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Gaza: ci permetteranno di salvarne qualcuno?
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La BBC dice che molti palestinesi sono ridotti a bere l’acqua delle toilettes. Metà della case è senza più acqua corrente, quasi tutte senza elettricità.

Già prima, 750 mila abitanti di Gaza sopravvivevano dei magrissimi aiuti alimentari dell’UNRWA. Adesso, la distruzione dei tunnel fa mancare il cibo anche all’altra metà. Il World Food Programme rende noto che mancano riso, zucchero, latte, cibo in scatola, carne fresca. Il prezzo del pane è raddoppiato, i pomodori quadruplicati. Mancano persino le banconote per comprare.

I liquami dilagano, minacciando il colera e peggio. E naturalmente, mancano i medicinali e il carburante per i generatori degli ospedali ingombri di feriti gravissimi (1).

La catastrofe umanitaria a Gaza è questione non di giorni, ma di ore. Occorrerebbe un intervento massiccio e urgente.
Olmert dice di «aver pazienza», che gli scopi dell’operazione non sono ancora raggiunti. Lo scopo è, ovviamente, quello di detronizzare Hamas. Lo ha detto esplicitamente il generale Uzi Dayan, già capo del National Security Council israeliano.

Il mondo occidentale ha «pazienza», guarda dall’altra parte perchè anch’esso ritiene che Hamas debba finire. Per questo i media tengono basso il notiziario dell’orrore quotidiano; finchè Hamas non viene «smantellato», la censura impera.

Come se Hamas fosse il problema. O forse, c’è qui in Europa lo stesso sentimento che accompagnò le prime imprese del Terzo Reich: ma sì, lasciamo che Hitler si prenda i Sudeti, forse si placherà...

Il punto è che, smantellato Hamas, a Gaza sull’orlo della morte di massa sparisce ogni minima rete di sicurezza, d’ordine, di sostegno sociale.

La BBC ha chiesto al generale Uzi Dayan, chi governerà Gaza al posto di Hamas:

«Chi se ne frega, non è cosa che riguardi Israele», è stata la prevedibile risposta; «Preferisco il vuoto di potere alla situazione attuale» (2).

Si segnalano dissapori nella troika sionista Olmert-Livni-Barak.

«Ehud Barak ritiene che (gli altri) si nascondono il fatto che rovesciare Hamas implica la ri-occupazione di Gaza», scrive il giornalista Ari Shavit.
Ovvio che gli altri due compari non vogliano: se occupano Gaza, per il diritto internazionale, dovrebbero farsi carico della popolazione, nutrirla almeno un po’. Troppo caro, e Israele non riconosce alcun impegno internazionale umanitario e ne ha già dato prove.

In Libano, nel 2006, ha distrutto tutte le infrastrutture del Paese, e non ha pagato un soldo.

La domanda è: lo lascerà fare almeno all’Europa, pelosamente vogliosa di mostrare impegno «umanitario», una  volta liquidato Hamas?

Finito il regime «terrorista», Israele aprirà finalmente i valichi chiusi da un anno e mezzo, per soccorrere la popolazione?

Farà passare i 700 autocarri al giorno dei tempi normali, di quando Gaza era un campo di concentramento sì, ma almeno rifornito - s’intende, a spese della comunità internazionale?

Consentirà a navi di sbarcare i materiali, necessariamente voluminosi e in grandi quantità, sulle spiagge?

La risposta non è scontata. Palesemente, l’Agnello di Sion ha voluto ridurre l’intera popolazione di Gaza nello stato d’animo dei fuggiaschi, perché vuole ripulire il territorio. Sembra decisa a consentire soltanto l’apertura di Rafah, da cui lasciare scappare 2-300 mila palestinesi, insomma metterli a carico dell’Egitto. E pretende una forza militare «terza» (si parla di soldati turchi) per sorvegliare che i palestinesi non si rimettano a scavare i tunnel di rifornimento: dunque, anche una volta Hamas distrutta, intende chiaramente mantenere l’assedio.

Inoltre, vuole che la forza militare neutrale sia posizionata non «dentro» Gaza, ma in Egitto: segno chiaro della volontà di creare problemi all’Egitto, e di tenersi il territorio di Gaza, ripulito etnicamente, in cui insediare i suoi coloni, senza controllo internazionale.

Se l’Europa avesse una qualche indipendenza, esigerebbe per Gaza un’amministrazione fiduciaria, sotto l’ONU o la UE, come è stato fatto per il Kossovo: un governo internazionale per garantire la vita del milione e mezzo di prigionieri, e ricostruire le infrastrutture incenerite.

L’Europa non lo proporrà, perchè ciò non piace a Israele, come non piace ad Israele nemmeno l’idea di semplici osservatori neutrali nel «suo» territorio. Solo in quelli altrui, Libano o Egitto; nel «suo», il sovrano assoluto, non vuole limiti, e nemmeno occhi aperti.

Ma prima ancora della improbabile ricostruzione, il mondo civile (se lo è ancora) deve organizzare i primi soccorsi, e con urgenza: evacuare le migliaia di mutilati e di feriti, rifornire d’acqua, di cibo e di energia la popolazione ormai da quasi 20 giorni sotto i bombardamenti, perchè fra poco cominceranno le morti per malattie e  denutrizione, le ferite si infetteranno, le amputazioni andranno in cancrena.

Lo farà? Gli sarà permesso almeno di farlo?

«Non è affare d’Israele» soccorrere i palestinesi, ancorchè «liberati» di Hamas. Nessuna solidarietà umana, nessun obbligo si riconosce Israele.

Va notato che questo atteggiamento coincide precisamente con quello del Terzo Reich. Hans Frank, il governatore nazista della Polonia occupata, pronunciò questo discorso programmatico:

«Non è compito della nostra amministrazione fare della Polonia una provincia o uno Stato-modello dell’ordine tedesco, o rimetterla in piedi economicamente. All’intellettualità polacca deve essere impedito di diventare classe dirigente. Il livello di vita della popolazione deve rimanere basso; non ci interessa che trarre da qui forza-lavoro. Elementi polacchi saranno usati per l’amministrazione del Paese; ma la formazione di gruppi politici nazionali non sarà consentita (...)».

«Il compito del Governatore Generale è di dare alla nazione polacca solo le condizioni di vita minime, e di mantenere la base per la sicurezza militare (...). Ogni tendenza al consolidamento delle condizioni in Polonia deve essere soppresso. Al ‘disordine polacco’ (polnische Wirtchaft) deve essere consentito lo sviluppo. Il governo del territorio deve renderci possibile purificare il territorio del Reich da ebrei e anche dai polacchi. Nuove provincie del Reich (Posen e Prussia occidentale) sono intese per la ricolonizzazione...».

«I polacchi devono sentire che noi non siamo qui per ricostruire loro uno Stato legale, ma che per loro non c’è che un dovere: lavorare e comportarsi bene...».

«La situazione riguardo alla Polonia è unica in quanto da una parte – parlo qui apertamente – noi dobbiamo espandere il germanesimo in modo tale che l’area sotto il controllo del Governatorato Generale diventi, nei prossimi decenni, terra colonizzata da tedeschi puri, e dall’altra, nelle presenti condizioni di guerra, dobbiamo consentire le condizioni agli altri gruppi razziali di lavorare al servizio della grande Germania...».

«E’ comprensibile che nella colonizzazione di questa zona non ci siamo resi amici i polacchi. Colonizzando i territori con gente di razza tedesca, siamo obbligati ad espellere i polacchi. Stiamo rimuovendo coloro che costituiscono un peso in questo territorio di nuova colonizzazione. Del resto, sono elementi asociali e inferiori (...) Al minimo tentativo dei polacchi di cominciare qualcosa, seguirà una enorme campagna di distruzione...». (3)

Basta sostituire qualche parola – «arabo» al posto di polacco, «israeliano» al posto di tedesco – e la coincidenza in nazismo è perfetta.

Il generale Uzi Dayan esprime lo stesso programma del generale Hans Frank. Il Quarto Reich è l’erede del Terzo, con qualcosa di peggio: i nazisti almeno non si proclamavano vittime, non si piangevano come perseguitati.

Il generale SS Hans Frank, governatore di Polonia, detto il macellaio di Cracovia, di sospetta origine ebraica, fu condannato a morte a Norimberga il 1 ottobre 1946  per i seguenti crimini contro l’umanità: «Assassinio, sterminio, riduzione in schiavitù di popolazioni civili, persecuzioni su basi razziali, religiose e politiche».

Hans Frank fu impiccato il 16 ottobre 1946.

Il senso più elementare di giustizia richiede o che si riabiliti la memoria del generale Frank, oppure che si condannino alla stessa pena Olmert, Barak, Livni e tutti i loro volonterosi carnefici, per i medesimi delitti.

Oggi possono ridersela, sapendo che le leggi le fanno i vincitori; ma non è detto che vinceranno sempre. Accuse di atrocità sono già state autorevolmente elevate, a cominciare dalla Croce Rossa.

Nel processo di Norimberga futuro  in cui speriamo, contiamo che ci sia un posticino sul banco degli accusati anche per i ripugnanti complici italioti del Reich. Come Carlo Giovanardi. Riporto un’agenzia:

ROMA, 11 GENNAIO 2009 - Espellere o non rinnovare il permesso di soggiorno a chi in questi giorni manifesta a favore di Hamas o brucia bandiere d'Israele, esprimendo così il proprio razzismo antisemita. E' quanto chiede Carlo Giovanardi, sottosegretario alla presidenza del consiglio. in una lettera inviata al premier Silvio Berlusconi. ''In Italia - scrive Giovanardi - assistiamo ad una escalation di azioni vergognose contro la comunità ebraica, che vanno dalle iniziative di boicottaggio dei negozi gestiti da ebrei alla comparsa di scritte minacciose ed insultanti persino all'interno del quartiere ebraico a Roma. Ai cittadini italiani responsabili di questi comportamenti, vanno applicate con grande determinazione le norme che sanzionano penalmente il razzismo''. ''Ma gli italiani - sottolinea Giovanardi - stanno assistendo attoniti in questi giorni a manifestazioni e cortei nelle nostre citta' di immigrati extracomunitari di fede islamica, schierati totalmente dalla parte di Hamas e dell'estremismo piu' fanatico, con tanto di rogo di bandiere israeliane e slogan razzisti e antisemiti. Per questi signori non ci deve essere spazio in Italia. Ti prego pertanto di dare disposizione al ministro degli interni perchè a tutti coloro che si rendono responsabili di tali eccessi, nel caso non emergano più gravi reati, venga decretata l'espulsione dall'Italia o comunque non rinnovato il permesso di soggiorno. Non dobbiamo avere nessuna tolleranza».

E’ anche questo un fenomeno cui abbiamo già assistito durante il trionfo dei totalitarismi storici, dal nazismo al comunismo, ed è il lato più agghiacciante della natura umana. Non appena si instaura un regime di quel tipo, spuntano una quantità di carnefici volontari – da nessuno sollecitati, spesso insospettabili – che vogliono mostrare il loro zelo per l’ordine nuovo,  reclamando abolizioni della legalità, spoliazioni dei diritti personali, espulsioni illegali per decreto, la psico-polizia, «nessuna tolleranza».

Una parte (forse maggioritaria) di uomini che si credono civili, appena sente di poterlo fare senza rischio nè conseguenze penali, arde dalla voglia di sputare razzismo, di partecipare alla persecuzione, di nuocere ai deboli, di dare sfogo ai sentimenti più bassi e vili, prima censurati dalla civiltà.

E’ già successo, e succede ancora, proprio oggi, davanti ai nostri occhi.

Giovanardi, sarà bene ricordare, è «cattolico».




1) Heather Sharp, «Gaza humanitarian crisis deepens», BBC, 10 gennaio 2009.
2) Paul Adams, «Analysis: where is Israel heading?», BBC, 10 gennaio 2009.
3) Lech Biegalski, «Israel follows the path of  Nazi Germany», Kozi Dryngiel Wordpress, 9 gennaio 2009.


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