Questa frase è stata scritta da San Paolo (1a Tess., II, 15-16) e quindi è divinamente rivelata, ispirata e infallibilmente vera.
Il testo di S. Paolo
La frase intera, in due versetti, suona così: “I quali [Giudei] hanno perfino messo a morte il Signore Gesù e i Profeti ed hanno perseguitato anche noi; essi non piacciono a Dio e sono nemici di tutti gli uomini, impedendo a noi di predicare ai Pagani perché possano essere salvati. In tal modo essi colmano la misura dei loro peccati! Ma, oramai, l’ira di Dio è arrivata al colmo sul loro capo”.
Il Commento di S. Tommaso d’Aquino
S. Tommaso d’Aquino scrive: «Non importa se furono i Romani a ucciderlo, perché furono gli stessi Giudei che con le loro grida chiesero a Pilato di crocifiggerlo. […]. Poi, l’Apostolo parla dei Profeti dell’Antico Testamento, dei quali pure sta scritto negli Atti degli Apostoli (VII, 52): “Quale dei Profeti, i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli, che preannunziavano la venuta di Cristo, del quale ora voi siete divenuti traditori e uccisori”. Perciò essi non piacciono a Dio perché non operano con una fede retta e “senza la fede è impossibile piacere a Dio” (Ebr., XI, 6)». Infine, S. Paolo mostra che i Giudei “sono nemici di tutti gli uomini”. Infatti, sono nemici perché vietano e «impediscono a noi Apostoli del Nuovo Testamento di predicare a tutti gli uomini e così ostacolano la loro conversione. […]. Così essi vivono sino a quando giungeranno al punto in cui Dio permette. Infatti, Dio, dopo la passione di Cristo, concesse ai Giudei uno spazio di 40anni per la penitenza, però essi non solo non si convertirono, ma aggiunsero peccati a peccati. E Dio non lo tollerò più. […]. Tuttavia non pensare che quest’ira divina duri per 100anni, bensì durerà “sino alla fine” del mondo, allorché la totalità dei Pagani avrà abbracciato la fede in Cristo» (Thomas Aquinatis, Expositio et lectura super Epistolas Pauli Apostoli. Super Primam Epistolam ad Thessalonicenses Lectura, Lectio II, caput 2, versiculi 15-16).
Il Commento di Settimio Cipriani
«Si osservi il fosco quadro che S. Paolo fa dei suoi connazionali, violenti e omicidi. Egli ritrae a meraviglia il loro spirito razzistico non del tutto estinto anche oggi. La collera di Dio però è arrivata al colmo e non tarderà a esplodere. Infatti, la Prima Epistola ai Tessalonicesi è stata scritta attorno al 50 d. C. e la distruzione di Gerusalemme sarebbe avvenuta entro 20anni, nel 70. Ma la condanna della Nazione israelitica non esclude la salvezza dei singoli Ebrei credenti al Vangelo (cfr. Rom., IX, 11)» (S. Cipriani, Le Lettere di San Paolo, Assisi, Cittadella Editrice, V edizione, 1965, p. 68, note 14-16).
Il Commento di padre Marco Sales
«La perfida condotta dei Giudei [a Tessalonica, ndr] richiama alla mente di S. Paolo i loro grandi delitti, e perciò egli si fa un dovere di ricordarli. Uccisero il Signore-Gesù: i Romani non furono, altro che deboli strumenti nelle mani dei Giudei, sui quali ricade per conseguenza la principale responsabilità della morte di Gesù. E i Profeti: anche il Signore rinfacciò ai Giudei questo delitto (cfr. Mt., XXIII, 3-37; Atti, VII, 52). Perseguitarono noi: Apostoli di Gesù Cristo, suscitando dappertutto ostacoli acciò non potessimo predicare. Ci scacciarono: ossia ci espulsero per mezzo della persecuzione dai luoghi, ove ci eravamo recati a predicare. Macchiati di tanti misfatti, i Giudei non sono più il popolo eletto ed hanno cessato di piacere a Dio. Sono nemici di tutti gli uomini: perché vorrebbero che tutti, essi soli eccettuati, fossero esclusi dalla salute messianica, e perciò odiano gli altri e a loro volta sono odiati. Proibendoci: mostrano il loro odio contro di tutti, opponendosi con ogni mezzo al fatto che noi predichiamo il Vangelo ai Pagani. Colmano eccetera: comportandosi così essi vengono ad aggiungere colpa a colpa, e a colmare sempre più la misura dei loro peccati, ossia della loro malizia, e ad attirarsi l’ira d Dio. Le parole affinché siano salvate: indicano il felice esito che deve ottenere quella predicazione, che i Giudei si studiano di impedire. Per colmare: comportandosi così i Giudei vengono ad aggiungere colpa a colpa, e a colmare sempre più la misura dei loro peccati, ossia della loro malizia, e ad attirarsi l’ira di Dio. S. Paolo aggiunge infine perciocché l’ira di Dio è venuta sopra essi: egli annunzia come avvenuto quello che certamente avverrà, riportandosi come i Profeti al tempo a venire. Sino alla fine: l’ira di Dio contro i Giudei è giunta sino all’estremo limite, il castigo sta per cominciare. La maggior parte dei commentatori ritiene che S. Paolo profeticamente parli qui della distruzione di Gerusalemme compiuta da Tito nel 70. Altri autori, tuttavia, pensano che S. Paolo tratti solo dell’indurimento e dell’ostinazione dei Giudei, per cui essi furono esclusi come popolo dal Regno messianico e dalla Nuova Alleanza, per non esservi riammessi che quando sarà entrata la pienezza delle Genti (cfr. Rom., XI, 25 “ed allora tutto Israele sarà salvato”)» (M. Sales, Le Lettere degli Apostoli, Proceno di Viterbo, Effedieffe, II ed., 2016, p. 423, note 15-16).
Conclusione
Israele era stato scelto come popolo prediletto per far conoscere il vero Dio Uno e Trino e il Verbo Incarnato al mondo intero, ma già nell’Antico Testamento si mostrò popolo “di dura cervice”, perseguitando i Profeti che annunziavano Cristo venturo.
Nel Nuovo Testamento Israele condannò a morte Gesù medesimo, e poi si ostinò nel suo odio e accecamento contro i suoi Apostoli. Dio, costatando l’indurimento senza resipiscenza d’Israele, ruppe allora la sua Alleanza con lui. “Deus non deserit, nisi prius deseratur / Dio abbandona, solo dopo essere stato abbandonato”. Il posto d’Israele fu preso dai Pagani convertitisi a Cristo. Questo stato di cose perdura da oltre 2000 anni. Israele ancora odia Gesù, ma prima della fine del mondo “Omnis Israel salvabitur” (Rom., XI, 25).
Dio sceglie non solo degli individui per elevarli a una grande santità, ma anche dei popoli per comunicare loro doni speciali a favore del genere umano intero.
Il popolo d’Israele è stato scelto da Dio per far conoscere il Messia a tutto il mondo. Dio l’ha scelto non in se stesso e per se stesso ma in favore degli altri popoli.
Israele sarebbe rimasto in amicizia con Dio se fosse rimasto fedele alla sua missione a favore degli altri popoli affinché anche loro, conoscessero il Messia.
Purtroppo Israele come popolo ha resistito a questo dono di Dio. Perciò, il Signore scelse alcuni uomini (Apostoli e Discepoli) in mezzo a questo popolo dimostratosi infedele per far conoscere il Messia a tutto il mondo.
Il popolo come tale, avendo rinnegato la sua vocazione, cadde nelle tenebre. Ma la misericordia di Dio si è riversata su “una reliquia” di quel popolo (Rom., XI, 5).
Ancor oggi, se il popolo d’Israele resta ancorato alla miscredenza del Messia Gesù Cristo, i singoli uomini di questo popolo possono ricevere la grazia di Dio e convertirsi a Cristo. Infatti, molti singoli israeliti si son convertiti a Cristo in attesa che “tutto Israele sarà salvato” (Rom., XI, 26).
d. Curzio Nitoglia