkare, noto per aver scoperto un attentato falsamente attribuito a musulmani, ma in realtà perpetrato da fanatici indù, mentre indossava il giubbotto anti-proiettile in diretta, solo per essere poi trucidato da due proiettili al petto pochi minuti dopo; ed altre stranezze riguardanti la casa dei Lubavitcher e i suoi strani ospiti islamici, nonchè quei professionisti del massacro biondi e in abiti occidentali eleganti nei bar di lusso della città... Questo scandalo deve finire. A New York, quando gli islamici attaccheranno, le TV non saranno in grado di far vedere niente. Eventuali testimoni oculari si troveranno il telefonino annullato. Un colpo di genio, commissario Kelly.
Fra i preparativi febbrili, va segnalato questo: lo staff della Casa Bianca uscente (Bush e i suoi più intimi) terrà una esercitazione con membri d’alto livello della Casa Bianca entrante (Obama e il suo staff, gestito da Rahm Emanuel). L’esercitazione implica un «disaster scenario» non meglio identificato
(3).
«Non dirò i particolari», ha detto Scott Stanzel, il portavoce della Casa Bianca uscente, «ma è uno scenario ipotetico che metterà alla prova le capacità del governo federale».
Non che ci sia stato segnalato specificamente qualche pericolo, ha aggiunto Stanzel: l’esercitazione è semplicemente «parte dell’impegno del presidente Bush ad assicurare un fluido passaggio dei poteri nella transizione. La prima che ha luogo dall’11 settembre 2001».
Le capacità di Bush, quando s’impegna a fondo, sono da tutti riconosciute.
Secondo Stanzel, «membri d’alto livello dello staff di Obama sono stati invitati a partecipare a 90 minuti di briefing orientativi, seguiti da tre ore di una esercitazione intesa a familiarizzare l’amministrazione entrante con le procedure di gestione di incidenti, interne e internazionali, adottate dalla attuale amministrazione». Non è chiaro se Obama in persona sia stato invitato a partecipare.
Il fatto preoccupante è che Dick Cheney, alla CNN, ha dichiarato di non aver perso la speranza di catturare o uccidere Osama bin Laden: «Abbiamo ancora un po’ di giorni», ha detto il vicepresidente, che dovrebbe smontare il 20 gennaio
(4). A meno che un «attentato islamico» magari contro Obama non gli regali parecchio tempo in più, con un governo di emergenza.
In ogni caso, ha detto Cheney, «al momento attuale Bin Laden non è più il comandante effettivo di Al Qaeda».
Ed ha aggiunto profetico: «Un compito molto più importante è mantenere sicuro il nostro Paese. E noi lo abbiamo fatto per sette anni e mezzo… Tutte le misure che abbiamo preso nell’immediato post-11 settembre hanno avuto un effetto notevole perchè non avvenisse un altro attentato di massa negli Stati Uniti. E’ stato un successo notevole».
Con Obama al comando, sembra suggerire Cheney, gli USA non sono più tanto al sicuro.
Nella lista degli illuminati da una chiara visione del futuro va aggiunto William Perry, un ex segretario alla Difesa (1994-97) uomo del complesso militare-industriale, riciclatosi come esperto di «catastrofi nucleari» nonchè di «difesa preventiva» (sic).
Davanti ad un forum di personaggi intenti come lui a dare consigli al nuovo presidente, Perry s’è detto certo che Obama dovrà affrontare «una crisi grave» a proposito della volontà iraniana di dotarsi di bomba atomica.
«E’ chiaro che Israele non assisterà con la mani in mano all’arrogante sfida iraniana; il punto di crisi arriverà all’apice nel primo anno» della presidenza, ha profetizzato.
E poi (e notate il giro della frase): «Sono motivato da una forte convinzione: il più grave dei pericoli che la nostrra nazione ha di fronte oggi può essere un gruppo terrorista che faccia esplodere una bomba nucleare in una delle nostre città»
(5).
Le profezione non finiscono qui. Un ente chiamato «Northeast Intelligence Network» segnala col dovuto allarmismo «un aumento fenomenale di conversazioni (chatters) in arabo via internet, in cui terroristi musulmani operativi si preparano a colpire luoghi ebraici in tutto il Nord America, Canada e Paesi occidentali».
Aspettiamoci molte svastiche sulle mura delle sinagoghe, eccetera.
Il Northeats Intelligence Network è un ente privato e molto obbiettivo. Il suo capo e fondatore, Doug Hagman, è ospite fisso della Israeli National radio, il suo braccio destro si chiama Laura Roth, che tiene un talk show anti-islamico quotidiano per tutte le radio che vogliono comprarlo.
Si tratta insomma di un revival delle operazioni per cui si rese famosa Rita Katz.
1) Randall Mikkelsen, «Mumbai-like attacks could happen in USA: Bush aide», Reuters, 7 gennaio 2009.
2) Noah Shachtman, «NYPD wants to jam cell phones during terror attack», New York Daily News, 8 gennaio 2009. Molti lettori di blog americani, di nome ebraico, hanno ricevuto questa
e-mail: «Dear friends, We hold the [sic] military supremacy, yet fail the battle over the international media. We need to buy time for the IDF to succeed, and the least we can do is spare some
(additional) minutes on the net. The ministry of foreign affairs is putting great efforts in balancing the media, but we all know it’s a battle of numbers. The more we post, blog, talkback, vote - the more likely we gain positive sentiment. I was asked by the ministry of foreign affairs to arrange a network of volunteers, who are willing to contribute to this effort. If you’re up to it you will receive a daily messages & media package as well as targets. If you wish to participate, please respond to this email». Si capisce meglio la necessità israeliana di silenziare i media, anche i più servili.
La guerra psicologica non sta riuscendo.
3) «Obama-Bush teams to stage ‘disaster’ exercise» , AFP, 9 gennaio 2009.
4) «Cheney, in last days in office, still hope to catch Bin Laden», AFP, 9 gennaio 2009.
5) «Obama to face Iran nuclear crisis in first year, ex US official warns», AFP, 8 gennaio 2009.
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