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After Six Years, Accountability at Guantanamo
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Sei anni e mezzo fa, noi del Centro per i Diritti Costituzionali sollevammo il primo caso davanti ad una corte federale per conto dei detenuti imprigionati a Guantanamo. All’inizio l’amministrazione oppose con successo che i detenuti si trovavano in un “buco nero” legale, senza alcun diritto di appello alle corti federali sulla legittimità della loro detenzione.
Due anni più tardi la Suprema Corte decise che la causa dei nostri clienti poteva andare avanti, ma il Congresso tentò di ribaltare la decisione servendosi di due leggi parlamentari: il Decreto Legge sul Trattamento del Detenuto e il Decreto Legge sulle Commissioni Militari.

Oggi la Corte Suprema ha deciso che quella parte del Decreto Legge sulle Commissioni Militari, che tentava di impedire alle corte federali di dibattere le richieste dei nostri clienti a Guantanamo, era incostituzionale.

L’autore del parere, il Giudice Kennedy, ha una solida reputazione di pragmatismo, e questo appare evidente nel parere odierno che affonda le proprie radici in un sano senso pratico. La decisione odierna consente alle corti federali di fare ciò che sanno fare meglio:  decidere se il governo ha il diritto di tenere in arresto un individuo, distinguendo le affermazioni di innocenza dalla valutazione delle prove.

Quali saranno i prossimi passi? Noi ci auguriamo che le corti inferiori decideranno rapidamente di tenere le udienze delle oltre 200 cause di “habeas corpus” pendenti, nelle quali i detenuti contestano la loro prigionia a tempo indeterminato in assenza di accuse specificate.
Dei circa 770 uomini detenuti a Guantanamo sin da quando la base fu aperta, oltre 500 sono stati rilasciati; meno di 20 incriminati. I militari affermano che ne incrimineranno fino ad 80 per reati che devono essere giudicati da commissioni militari.

Questo lascia fuori circa 200 uomini che il governo non neppure intenzione di incriminare; senza la decisione odierna avrebbero potuto restare in stato di detenzione per sempre, senza mai avere una reale possibilità di chiedere il proprio rilascio davanti ad una corte imparziale.

Con l’habeas corpus non sarebbe mai potuto accadere che questi uomini, tanti dei quali sono stati ufficialmente scagionati dai militari, venissero imprigionati e maltrattati solo perché nessuna corte poteva vigilare su di loro.

Quali saranno le implicazioni per i processi militari ancora pendenti? Sospetto che l’impatto sarà minimo. E’ verosimile che quei processi continueranno ad andare avanti come sempre a rilento. Il parere odierno della Corte comporta soltanto che i difensori in quei procedimenti, una manciata d’uomini sin qui, possano dare inizio a procedimenti paralleli, argomentando che i loro clienti, in primis, non avrebbero proprio dovuto essere detenuti.

Altri punti significativi possono essere dibattuti: la maggior parte dei detenuti ‘ confinata in isolamento, incluse dozzine che sono stati scagionati e dovrebbero essere rilasciati; in conseguenza di ciò molti di loro rischiano la propria salute mentale. Conformemente al principio dell’habeas corpus dovrebbe esser concesso di chiedere condizioni più umane di detenzione.
Molti dovrebbero essere rilasciati e estradati in paesi nei quali potrebbero essere sottoposti a tortura; molti di questi si trovano praticamente in condizioni da asilo politico e prima di rilasciarli bisognerebbe trovare dei paesi disposti ad ospitarli. E sempre in base a questo principio dovrebbero avere il diritto di impedire di essere rimandati in paesi in cui si pratica la tortura, attraverso le opportune azioni legali.

Il Maggior Generale Jay Hood, comandante della base di Guantanamo, ha ammesso, in una intervista al Wall Street Journal che: “Talvolta non abbiamo preso le persone giuste” ma che questi innocenti rimangono alla base perché “nessuno vuole essere quello che firma i documenti di rilascio…, non c’è forza nel sistema.” Si suppone che le corti federali siano quella forza. La decisone odierna assicura che lo saranno.

In ultimo, la strategia dell’attuale amministrazione circa Guantanamo è stata quella di lasciar camminare l’orologio e lasciare ripulire il casino, proprio come la guerra in Iraq, al prossimo presidente. La decisione odierna, una vittoria storica per la trasparenza esecutiva affidata alle corti, impedisce a questa amministrazione di farlo.

Shayana Kadidal

Traduzione di Maurizio Blondet

Fonte >
  The Huffington Post
(12 giungo)

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