Hu in America attacca il dollaro "È il passato"
La Stampa
18 Gennaio 2011
Il Presidente cinese: "Nuovo sistema monetario. Anche lo yuan diventerà una valuta globale" NEW YORK - Il leader cinese Hu Jintao sbarca questa sera a Washington per il summit con Barack Obama facendosi precedere da una raffica di messaggi tesi a far capire che non ha complessi di inferiorità.
Era dalle Olimpiadi del 2008 che Hu evitava di parlare ai media americani, ma quanto avvenuto nell’ultima settimana lo ha spinto a rompere il tabù: prima il capo del Pentagono Robert Gates è tornato da Pechino lamentando l’impossibilità di un dialogo trasparente con i militari cinesi, poi il ministro del Tesoro Tim Geithner ha ammonito sui rischi di inflazione legati alla sottovalutazione dello yuan, e infine il segretario di Stato Hillary Clinton ha invocato il rispetto dei diritti umani a cominciare dalla liberazione del premio Nobel per la pace Liu Xiaobo. Hu ha una risposta per tutti. Anzitutto come metodo ha scelto risposte scritte alle domande di Washington Post e Wall Street Journal, premettendo che fra le «regole» c’era il suo diritto di scegliere a quali rispondere.
NEW YORK Quelle depennate riguardano Liu Xiaobo e i diritti umani nell’evidente intento di far capire a Hillary che su questo terreno il dialogo non è ipotizzabile. Nessuna risposta anche sulle accuse di cyberattacchi, lanciate al Pentagono, mentre alle obiezioni di Gates sulla carenza di dialogo militare replica che «è a causa dei vostri rapporti con Taiwan», reiterando una nota posizione della Repubblica Popolare.
Liquidati Hillary e Gates con poche frasi, Hu sceglie di dedicare più righe a Geithner. La risposta ai rischi di inflazione è la seguente: «La Cina combatte l’inflazione con molte politiche, incluso l’aumento dei tassi di interesse, e difficilmente l’inflazione può essere un maggiore fattore nel determinare il tasso di cambio di una valuta», senza contare che «al momento i prezzi non sono una grande preoccupazione perché sono moderati e controllabili, e li stabilizzeremo». Come dire: la tesi che dobbiamo rivalutare lo yuan perché è nel nostro interesse non ha fondamento.
La brusca risposta a Geithner si accompagna a un secondo siluro: se il ministro Usa aveva lamentato «disparità di trattamento ai danni delle imprese straniere in Cina», Hu ribatte che «tutte le imprese straniere registrate in Cina per noi sono cinesi». È in tale cornice che Hu confeziona per Obama - che domani lo accoglierà alla Casa Bianca con tutti gli onori, inclusa una cena di Stato - il messaggio a cui tiene di più: «Il sistema monetario dominato dal dollaro è una reliquia del passato» e Pechino vuole costruirne uno nuovo nel quale lo yuan sarà una «valuta globale».
L’intento è lasciarsi alle spalle la disputa sulla rivalutazione dello yuan - che Washington chiede considerando troppo bassa l’attuale quotazione - per affrontare il vero nodo: Pechino punta a porre fine al dominio monetario del dollaro negli investimenti e commerci internazionali. Come se non bastasse, ce n’è anche per la Federal Reserve di Ben Bernanke: «Il massiccio acquisto di obbligazioni per tenere bassi i tassi nel lungo termine rischia di favorire l’inflazione, la liquidità del dollaro dovrebbe essere stabile». Ce n’è abbastanza per far comprendere a Obama che troverà un interlocutore poco incline a compromessi. «Dobbiamo abbandonare la mentalità della Guerra Fredda, rispettando le reciproche scelte di sviluppo» suggerisce l’ospite, osservando che «abbiamo delle differenze ma entrambi abbiamo da perdere dal confronto». A suggellare le «differenze» di cui parla c’è una definizione della Cina che Hu adopera nelle risposte ai due quotidiani: «Siamo una democrazia socialista» e dunque di altro tipo rispetto agli Stati Uniti.
A conti fatti lo schiaffo dato a Gates a Pechino, quando i militari hanno fatto volare il prototipo dello stealth J-20 nel bel mezzo della visita ufficiale, appare rivelatore dell’approccio di Hu alla missione americana.
Fonte > La Stampa