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Il vescovo e il rabbino
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Il mio vecchio professore di filosofia, don Carlo Gentilini, docente straordinario e maestro insigne, amava ammonirci con una frase che in molti dovrebbero imparare: «Non mettete mai il sedere nelle pedate». Poi precisava: «Ma se lo fate, siate pronti a renderle. Il Vangelo infatti si limita ad esortare a porgere l’altra guancia. Sulle terga si astiene»; sante parole.

Evidentemente monsignor Williamson, uno dei quattro vescovi della Fraternità San Pio X, oggetto di revoca della scomunica da parte del Papa, deve avere avuto insegnanti meno sagaci. Ma chi gliel’ha fatto fare di rispondere a quelle domande sulle camere a gas? E’ caduto in trappolone a cui invece l’ottimo don Davide Pagliarani, Superiore Generale in Italia, nell’intervista al TG2 si è sottratto: bravo! La prudenza è una virtù, la prima delle quattro virtù cardinali, che occorre imparare ad esercitare. Non tocca a me insegnarlo ad un vescovo.

Le affermazioni di monsignor Williamson hanno messo in subbuglio l’intero Vaticano, inascarito il «teologo» Mancuso, fatto strappare le vesti ai portatori d’acqua del dialogo ebraico-cristiano, senza che - in verità - lo spettacolo valesse il prezzo del biglietto. Il capo della Sala Stampa Vaticana, monsignor Lombardi ha cercato di ridimensionare, sminuire, giustificare distinguere, in una difesa goffa, quanto inutile: non c’è più sordo, infatti, di chi non vuol sentire. Monsignor Bagnasco, almeno, ha tentato un timido contrattacco.

Braccato da ogni parte anche il povero monsignor Fellay, Superiore Generale della Fraternità San Pio X,  è stato costretto a dissociarsi, indirizzando una dignitosa lettera che qui sotto riportiamo: «Permettetemi di presentarmi. Sono il superiore generale della Fraternità San Pio X. Ho appreso dell’esistenza di una intervista, che dovrà essere diffusa questa sera, concessa da monsignor Williamson, membro della nostra Fraternità, alla televisione svedese. Nonostante fosse stato concordato che l’intervista avrebbe riguardato solo questioni religiose, il giornalista ha chiesto l’opinione del vescovo su certe problematiche storiche. E’ chiaro che un vescovo non può parlare, con la sua autorità ecclesiale, che di questioni concernenti la fede e la morale. Se si esprime su degli argomenti secolari, si assume la responsabilità personale delle proprie opinioni. La Fraternità che dirigo non ha alcuna autorità per esprimersi su problematiche come queste, e non rivendicherà mai un’autorità del genere. Il nostro unico obbiettivo è la restaurazione della dottrina tradizionale all’interno della Chiesa cattolica. E’ proprio per questo che siamo accettati, rispettati e stimati in tutto il mondo. E’ vergognoso utilizzare un’intervista dedicata a questioni religiose per introdurvi delle questioni secolari e controverse, con la chiara intenzione di mettere in cattiva luce le attività della nostra fraternità religiosa. Un attacco così cattivo non raggiungerà il suo scopo. La fraternità San Pio X non rinuncerà alla sua intenzione di offrire ai cattolici svedesi la vera fede cattolica e i sacramenti ai quali hanno diritto».

Eppure nell’intervista incriminata, in sé magari discutibile, monsignor Williamson non ha incitato all’odio, non ha giustificato Hitler, non ha detto che gli ebrei vanno ammazzati, neppure per l’ipotesi di legittima difesa. Ha detto di avere aderito alle conclusioni che - cito testualmente - hanno raggiunto taluni storici revisionisti ed ha affermato che, se cambieranno idea, seguirà probabilmente il loro parere perché ritiene che abbiano giudicato in base alle prove.

Invece di genuflettersi e cospargersi il capo di fronte a polemiche pretestuose, mi permetto di esortare tutti - da Benedetto XVI a monsignor Fellay - a rispondere con un sorriso, ripetendo loro le parole di un Rabbi ebreo di duemila anni fa, tale Jeshua di Nazareth, uomo di natali illustri e di ascendenze divine: «Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non t’accorgi della trave che è nel tuo?».

Poi invitando tutti (da Renzo Gattegna, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, al cardinale Jean-Pierre Ricard, arcivescovo di Bordeaux e membro della Commissione pontificia «Ecclesia Dei», dal rabbino capo emerito Morton Narrowe al sacerdote gesuita Klaus Dietz, dal Corriere della Sera al quotidiano  «Sueddeutsche Zeitung», dall’«Hannoversche Allgemeine Zeitung» al «Frankfurter Allgemeine Zeitung» a tutti i giornali del cosmo) a non romperci più le tasche, esorterei tutti a leggersi con attenzione l’articolo del Jerusalem Post del 30 maggio 2007 e le parole di quel «pio israelita» che è l’ex rabbino-capo sefardita Mordechai Eliyahu nella lettera inviata al primo ministro Ehud Olmert.

Ve lo riporto per agio: «Tutti i civili che vivono a Gaza sono collettivamente colpevoli degli attacchi Qassam contro Sderot, ha scritto in una lettera l’ex rabbino-capo sefardita Mordechai Eliyahu al primo ministro Ehud Olmert. Eliyahu ha stabilito che non c’è assolutamente nessuna proibizione morale contro l’uccisione indiscriminata di civili in un’eventuale offensiva militare massiccia su Gaza, volta a fermare il lancio dei razzi. La lettera, pubblicata su Olam Katam (Mondo Piccolo), un settimanale che verrà distribuito nelle sinagoghe di tutto il Paese questo venerdì, ha citato la storia biblica del massacro di Shechem (Genesi, 34), e i commenti di Maimonide (Leggi dei Re 9, 14) alla storia in questione, come testi di riferimento per la propria decisione giuridica. Secondo l’etica ebraica della guerra, ha scritto Eliyahu, è tutta la città che detiene la responsabilità collettiva del comportamento immorale dei suoi individui. A Gaza, tutta la popolazione è responsabile perché non fa niente per fermare il lancio dei razzi Qassam. L’ex rabbino-capo ha detto anche che è proibito rischiare la vita degli ebrei a Sderot, o la vita dei soldati dell’esercito israeliano, per paura di ferire o di uccidere i palestinesi non combattenti che vivono a Gaza. Non è stato possibile intervistare Eliyahu. Ma suo figlio, Shmuel Eliyahu, che è rabbino-capo di Safed, ha detto che suo padre si è opposto a un’incursione di terra delle truppe a Gaza, perché metterebbe in pericolo i soldati. Egli propugna invece il bombardamento a tappeto di tutta l’area da cui vengono lanciati i razzi Qassam, senza badare al prezzo delle vite palestinesi. ‘Se non si fermano dopo che ne abbiamo uccisi 100, allora dobbiamo ucciderne 1.000’, ha detto Shmuel Eliyahu. ‘E se non si fermano dopo 1.000, allora dobbiamo ucciderne 10.000. Se ancora non si fermano dobbiamo ucciderne 100.000, anche un milione. Qualunque cosa ci voglia per fermarli’. Nella lettera, Eliyahu cita i Salmi. ‘Perseguiterò i miei nemici e li catturerò e non mi fermerò fino a quando non li avrò annientati’. Eliyahu ha scritto che ‘Questo è un messaggio a tutti i leader del popolo ebreo a non essere compassionevoli con quelli che sparano [razzi] ai civili nelle loro case». (Fonte > Jerusalem Post)

Come si dice: delicatezze giudaiche.

La prossima volta, caro monsignor Fellay, non si scusi. Ai suoi accusatori sorrida mansueto, ricordando semplicemente loro che badino ai criminali che hanno in casa e specificando cordialmente che da parte loro insistere, usando certe argomentazioni per screditare la riconciliazione voluta dal Papa con la Tradizione cattolica, significa - come si dice con gergo popolano - «essere alla canna del gas». In senso figurato, s’intende…

Sotto allego l’intervista a monsignor Williamson, nella sua integralità e non lo spezzone artatamente proposto sul sito del Corriere della Sera.

Dalla trasmissione della tv svedese SVT1: (http://svtpllay.se/v/1413831/uppdrag_granskning/webbextra_langre_intervju_med_williamson?cb,a1364145,1,f103962/pl,,

1413110/sb,103962,1,f,103962)

Mercoledì 21 gennaio 2009 (trascrizione):

Intervistatore: Vescovo Williamson, queste sono parole sue? «Non c’è stato un solo ebreo ucciso dalle camere a gas! Sono tutte menzogne, menzogne, menzogne».
Queste sono parole sue?

Williamson: Lei sta citando una frase che dissi in Canada.
Penso di sì.
Molti anni fa.
Ritengo che le prove storiche contro la tesi dei sei milioni di ebrei deliberatamente gasati nelle camere a gas, come conseguenza di una politica apposita da parte di Hitler, siano enormi.

Intervistatore: Ma lei dice che non venne ucciso neppure un ebreo.

Williamson: Non nelle camere a gas.

Intervistatore: Così, non vi furono camere a gas?

Williamson: Sì, ritengo che non vi furono camere a gas.
Ritengo, per le prove che ho studiato, non sono guidato dall’emotività, dalle prove che ho esaminato, ritengo, ad esempio, che coloro che si battono contro quello che viene oggi largamente considerato come, aperte le virgolette, un «olocausto», i revisionisti, come vengono chiamati, i più seri tra loro sono giunti alla conclusione che nei campi nazisti sono morti tra i 200 e i 300 mila ebrei, ma nessuno di loro per gasazione nelle camere a gas.
Ha mai sentito parlare del Rapporto Leuchter?
Fred Leuchter era un esperto in camere a gas.
Progettò tre camere a gas per tre Stati, tre Stati, tra i 50 degli Stati Uniti, che ammettono la condanna a morte.
Così lui conosceva la materia.
E studiò, durante gli anni ‘80, i resti delle presunte camere a gas tedesche, ad esempio i crematori di Birkenau, Auschwitz.
E la sua conclusione, la sua conclusione di esperto, fu che è impossibile che queste strutture potessero essere utilizzate per la gasazione di grandi numeri di persone.
Perché il gas cianidrico è molto pericoloso.
Se lei, supponiamo che lei voglia gasare 300 persone che ha ammassato in una camera e lei li gasa…
E’ molto pericoloso entrare lì dentro e tirare fuori i cadaveri.
Perché il gas che si è infiltrato nei vestiti la ucciderà.
E’ estremamente pericoloso.
Una volta che lei ha gasato delle persone deve espellere il gas.
Per espellere il gas ha bisogno di un camino alto.
Se il camino è basso il gas va sul selciato e uccide tutti quelli che vi camminano.
Ha bisogno di un camino alto, si dimentichi di quanto deve essere alto.
Se c’era un camino alto allora l’ombra si sarebbe proiettata, per gran parte della giornata, sul terreno e i fotografi alleati che sorvolavano il campo avrebbero colto l’ombra di questi camini.
Non vi sono mai state ombre del genere, non c’erano camini del genere.
E quindi ecco la testimonianza di Fred Leuchter: «Non vi può essere stata nessuna camere a gas».
Egli ha esaminato le porte.
Le porte devono essere assolutamente a chiusura ermetica.
Altrimenti, di nuovo, il gas esce e uccide le persone all’esterno.
Le porte delle camere a gas che mostrano ai turisti ad Auschwitz non sono assolutamente a chiusura ermetica.
Assolutamente no.

Intervistatore: Quello che lei sta dicendo adesso è che l’olocausto non è mai avvenuto, non nel modo in cui gli storici lo intendono oggi.

Williamson: Mi attengo a quelle che considero le prove storiche, secondo il parere di coloro che hanno osservato ed esaminato tali prove.
Credo alle conclusioni che hanno raggiunto, se cambieranno idea seguirò probabilmente il loro parere perché ritengo che abbiano giudicato in base alle prove.
Ritengo che siano morti nei campi di concentramento nazisti 200 o 300 mila ebrei, ma che nessuno di loro sia morto tramite gas.

Intervistatore: Se questo non è antisemitismo, allora cos’è?

Williamson: Se l’antisemitismo è cattivo, è contro la verità.
Se qualcosa è vera, non è cattiva.
Non sono interessato alla parola antisemitismo.
La parola è molto pericolosa.

Intervistatore: Il vescovo [non dice il nome] la definisce un antisemita.

Williamson: Il vescovo può chiamarmi come gli pare.
Può dire che sono un dinosauro, può chiamarmi idiota.
Non è una questione di definizioni.
E’ una questione di verità storica.
La verità storica si attiene alle prove e non alle emozioni.
C’è stato sicuramente un enorme sfruttamento.
La Germania ha pagato miliardi e miliardi di marchi e adesso di euro, perché i tedeschi hanno il complesso di colpa di aver gasato sei milioni di ebrei.
Ma non penso che furono gasati sei milioni di ebrei.
Ma, attento, quello che sto dicendo è contro la legge tedesca.
Lei potrebbe farmi sbattere in prigione prima che lasci la Germania.
Spero che questa non sia la sua intenzione.

Domenico Savino


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