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L’alienazione della Sinagoga «negazionista»
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Nel mio articolo precedente, «L’alienazione della memoria cattolica» , ricordo in modo ridotto i principali misteri della storia umana dopo l’alienazione Originale. In primis di un popolo eletto per realizzare il disegno del Padre di formare la famiglia universale, unita secondo la Parola di Suo Figlio incarnato. Tale «popolo teologale» fallì nella comprensione del Volere divino e fu disperso, ma rimane da duemila anni - dal suo rifiuto del Verbo - unito da un piano di potere terreno che ora sembra incredibilmente ultimato.

Per rendere evidente questo «successo», qui accennerò a uno scritto recente di Gad Lerner, che attesta l’idea d’«eredità» materiale dei seguaci dell’antica sinagoga. Ciò non guasta, però, la nozione di «popolo teologale» che va oltre l’idea di razza, d’origine e perfino di cultura, perché riportata ad una scelta di fede; della fede nel messia del potere terreno che ha tempo, fino a una terminale ora storica per eliminare la Fede in Gesù Cristo, Messia divino. Il popolo che mancò la sua elezione soprannaturale, s’ingaggiò in quella materiale e questo nuovo ingaggio piegò l’aspetto religioso a quello secolare e internazionale.

Non per caso, si da nome di ebrei a una maggioranza di kazari cooptati nell’alto Medioevo, come spiega il sagace ebreo, Arthur Koestler, nel suo «La Tredicesima Tribù»; popolo delle steppe turche il cui rapporto con gli ebrei delle Scritture è solo nato da ragioni d’ordine politico. Costoro non sono stati «eletti» secondo la Torah del Messia divino, ma della credenza occulta in dottrine anche negromantiche di potere terreno. Se la Provvidenza divina permette ora l’incredibile successo di quest’entità derivata dagli ebrei sarà senz’altro per rendere evidente il contrasto metafisico delle «due Città» e arrivare, alla fine, alla gran conversione dell’umanità sedotta e pienamente prostituita, ma che finalmente intravede la Luce.

Qui è pure importante ricordare che anche Koestler ha intravisto un giorno la Luce e l’ha descritta. Forse avrebbe potuto seguire eroicamente il Galileo, come Saulo, ma l’ha smarrita forse a causa di precedenti tentazioni materialiste, quelle dure spine che crucciarono tanti influenti d’ogni tempo, come Giuliano l’Apostata e perché no, Gad Lerner, portatori in viso di un atroce ghigno avverso a Gesù, che tentano invano d’«écraser». Koestler si è suicidato portando con sé la sua amata Cynthia.

L’immane tragedia umana accade in rapporto al Mistero per eccellenza della storia: la moltiplicazione di miracoli e opere secolari in Nome di Gesù Cristo, attestanti il potere divino nel mondo. E qui va riletto il Vangelo per quanto riguarda l’autentica vocazione della Sinagoga, che era proprio di preghiera e predica per la venuta del profetizzato Messia Salvatore di tutto il mondo nell’armonia della Fede.

«Gesù si recò a Nazaret, dove era stato allevato. Era sabato e, come al solito, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu presentato il libro del profeta Isaia ed Egli, apertolo, era nel passo in cui c’era scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me, per questo mi ha consacrato e mi ha inviato a portare ai poveri il lieto annunzio, ad annunziare ai prigionieri la liberazione e il dono della vista ai ciechi; per liberare coloro che sono oppressi, e inaugurare l’anno di grazia e del premio del Signore. Poi, arrotolato il volume, lo restituì al servitore e si sedette. Tutti coloro che erano presenti nella sinagoga tenevano gli occhi fissi su di lui. Allora cominciò a dire: ‘Oggi si è adempiuta questa Scrittura’. E tutti gli rendevano testimonianza stupiti per le parole piene di grazia che enunciava; chiedendosi: ‘Ma costui non è il figlio di Giuseppe?’. Allora discese a Cafarnao, città della Galilea, e insegnava alla gente nei giorni di sabato. Coloro che l’ascoltavano si meravigliavano del suo insegnamento, perché parlava con autorità. In quella sinagoga c’era un uomo posseduto da uno spirito cattivo e si mise a gridare: ‘Perché ti interessi di me, Gesù di Nazareth? Sei venuto a mandarci in rovina? Io so chi tu sei il Santo di Dio!’. Ma Gesù lo sgridò severamente e gli ordinò: ‘Sta zitto ed esci subito da quest’uomo!’. Allora il demonio, gettato a terra quell’uomo davanti a tutti, uscì da lui senza fargli alcun male. Tutti i presenti furono presi da spavento dicendo: ‘Qual parola è mai questa?’ Egli comanda con potere sugli spiriti immondi e questi vanno via» (Luca, 4, 16-25; 31-36).

Uno spirito cattivo, quindi, frequentava la sinagoga, ma fu cacciato da Gesù. La vocazione della sinagoga era d’insegnare il bene e la pietà che devono riempire i cuori degli uomini. Invece lì dominava lo spirito della menzogna, dell’inganno, del conflitto e della distruzione perché molti amarono e amano il potere del principe terreno. Esso andava cacciato per far posto alla Verità, alla Giustizia e alla Pace nella Chiesa di Cristo. Ma lo spirito immondo rimase in quella che nel Vangelo è chiamata la sinagoga di Satana, mentre le parole di Gesù furono confermate sempre dagli eventi, insieme alla persecuzione della Sua Fede che durerà sino alla fine dei tempi.

«Or la suocera di Simone giaceva a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Avvicinatosi, le prese la mano e la fece alzare. La febbre la lasciò ed ella si mise a servirli. Venuta la sera, quando il sole fu tramontato, gli conducevano ogni sorta di malati e di indemoniati. Tutta la città si era raccolta davanti alla porta! Egli guarì molti malati di varie malattie e scacciò molti demoni, ma non permetteva che i demoni parlassero, perché lo conoscevano bene. E se ne andò predicando nelle loro sinagoghe per tutta la Galilea e scacciando i demoni» (Marco 1, 30-39).   

«Entrò di nuovo nella sinagoga, nella quale vi era un uomo che aveva una mano paralizzata, ed essi stavano ad osservarlo per vedere se lo avrebbe guarito di sabato, per poterlo accusare. Dice all’uomo che aveva la mano paralizzata: ‘Lèvati su, in mezzo!’. Quindi domanda loro: ‘E’ lecito di sabato far del bene o far del male? Salvare una vita o sopprimerla?’. Ma essi tacevano. Allora, volgendo su di loro lo sguardo con sdegno e rattristato per la durezza del loro cuore, disse all’uomo: ‘Stendi la mano!’. Quello la stese e la sua mano fu risanata. Ma i farisei, usciti di lì, tennero subito consiglio con gli erodiani contro di Lui, per vedere come farlo perire» (Marco 3, 1-6).

Era l’inizio della persecuzione della sinagoga, sotto lo spirito maligno, contro il Santo di Dio e la sua opera di bene, che dura oggi e durerà fino alla fine.

«Ora giunse uno dei capi della sinagoga, di nome Giairo, che, appena lo ebbe visto, gli si gettò ai piedi e lo pregava con insistenza: ‘La mia figlioletta è agli estremi. Vieni e imponile le mani, affinché sia salva e viva’. Gesù andò con lui e una grande folla lo seguiva e gli si stringeva attorno. Ora una donna, che da dodici anni era affetta da un flusso di sangue e aveva sofferto molto sotto molti medici spendendo tutto il suo patrimonio senza averne alcun giovamento, anzi piuttosto peggiorando, avendo inteso parlare di Gesù, si ficcò in mezzo alla folla e da dietro gli toccò la veste. Infatti, si era detta: ‘Se riuscirò a toccargli anche solo le vesti, sarò salva’. Immediatamente la sorgente del suo sangue si seccò ed ella sentì nel suo corpo che era stata guarita dal male. Anche Gesù, avendo avvertito subito in se medesimo che una forza era uscita da Lui, rivoltosi verso la folla domandò: ‘Chi mi ha toccato le vesti?’. Gli risposero i suoi discepoli: ‘Vedi bene la folla che ti stringe attorno e domandi: ‘Chi mi ha toccato?’».

alienazione_giudaismo.jpgMa Egli si guardava attorno per vedere la donna che aveva fatto ciò. Allora la donna, timorosa e tremante, ben sapendo ciò che le era accaduto, si avvicinò, gli si gettò ai piedi e gli dichiarò tutta la verità. Quindi Egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va in pace e sii sanata dal tuo male». Gesù stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga giunsero alcuni che dissero a quest’ultimo: «Tua figlia è morta! Perché importuni ancora il Maestro?». Ma Gesù, avendo inteso per caso il discorso che facevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, ma solamente abbi fede!». E non permise che alcuno lo seguisse, all’infuori di Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. Giunti alla casa del capo della sinagoga, egli avvertì il fracasso di quelli che piangevano e si lamentavano fortemente. Perciò, entrato, disse loro: «Perché fate chiasso e piangete? La fanciulla non è morta, ma dorme. Quelli incominciarono a deriderlo. Ma Egli, messili fuori tutti, prese con sé il padre della fanciulla con la madre e i discepoli ed entrò dove si trovava la fanciulla. Quindi, presa la mano della fanciulla, le disse: ‘Talithà kum!’», che tradotto significa: «Fanciulla, ti dico, sorgi!». «Subito la fanciulla si alzò e si mise a camminare» (Marco 5, 22-42).

Donna e fanciulla non rappresentano qui proprio la sinagoga malata? Secondo San Beda il sangue impuro riguarda i peccati d’idolatria. Inoltre per San Geronimo, nel senso mistico il sinagogo Giairo - nome significante illuminato - una volta umile di fronte al potere del Messia suscita la salvezza e la conversione d’Israele, che avverrà dopo quella delle nazioni, nella pienezza dei tempi (Romani, 11).

Gesù, pane di vita

«Dice Gesù: ‘In verità, in verità vi dico: mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato pani a sazietà. Operate non per il cibo che perisce, ma per il cibo che rimane per la vita eterna, che il Figlio dell’uomo vi darà, perché su di lui Dio Padre pose il suo sigillo’».
Allora gli dissero: «Che cosa dobbiamo fare per operare le opere di Dio?».
Rispose loro Gesù: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in Colui che Egli ha mandato».
Gli dissero: «Quale segno fai tu perché vediamo e crediamo in te? Che cosa operi? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto come sta scritto: Ha dato loro da mangiare un pane dal cielo».
Disse loro Gesù: «In verità, in verità vi dico: non Mosè vi ha dato il pane dal cielo, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero. Il pane dal cielo infatti è colui che dal cielo discende e dà la vita al mondo».
Gli dissero allora: «Signore, dacci sempre questo pane».
Gesù disse loro: «Io sono il pane di vita. Chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete. Ma Io ve l’ho già detto: mi avete visto e ancora non credete. Tutto ciò che mi dà il Padre verrà a me e chi viene a me non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di Colui che mi ha mandato. Ora, questa è la volontà di Colui che mi ha mandato: che nulla vada perduto di ciò che mi ha dato, ma lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa è infatti la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna e io lo risusciti nell’ultimo giorno» (Giovanni 6, 26-40).

Incredulità dei giudei

«Per quanto Gesù avesse compiuto così grandi segni davanti a loro, non credevano in lui, perché si adempisse la parola che aveva detto il profeta Isaia: Signore, chi credete alla nostra parola? Il braccio del Signore a chi fu rivelato? Per questo non potevano credere, perché Isaia disse anche: Ha accecato i loro occhi e incallito il loro cuore, affinché con gli occhi non vedano e col cuore non comprendano e per questo non si convertano e io non li guarisca. Ciò Isaia lo disse, perché vide la sua gloria e parlò di lui. Pur tuttavia anche fra i capi molti credettero in lui, ma non lo professavano apertamente a causa dei farisei, per non venire espulsi dalla sinagoga. Preferirono infatti la gloria degli uomini alla gloria di Dio. Gesù proclamò ad alta voce: ‘Chi crede in me, non crede in me, ma in Colui che mi ha mandato, e colui che vede me, vede Colui che mi ha mandato. Io, luce, sono venuto nel mondo affinché chi crede in me non rimanga nelle tenebre. Se uno ascolta le mie parole e non le osserva, Io non lo condanno. Non sono venuto infatti per condannare il mondo, ma per salvare il mondo. Colui che mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo giudica. La parola che ho pronunciato, quella lo giudicherà nell’ultimo giorno; perché io non ho parlato da me stesso, ma il Padre stesso che mi ha mandato mi ha comandato ciò che dovevo dire e pronunciare. E so che il suo comandamento è vita eterna. Ciò che dico, lo dico come il Padre me l’ha detto» (Giovanni 12, 37-50).

E la Parola pronunciata da Gesù in Nome del Padre è stata affidata alla Sua Chiesa, per cui l’armonia della Sinagoga era divenire cristiana. Lo spiega il dotto ebreo convertito le Chevalier P. L. B. Drach, dottore in filosofia e lettere dell’Accademia pontificia della Religione cattolica, nella sua opera «De l’Harmonie entre l’Eglise et la Synagogue», altrimenti rimane alienata dalla sua ragione provvidenziale; di predicare il bene degli ebrei e di tutti, che è la Fede universale, cristiana e cattolica.

Miracoli di Paolo in nome di Gesù ed «esorcismi giudei»

«Dio operava prodigi davvero straordinari per le mani di Paolo, fino al punto che si applicavano su malati fazzoletti o grembiuli che erano stati a contatto con lui, e le malattie si allontanavano da loro e gli spiriti maligni fuggivano. Anche alcuni esorcisti ambulanti giudei si provarono a invocare su coloro che avevano spiriti maligni il nome del Signore Gesù, dicendo: ‘Vi scongiuro per quel Gesù che Paolo va predicando!’. Tra quelli che facevano così vi erano i sette figli di un certo Sceva, sommo sacerdote giudeo. Ma in risposta lo spirito malvagio disse loro: ‘Gesù lo conosco e Paolo so bene chi è: ma voi chi siete?’. E scagliatosi contro di essi, quell’uomo in cui vi era lo spirito malvagio li sopraffece e li malmenò talmente che, nudi e feriti, se ne dovettero fuggire da quella casa. Ciò fu risaputo da tutti i giudei e i greci che abitavano Efeso: essi furono presi da timore e il nome del Signore Gesù veniva magnificato» (Att 19, 11-17).

Scrive Gad Lerner, col titolo «Quel vescovo non è un alieno», (Repubblica, 29 gennaio 2009, pagina 1, sezione: Prima Pagina), dove esalta «il mistero della secolare persistenza ebraica». «Nel dire nuova, Dio ha reso antiquata la prima alleanza. Ma ciò che diventa antiquato e che invecchia è prossimo alla scomparsa (Lettera agli ebrei 8, 13). La profezia contenuta in questo testo apostolico tuttora inserito a pieno titolo fra le lettere di Paolo (benché l’attribuzione sia controversa) ha subìto la smentita di diciannove secoli di storia. Sopravvissuti a innumerevoli persecuzioni e tentativi di sterminio, nel Novecento gli ebrei hanno rifondato uno Stato nella loro terra d’origine e sono tornati in milioni a parlare una lingua che pareva morta, a lungo rinchiusa nelle sole funzioni liturgiche. Un enigma, un miracolo, un accidente fastidioso? Il mondo fatica a rispondere, e con esso la Chiesa che si era concepita come Nuova Israele. ‘Se infatti la prima alleanza fosse stata irreprensibile, non se ne sarebbe cercata una seconda’ (8, 7), minacciava ancora gli ebrei quella Lettera contenuta nel Nuovo Testamento. Riecheggiando il celebre passo paolino della Lettera ai Romani in cui ‘l’indurimento’ della parte d’Israele restia a inchinarsi di fronte al Messia, comporterebbe la sua conversione come passaggio necessario alla salvezza universale».

Un enigma, un miracolo, un accidente fastidioso?

Sarebbe tutto questo se non fosse parte del disegno di Dio, per cui nel momento che nasceva la Chiesa del divino Crocefisso, appariva anche l’antichiesa degli ostinati crocifissori e feroci persecutori, come lo confessa lo stesso San Paolo. E su questa c’era il segno divino, come quello su Caino, affinché non fosse toccata. Miracolo?

Sì, se si vuole dar questo nome al disegno del Padre che dura da duemila anni a dispetto di tutte le persecuzioni attive e passive che ha suscitato e del fatto che non si tratta più dello stesso popolo, ma della stessa fede del rifiuto del Messia divino. Essa è la grande causa dell’eterna crisi di dialogo con un mondo alla ricerca di verità, religiose e storiche.

Lo descrive, malgrado lui, lo stesso Gad Lerner, che continua: «La crisi del dialogo ebraico-cristiano decisa ieri dal rabbinato d’Israele in seguito alla mancata sanzione del vescovo Richard Williamson, scaturisce certo da un comportamento maldestro del Vaticano, ma evidenzia la difficoltà di Benedetto XVI nel trovare risposta al mistero della persistenza ebraica. Egli fa i conti con un vuoto di dottrina o, se si vuole, un’inadempienza teologica dentro cui i tradizionalisti lefebvriani hanno buon gioco a inserirsi, esprimendo un umore diffuso ben oltre il loro minuscolo drappello. Basti pensare alla potente voce antisemita di Radio Maria in Polonia. In coerenza con insigni dottori della Chiesa, come Ambrogio e Agostino, riconoscendosi in secoli di predicazione del disprezzo nei confronti dell’imperfezione e della colpevolezza ebraica legittimata da quella ‘teologia sostitutiva’ (la Nuova Israele che soppianta la vecchia), costoro approfittano della mancata trasposizione teologica dei deliberati conciliari. Negli ultimi quarant’anni i pontefici hanno revocato l’accusa di deicidio, hanno compiuto importanti gesti d’amicizia verso gli ebrei, hanno perfino riconosciuto (solo nei discorsi, mai in un documento teologico) la validità dell’alleanza contratta da Abramo e ribadita sul Sinai. Ma qui, sull’orlo dell’incognito, si sono fermati».

Sull’orlo dell’incognito conciliare?

«E’ stato il cardinale Ratzinger nell’agosto 2000, con la ‘Dominus Jesus’, a delimitare la portata della richiesta di perdono agli ebrei voluta da Giovanni Paolo II; precisando che non vi è salvezza possibile senza il riconoscimento del Cristo. La reintrodotta preghiera latina del venerdì santo per ‘l’illuminazione’ degli ebrei, cioè per la loro conversione, è stato il passo successivo che ha indotto i rabbini italiani a sospendere il dialogo. Nel frattempo il Vaticano ha sposato una vulgata storica che separa nettamente l’antigiudaismo cattolico dall’antisemitismo nazifascista, con ciò escludendo - a dispetto di ogni evidenza - che vi sia stata anche una responsabilità cristiana nel concimare il terreno su cui hanno agito gli sterminatori. Basti pensare, solo un mese fa, alla reazione stizzita dell’‘Osservatore Romano’ nei confronti del presidente della Camera riguardo alle leggi razziali».

La responsabilità nel concimare il terreno degli sterminatori

Qui, dunque, si addita questa responsabilità ai Vangeli; non solo al «vescovo Williamson» che «non è un marziano, ma il prodotto degenere di una corrente di pensiero più vasta... sulla base di una dottrina legittimata dal Nuovo Testamento», che «vede l’ebreo come un essere imperfetto che ha misconosciuto la Verità fiorita sulla sua radice, necessariamente ha vissuto la nascita dello Stato d’Israele come evento sospetto, se non malefico». Qui si legge la tecnica di un «vittimismo metafisico» nella difesa dell’«ebreo» accusato «come un essere imperfetto», quando in verità si tratta della mala «fede negazionista» del vero Messia, di tanti che non sono neanche veri ebrei, mentre tanti veri ebrei si sono convertiti a Gesù Cristo e hanno «necessariamente vissuto la nascita dello Stato d’Israele come evento sospetto, se non malefico»... insieme a tanti altri popoli vittime di oscuri poteri mondiali.

Ma Lerner infierisce su chi «patisce come incomprensibile la riduzione a piccola minoranza dei cristiani nella terra di Gesù. Guarda con ostilità alla trasformazione delle vittime di sempre in combattenti (e ciò spiega anche i riferimenti offensivi a Gaza come ‘lager’). Infine, non può che rifiutare l’attribuzione di un significato provvidenziale al ritorno degli ebrei nella Terra Promessa. Questo è un punto delicatissimo, sul quale rischiano di insorgere equivoci pericolosi».

E’ proprio così, ma nel senso inverso da quanto insinua Lerner: «Perché non si tratta certo, per la Chiesa, di mescolare le scelte politiche e diplomatiche mediorientali alla riflessione teologica, in un esplosivo cortocircuito: come la teoria degli evangelici apocalittici che indicano nel ritorno degli ebrei in Terrasanta un passaggio preliminare dell’Armageddon, la guerra distruttiva da cui scaturirà la loro conversione e dunque la salvezza. Per carità, c’è già abbastanza fanatismo integralista in giro».

Qui Lerner, per essere onesto, dovrebbe tornare ai fatti della storia che stiamo vivendo e dire da che parte è il fanatismo: dalla parte di chi rivendica una terra promessa dal tempo dei faraoni, o di chi difende la terra dove è nato ed è coltivata da secoli dai suoi antenati? Da chi afferma il suo diritto divino uccidendo perfino nelle moschee, o da chi si difende lanciando sassi? Chi sono gli sterminatori attuali al fosforo, che non evitano nemmeno i bambini?

Lerner scrive: «E’ indubbio che la Chiesa stia faticando a elaborare una visione pacificata e amorevole d’Israele anche perché non ha risolto il problema teologico della persistenza ebraica nel mondo, senza conversione».

In verità la visione della Chiesa è chiara perché rivelata, sia sulla teologia di quanto è qui detta la «persistenza ebraica nel mondo», come si è visto prima riguardo al «popolo teologale», sia sulla condanna del suo ostinato «negazionismo» e pertanto sulla necessità della sua conversione, anche per raggiungere un minimo di pace in terra. Se poi Lerner e compagni sono felici per «la netta condanna espressa ieri da Benedetto XVI del negazionismo e del riduzionismo infiltrati nella corrente tradizionalista della Chiesa», s’illude che essa «giunge benefica a limitare i danni».

I veri danni sono nell’incredulità, nel fanatismo e nelle menzogne di quell’infido drappello rivoluzionario che raggiunse potere terreno inoculando l’idea materialista che la Verità sul Disegno di Dio per l’uomo sia un optional per quelli che rivendicano la dignità di liberare, sé ed Eluana, dallo Spirito che anima ogni vita. Questo è l’unico «negazionismo» che danna in eterno e per cui l’antica sinagoga dove predicò Gesù, alienò la sua vocazione spirituale a favore di una «persistenza nel mondo» che diviene sempre più causa di guerre, miserie e persecuzione contro la Fede nel Disegno divino della grande Famiglia umana predicata dal Signore.

Arai Daniele


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