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Il mutuo che spaventa è la punta dell'ceberg
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Almeno 110mila famiglie italiane sono a rischio insolvenza di fronte alla crescita delle rate dei mutui immobiliari.
Altre 420mila si trovano in seria difficoltà perché onorare le competenze mensili - aumentate a volte anche del 60% in tre anni - è diventato un serio problema. In totale 530mila nuclei familiari a rischio, come dire, approssimando per difetto, poco meno di due milioni di persone, che sui 2, 4 milioni di famiglie italiane che hanno contratto un mutuo significa più del 20%.

Il dato, rilanciato due giorni fa dal presidente dell’Antitrust Antonio Catricalà, si avvale però della replica del Crif, il gruppo che censisce vizi e virtù del sistema creditizio italiano, secondo il quale a giugno del 2007 solo l’1, 8% dei mutui erogati si trova in reale sofferenza (eufemismo bancario per designare chi non onora un prestito per almeno 6 rate) e solo l’1, 9% in insolvenza leggera (meno di 3 rate) e uno 0, 9% in insolvenza grave (tra 3 e 5 rate). In totale, un 4, 6% sul totale dei mutui nazionali.
Fisiologico, dicono.

Sarà, ma 530mila famiglie in difficoltà più o meno dura di fronte ai mutui a noi non paiono un dato fisiologico. E aggiungiamo che a gettare acqua sul fuoco sono le stesse aziende di credito che in spregio alla legge Bersani varata un anno fa continuano a far pagare salato chi vuole spostarsi da un mutuo all’altro, a volte fino a 2. 800 euro per il cambio. La legge in realtà parla chiaro, anzi, chiarissimo: i trasferimenti si intendono a costo zero. E c’è un altro dato che impensierisce: pignoramenti ed esecuzioni immobiliari (il dato è dell’Adusbef) sono cresciuti in un anno del 23%.

Cosa ricavare da in simile quadro congiunturale? Chi si limita a osservare che le sofferenze da mutui immobiliari sono relativamente basse e dunque non vi è reale pericolo di gravi insolvenze dice, insieme a una mezza verità, una flagrante sciocchezza.

Perché il dato da leggere attentamente è un altro: è ovvio che di fronte alla pressione di una rata fissa si tende a soddisfare la medesima, dunque è assai verosimile che decine di migliaia di cittadini che onorano faticosamente il proprio mutuo (e dunque non compaiono nel quadro statistico di insolvenze e sofferenza) tagliano le proprie spese altrove. Magari cambiando scuola ai figli, o rinunciando a un viaggio, o alle vacanze, o all’automobile nuova, o a ristrutturare il bagno di casa. Quei 530mila a rischio in realtà sono solo la punta di un iceberg assai più vasto. L’iceberg di un generale impoverimento del potere di acquisto dei salari di tutti noi, esclusa quella ristretta oligarchia di top manager, di grandi burocrati di Stato e di ricchi consulenti degli enti locali per i quali la crisi non esiste.

Per tutti gli altri si tratta di stringere la cinghia. Di quanto? Se volete una spia un po’ più fedele e precisa del solito prezzo delle zucchine (che peraltro è problema non da poco), eccola: il tasso di credito al consumo in pochi mesi si è più che dimezzato (dal 9, 5 al 3, 5%): i prestiti personali, la cessione del quinto dello stipendio sono in drastico calo.

Perché? Perché non c’è più molto da raschiare nel fondo del barile e indebitarsi è diventato pericoloso e sovente impossibile. Si capisce bene che una delle priorità del prossimo governo - quale che sia - sarà il ridisegno della struttura salariale degli italiani: una strada a senso unico, perché indietro non si può certo tornare.


Giorgio Ferrari

Fonte >
   Avvenire



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