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La guerra dà forza alla democrazia
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Olmert vuole «andare fino in fondo» a Gaza, perchè tanto non sarà più rieletto. Livni e Barak hanno dei dubbi, perchè sono vicine le elezioni di febbraio. Arrivarci col massacro in corso o dichiarare «vittoria» prima? Cosa conviene di più, dal punto di vista elettorale?

Il partito Kadima della Livni - che prima era dato per sconfitto dal Likud, l’estrema destra di Netanyahu - ha segretamente commissionato un sondaggio il secondo giorno dell’operazione Piombo Colato, per cercare di capire quanto il massacro ha rialzato la sua immagine presso il pubblico israeliano. Ecco i risultati, in seggi alla Knesset:



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Poi un altro sondaggio, l'ultimo, a qualche giorno di distanza:



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I due sondaggi riflettono i sentimenti collettivi israeliani via via che la guerra si fà più massacratrice.  Un’evoluzione sinistra.

I due partiti che hanno deciso la guerra sono risaliti. A crescere parecchio (da 11 a 16 seggi) è il partito laburista, cui appartiene Ehud Barak, generale e ministro della Difesa, alleato a Kadima, che prima perdeva colpi ed era minacciato di fallimento, in quanto ritenuto troppo molle. Ora è duro, e sale. E pensare che questo passa per «la sinistra» in Israele, come Kadima è «il centro». Figuratevi che cosa è la «destra».

Il Likud, il maggior gruppo di destra, mantiene la maggioranza relativa. Anzi, fatto inquietante, può superare facilmente la coalizione Kadima-Labor se si allea con Shas, il cosiddetto partito religioso, e con quello che nella tabella viene chiamato «Israel our home».

Questo, in ebraico Ysroel Beitenu, è il partito di Avigdor Lieberman, un emigrato russo che ha fatto fortuna politica proponendo sempre più estreme «soluzioni finali del problema palestinese», dalle espulsioni al bombardamento di Ramallah (la Palestina «libera») fino all’annegamento nel Mar Morto dei detenuti palestinesi nelle carceri di Sion; è il personaggio che gode della maggior popolarità personale dopo Netaniyahu.

L’ultima delle sue proposte, Lieberman l’ha formulata alla Bar-Illan University due giorni fa:

«Dobbiamo continuare a combattere Hamas esattamente come gli Stati Uniti hanno fatto con il Giappone nella seconda guerra mondiale», ha detto fra gli applausi: là, ha spiegato, il bombardamento nucleare  «ha reso non necessaria l’occupazione del Paese» (1).

Una bomba atomica su Gaza, nazione nemica di 40 chilometri per 13, situata subito dietro al Muro, potrebbe portare come effetto collaterale la soluzione finale anche del problema israeliano. Ma non si chieda a Lieberman di sottilizzare.

«Israele non sarà mai sicura finchè Hamas è al potere, e dunque dobbiamo arrivare alla decisione di spezzare la volontà di Hamas di continuare la lotta».

Applausi. E dodici seggi.

Quanto al partito Shas, il suo capo e profeta ascoltatissimo è il rabbino Ovadia Yosef. Nel 2000, quando Ehud Barak, allora premier, era impegnato obtorto collo nelle trattative coi palestinesi, il pio rabbi del Shas definì le azioni di Barak «insensate», come sarebbe insensato - spiegò - fare la pace fra uomini e animali.

«Si fa forse pace con un serpente?».

Nel 2001, rabbi Yosef levò ancora una volta il suo pensiero agli arabi: «Nella città vecchia di Gerusalemme pullulano come formiche», si lagnò: «Devono andare all’inferno, e il Messia ve li precipiterà».

Nel 2005, augurò apertamente la morte ad Ariel Sharon, che ai suoi occhi passava per moderato: «Che Dio lo abbatta, sta torturando il popolo d’Israele... L’Unico Santo vuole che noi tutti torniamo alla Torah, e quindi Egli lo abbatterà con un colpo (Sharon) e morrà. Dormirà e non si sveglierà».

L’evento auspicato s’è avverato come sappiamo, grazie alla Pulsa Denura o fattura di morte eseguita dai molto religiosi rabbini; Sharon dorme ancora, e questo ha molto aumentato il prestigio politico e profetico di Ovadia.

Vero è che in questi giorni di guerra, rivaleggia con lui il rabbino-capo dei sefarditi, Mordechai Eliyahu, il quale capeggia un proprio partito, nazional-religioso. Il sant’uomo, da giovane, ha fatto parte di una cellula terroristica chiamata «Hamachane», che nel 1951 mise una bomba alla Knesset e tentò un colpo di Stato, onde sostituire la sola democrazia del Medio Oriente con un regno teocratico.

Oggi, più vecchio e saggio, Rabbi Eliyahu ha decretato con un rescritto talmudico quanto segue: «Tutti i civili che vivono a Gaza sono collettivamente colpevoli per il lancio di Kassam su Sderot»; di conseguenza, non esiste alcun divieto morale al massacro di civili durante l’attacco.

Non si pensi a un isolato fanatico. Come ha spiegato ad un volontario pacifista americano un colono israeliano, «Se era giusto commettere genocidio nei tempi biblici, perchè non sarebbe giusto commetterlo adesso? Forse che Dio cambia parere?» (2).

Vero, o popolo fedele alla Torah. Dieci seggi.

E’ perfettamente comprensibile che, dovendo competere elettoralmente con questa «destra» a cui vanno i massicci favori del popolo-vittima, il «centro-sinistra moderato» (che sarebbe la Livni più Barak) sia obbligato a intensificare il massacro nella sovraffollata area nemica, mostrando la spietatezza che piace agli elettori del Katz. E di farlo presto, accelerando.
Come?

«Secondo me, Israele pensa sia utile provocare quante più mutilazioni possibile, onde terrorizzare la popolazione civile nella speranza che si rivolti contro Hamas», dice il dottor David Halpin, chirugo britannico specializzato in traumatologia.

Avendo operato a Gaza in varie occasioni, Halpin ha avuto modo di constatare le orrende ferite provocate dalle bome DIME ad alta densità esplosiva, e sospetta un generoso uso delle bombe al fosforo (3).

Secondo Jonathan Cook, impavido giornalista che continua ad abitare a Nazareth, l’Agnello di Sion sta usando Gaza come un poligono di prova di una quantità di nuove armi sperimentali fornite da Washington.

Anzi, per riuscire a vincere prima delle elezioni, pare che i soldati israeliani ammazzino i maschi palestinesi, veri o presunti combattenti, «dopo» averli catturati. Ma questo lo denunciano Mustafa Bargouti, segretario generale della Palestinian National Initiative, e Kaddoura Fares, presidente della Palestinian Prisoners Society: gente di cui non ci si può fidare, e le cui affermazioni non vanno prese sul serio (4).

Già. Come vedete nella tabella, in Israele c’è anche una componente «Arabs». Si deve trattare del partito Balad, per cui votano i palestinesi che hanno la cittadinanza israeliana. E’ accreditato di nove seggi.

«Sarebbe» accreditato. Perchè, come dice il già lodato Avigdor Lieberman, «Gli scopi di Balad e di Hamas sono gli stessi: distruggere Israele». Difatti, nel suo programma, il partitino arabo dichiara di voler «trasformare lo Stato di Israele in una democrazia per tutti i suoi cittadini, senza riguardo alla religione o all’etnia».

Il moderato partito Kadima dal canto suo riconosce il diritto della minoranza araba ad una «adeguata rappresentanza»; ma il governo israeliano ha l’obbligo di difendersi da un partito che, come il Balad, «cerca di distruggere l’identità di Israele in quanto Stato ebraico».

Sicchè la Commissione centrale elettorale ha deciso di escludere Balad dalle prossime elezioni, visto che Israele sta giusto combattendo per la propria esistenza come Stato ebraico.

Balad era stato escluso dal voto anche nel 2003, quando fu messo sotto accusa in blocco come sospetto di terrorismo: accusa poi dichiarata infondata dalla Corte Suprema, ma ad elezioni passate.

Ciò avviene perchè Israele, come ci ricordano i suoi estimatori, è la «sola democrazia del Medio Oriente». Quegli stessi che ci ripetono incessantemente che Hitler andò al potere con libere elezioni.

Come si vede in Israele, il ventaglio delle opinioni  ammesse spazia fra estremisti che aspirano al genocidio e all’incinerimento atomico degli arabi, fino ai moderati che si contentano dell’apartheid; e tutti sono per la guerra purchè - si capisce - il nemico non sia pericoloso.




1) «Israeli politician call for a nuclear strike on Gaza», Ma'an News, 13 gennaio 2009.
2) Mike Whitney, «Israel’s moral and political insanity», Counterpunch, 12 gennaio 2009. I teologi giudaizzanti, convinti che la promessa di Dio ad Israele mantenga il suo vigore, non potranno non convenire con il colono israeliano citato da Whitney: anch’essi pensano che Dio non ha cambiato idea, dunque se benedisse lo sterminio degli Amorrei, benedice anche quello dei palestinesi. Per contro, secondo Marco (1,23-27), quando sentirono per la prima volta parlare Gesù gli ebrei di Cafarnao «furono tutti presi da spavento, tanto che si chiedevano tra loro: che è mai questo?Una dottrina nuova, data con autorità...». Una dottrina nuova, a quanto pare.
3) Jonathan Cook, «Is Gaza a testing ground for experimental weapons? - Create as much mutilations as possible to terrorize the civilian population». GlobalResearch, 13 gennaio 2009.
4) Saed Bannoura, «Dr. Barghouti: Israel is executing civilians in Gaza, committing war crimes», International Middle East Media center, 10 gennaio 2009.


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