A lei, Spataro rinfaccia le dichiarazioni in cui - durante un convegno a Pavia - ha criticato l’abuso da parte di alcuni magistrati dello strumento delle intercettazioni telefoniche, e si è dichiarata «indignata» per la pubblicazione sui giornali di conversazioni penalmente irrilevanti. Ma Spataro si indigna, e spedisce alla Boccassini una «richiesta di chiarimenti» pubblica, apparentemente pacata nei toni ma aspra nella sostanza.
Era stata, quella della Boccassini, una uscita che aveva sorpreso molti, anche perché veniva da un magistrato che dello strumento delle intercettazioni ha fatto da sempre ampio uso, «Rubygate» compreso. Ma la Boccassini è fatta a modo suo. Così lunedì 3 ottobre, dopo avere fatto uscire le telecamere dall’aula del convegno, ha detto la sua senza tanti giri di parole. «Anche io, da cittadina, leggendo sul giornale delle cose che non dovrei leggere, m’indigno». E ancora: «È evidente che le intercettazioni sono uno strumento importante per la ricerca delle prove, ma non possiamo non riconoscere che c’è stato un cattivo uso di questo strumento da parte della magistratura. Sono stati pubblicati fatti che assolutamente non dovrebbero uscire sui giornali, che nulla hanno a che vedere con le indagini».
Il 4 ottobre, le dichiarazioni di Ilda finiscono sulle agenzie di stampa e su internet, e il giorno dopo approdano sui quotidiani mettendo immediatamente a rumore l’universo politico-mediatico-giudiziario: oltretutto arrivano nel bel mezzo dell’iter parlamentare della legge con cui il governo vuole limitare utilizzo e pubblicazione delle intercettazioni. Per tutto il 5 ottobre Spataro aspetta che la collega smentisca o rettifichi. Ma la dottoressa non accenna a fare retromarcia. Così in serata Spataro fa partire la sua mail: una «richiesta di chiarimenti» che invia per conoscenza - ed è una scelta polemicamente significativa - anche al procuratore capo Edmondo Bruti Liberati e a tutti i cento e passa pm in servizio a Milano. Il linguaggio è pacato, ma il contenuto è duro.
Spataro riporta i passi salienti degli articoli sul convegno di Pavia. E prosegue: «Non ti nascondo che, al di là dell’immediata strumentalizzazione di queste parole da parte di alcuni ben noti quotidiani (il che è fatto che ci può effettivamente lasciare indifferenti), alcuni passaggi del tuo discorso mi sorprendono». E attacca: «Non condivisibile è la sensazione che se ne ricava secondo cui i pm siano sospettabili di passare i verbali ai giornalisti. Vecchio slogan caro a tanti politici di ogni schieramento! Infatti la legge prevede che con l’obbligatorio deposito dei verbali e delle registrazioni cade ogni segreto».
Quindi, sostiene Spataro, gli avvocati possono passare i verbali ai giornalisti, i giornalisti li possono pubblicare, e non ci sono casi accertati di pm che passano atti segreti. «Tutti i casi noti di pubblicazione di verbali virgolettati sono relativi ad atti depositati, meno uno; quello che proprio la nostra Procura ha efficacemente indagato, dei verbali Fassino-Consorte». E ancora: «Mi pare frutto di una indebita generalizzazione anche l’affermazione secondo cui “non possiamo non riconoscere che c’è stato un cattivo uso di questo strumento da parte della magistratura”. Dove, quando, da chi, in quale indagine? Meglio precisare, facendo così intendere che si parla a ragion veduta anziché per formule». Ma a fare arrabbiare Spataro è soprattutto la previsione della Boccassini che «fin quando lo scontro tra poteri sarà così violento, non sarà possibile l’autocritica di entrambe le parti». Ribatte Spataro: «La nostra storia degli ultimi vent’anni, di cui sei stata efficace co-protagonista, non parla affatto di scontri tra poteri ma di aggressione dell’uno sull’altro».
Morale: «È possibile che l’eccesso d sintesi giornalistica possa penalizzare l’armonia e la completezza di un discorso, ma proprio per questo - e se così è stato - mi auguro che alla prossima occasione tu possa e voglia precisare il tuo pensiero». Un invito che finora Ilda Boccassini si è ben guardata dal raccogliere.
Fonte > Giornale.it