I Rothschild: una delle “grandi famiglie” che dominano il mondo
don C. Nitoglia
23 Settembre 2021
Da Edmund Burke ai Rothschild
Studiando i Rothschild, nella scorsa puntata, siamo incappati nella figura di Federico von Gentz – l’ideologo ispiratore della politica del Principe Metternich – e abbiamo appurato che era un ammiratore della dottrina della “Rivoluzione conservatrice” di Edmund Burke[1].
Perciò, abbiamo dovuto prendere atto come questa “Rivoluzione conservatrice” abbia avuto quali attori principali, oltre che il Metternich (coadiuvato dal Gentz, ispirato dottrinalmente da Edmund Burke), pure i fratelli Rothschild (i quali erano “conservatori” del loro patrimonio monetario, per interessi puramente finanziari e non ideologici).
Infatti, la Banca Rothschild – nella crisi del luglio 1830 – si adoperò a favorire il “Re illuminato” (Luigi Filippo) a capo della “Rivoluzione conservatrice” e a sfavorire la nascita di una eventuale “Rivoluzione radicale” e repubblicana, la quale, se avesse corso troppo forte, avrebbe rischiato di far saltare l’equilibrio economico/politico che si era stabilito in Europa attorno al 1830 tra le varie Corone e la Banca, con un eventuale ribasso della Borsa, aborrito dai Rothschild.
Quindi, non è esagerato dire che anche la Banca Rothschild cooperò all’instaurazione di una “Rivoluzione conservatrice” (per salvaguardare i propri interessi economici) assieme al Metternich.
Edmund Burke e il cattolicesimo/liberale
In un recente libro[2] Roberto Marchesini spiega che, secondo il caporione del neoliberismo Ludwig von Hayek[3], il quale seguiva le orme tracciate da Edmund Burke, vi sarebbero due forme di Liberalismo: una latina, continentale, anticristiana, anticlericale e antireligiosa; l’altra anglo/americana non incompatibile con la religione e con il Cattolicesimo (R. Marchesini, cit., p. 118).
Insomma, secondo Hayek, vi sarebbe un Liberalismo buono e uno cattivo; così pure – secondo i teocon attuali – vi sarebbe analogamente una Massoneria buona e una cattiva, come vedremo nella prossima puntata.
Questa distinzione, ripresa verso la fine del Novecento da Hayek, fu elaborata nella fine del Settecento proprio da Edmund Burke (1729 – 1797), il pensatore liberal/conservatore che aveva ispirato von Gentz, il quale a sua volta consigliava il Metternich…, mentre tutti costoro erano ampiamente utilizzati economicamente dai Rothschild.
Tuttavia, l’insegnamento della Chiesa sul Liberalismo è assai diverso da quello del Burke e di Hayek. Infatti, se si studia un qualsiasi manuale di teologia cattolica si può facilmente capire che: «1. Il liberalismo ha avuto una preparazione remota nel rinascimento, nell’umanesimo, nell’illuminismo, nel razionalismo ed infine nell’individualismo, di cui non è che la pratica applicazione. L’individualismo infatti tende ad esaltare il valore del singolo, la sua individuale libertà contro l’autorità esteriore, la sua propria attività contro l’attività sociale, attribuendo alla persona attributi che essa non ha. […]. Nei suoi risultati fu un movimento di disintegrazione, atomizzazione, proclamando gli individui sufficienti a se stessi (autarchia) e responsabili solo a se stessi (autonomia) La propria coscienza dovrebbe esser l’unico criterio del bene e del male. L’individualismo si manifesta principalmente nella religione, nell’etica, nella politica, nell’economia. L’individualismo religioso rifiuta qualsiasi “credo” definitivo e qualsiasi sottomissione a un’autorità religiosa esterna, rivendicando l’autonomia della voce della coscienza. […]. 2. Il liberalismo sostiene quindi anch’esso l’autonomia della ragione che viene elevata ad arbitra della rivelazione e della dottrina della Chiesa. Esso ha una fede illimitata nella potenza dell’intelletto (inseparabile dal razionalismo dei secoli XVII, XVIII) e nega tutto quello che non si può comprendere con l’intelletto; significa quindi la secolarizzazione di tutta la vita pubblica. Lo Stato è neutrale: esso afferma la tolleranza per tutte le correnti di idee, per tutti i culti; libertà massima nella scienza, nell’arte, nella letteratura, nel teatro, nell’economia etc. La Chiesa sostenitrice del principio d’autorità viene espulsa dalla scuola, dall’ingerenza nel matrimonio ecc. Il liberalismo crede nell’essenziale bontà della natura umana e nella sua infinita facoltà di evoluzione, nonché nell’armonia tra i liberi individui e i loro interessi. Quanto più è ampia la libertà, tanto più è forte il progresso e l’ordine. Di qui si arriva all’illimitata autonomia dell’economia, scienza, politica e via dicendo. Il liberalismo è dunque antropocentrico: pone l’uomo come centro e fine, mentre la libera evoluzione delle sue facoltà naturali viene considerata come il senso della vita. 3. Essendo la libertà dell’individuo il principio fondamentale del liberalismo, tutta la compagine sociale poggia su questo principio. La società non è più un organismo con le sue molteplici, interne, morali e vitali relazioni; ma un automatismo, un meccanismo che non persegue il bene comune come fine, ma è piuttosto una somma di liberi individui che regolano i loro interessi per motivi egoistici. Un altro principio del liberalismo è che le singole attività umane (politica, economia, scienza, lettere, arte ecc.) devono essere governate da proprie leggi interne, escluso ogni intervento esterno, anche delle norme etiche e religiose: da ciò consegue la separazione della vita dalla religione, della cultura dalla Chiesa» (F. Roberti – P. Palazzini, Dizionario di teologia morale, Roma, Studium, 1955, II ed., 2019, Proceno di Viterbo, Effedieffe, voce “Liberalismo”).
Mi sembra, perciò, evidente che tra Liberalismo e Cattolicesimo l’opposizione sia enorme e inconciliabile
Invece, Burke (come poi anche Hayek) cercava di distinguere e anzi contrapporre nettamente 1°) un “Liberalismo buono”, incarnato dalla seconda Rivoluzione inglese[4] (1688/89) e americana (1775/1783) – che per lui erano buone e tradizionali o almeno conservatrici – da 2°) un “Liberalismo cattivo”, incarnato dalla Rivoluzione francese (1789), la quale invece era chiaramente sovversiva.
La tesi del Burke è che l’Inghilterra, anche con la sua seconda “Gloriosa Rivoluzione” del 1688, fosse ancora un Regno totalmente tradizionale e persino medievale.
Tuttavia, non si può non notare che la “Gloriosa Rivoluzione inglese” (1688/89) 1°) ha destituito il Re Giacomo II Stuart (mentre la prima Rivoluzione inglese aveva già decapitato Carlo I Stuart nel 1649, circa 150 anni prima della decollazione di Luigi XVI nel 1793 durante la Rivoluzione francese); 2°) ha spogliato la Chiesa dei suoi beni (continuando la politica di Enrico VIII e dello scisma anglicano del 1534); 3°) ha nominato, tramite il Parlamento, un nuovo Re (l’olandese Guglielmo d’Orange nel 1689), fondando così una Monarchia parlamentare (simile a quella della Francia del luglio del 1830).
Per cui si può concludere tranquillamente che la Rivoluzione francese ha imitato, forse in maniera un po’ più latina o radicale e meno anglosassone o conservatrice quanto al modo, quella inglese, che non è qualcosa di essenzialmente diverso dalla prima.
Inoltre, la Riforma anglicana (1534/51) aveva già rotto con la Chiesa romana violentemente e ne aveva incamerato i beni senza troppi problemi, in maniera molto “latina” e poco “anglosassone”.
Infine, come non rilevare che i princìpi dell’Illuminismo radicale o francese sono sostanzialmente eguali a quelle dell’Illuminismo conservatore o britannico; l’unica differenza è accidentale, ossia consiste nel modo di affermare certi ideali, che sono gli stessi anche se vengono asseriti in maniera più o meno accesa. Insomma, è una questione di carattere: un latino è più acceso quanto ai modi di un anglosassone, anche se essi hanno le stesse opinioni.
In effetti, se si pone bene attenzione ai princìpi basilari del Liberalismo essi sono: l’esaltazione della tolleranza per principio; del parlamentarismo democratico; del commercio o del mercantilismo; della filosofia empirista e sensista; il rifiuto della metafisica dell’essere. In breve, l’Illuminismo britannico è sostanzialmente identico a quello francese, anche se essi divergono quanto al modo più o meno pacato di esprimersi.
Quest’idea un po’ singolare della bontà della Rivoluzione britannica partorita da Edmund Burke, rilanciata da Hayek, è stata fatta poi entrare, durante il Concilio Vaticano II, come un vero e proprio “cavallo di Troia” nell’ambiente ecclesiale cattolico/romano dal padre gesuita americano John Courtney Murray (1948) e successivamente dal cardinal Bea (1960).
John Courtney Murray: il Liberalismo entra nell’ambiente ecclesiale
Il gesuita americano (1904 – 1967) fu una vera “quinta colonna” dentro la Chiesa per eroderne l’identità dal di dentro e cambiarne (“si fieri potest”) la natura.
Sul finire della Seconda Guerra Mondiale gli Usa si apprestavano a conquistare definitivamente l’Europa e poi il mondo intero. Tuttavia vi era ancora un “Impero” che nonostante tutto non era crollato nel 1945: la Chiesa romana e che andava inglobato nel Nuovo Ordine Mondiale.
In America, soprattutto Roosevelt e il magnate dell’editoria Henry Luce (1898– 1967) avevano capito che persino nella loro Patria (gli Usa) i Cattolici erano organizzati piramidalmente con una specifica gerarchia (parroco e Vescovo, che rispondevano al Papa di Roma), in enclave nazionali (italiani, irlandesi, polacchi, tedeschi…).
Costoro non si erano assimilati all’ideologia “Wasp” ossia dei “Bianchi, anglosassoni e protestanti” e risultavano difficilmente assimilabili.
Inoltre (“horribile dictu”) erano prolifici (come oggi lo sono gli Arabi) e sarebbero diventati maggioranza in America, facendola diventare cattolica per la esplosione della “bomba demografica”.
Occorreva correre ai ripari… Bisognava cambiare la mentalità dei Cattolici e cercare di renderli “sterili” fisicamente e dottrinalmente, modificando la morale matrimoniale, tramite l’introduzione della contraccezione, che avrebbe anche minato la fortezza dogmatica e dottrinale dei Cattolici, impregnandoli così di Americanismo o Modernismo ascetico, “sterilizzandoli”.
Marchesini ci informa che «tra il 1963 e il 1967, presso l’Università cattolica Notre Dame di South Bend in Indiana, l’associazione abortista Planned Parenthood tenne una serie di seminari segreti sul controllo delle nascite, sull’aborto e sulla contraccezione. I destinatari dell’iniziativa erano alcuni docenti dell’Università che, a cascata, avrebbero in séguito diffuso i contenuti delle conferenze sugli studenti. In cambio, l’Università avrebbe ricevuto 100.000 dollari dalla Ford Foundation e, addirittura, 500.000 dalla Rockefeller Foundation. Inoltre, grazie a padre Hesburgh (1917 – 2005), il rettore dell’Università Notre Dame, John D. Rockefeller ottenne (il 15 luglio 1965) un’udienza privata con Paolo VI per illustrargli i vantaggi dell’applicazione della spirale intrauterina[5]. In cambio dei suoi servigi, padre Hesburgh venne nominato presidente della Rockefeller Foundation» (cit., p. 124).
Ma non è tutto qui. Infatti, gli Usa avrebbero voluto impadronirsi della struttura della Chiesa romana, così efficientemente funzionante, per impiantare rapidamente ed efficacemente un Nuovo Ordine Mondiale nell’universo intero.
L’intelligence americana aveva notato che i Cattolici erano compatti e obbedienti; diffusi in tutto l’orbe, ben strutturati in parrocchie e diocesi sotto la direzione del Papa, quindi fortemente gerarchizzati.
Insomma, la Chiesa era l’arma migliore per esportare in tutto l’universo l’ideologia americana, ma occorreva infiltrarla, occuparla, prenderne la guida e neutralizzarla.
Per far ciò, si pensò anche di sfruttare l’arma “anticomunista”, ossia di far entrare i Cattolici nell’orbita degli Usa con lo specchietto per allodole della lotta del Patto atlantico contro l’Impero sovietico; insomma, lo spettro della paura del Comunismo avrebbe spinto i Cattolici europei a gettarsi in braccio al Liberalismo atlantico; proprio come oggi la paura del Covid/19 spinge gli uomini all’inoculazione del vaccino sperimentale.
L’intelligence statunitense affidò al generale C. D. Jackson (1902 – 1964) della Cia (e uno dei principali artefici del Bildelberg group) il compito d’infiltrare la Chiesa e di renderla aperta alla mentalità americana.
Tuttavia occorreva edulcorare alcuni princìpi cattolici eccessivamente dogmatici, i quali non avrebbero reso possibile un proficuo “dialogo” tra Usa e Roma.
Innanzitutto bisognava smussare il dogma “fuori della Chiesa non c’è salvezza”, troppo esclusivista per il pluralismo inclusivista liberal/americano, che faceva un tutt’uno con l’indifferentismo liberale di stampo massonico.
Il secondo punto da ammorbidire riguardava la dottrina dei rapporti tra Stato e Chiesa, che (per il Cattolicesimo) debbono collaborare nell’ordine della gerarchia dei fini, ossia lo Stato che è ordinato al benessere comune temporale deve essere subordinato alla Chiesa, deputata al benessere spirituale; come il corpo è subordinato all’anima, la luna al sole.
L’America, paladina del Liberalismo, riteneva che ci dovesse essere totale separazione tra Stato e Chiesa e che questa non potesse presentarsi come l’unica arca di salvezza.
Tuttavia per portare a termine quest’operazione non bastava un “agente” esterno (la Cia), ma occorreva una “talpa” interna, una “quinta colonna” o un “cavallo di Troia” all’interno della Chiesa stessa. Questa “talpa” fu padre John Courtney Murray.
Ancora Marchesini (p. 126) spiega che il 26 aprile del 1948 la National Conference of Christians and Jews organizzò a Baltimora una conferenza segreta su “Stato e Chiesa”. Erano presenti ebrei, protestanti e un cattolico: padre Murray.
Lo stesso legame tra Ebraismo e Libertà religiosa lo ritroveremo tra poco trattando la questione della genesi dei due Documenti del Concilio Vaticano II sui rapporti tra Stato e Chiesa (Dignitatis humanae personae) e tra Giudaismo e Cristianesimo (Nostra aetate)
Scopo della conferenza era quello di arrivare a far cambiare rotta all’insegnamento della Chiesa su questo tema. «Da quel momento, Murray divenne noto per le sue posizioni a favore della separazione tra Stato e Chiesa» (R. Marchesini, cit., p. 126).
La seconda moglie dell’Editore Luce era Claire Boothe Luce (1903 – 1987), che si era convertita al Cattolicesimo nel 1946 e che divenne ambasciatrice degli Usa in Italia, con delega ai rapporti con il Vaticano dal 1953 al 1956.
Nel 1955 il S. Uffizio intimò al Murray di non scrivere più sul tema dei rapporti tra Stato e Chiesa nel senso della separazione totale tra di loro; ma invano, oramai egli era più americanista che romano.
Tuttavia, nel 1962 padre Murray venne a Roma per partecipare come perito del cardinal Spellman ai lavori del Concilio Vaticano II, e specificatamente per far passare de facto nell’ambiente ecclesiale la nuova teoria della “Libertà religiosa” come avverrà con il Decreto Dignitatis humanae personae (7 dicembre 1965).
Non si può capire ciò che è successo al Concilio senza studiare il ruolo giocato in esso dai servizi segreti soprattutto americani e israeliani molto più che sovietici.
Roncalli e Jules Isaac: Liberal/Talmudismo in ambiente ecclesiale
Ora, se già dal 1948 la Cia (non senza la National Conference of Christians and Jews) si occupava del concetto di “Libertà religiosa” da far accettare all’ambiente ecclesiale romano; nel 1960 il Bené Berith, ossia la Massoneria ebraica (non senza il Mossad), fece gli ultimi passi per addivenire alla stesura della Dichiarazione Dignitatis humanae personae (7 dicembre 1965) sulla “Libertà religiosa” e a quella sui rapporti tra Cristianesimo e Giudaismo che si chiamerà Notra aetate (28 ottobre 1965). Vediamo come…
I personaggi più rappresentativi che lavorarono alla stesura di questa Dichiarazione furono Giovanni XXIII, il cardinal Bea e Jules Isaac.
L’incontro tra Roncalli e Jules Marx Isaac (13 giugno 1960) fu organizzato dal Bené Berith (d’ora innanzi B.B.)[6].
L’altro artefice di Nostra aetate (d’ora innanzi “NA”) fu il card. Agostino Bea[7], che volle incontrare – sùbito dopo aver ricevuto da Roncalli l’incarico di arrivare ad un documento “revisionista” sui rapporti giudaico/cristiani – Nahum Goldman (Presidente del Congresso Mondiale Ebraico, nonché ideatore del Processo di Norimberga nel 1946) a Roma il 26 ottobre 1960. Bea chiese a Goldman, da parte di Roncalli, una bozza per il futuro documento del Concilio sui rapporti cogli Ebrei e sulla libertà religiosa (“NA” e “Dignitatis humanae personae”). Il 27 febbraio 1962 il memorandum fu presentato a Bea da Goldman e Label Katz (anche lui membro del B.B.), a nome della Conferenza Mondiale delle Organizzazioni Ebraiche. Ebbene, questa bozza ispirata dalla Massoneria ebraica (B.B.) e dal Congresso Mondiale Ebraico, ha prodotto Dignitatis hmanae (d’ora in poi “DH”) e “NA”[8].
Lo stesso Bea, sin dal 1961, incontrava spesso, a Roma, il rabbino Abraham Yoshua Heschel, professore al “Seminario Teologico Ebraico” statunitense. Egli fu il padre spirituale dei “teo–conservatori” cristianisti dell’amministrazione Bush jr., e «come collega scientifico di Bea... esercitò un notevole influsso sulla elaborazione di “NA”»[9].
Nel 1986 Jean Madiran ha svelato l’accordo segreto di Bea–Roncalli con i due dirigenti Ebrei (Isaac–Goldman), citando due articoli di Lazare Landau, sul Quindicinale ebraico/francese “Tribune Juive” (n. 903, gennaio 1986 e n. 1001, dicembre 1987).
Landau scrive: «Nell’inverno del 1962, i dirigenti Ebrei ricevevano in segreto, nel sottosuolo della sinagoga di Strasburgo, un inviato del Papa [...] il padre domenicano Yves Congar, incaricato da Bea e Roncalli di chiederci ciò che ci aspettavamo dalla Chiesa cattolica, alla vigilia del Concilio [...] la nostra completa riabilitazione, fu la risposta [...]. In un sottosuolo segreto della sinagoga di Strasburgo, la dottrina della Chiesa aveva conosciuto realmente una mutazione sostanziale»[10].
Uno specchietto per allodole: O liberisti o comunisti?
Infine, uno dei cavalli di battaglia dei teocon per perorare la causa del Liberalismo è la contrapposizione radicale tra il Liberismo e il Comunismo. Per cui il dilemma sarebbe: “O comunisti o liberisti, tertium non datur!”; insomma: “Chi non si vaccina, muore!”.
Il paladino di questa posizione è stato un allievo del Murray, Michael Novak, che sotto il ricatto della paura del Comunismo, ha fortemente spinto non solo l’Europa ma anche l’ambiente ecclesiale verso l’Atlantismo e il Sionismo.
La dottrina cattolica, invece, insegna che il Socialcomunismo è un “effetto collaterale” del Liberalismo filosofico/politico e della sua versione economica (Liberismo).
Infatti, il Socialismo spinge alle conclusioni estreme e radicali ciò che è contenuto potenzialmente, anche se in maniera meno accesa quanto al modo, nel Liberalismo, insomma, tra di loro vi sono le medesime differenze che vi erano tra Rivoluzione britannica e francese, tra Massoneria di destra e di sinistra.
Ancora Marchesini cita – per provare la sostanziale identità (nella accidentale diversità) tra Liberalismo e Comunismo – un interessante libro di Ettore Bernabei (L’Italia del “miracolo” e del futuro, Siena, Cantagalli, 2012), secondo cui gli Usa avrebbero voluto favorire il Marxismo/leninismo per impedire alla Russia, che possedeva le materie prime, di diventare – da Paese agricolo e medievale – una potenza industriale capace di competere con il super/capitalismo atlantico e occidentale, mantenendo le sue radici cristiane, le quali invece furono cancellate dal Bolscevismo.
Divenendo comunista, la Russia avrebbe perso molte delle sue potenzialità di arricchirsi industrialmente e di competere con gli Usa.
Alcuni esempi tratti dalla storia della Rivoluzione bolscevica del 1917 sono abbastanza significativi.
Leon Trotskij, ad esempio, sbarcò con la famiglia a New York il 13 gennaio del 1917, ampiamente foraggiato dal super/capitalismo statunitense. Il 27 marzo del 1917 lasciò l’America diretto in Norvegia, su una nave piena di rivoluzionari comunisti, ma venne intercettato dalla marina britannica ad Halifax e fu arrestato come spia tedesca. Qualcuno telegrafò in sua difesa al Presidente Usa (Woodrow Wilson) che fece arrivare a Trotskij e “compagni” regolari passaporti statunitensi per tornare in Russia (a fare la Rivoluzione). Trotskij arrivò in Russia il 17 maggio 1917[11].
Inoltre la Federal Reserve Bank di New York finanziò i bolscevichi nell’agosto del 1917, mentre nel maggio del 1918 venne fondata – con lo scopo di poter commerciare liberamente con la neonata Urss – la American League to Aid and Cooperate with Russia. Infine, il più grande ente finanziario americano Kuhn Loeb and Company partecipò al finanziamento del primo piano quinquennale ideato e realizzato da Stalin tra il 1928 e il 1933[12].
Perciò il super/capitalismo liberista statunitense fece tutto il possibile per aiutare il Comunismo sovietico a non morire di fame e a portare avanti la Rivoluzione bolscevica.
Ciò non significa che i banchieri statunitensi fossero comunisti (proprio come i Rothschild nel 1830 non erano conservatori, ma semplicemente affaristi), ma solo che la loro ideologia era il mercato, il profitto e il guadagno, insomma il super/liberismo, il quale era dispostissimo a servirsi del Comunismo per arricchirsi maggiormente.
Essi, come avevano fatto i Rothschild nel 1800 finanziando sia Napoleone sia Wellington, aiutavano economicamente sia i bolscevichi sia i “bianchi” rimasti fedeli allo Zar, guadagnando sia con gli uni sia con gli altri.
Tuttavia, in questo campo, non si può considerare unicamente il fattore dello sfruttamento da parte della finanza americana del Bolscevismo sovietico per mantenere la Russia in una posizione di dipendenza economica nei propri confronti; invece occorre pure studiare il ruolo giocato dal risentimento della finanza ebraica contro lo Zarismo per la sua politica marcatamente antigiudaica (A. Solgenitsin, Due secoli assieme, Napoli, Controcorrente, 2007, 2° vol.).
Tuttavia, è innegabile che uno dei motivi primari che muovevano gli Usa nei confronti della Russia fosse proprio quello di togliere di mezzo un pericoloso concorrente. Infatti, sotto i Soviet la Russia non era in grado neppure di poter pensare di avvicinarsi all’America dal punto di vista economico/commerciale.
Tutto questo prova che la Rivoluzione comunista e l’alta finanza liberista non solo non sono contrapposte, ma sono in un rapporto di cooperazione per lo stabilimento di un Nuovo Ordine Mondiale, che possa controllare il mercato mondiale e anche la politica dell’universo orbe, in cui il mondo sovietico potrebbe fornire mano d’opera a bassissimo prezzo al mondo occidentale e liberale, per di più senza diritto di sciopero.
Insomma, conclude Marchesini: “Il Comunismo sovietico in Russia è stato tutt’altro che un nemico per il capitalismo occidentale” (cit., p. 144).
Un altro indizio di questa complementarità nella diversità tra Comunismo e Liberismo è il fatto che la principale istituzione del Socialismo mondiale la Fabian Society e la maggiore Istituzione del Liberismo, la London School of Economics, non hanno lottato tra di loro ma si sono correlate…, vediamo come.
La Fabian Society fu fondata nel 1884, essa si proponeva di raggiungere i suoi scopi in maniera graduale ed è per questo che si chiama Fabian da Quinto Fabio Massimo il Temporeggiatore, colui che lottò contro Annibale temporeggiando ed evitando lo scontro frontale.
Analogamente la Fabian Society si proponeva di raggiungere i suoi scopi iper/liberisti senza scosse violente, senza lotte frontali, ma gradualmente e dolcemente. Essi erano e sono ancora: 1°) l’eliminazione delle Nazioni e delle Patrie; 2°) la loro sostituzione con un Governo Unico Mondiale, guidato da una élite di ultra/plutocrati che governano su una massa di ultra/poveri; 3°) il controllo poliziesco sulla popolazione mondiale tramite la pratica sanitaria e eugenetica; 4°) l’abolizione della vera religione tramite la cancellazione del culto pubblico reso all’unico Mediatore e Redentore del genere umano, ossia il Sacrificio della Messa di Tradizione apostolica; 5°) l’abolizione della piccola e media proprietà e impresa privata a pro del latifondo e della grande industria.
Ecco perché lo stemma primitivo della Fabian Society era un lupo travestito da pecora, ossia il turbo/capitalismo che si nasconde sotto sembianze di agnello per scannare i popoli e succhiare il loro sangue.
Ma non è tutto, anzi qui viene il bello. Infatti la socialistissima Fabian Society nel 1895 dette nascita alla London School of Economics and Political Science: il tempio del super/liberismo mondiale e mondialista.
Mi sembra, perciò, molto difficile negare che vi sia stata una certa simbiosi tra Socialismo e Liberismo per la futura dominazione universale del mondo intero da parte di una piccola élite; insomma, Liberismo e Socialismo non solo non sono contrapposti, ma sono due facce della stessa medaglia, due rami dello stesso albero e due tentacoli della medesima piovra.
Liberalismo e Cattolicesimo: Concilio Vaticano II e “Novus Ordo Missae”
Un’altra ulteriore tappa dell’instaurazione del Nuovo Ordine Mondiale, come trampolino di lancio del Regno dell’Anticristo finale, dopo il Concilio Vaticano II (1962 – 1965) fu la promulgazione (3 aprile 1969) della Nuova Messa di Paolo VI, ossia il famigerato Novus Ordo Missae.
Questa riforma promulgata nel 1969 fu preceduta dalle orribili Messe beat, la prima delle quali fu celebrata ufficialmente il 27 aprile 1966.
Verso la metà degli anni Sessanta, il maestro Marcello Giombini (1928 – 2003), autore di colonne sonore di western all’italiana[13], ebbe l’idea di scrivere in collaborazione con il paroliere Giuseppe Scoponi (1925 – 2017), delle canzonette a sfondo vagamente “religioso”, con ritmi beat (cfr. M. Scaringi, La Messa dei giovani di Marcello Giombini all’indomani della Riforma liturgica, Roma, Ufficio Liturgico Nazionale, 1996; T. Tarli, Le messe beat, Roma, Castelvecchi, II ed. 2007; F. Marchignoli, Pop italiano d’ispirazione cristiana, Villa Verrucchio, La Pieve Poligrafica, 2008).
Nel 1965 un complessino ye–ye ascolano “Gli Amici” incise un disco di canzoni “sacre” che avrebbero iniziato ad animare le messe beat ancor prima che venisse promulgata la Nuova Messa Montiniana. Sùbito dopo salì alla ribalta il complesso sardo de “I Barrittas”.
Questi veri e propri scempi, precursori della Nuova Messa Montiniana, furono sùbito elogiati dal Generale dei Gesuiti di allora, padre Pedro Arrupe (1907 – 1991). Il gesuita Arrupe fu affiancato dal padre domenicano Gabriele Sinaldi della Università “Pro Deo”, consigliere di Giuseppe Scoponi, che incoraggiò Marcello Giombini a comporre la cosiddetta “Messa dei giovani”, ossia la quasi ufficializzazione della Messa beat in attesa della promulgazione del Novus Ordo Missae.
Questa “Messa beat ufficiosa” e non ancora ufficiale fu eseguita (più che celebrata) la prima volta nella chiesa di San Filippo Neri alla Vallicella, il 27 aprile del 1966, alla presenza di migliaia di persona, della TV e di molti giornalisti.
La Messa beat non deve essere considerata una scappatella effimera di qualche giovane o prete scapestrato, ma ha segnato in maniera molto seria la Liturgia cattolica, che già da allora iniziò a essere luteranamente riformata.
Purtroppo dall’Italia la “Messa beat” si trasferì anche all’estero e persino oltre/oceano.
Ebbene, non mi sembra eccessivo dire che il “Sessantotto studentesco” fu ampiamente anticipato dal “Sessantacinque clericale”.
Venne così introdotto (1965), già prima della promulgazione della Nuova Messa (1969), un nuovo rito della Messa, molto più simile alla “Cena luterana” che al rinnovamento incruento del Sacrificio del Calvario, con la lingua volgare, il tavolino al posto dell’altare, la comunione in piedi e persino sulle mani, il celebrante che officia rivolto al popolo e non a Dio.
Attenzione! Il domenicano padre Gabriele Sinaldi, come abbiamo visto, insegnava alla Università “Pro Deo”, che fu fondata esattamente nel fatidico 1966 dal padre domenicano Felix Morlion (1904 – 1987). Roberto Marchesini (cit., p. 155) ci spiega che essa era “l’ennesimo progetto della Cia gestito da Henry Luce”, cara amica di padre Murray.
Padre Morlion nacque a Dixmude in Belgio il 16 maggio del 1904 e arrivò, con l’Esercito Usa, in Sicilia e poi a Roma nel 1944 – accompagnato da una lettera di presentazione di Alcide De Gasperi firmata da don Sturzo – con alcuni compiti di carattere politico affidatigli dal fondatore del Partito Popolare Italiano, esule negli Usa (1924/1940).
Ora, Morlion era un esperto di tecniche della guerra psicologica e di propaganda di massa, lavorava per i servizi segreti americani (Oss e poi Cia).
Egli fondò a Roma, con il nulla osta di monsignor Montini, nel 1946, la Università Internazionale degli Studi Sociali (UISS) “Pro Deo” della quale divenne il Presidente nel medesimo anno, con a capo il Presidente (dal 1921 al 1966) della Fiat Vittorio Valletta[14] e con la protezione dei ministri democristiani Scelba, Gonella e Andreotti.
Attualmente la “Pro Deo” si chiama Libera Università Internazionale degli Studi Sociali (LUISS) “Guido Carli” fondata a Roma nel 1974 da Umberto Agnelli, che rilevò la “Pro Deo”, ma che ne cambiò nome solo nel 1977.
Padre Morlion ne restò Presidente sino al 31 ottobre 1975, fu rimpiazzato da Carlo Ferrero sino al 1978, poi dal Governatore della Banca d’Italia (1960/1975) e, quindi, Ministro del Tesoro (1989/1992) Guido Carli dal 1978 al 1993, in séguito da Luigi Abete (1993/2001), quindi da Antonio D’Amato, Luca Cordero di Montezemolo (2004/2010), Luisa Marcegaglia (2010/2019) e da Vincenzo Boccia nel 2019.
Egli era stato incaricato di ridurre l’influenza comunista in Italia, anche attraverso la propaganda, il cinema e la cultura. Collaborò con Roberto Rossellini alla produzione di due film: Stromboli e Francesco giullare di Dio entrambi del 1950 (cfr. F. Scottoni, Il pio frate che lavorava per la Cia, in la Repubblica, 27 novembre 1991; N. Tranfaglia, Come nasce la repubblica, Milano, Bompiani, 2004).
Conclusione
Abbiamo visto, in questa puntata, come l’alta finanza incarnata soprattutto dalla Banca per antonomasia, ossia la Casa Rothschild, abbia influenzato (1830) il pensiero politico libera/conservatore, penetrando poi in ambiente ecclesiale cattolico/romano tramite un duplice trappolone: 1°) il Liberalismo sarebbe sostanzialmente conciliabile col Cattolicesimo (Edmund Burke: 1790) come unica alternativa al Comunismo (Murray: 1948); 2°) il Giudaismo talmudico nella sua variante politica del Sionismo sarebbe l’unica alternativa all’Islamizzazione dell’Europa (Isaac/Bea: 1960).
Per ora mi fermo qui onde non stancare il lettore, nelle prossime puntate dovrò soffermarmi su altri tentativi d’infiltrare il Cattolicesimo e l’ambiente ecclesiale romano, mediante il trabocchetto della Massoneria conservatrice o di “destra” (anglo/americana) reputata buona (con la quale il Cattolicesimo potrebbe collaborare) per rapporto alla Massoneria deviata o cattiva, di stampo latino o di “sinistra” con la quale ogni dialogo sarebbe impraticabile.
Insomma si tratta sempre del vecchio “complotto giudaico/massonico”… come dicono i complottisti …
d. Curzio Nitoglia
FINE DELLA QUATTORDICESIMA PARTE
CONTINUA
[1] Edmund Burke (1729 – 1797) nel 1769 fu iniziato nella Massoneria londinese, nella Loggia Jerusalem n. 44 (cfr. Sito ufficiale della Grand Lodge of British Columbia).
[2] Liberalismo e Cattolicesimo, Milano, Sugarco, 2021.
[3] In Enciclopedia del Novecento, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1978, voce Liberalismo.
[4] La prima « Rivoluzione inglese » ebbe luogo dal 1642 al 1651 e portò alla decapitazione del Re Carlo I nel 1649.
[5] Che è anche abortiva e non solo anticoncezionale.
[6] N. Goldmann, Staatmann ohne Staat. Autobiographie, Koln–Berlin, 1970, pp. 378 ss.
[7] J. Madiran, L’accord secret de Rome avec les dirigeants juifs, in «Itineraires», n. III, settembre 1990, p. 3, nota 2.
[8] C. Schmidt, Il cardinal Agostino Bea, Roma, Città Nuova, 1987 , p. 612, nota 179.
[9] J. Madiran, in «Itinéraires», autunno 1990, n. III, pp. 1–20.
[10] Cfr. T. Federici, Israele nella storia della salvezza, in «Humanitas», n. 22/1–2, (anno 1967), pp. 75–109.
[11] Cfr. Antony Cyril Sutton, Wall Street And The Bolshevik Revolution, Cutchogue / New York, Buccaneer Books, 1974.
[12] Charles Levinson, Vodka Cola, Firenze, Vallecchi, 1978, p. 257.
[13] Inoltre ha musicato anche film horror e scabrosi. Si è occupato anche di “numerologia” e di fantascienza
[14] Valletta fu iniziato alla Massoneria il 24 novembre 1917, nella Loggia XX settembre di Roma e il 20 giugno del 1919 raggiunse il 32° grado del Rito scozzese antico e accettato. Cfr. P. Bairati, Valletta, Torino, Utet, 1983.
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