L’alienazione della memoria cattolica
31 Gennaio 2009
Un «pensiero religioso» invaso da idee evoluzioniste, segue per forza
l’orientamento antireligioso per cui la pienezza della verità del mondo
umano è in un futuro da realizzarsi. Il modernismo «cristiano» segue
tale linea e nei nostri tempi abbiamo avuto il famigerato gesuita
Teilhard de Chardin della «fiction» evoluzionista: un Cristo punto
Omega nell’evoluzione della storia! Le sue elucubrazioni furono
condannate dalla Chiesa ma riprese in segreto dal Vaticano II al punto
di esserne il pensiero ispiratore, secondo il suo storico, il noto
progressista Henri Fesquet.
Già nella Cabbala - interpretazione mistica e cosmologica e quindi
dogmatica della Torah, predomina l’idea evoluzionista per cui dal poco
del passato procede il molto del futuro, dalle rade «curiosità» della
storia passata si passa al gran controllo del futuro; idea per la quale
la memoria ha interesse solo strumentale, solo per il politicamente
corretto dei poteri dominanti dell’evoluto «uomo nuovo».
Sono le idee sussurrate da uno spirito anticristico, che pretenderà
un’elevazione sopra qualsiasi idea di Dio, che svilirà così quello che
è sacro e oggetto di venerazione riducendo le anime a sentimenti
religiosi decadenti e mondani. In tal modo siamo arrivati oggi al
contrario di un’evoluzione; alla luce dei termini di riferimento -
Cristianesimo o Rivoluzione - siamo a capo dell’involuzione umana.
A questo punto, il potere di giudizio affidato da Dio alla Sede delle
Verità, a Pietro e successori, è ripreso dalla Sinagoga e vediamo i
rabbini a giudicare tutto e tutti. Che non s’identifichi, quindi, la
Rivoluzione con i bestiali massacri giacobini o comunisti; la
rivoluzione finale si rivestirà del sommo inganno: un cristianesimo
ecumenista che si scusa e si aggiorna ad ogni ideologia e - per chi
saprà riconoscerlo - ai neonati nel giudeo-cristianesimo; ai fratelli
maggiori della prima negazione.
Le tre grandi «alienazioni» sono nelle Sacre Scritture
Nel mio precedente scritto
«Il Segreto sul ‘katechon’ e la triplice alienazione»
dicevo che una volta indicato nel linguaggio comune il senso del
termine «alienazione» come quello che meglio descrive la costante della
storia umana, si potranno distinguere le sue tre tappe decisive.
Proprio questo termine adoperato dalle idee rivoluzionarie contro il
pensiero religioso aiuta a decifrare l’intero corso storico della
rivoluzione umana, cresciuta e moltiplicatasi nel senso
dell’inevitabile rivoluzione terminale dell’Anticristo.
Dall’alienante ribellione originale si è arrivati alle rivoluzioni
moderne velate da infinite alienazioni d’aspetto religioso. Tra queste
il divieto di cercare la verità nei campi minati dei poteri dominanti.
Così, l’olocausto è l’ultima religione per sostituire la Resurrezione
come evento divino nella storia umana. Perciò, si rischia la prigione
se lo si riduce, come fanno gli storici revisionisti in base ad
investigazioni ritenute «sacrileghe». E’ la stessa voce vaticana a
confermarlo: «Chi nega il fatto della Shoah non sa nulla nè del mistero
di Dio, nè della Croce di Cristo». Lo afferma il portavoce vaticano,
padre Lombardi, in una nota trasmessa dalla Radio Vaticana.
L’accostamento tra la Shoah e il mistero di Dio e della Croce rende
«tanto piu' grave», per il portavoce del Papa, la negazione
dell’Olocausto quando «viene dalla bocca di un sacerdote o di un
vescovo, cioè di un ministro cristiano, sia unito o no con la Chiesa
cattolica».
Ecco, l’alienazione della Memoria cristiana, che diviene obbligatoria a
favore dell’evoluzione storica. Sarebbe la conseguenza naturale del
progresso del pensiero moderno - dalla Croce di Cristo alla shoah -
d’accordo con l’ultimo ululato del modernismo dominante.
In verità, l’intera storia umana è condizionata da tre decisive alienazioni in rapporto alla Parola di Dio:
Prima, quella originale.
Poi, quella del popolo eletto.
E alla fine del tempo delle nazioni, questa «cristiana» della grande apostasia.
Per superare la prima, originale, del Peccato di alienazione della
Parola, Dio ha formato un popolo per preparare la venuta del Messia
redentore. Ma il Verbo divino incarnato fu rifiutato dagli ebrei, che
alienarono la propria elezione a favore di un’idea di regno terreno.
Per superare questa seconda grande alienazione storica, Dio ha inviato
il Suo Spirito a formare la Sua Chiesa, dove ci sarebbe stata
l’autorità, il kathécon, per frenare la scalata continua degli inganni
contrari al Suo Verbo. E quanto profetizzato per sempre su questa
triplice alienazione che condiziona l’intera storia umana, fu affidato
alla Memoria cattolica apostolica romana. Qui è essenziale, quindi,
approfondire la natura di questa sede speciale; ad essa sono legati,
nel bene e nel male, il giudizio sul bene umano e sui segni della fine.
Il fatto, che è al centro anche del Segreto di Fatima, non sarebbe
clamoroso se oggi non implicasse l’incredibile quanto colposa
«liquidazione» della memoria cattolica. Ciò sarà descritto in seguito
in rapporto agli ultimi cinquant’anni e in speciale, dalla chiusura del
Vaticano II alla presente «restituzione» alla religione della Shoah.
La memoria del potere conferito a Pietro
Così come il naturale nella storia umana è ordinato al soprannaturale
rivelato, la memoria storica è legata intimamente alla Religione
stessa. Il Cristianesimo è memoria, dalla Parola ai Sacramenti e la sua
diffusione e difesa non può prescindere dalla memoria della Passione di
Cristo, crocefisso, morto e risorto, per essere perseguitato fino alla
fine dei tempi come Segno di contraddizione col mondo.
Per capire quel che succede nel presente, per cui ogni giudizio sul
comportamento politico, sociale e religioso dei popoli e perfino di
Roma o di Ratisbona, è velatamente ripreso dalla Sinagoga, ricordiamo
un fatto decisivo della Storia Sacra che è negli Atti degli Apostoli (4
e 12).
Mentre Pietro e Giovanni facevano miracoli e parlavano al popolo sul potere del Nome del Messia risorto, «
sopravvennero
i sacerdoti, il comandante del tempio e i sadducei, non potendo
tollerare che essi insegnassero al popolo e annunciassero in Gesù la
risurrezione dai morti. Misero loro le mani addosso e li posero in
prigione... Il giorno seguente i capi dei Giudei, gli anziani e gli
scribi si riunirono in Gerusalemme, con il sommo sacerdote Anna, con
Caifa, Giovanni, Alessandro e quanti appartenevano alle famiglie dei
sommi sacerdoti. Fecero comparire gli apostoli e si misero a
interrogarli: ‘In virtù di quale forza e in nome di chi voi avete fatto
ciò?’. Allora Pietro, pieno di Spirito Santo, rispose loro: ‘Capi del
popolo e anziani, noi oggi siamo interrogati in giudizio per aver fatto
del bene a un povero malato! Ci si chiede in virtù di chi costui è
stato risanato. Sappiatelo tutti voi e tutto il popolo d’Israele: è nel
nome di Gesù Cristo, il Nazareno, che voi avete crocefisso, ma che Dio
è risuscitato dai morti!». Essi, però, «intimarono loro di non
pronunciare più alcuna parola, né di insegnare nel nome di Gesù. Ma
Pietro e Giovanni replicarono: ‘Vi pare giusto davanti a Dio ascoltare
voi piuttosto che Dio?».
Era chiaro che l’autorità di Dio per fare miracoli e predicare era
passata a Pietro. Non solo, quando Pietro era tenuto in prigione, «
in
mezzo a due soldati, legato con catene, mentre le sentinelle davanti
alla porta facevano la guardia, l’angelo di Dio gli si avvicinò in una
luce risplendette»... e lo liberò. Era chiaro che le chiavi del
potere della giustizia divina erano tolte al Sinedrio e conferite alla
Chiesa affidata a Pietro.
Ciò è di fede per la Chiesa di Cristo Re e Giudice, e insegnato fino al
tempo di Papa Pio XII, ma non più dalla Chiesa conciliare che si scusa
e cerca il giudizio dei rabbini. Giudizi condizionati da un’ideologia
di morte, come s’intende dalle parole del rabbino che incita e
giustifica il massacro a Gaza per legittime «ragioni religiose».
Eppure, il reo del momento, per il Vaticano attuale, è quel Vescovo
che, all’insegna del vescovo Lefebvre professa la Fede per cui i veri
giudizi spettano alla Sede del Vicario di Gesù Cristo, la cui autorità
promana da Dio stesso. Quindi, rimane configurata una grave alienazione
della memoria cattolica a Roma.
Da quando? E’ quel che diviene di grande importanza ricordare alla Cristianità oggi smarrita.
Le reazioni cattoliche del tempo di Giovanni XXIII
Oggi potrà sembrare a qualcuno che nella Chiesa nessuno si era accorto
che le aperture e aggiornamenti ecumenistici di Giovanni XXIII erano
piuttosto guidati, attraverso il cardinale Bea, ad una «restituzione»
dell’autorità di giudizio universale al giudaismo imperante, perché
oggi capiamo che è proprio di questo che si tratta.
In verità questa grave infedeltà e scisma riguardo al ruolo universale
e unico della Chiesa era percepito da molti e non solo da quel «resto»
che continua ora, malgrado tutti gli attacchi e tradimenti, unito
all’incancellabile Memoria cattolica.
Così, prima dell’apertura del Vaticano II, per esempio, fu distribuito,
specialmente tra i padri conciliari, il libro edito in varie lingue,
«Complotto contro la Chiesa», firmato Maurice Pinay, pseudonimo che,
per la ricchezza della documentazione, certamente rappresenta un gruppo
di prelati, forse «un sindacato di cardinali», come scrisse qualche
giornale. In esso si manifestava la grave preoccupazione che una Chiesa
del silenzio non fosse stata difesa da un complotto talmudico in
quell’assemblea conciliare. Poiché si dice in seguito nel suo preambolo
che «un’istituzione che proclamasse contraddizioni sostanziali non può
essere divina»: perderebbe ogni autorità sui fedeli, non sembra che si
alludesse solo alla Chiesa dei paesi comunisti. Si era ben coscienti
allora delle forze mobilitate per cambiare radicalmente le basi
dottrinali della Chiesa attraverso il subdolo modernismo di Giovanni
XXIII. Ciò si è dimostrato vero nell’operato dei continuatori di tale
sciagurata «eredità».
Durante il Vaticano II vi fu l’azione del «Coetus Internationalis
Patrum» che riuniva settimanalmente alcune centinaia di cardinali e di
vescovi di tutto il mondo per difendere la fede «alla luce della
dottrina tradizionale della Chiesa e degli insegnamenti dei Sovrani
Pontefici». Tali iniziative ostacolarono l’avanzata dei liberali, come
riconobbe uno di essi, Ratzinger, ma Paolo VI era loro favorevole («Le
Rhin se jette dans le Tibre, Le Concile inconnu»).
Dopo il Vaticano II, a devastazione compiuta, la resistenza si era
ridotta a un pugno d’irriducibili, che però continuavano ad appellarsi
a Paolo VI. Egli, di tanto in tanto, dichiarava di vedere
l’autodemolizione della Chiesa, dove era penetrato il fumo di Satana.
Anche Giovanni Paolo II riconobbe, anni dopo, che nella Chiesa le
eresie furono sparse a piene mani... sino al sacrilegio.
Tali parole sembravano allarme in difesa della fede, ma quanto seguì
dimostrò solo l’intenzione di rendere più graduali e prudenti le
«innovazioni irreversibili», per rendere meno evidenti le reazioni
contro gli errori propugnati da Paolo VI e dal Vaticano II.
Il cardinale Mindszenty accusò la rovinosa politica conciliare di Paolo
VI in varie occasioni, come è riportato nelle sue «Memorie». Anche il
cardinale Slipy, contrario a tale aggiornamento ecumenista, decise di
consacrare due vescovi a Roma, ma senza il parere del Vaticano. In
Italia l’arcivescovo Arrigo Pintonello cercò di alzare la sua voce di
protesta. In Germania vi fu quella del vescovo tedesco, monsignor Kurz
e altri. Tutte, però, non riuscirono a rallentare lo scempio conciliare
in atto. Della lettera di monsignor De Castro-Mayer a Paolo VI nel 1974
si è parlato altrove. Altri reagirono nel mondo; tutti furono isolati.
Ma per i sacerdoti le misure furono più drastiche.
Il gesuita messicano, dottor Joaquin Saenz y Arriaga (autore dei libri
«La nuova Chiesa montiniana, scisma o Fede», ecc.) e in seguito il
teologo Guérard des Lauriers, furono «scomunicati», mentre altri, come
i padri de Nantes, Coache, Barbara, Bellucco, per parlare dei più
attivi, furono sospesi o squalificati, senza processo. Altri, come don
Francesco Putti, padre Vinson, padre Baker, don Luigi Villa, ecc., dato
il loro seguito, furono semplicemente ignorati e isolati.
Nel novembre 1983, mons. Lefebvre e monsignor De Castro-Mayer inviarono
a Giovanni Paolo II una Lettera aperta con un Manifesto Episcopale: «
La
situazione della Chiesa, da venti anni, è tale che essa appare come una
città occupata. Migliaia di sacerdoti e milioni di fedeli vivono
nell’angoscia e nella perplessità a motivo della ‘autodemolizione della
Chiesa’. Gli errori contenuti nei documenti del Vaticano II, le riforme
postconciliari, e particolarmente la Riforma liturgica, le false
concezioni diffuse da documenti ufficiali, gli abusi di potere compiuti
dalla gerarchia, li gettano nel turbamento e nel disagio. […]
Tacere in queste circostanze significherebbe farsi complici di queste cattive opere (confronta 2 Giovanni 11) […]
E’ con i sentimenti di San Paolo di fronte a San Pietro, allorché gli rimproverava di non seguire la ‘verità del Vangelo’ (Gl 2, 11-14)
che noi ci rivolgiamo a Voi».
Non vi fu risposta. Cominciava a farsi evidente o il disinteresse per
le questioni riguardanti la preservazione della fede, o allora, il che
è molto peggio, la chiara intenzione di deviare dalla verità del
Vangelo.
Di questa reazione mancata rimane la presenza della Fraternità San Pio
X di monsignor Marcel Lefebvre che, per continuarla consacrò quattro
vescovi, quelli che oggi sembrano riconciliati con la Roma conciliare,
secondo la grande disinformazione.
La reazione laica al Vaticano II che va ridestata
Qui è indispensabile ricordare il caso di un manifesto della reazione
laica alla svolta nella Chiesa, quando, alla fine del Vaticano II, fu
adottata la dichiarazione «Nostra aetate», riguardante un’ignobile
defezione a riguardo di altre credenze e degli ebrei, che implica una
vera inversione della dottrina e della missione cattolica. Si può
ricordarlo seguendo, non le pubblicazioni della Tradizione, ma quanto
riporta il voluminoso libro del suo nemico, il progressista Henri
Fesquet nel suo «Diario del Concilio» (Tutto il Concilio giorno per
giorno, 16 ottobre 1965, pagina 966) «Sulla definitiva adozione dal
Concilio della Dichiarazione Nostra aetate il 16 ottobre 1965, il cui
voto mette fine a un numero incredibile di pressioni, di passi, di
visite, di lettere, di pamphlets, di trattati che hanno assalito il
Segretariato per l’unità dei cristiani per più di tre anni». Fesquet,
entusiasta del nuovo corso è «indignato» di questa reazione.
«
Quando saranno conosciuti nei particolari questi vari
tentativi per fare abortire o rendere insignificante la dichiarazione
conciliare, si resterà confusi davanti a tanta passione, odio,
aberrazione e per dire tutto, ignoranza e bestialità (!?). D’altro
lato, parecchi lamenteranno a buon diritto che l’ultima versione del
testo presentata dal Segretariato per l’unità abbia perduto un poco del
suo mordente. E’ soprattutto peccato che le vere ragioni per cui sono
state fatte queste modifiche siano state in parte nascoste dietro dei
pii motivi. La diplomazia romana è prevalsa su una franchezza assoluta.
Ma bisogna riconoscere che la dichiarazione, come è stata votata, ha
salvato l’essenziale [Sí, la restituzione della cattedra di giudizio al
giudaismo!]. Gli osservatori che durante l’intersessione avevano fatto
correre le voci più allarmanti hanno sbagliato di grosso. Il Vaticano
Il ha realizzato, grosso modo, la volontà di Giovanni XXIII biasimando
severamente l’antisemitismo. La Chiesa ha riconosciuto implicitamente
le sue colpe passate in tale materia, che sono pesanti, durevoli e
numerose. La nuova mentalità ecunenica ha vinto i pregiudizi di un
tempo. A questo riguardo, il voto di venerdì inaugura una pagina bianca
nella storia dei rapporti tra Roma e gli ebrei. Fino all’ultimo giorno
gli antisemiti cattolici [ecco l’accusa di sempre] si sono coalizzati
per cercare di imbavagliare il Concilio. Abbiamo già segnalato il
pamphlet italiano di don Zaga. Un altro è di Léon de Poncins, che
accusa i vescovi che hanno approvato il testo dell’anno scorso
d’‘incoscienza’. ‘Una dichiarazione degna di un antipapa’ (ibidem,
pagina 967): Ma bisogna soprattutto ricordare il libello di 4 pagine
ricevuto dai vescovi. E’ preceduto da questo titolo lungo e curioso:
‘Nessun Concilio e nessun Papa possono condannare Gesù, la Chiesa
cattolica, apostolica e romana, i suoi pontefici (Il libello enumera 15
Papi ‘antisemiti’, da Nicola I (IX secolo) fino a Leone XIII e i
concili più illustri. Ora la dichiarazione sugli ebrei comporta
implicitamente una tale condanna, e, per questa eminente ragione deve
essere respinta’. Nel testo si leggono queste spaventose parole: ‘Gli
ebrei desiderano ora spingere la Chiesa a condannarsi tacitamente e a
mutar parere davanti a tutto il mondo. E’ evidente che solo un antipapa
o un concilia-bolo (sic) potrebbero approvare una dichiarazione di
questo genere. Ed è quello che pensano con noi un numero sempre
crescente di cattolici sparsi nel mondo i quali sono decisi ad operare
nel modo che sarà necessario per salvare la Chiesa da una simile
ignominia’. Che firme vi sono in fondo al pamphlet? Trentun movimenti
cattolici tra i quali per la Francia le riviste ‘Itinéraires, Nouvelles
de chrétienté’, la ‘Cité catholique’ la cui rivista ‘Verbe’ (che si
chiama ora ‘Permanences’), è ben nota, l’‘Action Fatima-la-Salette’, e
il ‘Movimento tradizionalista cattolico’. Ecco il numero degli altri
movimenti classificati per nazionalità: USA (3), Italia (3), Messico
(3), Spagna (2), Argentina (2), Portogallo (2), Cile (2), Germania (1),
Austria (1), Brasile (1), Ecuador (1), Venezuela (1), Giordania (1). La
Francia - come si vede - con cinque movimenti, ha il triste privilegio
di essere in testa [ma non è in nessun modo unica]. Aggiungiamo che è
difficilissimo interpretare i voti negativi di cui abbiamo parlato
sopra: 10 astensioni più 250 non placet. [sorprendente è la sorpresa di
Fesquet!]. Hanno votato contro lo schema in una proporzione sconosciuta
i vescovi dei Paesi arabi, i vescovi di estrema destra, e alcuni
vescovi malcontenti che il testo attuale fosse meno preciso e meno
forte di quello adottato nel 1964».
Qui sarebbe interessante ricordare che il vero leader del «Coetus» non
era monsignor Lefebvre, anzi lui stesso riconosce nell’arcivescovo di
Diamantina, Brasile, monsignor Geraldo de Proença Sigaud, l’amico di
monsignor Castro Mayer, la figura brillante e la mente lucida che
promosse quella doverosa resistenza cattolica alla rivoluzione
conciliare.
Sì, essa era figlia anche della Rivoluzione Francese, determinante del
menzionato privilegio della resistenza cattolica dei francesi, come
pensa Messori nella sua intervista a Rodari. Ma ridurre il «caso»
Lefebvre a una continuità con la politica di Petain è per lo meno una
stolta malizia, insinuante l’opposto del vero: che siano i moti
politici a determinare quelli religiosi! La «politique d’abord» di
molti cattolici francesi va intesa più seguendo San Pio X (si veda il
mio
«La Russia nella profezia politica di Fatima») che Le Pen e Madiran. Altrimenti la resistenza cede ai poteri apparenti più in alto.
Ecco com’è passata l’empia svolta ecumenista della «Nostra aetate», che
restituì le chiavi del sacro giudizio all’ideologia religiosa oggi
imperante nel mondo; per la sua disgrazia.
La presenza del «Mistero d’iniquità»
Ricordiamoci che il Mistero d’iniquità non ha per causa prima i nemici
della Chiesa, ma l’abbandono delle sue difese, che sono nel retto
pensiero e nella memoria dei cattolici. Già San Paolo insegnava: «prima
del Mistero d’iniquità deve venire l’apostasia».
Abbiamo ricordato che durante il Vaticano II vi fu l’azione del «Coetus
Internationalis Patrum» che riuniva centinaia di cardinali e vescovi di
tutto il mondo per difendere la fede «alla luce della dottrina
tradizionale della Chiesa e gli insegnamenti dei Sovrani Pontefici».
Queste iniziative ostacolarono l’avanzata dei liberali, ma fino a quando?
La domanda è: tale legittima e vitale reazione cattolica può finire
perché qualche gruppo si stanca d’essere classificato come scismatico e
proprio da quella disinformazione che rincara la dose di veleno contro
la memoria della Chiesa?
C’è stata, quindi, una presa di posizione di fronte all’inganno di tipo
evoluzionista e giudaizzante da parte di prelati come i vescovi Marcel
Lefebvre e Antonio de Castro Mayer. Anche il laicato cattolico reagì
con diverse pubblicazioni. Eppure, ancora manca la vera reazione per
difendere l’onore e l’autorità della Santa Madre Chiesa.
Sospettandosi la presenza di un antipapa e di un conciliabolo, sospetti
di deviare la vita cristiana dalla retta via, come di fatto accadde,
non si trattava di un danno troppo grande da accettare senza disporre
la difesa proporzionata? Mancavano forse alla Chiesa strumenti per
impedire ai suoi demolitori di agire?
No di certo, le leggi non mancano nella società perfetta che è la
Chiesa; mancava il coraggio dei suoi figli. Così, questa testimonianza
del pericolo che correva la Chiesa non ebbe seguito, ma causò la
divisione e il crollo completo della testimonianza cattolica. Negli
anni che seguirono, divenne chiaro che tale libello d’accusa dello
spirito «evoluzionista» del Vaticano II, rinunciatario della Fede
cattolica, era fondato ed evidente che solo la falsa autorità di un
conciliabolo avrebbe potuto approvare una dichiarazione ecumenistica a
360º, profondamente antievangelica e anticattolica. I redattori di quel
manifesto mancarono, però, per non aver dato seguito all’accusa più che
legittima, doverosa. E quei problemi che riguardavano la fede non
furono superati, ma aumentarono a tutt’oggi.
Anzi, ora dei cattolici probabilmente in beata buona fede seguono
quanto dicono a sproposito i loro capi: che le religioni monoteiste
hanno lo stesso Dio e possono accordarsi lasciando da parte le loro
differenze. Si accetta perfino la possibilità di una rivelazione
abramitica, per cui, pur con tutte le ineliminabili differenze, Dio è
lo stesso nella fede di ebrei, cristiani e mussulmani. Quali differenze?
La Santissima Trinità di Dio Uno e Trino, del Padre, del Figlio Gesù
Cristo che si è incarnato e dello Spirito Santo. Sì, Dio è Uno e Trino
per tutti e per tutto; per il cattolico che crede nel Vangelo come per
l’ateo che crede solo in se stesso; per l’ebreo della Torah, come per
il mussulmano del Corano; per i mari come per l’universo; la Sua
esistenza non dipende dalla fede né di uomini notevoli né dalla
superbia di coglioni venerati. L’intelligenza umana può solo sfiorare
quanto Dio rivela di Sé e della Sua volontà in Una sola Fede. Questa è
la fede abramitica che ci è stata suscitata da Dio stesso, insegnando
di non avere altri dèi davanti a Lui, ossia di non pensare dèi altri da
Colui che rivelò chi È. Eppure, l’uomo da sempre pensa i suoi dèi con i
suoi propri comandamenti.
Dio rivela la Torah e l’uomo «pensa» il Talmud e la Cabbala.
Dio si rivela in Gesù Cristo e l’uomo «pensa» i più variopinti demiurghi gnostici.
Dio Si rivela Padre e Creatore e l’uomo si «pensa» fratello senza padri e creatore d’ideologie salvatrici.
Insomma, l’uomo vuole «pensare» Dio alla pari, divenendo dio egli
stesso col suo «cogito», come è successo disgraziatamente a partire da
Adamo ed Eva. Siamo allo «spirito» che suscita l’evoluzione del
«pensiero umano» nel senso di «creare» Dio. Questo è lo spirito
«creazionista» della religione del progresso e della fraternità delle
logge secondo l’«evolversi» verso tempi «adulti»; è la religione
dell’uomo che si fa dio cui è andato incontro con le braccia aperte
Paolo VI, per la sciagura di tutte le genti.
Ma dove sono il giudizio e la memoria cattolica per cui non possiamo
accettare queste aperture e adulteri intrinsecamente perversi che
seguirono il Vaticano II? Contraddizioni secondo la triplice tentazione
dell’alienazione umana delle Sacre Scritture. Quelle descritte non
raggiungono forse ora la loro estrema convergenza, giustificando le
parole di San Paolo riguardo al fatto che «
tutti hanno peccato»? (Romani III, 23).
Rimane solo di aver dimenticato e smarrito la Memoria cattolica, per
non dispiacere a «grandi» sacerdoti in odore di sinagoga. Dovremo temer
di non essere perdonati.
Fede e coraggio!
Arai Daniele
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