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Appello alla ragione
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Siamo a immagine e somiglianza di Dio, perché siamo forniti di ragione. Ma il modernismo, filosofia aberrante, che più virulenta che mai ha attaccato e invaso la Chiesa fin dalle più alte gerarchie, afferma che alle verità religiose non si può arrivare col raziocinio. L’atto di fede non è atto ragionevole, ma un movimento della volontà affettiva (fideismo) dovuto a certe esigenze latenti nella subcoscienza per cui l’uomo è portato ad affermare queste realtà che trascendono il mondo materiale e sensibile. Le prove dell’esistenza di Dio e delle verità del Cristianesimo le dobbiamo cercare in noi nell’interno della nostra coscienza e nei bisogni del nostro cuore.

«Il cuore ha delle ragioni che la ragione non intende. Dio ha voluto che la religione entrasse dal cuore nella mente, non dalla mente nel cuore» (Pascal), donde deducono che tutte le religioni sono ugualmente buone; vera è per ciascuno quella che meglio a lui si adatta. La verità è quindi in quest’ottica la conformità dell’oggetto coi bisogni, i desideri e le esigenze del soggetto, e siccome questi mutano secondo i luoghi, i tempi e le persone, anche la verità muta, è relativa, donde il nome di relativismo dato a questi sistemi.

Questo è il giudizio che del modernismo ha dato il mio professore di filosofia padre Paolo Dezza S.I., rettore per 10 anni dell’Università Gregoriana, poi cardinale. Ne consegue che il Vangelo non sia più verità inoppugnabile e immutabile. Esso sarebbe l’espressione dei sentimenti della comunità cristiana dei primi e dei successivi tempi. Quindi la resurrezione di Cristo è ridotta a simbolo delle aspirazioni dell’anima. Ma San Paolo scrive che se Cristo non è risorto vana è la nostra fede e noi siamo ancora nei nostri peccati.

Il modernismo è l’ultimo frutto del soggettivismo d’oltralpe che ha la sua origine in Cartesio e il suo sviluppo in Kant e nell’idealismo; la verità non è più «adaequatio intellectus ad rem», ma l’adeguarsi dell’intelletto a se stesso. Ecco perché la Chiesa di oggi non interviene più contro i seminatori di errori contro la sua tradizionale dottrina, perché l’eresiarca Martin Lutero viene esaltato come un grande teologo, perché la Santa Messa non è più la rinnovazione del sacrificio della Croce, ma la tavolata dei credenti, perchè i sacerdoti vengono a mancare, sono disertati i matrimoni, si è perduto il senso del peccato, il timore dei giusti castighi di Dio, si costruiscono con generosità moschee, si va a pregare in esse.

Cristo ci ha insegnato a giudicare i fatti dai loro frutti. Ecco i frutti del Concilio Vaticano II. Si fa presto a dire che esso è stato male inteso e interpretato. Esso è stato gestito e governato da autentici eretici che hanno sconvolto tutti gli schemi della teologia romana, intesa a mantenere integro il deposito della fede, in nome di una assurda libertà religiosa e di un falso ecumenismo, che proprio perché falso non procede più di un passo.

San Pio X condannò il modernismo come un vero agnosticismo religioso, sintesi di tante eresie, contrario non solo alla fede, ma anche alla ragione, sorto alla fine dell’800 in seno alla stessa Chiesa ad opera del Tyrrel in Inghilterra, del Loisy in Francia, del Buonaiuti in Italia.

L’enciclica «Pascendi» di quel grande Pontefice è oggi criticata da molti perché troppo severa, segno evidente che non lo è stata abbastanza per ripulire a fondo la Chiesa da tanti ecclesiastici oggi al potere.

Dopo quanto abbiamo detto è chiaro che la salvezza della Chiesa sta, oltre che nell’aiuto di Dio, nel ritorno alla ragione. La fede è certo un dono di Dio, ma nell’adulto essa ha bisogno dei presupposti di ragione.

«Non crederei se non vedessi che devo credere» (San Tommaso d’Aquino).

Dio stesso esige che il nostro ossequio sia razionale. Non si deve, non si può credere a bocca aperta. Gesù Cristo stesso invitava a cercare nelle Sacre Scritture la garanzia della verità della sua dottrina. E’ vero che la parola di Dio non si discute, ma prima bisogna dimostrare che Dio abbia parlato e che cosa abbia detto, anzi che Dio esista e quale sia la sua natura. Tutto questo richiede attività razionale, anzi una seria indagine scientifica che deve essere sempre più accurata quanto più si cresce nelle altre scienze.

Questo per l’uomo di cultura, poiché essa può provocare interrogativi che non si presentano ai semplici. A questi per credere razionalmente non sono necessarie indagini propriamente scientifiche: garantisce sufficiente ragionevolezza la nativa eccellenza della dottrina cristiana esposta dalla santità e scienza della vera Chiesa. Anche un ignorante intuisce la storicità dei Vangeli, e l’intuizione è la crema della ragione.

La scienza dei presupposti della fede ha il nome di teologia fondamentale o anche di apologetica (apologia=difesa) sviluppata fin dai Primi Padri della Chiesa che intendevano dimostrare la ragionevolezza del credere e insieme combattere le eresie che nascevano spontanee nel pur comprensibile tentativo di dare soluzioni umane ai necessari misteri di Dio.

Ma lo studio della teologia fondamentale richiede buona volontà: la Sacra Scrittura è abbastanza oscura per chi non vuole credere e abbastanza chiara per chi lo vuole. Dio riconosce il merito della paziente ricerca razionale della verità.

A Lui piacendo faremo insieme questo lavoro. Addentrandoci in questa scienza, vedremo quanto la religione cristiana sopravanzi di gran lunga tutte le altre religioni e come addirittura sia impossibile paragonare queste a quella, al punto di rendere inaccettabile e impensabile un dialogo alla pari, ma solo una irresistibile chiamata all’unica luce di verità che promana da essa.

E si vedrà pure quanto sia inconsistente l’accusa ai cristiani di voler superbamente pretendere di essere detentori della verità, mentre invece essi altro non cercano che di comunicare a tutto il mondo una dottrina che non viene dalla variegata fantasia dell’uomo, ma dal soprannaturale e amoroso intervento di Dio nella storia.

Giorgio Berardi


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