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Come vincere la Depressione
18 Ottobre 2011
Questo articolo va inteso come una nota, e correzione, del mio precedente pezzo su Goldman-Draghi. Lì ho criticato la politica della lesina monetaria compiuta dalla BCE, e di Draghi, con la congiunta imposizione di austerità atroci, sostenendo implicitamente che è più adeguata la politica contraria della Federal Reserve, che crea trilioni di moneta dal nulla per inondarne il sistema. Ora uno studio originale rivela che si tratta di due errori.tttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttt ttttttttttttttttt ttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttt ttttttttttttttttt ttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttt Ben Bernanke è un noto accademico, celebre come profondo studioso della Grande Depressione del 1929-1939. Sulla base di un’idea di Milton Friedman, Bernanke è giunto alla conclusione che la causa fondamentale di quella Grande Depressione, come di quella presente, sia stata la mancanza o insufficiente fornitura di «moneta-base». È questa la moneta che creano le Banche Centrali – detta M0 – e che, fornita alle banche private, forma la loro riserva. Grazie al meccanismo del credito frazionale, possono dare crediti molte volte più grandi delle loro riserve, creando denaro che non esisteva prima. Si tratta di moneta-credito, M1, M2, M3, che accelera con la sua abbondanza la crescita economica e l’occupazione. Ma è innescata dall’emissione del moltiplicatore generato dalla Banca Centrale. È in base a questa teoria – la più ufficale e accettata – che Bernanke ha fatto dire al suo golem negro, Obama, per giustificare i salvataggi bancari, che «un dollaro di capitale in una banca può produrre otto o dieci dollari di prestiti alle famiglie e alle imprese». Il fatto è che stavolta la teoria non ha funzionato. I 1.300 miliardi di dollari (1,3 trilioni) che Helicopter Ben ha iniettato nel sistema non hanno aumentato adeguatamente la moneta in circolazione. A forza di TARP e di salvataggi, l’aumento della moneta M0 è stato del 110%; ma non ha dato l’aumento di liquidità nell’economia reale dell’800-1000% sognato dal Golem abbronzato, bensì a malapena del 20%. Ora, una nuova teoria sostiene che l’operazione-elicottero è fallita perchè la scarsezza di M0 non è la vera causa della crisi. La vera causa è «Il collasso della domanda finanzata a debito», che fu anche quella che provocò la Grande Depressione.
Steve Keen
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A sostenerlo è il professor Steve Keen, un economista australiano – ed uno dei pochi ad aver previsto l’attuale crisi finanziaria (laddove Bernanke e l’OCSE prevedevano un periodo di «grande moderazione», con crescita stabile) e ad aver dato l’allarme. Nel 2005, con tempo economico apparentemente sereno, incaricato di una perizia legale, Keen studiò la crescita dell’indebitamento privato nella sua Australia in rapporto al PIL (Prodotto Interno Lordo): scoprì che esso era salito in modo esponenziale. Lo stesso risultato fu l’esame del rapporto debito-PIL in America. Subito, egli avvertì che era in atto la condizione per una grave recessione economica. Ovviamente è rimasto inascoltato. Keen dice che in economie moderne, la domanda aggregata è costituita dal PIL più il livello del debito di famiglie e imprese. Più alta è la quota dell’indebitamento rispetto al PIL, più il sistema diventa instabile. E ad una certa quota, l’indebitamento assume sempre più la forma di una piramide finanziaria o schema Ponzi, dove si prende sempre più denaro a prestito per pagare gli interessi sul debito precedente, o – il che è lo stesso – per la speculazione finanziaria anzichè per la produzione di beni o servizi. In USA, dimostra Keen, l’indebitamento privato cominciò a superare il PIL già dagli anni ‘60, per arrivare al picco del 2008, data dell’inevitabile crollo. Il collasso del tasso d’indebitamento ha fatto cadere la domanda aggregata del 14%, innescando la recessione. Aggiunge che negli anni ‘20 il debito privato crebbe solo del 50%; mentre tra il 1999 e il 2009 è cresciuto del 140%. Il che gli fa affermare che «le forze deflazioniste sul debito» scatenate oggi sono «molto più potenti di quelle che causarono la Grande Depressione» del 1929-1939. Ovviamente il discorso vale anche per l’Italia, dove le famiglie si sono indebitate poco; ma si è super-indebitato il settore pubblico in tutti i suoi numerosi strati, divorando ricchezza con la torchia tributaria per mantenere le note caste parassitarie, tanto più strapagate quanto più sono inadempienti alla loro funzione. Il risultato è lo stesso: di fronte alla crisi, davanti allo spettro della disoccupazione, davanti alle austerità che la UE impone allo Stato-cicala, all’insicurezza e alla riduzione dello Stato sociale unita all’aumento delle tasse, le famiglie restringono le spese e dunque, la domanda privata. Benchè infarcito di grafici ed equazioni, il saggio di Keen, Debunking Economy, giunge alla conclusione cui economisti più tradizionali alludevano mezzo secolo fa, quando annunciavano che «il cavallo non beve»: la liquidità c’è ma non viene usata, visto che le banche preferiscono tenere i fondi che ricevono a tasso zero dalla Banca Centrale anzichè prestarli (o al massimo investendoli in Buoni del Tesoro, onde lucrare sul differenziale del tasso d’interesse, oggi assai alto nei Paesi come Italia e Grecia...); ma del resto famiglie e imprese, stante la recessione, nemmeno chiedono quella liquidità perchè non è il momento di indebitarsi, ma piuttosto di rientrare dai debiti, tutti insieme. «Il cavallo non beve», appunto. Se Keen ha ragione, allora le enormi somme spese in USA ed in Europa per rifinanziare le banche sono uno spreco assoluto. Come dice George Monbiot sul Guardian, «quelle cifre non hanno innescato nè innescheranno la ripresa, perchè la iniezione di moneta M0 non è il fattore determinante». Il fattore determinante è l’immenso processo di dis-indebitamento che, per amore o per forza, i privati devono affrontare, e che vengono imposti agli Stati-cicala dai poteri oligarchici, simultaneamente. Ne segue che i programmi di austerità come quelli raccomandati da Mario Draghi, o imposti alla Grecia dai virtuosi tedeschi, sono anch’essi la ricetta sbagliata, ancora una volta, con l’eccezione dell’Italia, dove la situazione è più difficile: effettivamente, qui il settore pubbblico sprecone ha bisogno di una cura di austerità; contro cui però le caste parassitarie, che difendono i propri privilegi, resistono con successo (1); e contemporaneamente lanciare il cosiddetto sviluppo dell’economia reale e privata... . La ricetta di Keen per scongiurare o alleviare un’altra Grande Depressione è semplice e non sorprendente per i lettori: si deve ridurre il livello dell’indebitamento privato, dice, «attraverso la cancellazione unilaterale, o un giubileo. I prestiti irresponsabili fatti dalle banche non vanno onorati». Ciò farà fallire diverse banche, ma l’alternativa ineluttabile è «il solito metodo tradizionale» delle grandi crisi: «Fallimenti e bancarotte in massa, peggioreranno la depressione».
1) Non a caso, uno dei giovani black bloc arrestati per le violenze di Roma è figlio di un dirigente di Bankitalia. Contrariamente ad Occupy Wall Street, il movimento italiano – composto dei soliti girotondini, arcobaleni, popolo viola, sindacalisti pubblici, eccetera – chiede l’assunzione dei precari, protesta contro i tagli alla scuola e alla cultura; insomma pretende più spesa pubblica e il mantenimento dei suoi privilegi indebiti, non meno.
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