Verso la grande crisi del 1840
Dopo essere usciti indenni dalla crisi politico/finanziaria che si era creata in Spagna tra il 1830 e il 1835, i Rothschild sormontarono pure la divergenza – nata dalla situazione spagnola – che li aveva divisi in due partiti: quello inglese (la “potenza del mare”) capitanato da Nathan e quello dell’Europa continentale (la “potenza della terra”) capitanato da James e Salomone che risiedevano a Parigi e a Vienna.
Tuttavia, sùbito dopo la morte di Nathan nel 1837 la famiglia aveva ritrovato la perfetta unità d’intenti, che avrebbe garantito anche l’efficacia economica della propria Banca, la quale non poteva fare a meno della sinergia che aveva contribuito alla prosperità delle finanze dei Rothschild sin dai tempi del primo Patriarca Meyer Amschel di Francoforte.
Infatti, i cinque fratelli Rothschild, sparsi in tutt’Europa, potevano mandare da una nazione all’altre delle notizie di prima mano sulla situazione politica del loro Paese, che sarebbero state poi sfruttate finanziariamente dalle filiali dei loro fratelli site in altre nazioni.
Abbiamo visto, ad esempio, come la grande fortuna dei cinque fratelli fosse cominciata a Waterloo, proprio sfruttando in Borsa la notizia della disfatta di Napoleone, che non era ancora arrivata alla Corte d’Inghilterra mentre era già giunta alle orecchie del banchiere Nathan, fattagli avere da James che si trovava a Parigi e con un piede e un orecchio a Waterloo in Belgio.
I fratelli Rothschild avevano ricominciato, attorno al 1837, a implementare, tutti assieme, le grandi imprese industriali e specialmente quelle legate al trasporto ferroviario; senza disinteressarsi delle vicende politiche, che sfruttavano non tanto ideologicamente ma soprattutto finanziariamente. Insomma, se si occupavano di politica era soprattutto per arricchire la loro Banca, tramite le notizie di affari riservati, che potessero ottenere in certi ambienti altolocati che frequentavano nelle nazioni in cui vivevano, per farle valere in Borsa.
A partire dal 1837, dopo aver ampiamente costruito quasi tutte le reti ferroviarie dell’Europa continentale, i Rothschild iniziarono a rivolgere la loro attenzione al mercato della navigazione a vapore.
L’intuizione affaristica del momento fu quella di applicare anche alle barche il potente motore del vapore, che essi avevano sino ad allora applicato solo ai treni; perciò, si sarebbero impadroniti anche del monopolio del trasporto sul mare oltre a quello che già possedevano sulla terraferma con i treni.
Fu così che essi dall’Inghilterra si spostarono anche nell’Impero austriaco e v’introdussero la navigazione a vapore. A Vienna fondarono (con la partecipazione finanziaria preponderante di Salomone) la “Lloyd”.
Questa Compagnia venne chiamata con questo appellativo (Lloyd), che fu desunto a partire dal cognome (di origine gallese, che significa “grigio”) del proprietario di un alberghetto di Londra[1] dove si riunivano gli armatori e gli assicuratori dei marinai e delle mercanzie che venivano imbarcate sulle acque.
Fu così che nacque nel 1835 la nuova impresa di navigazione austriaca, principalmente con i capitali dei Rothschild (Egone Conte Corti, La famiglia dei Rothschild, II ed., Proceno di Viterbo, Effedieffe, 2021, p. 345).
Tutte le grandi imprese che si costruivano allora nell’Impero austriaco nascevano almeno con una certa partecipazione, se non addirittura con la preponderanza della Banca Rothschild.
«Con l’andar del tempo la loro ricchezza era diventata addirittura favolosa, sicché, abbagliati, i circoli che contano della Corte viennese, di solito molto esclusivi e chiusi, incominciano ad accogliere Salomone, prima un po’ snobbato, nel loro ambiente. Oltre al Metternich, anche il numero due dell’Austria, il conte Kolowrat[2], è spesso tra i convitati del banchiere Salomone, il quale così rispondeva a coloro che gli esternavano il loro disappunto a tanta apertura verso Salomone: “Lo Stato ha bisogno della sua Banca”» (cit., p. 346).
I Rothschild entrarono in grande amicizia con il Metternich e sua moglie; spesso s’incontravano e pranzano assieme. Anche Anselmo Rothschild a Francoforte e Lionello a Londra erano in grande amicizia con le massime autorità di questi Paesi.
Addirittura i Rothschild riuscirono a far concedere dal Principe Metternich nel 1837 delle concessioni speciali in favore dei loro correligionari e soprattutto il permesso di acquistare dei beni immobili a Vienna, così che anch’essi potessero costruirsi un palazzo nella capitale dell’Impero. Inoltre, gli chiesero d’intercedere per essi anche negli altri territori dell’Impero austriaco e specialmente in Italia ove la volontà del Metternich faceva legge (Egone Conte Corti, cit., p. 347).
Politicamente i Rothschild erano influentissimi anche in Francia e godevano dell’amicizia del Re Luigi Filippo.
Egone ci informa che dopo la morte di Nathan la terza generazione dei Rothschild era diventata assai diversa da quella dei loro padri. Infatti, mentre questi (tranne James a Parigi) erano molto alieni da ogni manifestazione di sfarzo, i loro figli, invece, erano assai propensi a dare sfoggio della loro enorme ricchezza: «I figli hanno già un’altra mentalità da quella di Nathan, serio, calcolatore, tutto intento agli affari. Egli non dava nessun peso all’esteriorità, così che, in vita sua, Nathan non aveva mai usato il titolo di barone, conferitogli dall’Imperatore d’Austria, perché titolo estero. Lionello, invece, chiede immediatamente al Re d’Inghilterra il consenso a fregiarsi del titolo e, infatti, l’ottiene nel giugno del 1838. Certo, i tempi sono cambiati. La pubblicità, prima niente affatto desiderata, riesce ora utilissima a Casa Rothschild» (Egone, cit., p. 349).
Tuttavia, anche la terza generazione dei Rothschild – tra tanti impegni sociali e mondani – teneva particolarmente d’occhio i progressi della tecnica. In Inghilterra i figli di Nathan si erano gettati a capo fitto a incrementare la navigazione a vapore e addirittura progettavano di poter impiegare questa recente scoperta al traffico marino tra Inghilterra e America.
Nel 1830 erano già stati fatti due tentativi esplorativi di traversata dell’Oceano Atlantico a partire da Londra e da Bristol; da questi esperimenti i Rothschild ne avevano tratto la conclusione che era assolutamente possibile avere un servizio regolare di navigazione a vapore dall’Inghilterra sino a New York, in circa due o massimo tre settimane. Perciò, i Rothschild istituirono un servizio normale e regolare di piroscafi tra Inghilterra e America. Senza dubbio, in brevissimo tempo, il traffico tra i due Paesi sarebbe stato svolto essenzialmente da soli piroscafi e i trasporti a vela sarebbero stati progressivamente ma totalmente abbandonati.
Lionello non trascurava neppure le ferrovie, con le quali, proprio allora, s’iniziava pure a trasportare e rendere sempre più veloce la posta.
Tuttavia, mentre la navigazione a vapore in Inghilterra andava a gonfie… “vele”; il “Lloyd Triestino” austriaco, invece, incontrava gravi difficoltà. Perciò, Salomone riuscì a far entrare nella Compagnia di navigazione anche l’Impero austriaco, sfruttando la sua amicizia con il Metternich. Fu così che il “Lloyd Triestino” superò la crisi e divenne anche in Austria un’impresa florida e proficua.
Infine, non venne trascurato neppure il vecchio metodo di concedere lucrosi prestiti ai vari Stati, facendo dipendere i prestiti pecuniari da certe determinate richieste politiche, favorevoli alla loro casa e pure ai loro correligionari (Egone, cit., p. 350).
I fratelli Rothschild intervennero indirettamente anche nelle faccende politiche degli Stati minori, prestando loro il denaro necessario alle loro attività sociali ed eventualmente belliche. Infatti, nel 1839 in Belgio la contesa contro l’Olanda continuava a covare sotto le ceneri e si arrivò di nuovo a parlare di una ripresa della guerra contro l’Olanda. Il governo belga dovette ricorrere ai prestiti della Banca Rothschild, chiedendole un credito di quattro milioni di franchi, ma la Casa Rothschild era ancora poco propensa allo scatenamento di una guerra in Europa, che avrebbe potuto compromettere le sue finanze oramai ben assestate: quindi, oppose un netto rifiuto al finanziamento.
Questo diniego manifestava sia la debolezza degli Stati (almeno di quelli minori, ma non solo), che senza l’oro dei Rothschild non potevano muovere guerra, sia la forza della loro Banca, la quale era oramai capace d’imporre la propria agenda anche ai Re, che dovevano farsi una ragione del poter contare sui loro prestiti solo se fossero serviti a mandare avanti una politica di moderazione, che non avrebbe dovuto sconvolgere socialmente e quindi finanziariamente l’Europa.
Fu così che i Re di Belgio e d’Olanda dovettero cedere a far pace, dando una vittoria schiacciante alla Banca Rothschild, la quale, nonostante ciò, continuò a fare affari sicuri e ulteriori con il Belgio.
Per esempio, i Rothschild accordarono un prestito di 37 milioni di franchi al Belgio per un grandioso sviluppo della sua rete ferroviaria, a patto che se fosse scoppiata la guerra essi avrebbero cessato ogni tipo di finanziamento verso il Regno belga.
«Frattanto la situazione internazionale non si è fatta più rosea. Appena sventato il pericolo di guerra a Occidente, fosche nubi si levano a Oriente, in Egitto, il luogotenente del Sultano, Mehemed Alì, ha usurpato gran parte dell’autorità del suo sovrano. Russia e Austria, volendo difendere il principio legittimistico, prendono le parti del Sultano minacciato dal suo luogotenente ribelle e, concordi in questo con l’Inghilterra, avversano Mehemed Alì. Incoraggiato, il Sultano Mahamud, nel 1839, tenta di abbattere il ribelle; ma le truppe del Sultano sono sconfitte da quelle del luogotenente. Tra tutte le Potenze, la sola che veda di buon occhio tale vittoria è la Francia, essendo Mehemed Alì francofilo. Così, le altre Potenze – Inghilterra, Russia, Austria e Prussia – il 15 luglio del 1840 sottoscrivono una quadruplice alleanza. Stando così le cose, la stipulazione della quadruplice alleanza apparve a Parigi come una minaccia per la Francia… la guerra è nell’aria» (Egone, cit., p. 353).
Si rischiava davvero grosso, un conflitto tra Francia ed Egitto (con Mehemed Alì Pascià, il luogotenente del Sultano ottomano) da una parte, contro la quadruplice alleanza e l’Impero ottomano (con Mahamud, il Sultano ottomano[3]) dall’altra.
I Rothschild temono che la guerra possa scoppiare realmente e compromettere gli affari della loro Banca, potendo provocare un enorme ribasso dell’immensa massa di titoli di Stato che hanno nei loro forzieri. Perciò si affrettano a fare tutto il loro possibile per impedire il conflitto. James da Parigi si reca in udienza presso il Re, Luigi Filippo, il 5 agosto del 1840, il quale gli chiede di far valere la sua influenza sul Metternich per spingerlo alla pace, «dando modo alla Francia di cavarsi d’impaccio onorevolmente» (Egone, cit., p. 353). Infatti, l’opinione pubblica francese era molto adirata per l’offesa ricevuta e spingeva il Re alla guerra, ma Luigi Filippo, ben conscio della disparità delle forze non era per nulla propenso a muover battaglia; tuttavia, non voleva perdere la faccia in questa “ritirata strategica” e così si rivolgeva al più potente intercessore presso l’Austria, ossia James Rothschild. Come si vede i Rothschild erano oramai diventati l’ago della bilancia al quale ricorrevano sia la Francia sia l’Austria…
«In tempi così critici, i Rothschild (a Londra, Vienna, Francoforte come pure a Parigi) hanno anzitutto cura di andare molto in società, cercando ogni occasione di vedere i principali uomini politici, i Prìncipi e le dame più in vista delle varie capitali europee. Luigi Filippo, in fondo, vuole veramente conservata la pace, interamente d’accordo in ciò con James Rothschild, non vuole, tuttavia, che la Francia ne esca troppo umiliata. I risultati dei colloqui tra James e Luigi Filippo vengono immediatamente comunicati da James, di volta in volta, ai fratelli residenti nelle diverse capitali, i quali poi procurano di sfruttarli quanto meglio possono, sia politicamente, sia finanziariamente» (Egone, p. 354).
Mehemed viene sconfitto dal Sultano con l’aiuto decisivo di Inghilterra e Austria. I Francesi sono sempre più adirati con questi due Paesi. James è sempre più inquieto e teme che lo sdegno si tramuti in guerra, la quale danneggerebbe la loro Banca. Adolphe Thiers (1797 – 1877[4]), Presidente del Consiglio dei Ministri del Regno di Francia, è un acceso nazionalista e un convinto partigiano dell’intervento bellico; perciò, suggerisce a Luigi Filippo nuovi provvedimenti militari. Per questo motivo il Thiers osteggia i Rothschild; però, siccome ha accumulato molti debiti con la loro Banca è costretto a mordere il freno e a non insorgere apertamente e violentemente contro di loro, come pure vorrebbe fare.
Il conflitto tra i Rothschild e il Thiers, tuttavia, si fa sempre più acceso. Il primo Ministro francese rimprovera ai Rothschild un’eccessiva vicinanza al Metternich e all’Austria e, quindi, un implicito conflitto, anche se latente, con la Francia. Certamente i Rothschild, in quanto finanzieri, non vogliono la guerra; invece il Thiers, in quanto francese sino all’eccesso, la vorrebbe come rimedio per lavare l’onta dell’affronto arrecato alla sua Patria dalla quadruplice intesa; però, anche il Re di Francia è più prudente del suo Ministro e vede che la guerra contro Inghilterra, Austria, Prussia, Russia (e Impero ottomano) sarebbe un azzardo e cerca di buttare acqua sul fuoco.
Il giornale Constitutionnel, che era l’organo del Thiers, il 12 ottobre 1840 attaccava i Rothschild; notando come, se si può capire l’atteggiamento pacifista dei banchieri; tuttavia, non si capisce affatto come i Rothschild – uomini di Borsa e agenti del Principe Metternich – possano immischiarsi nelle vicende politiche della Francia. I “cinque Re del denaro” (ossia i fratelli Rothschild) non debbono pensare di far prevalere i loro interessi finanziari sopra gli interessi nazionali del Re della Francia.
James Rothschild, che viveva e operava a Parigi, rispose pubblicamente al Constitutionnel, spiegando che pur essendo un finanziere, egli voleva la pace ma la voleva onorevole sia per la Francia sia per tutta l’Europa.
Il Constitutionnel pubblicò la lettera di James e la polemica si smorzò lì (almeno apparentemente), però il malanimo del Thiers verso i Rothschild non cessò. Egli, infatti, riteneva di aver dato loro (tramite il suo giornale) un avvertimento abbastanza severo di non opporsi alla sua politica ...
Si noti l’importanza non solo finanziaria, ma politica, militare e sociale che hanno raggiunto i Rothschild in tutta Europa nel 1840, appena cento anni dopo che la loro Banca iniziava a muovere i primi passi a Francoforte con il vecchio Patriarca Meyer Amschel. Oramai, pur se attaccati, essi interloquiscono pubblicamente con il primo Ministro della Francia e sono sostenuti da Inghilterra, Austria e Prussia, anche se non troppo dalla Russia.
Tuttavia, Egone nota: «Presto, appare peraltro come sia, in fondo, l’opinione dei Rothschild, e non quella del Thiers, a prevalere presso il Re. Infatti, questi, in cuor suo detesta nel Thiers il rivoluzionario convinto e l’uomo dell’opposizione alla sua politica, che oramai era diventata sempre più conservatrice. Luigi Filippo resiste, perciò, alle richieste del Ministro e si orienta vieppiù verso quelle dei banchieri» (cit., p. 357).
Inoltre, la classe dei plutocrati si schiera dalla parte della pace, ossia con il Re e i Rothschild, poiché è preoccupata (proprio come i Rothschild) per i propri interessi finanziari che sarebbero messi in pericolo dal conflitto bellico.
Il Journal des Débats, che era molto vicino ai Rothschild, iniziava anche lui a lanciare moniti e avvertimenti contro il Thiers, il quale non aveva più lo spazio sufficiente per far una manovra diplomatica di “marcia indietro”; si arrivò, così, al chiarimento definitivo tra lui e il Re, che accolse le sue dimissioni, alle quali era stato abilmente condotto.
Le dimissioni del Thiers furo accolte benissimo a Vienna, a Londra e a Francoforte, ma anche in Francia non pochi videro in esse una soluzione felice del “conflitto”, che permetteva alla Francia di non perdere la faccia e la… guerra.
La vittoria dei Rothschild fu piena, infatti, James annunciò a Parigi che le quotazioni della loro rendita in Borsa avevano avuto, dopo le dimissioni del Thiers, un fortissimo rialzo.
Nel frattempo anche la situazione che si era creata in Medio Oriente si normalizzò; infatti, il luogotenente Mehemed Alì batté in ritirata dalla Siria, ma gli restò pur sempre l’Egitto. Il conflitto orientale (dopo quello occidentale tra Belgio e Olanda) poteva considerarsi chiuso. Le casse dei Rothschild restavano tranquille e piene.
Inoltre, Salomone da Vienna si adoperava a far sì che l’Austria rendesse la “ritirata strategica” della Francia il meno disonorevole possibile, dando una certa soddisfazione all’orgoglio nazionale francese…
Insomma, in un decennio si erano aggiustate tre grosse crisi (1830, 1834 e 1840), le quali avrebbero potuto portare a una guerra totale europea, che venne rimandata di circa 75 anni. La Banca Rothschild aveva visto ogni volta trionfare il suo punto di vista. Il suo orgoglio cresceva assieme alla sua ricchezza, ossia smisuratamente.
Nel prossimo articolo vedremo l’avvicinarsi della Rivoluzione europea del 1848.
d. Curzio Nitoglia
Fine Della Ventesima Puntata
Continua
[1] Come il “Bilderberg club”, che si chiama così a partire dal nome dell’hotel Bilderberg di Oosterbeek nei Paesi Bassi, in cui l’omonimo club si riunì per la prima volta il 29 maggio del 1954 sotto la guida del banchiere statunitense David Rockefeller.
[2] Franz Anton von Kolowrat–Liebsteinsky (Praga, 1778 – Vienna, 1861) fu un politico e militare dell’Impero austriaco. Egli divenne un moderato liberale, fiero oppositore del Metternich. Dal 1835 al 1848 fu uno dei membri del Consiglio di Reggenza per l’Imperatore Ferdinando I, che coadiuvava l’Imperatore nella presa delle decisioni più delicate per le sorti dello Stato austriaco. Egli fu anche un valente amministratore e un abile economista. Durante la Rivoluzione del 1848 venne nominato primo Ministro dell’Impero austriaco, ma rimase in carica solo due mesi circa. Fu iniziato alla Massoneria appartenente alle Logge boeme nel Convento di Wilhelmsbad e poi membro degli Illuminati di Baviera (cfr. Alain Marchiset – Pierre Mollier, Martinès dans la quete maçonnique du XVIIIe siècle, in “La Renassaince traditionelle”, 2012, n. 165, gennaio–aprile, p. 16, nota 24).
[3] Il luogotenente Mehemed Alì Pascià (1769 – 1849) è stato un capo militare del Sultano dell’Impero ottomano Egitto Mahamud II (1785 – 1839), ma egli si è rivoltato contro il Sultano d’Egitto, dando inizio alla seconda guerra egizio/ottomana tra il 1839 e il 1841.
[4] Marie Joseph Louis Adolphe Thiers è stato un uomo politico, storico e avvocato francese, primo Presidente della Terza Repubblica (1871 – 1873). Prima ancora fu Presidente del Consiglio dei Ministri. Fu una figura di spicco degli ambienti antiborbonici e filoliberali di Francia, sostenitore di una Monarchia parlamentare sul modello di quella inglese. Fu tra i principali promotori della Rivoluzione del luglio 1830, che portò all’abdicazione di Carlo X e convinse Luigi Filippo ad accettare di salire al trono. Iniziò la carriera, ufficialmente, politico/parlamentare divenendo Ministro delle Finanze (1830/31), poi degli Interni (1832/34). Nel 1840 rassegnò le sue dimissioni per i disaccordi oramai fortissimi con Luigi Filippo. Nel 1848 si schierò a favore della Rivoluzione di febbraio che spinse Luigi Filippo all’abdicazione, facendo nascere la Seconda Repubblica, alla cui Presidenza fu eletto – con l’appoggio del Thiers – Luigi Napoleone Bonaparte (Presidente della Repubblica Francese dal 1848 al 1852 e Imperatore dei Francesi dal 1852 al 1870), ma quando nel 1851 si oppose al colpo di Stato del Bonaparte fu arrestato ed esiliato. Tuttavia, nel 1852, poté rientrare in Francia, a condizione di non avvicinarsi alla politica attiva. Nel 1863, con i nuovi segni di liberalismo dati dal secondo Impero francese venne eletto deputato a Parigi e guidò l’opposizione parlamentare. Dopo la caduta di Napoleone III, sconfitto dai Prussiani a Sedan nel 1870, firmò l’armistizio con la Prussia, divenendo capo del nuovo esecutivo parlamentare, ma le pesanti condizioni imposte dalla Prussia e accettate dal Thiers gli fecero perdere ogni simpatia popolare, scatenando la rivolta della Comune di Parigi, repressa dal Thiers con estrema durezza. Infine, il 31 agosto 1871 fu eletto primo Presidente della Terza Repubblica, dovendo poi dimettersi nel 1874. Morì a Saint–Germain–en–Laye il 3 settembre 1877.