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Il Papa: "Pregate per me, non lasciatemi solo"
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Un crescendo di critiche, anche nella Chiesa

CITTA’ DEL VATICANO - Benedetto XVI denuncia «smarrimento e tempeste» all’interno della Chiesa, riafferma il primato del Papa (il cui ruolo «è stato ribadito dal Concilio») e invita i fedeli a pregare per lui. Un accorato richiamo all’ordine proprio nel giorno in cui, dopo il quotidiano britannico «Financial Times», anche il conservatore «Sunday Times» spara sul Palazzo Apostolico. Le scelte prese troppo «in solitudine» e lo stile «regale e distaccato» di un Pontefice quasi «invisibile» starebbero irritando anche chi dovrebbe essergli più vicino e in particolare alcuni cardinali. In prima pagina la corrispondenza dalla Città del Vaticano descrive una Curia allo sbando (sotto assedio per le critiche dagli episcopati francese, austriaco, tedesco, svedese, svizzero, inglese) e registra forti malumori tra i porporati, incluso il ministro dei Vescovi, Giovanni Battista Re, «costretto ad una decisione affrettata» sulla revoca della scomunica ai lefebvriani». La routine giornaliera del Papa viene messa sotto accusa «per una serie di passi falsi che hanno provocato una rara manifestazione di dissenso da parte di cardinali esasperati». Insomma un’impietosa raffigurazione di «un Pontefice che sta guidando la Chiesa e i suoi 1,2 miliardi di fedeli come un monarca, separato dal mondo che sta fuori dalla finestre del suo palazzo, aiutato solo da consiglieri leali ma inetti». Perciò, «la gente si sente disorientata e la sensazione condivisa da tradizionalisti e riformisti è che al timone non ci sia nessuno». E mentre la Santa Sede apre un’indagine sugli stili di vita delle 59 mila suore americane («quelle impegnate nell’apostolato, non le religiose di clausura») e una delegazione pontificia visiterà oltre 400 conventi, Benedetto XVI è tornato sull’attuale situazione ecclesiale.

Appena tre giorni fa il Papa si era lamentato delle «polemiche distruttive e l’arroganza intellettuale» che affliggono la Chiesa, e ieri, all’Angelus, ha riaffermato con forza il «primato di Pietro» invitando i fedeli a non cedere ai «turbamenti e alle tempeste», e a mantenersi «fedeli all’unità», «nell’amore reciproco». Da piazza San Pietro è partito un richiamo per l’intera Chiesa cattolica affinché «ciò che è particolare, non solo non nuoccia all’unità, ma piuttosto la serva». E vegliare perché ciò avvenga tocca al Papa. Un «alto compito» nel quale Joseph Ratzinger chiede di essere «accompagnato» dalle preghiere dei fedeli. Lo «schiaffo» del «Sunday Times» è l’ultimo di una lunga serie di attacchi. Il caso Williamson, il vescovo negazionista graziato dal Pontefice, ha scatenato una bufera internazionale, con le proteste del Gran rabbinato di Gerusalemme e del governo israeliano, la richiesta di chiarimenti (senza precedenti) del cancelliere tedesco Angela Merkel, l’appello al Pontefice di 50 membri cattolici del Congresso Usa, le critiche del presidente francese Sarkozy («E’ inammissibile, increscioso e choccante che nel XXI secolo si possa negare la Shoah»). Fino alla nota della Segreteria di Stato che ha imposto a Williamson di ritrattare le sue dichiarazioni negazioniste sulla Shoah «per essere ammesso a funzioni episcopali nella Chiesa».

Due settimane fa anche il «Financial Times» ha preso di mira Benedetto XVI definendolo «un rottweiler di Dio maltrattato» e descrivendolo come «un Papa timido e isolato, sepolto dalle sue letture e scritture, vulnerabile alle manipolazioni». Un Papa che «potenzialmente può essere intimorito» e che «per sua stessa ammissione, non presta mai attenzione alle critiche». Intanto la sollevazione della Conferenza episcopale austriaca ha costretto il Vaticano a rimangiarsi la nomina a Linz dell’ultraconservatore Wagner, secondo cui i gay «vanno guariti», l’uragano Katrina è stato il «castigo di Dio per le cliniche abortiste di New Orleans» e i libri di Harry Potter sono «satanisti e occultisti». Un quadro allarmante dovuto alla «percezione generale» di questo pontificato più che alle singole decisioni di Benedetto XVI, secondo Francesco Margiotta Broglio, studioso di relazioni tra Stato e Chiesa. «L’odierno governo della Chiesa difetta nel far comprendere il proprio operato all’esterno dei sacri palazzi», osserva Margiotta Broglio. E per risalire a un pontificato così sotto scacco, occorre risalire «alle durissime campagne giornalistiche del ’49 contro Pio XII per la scomunica dei comunisti, i comitati civici e le reazioni alle difficili scelte politiche del Papa durante la guerra fredda».

I mass media anglosassoni, aggiunge Margiotta Broglio, «sono tradizionalmente severi con il capo della Chiesa cattolica» e «neppure Paolo VI aveva doti comunicative». Karol Wojtyla, invece, «era un grande comunicatore e curargli l’ufficio stampa era un gioco da ragazzi» perché «anche quando diceva cose discutibili lo faceva sempre nel modo giusto e otteneva unanime consenso». Però «la preparazione e il livello di Ratzinger sono indiscutibili».

GIACOMO GALEAZZI

Fonte >
  La Stampa

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