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Pregare “cuore a cuore” con Dio
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Come un amico parla con un suo amico

La meditazione o orazione mentale, in cui 1°) si riflette - con l’intelletto illuminato dalla Fede soprannaturale - su Dio; 2°) Lo si ama - con la volontà infiammata dalla Carità infusa - e 3°) si colloquia con Lui, è un mezzo infallibile - se la si fa ogni giorno, anche soltanto per una ventina di minuti - per perseverare in Grazia di Dio, avanzare in santità e salvarsi l’anima.

S. Ignazio da Loyola, nei suoi Esercizi spirituali, c’insegna vari modi di fare orazione mentale. L’importante è farla sempre, poco ma sempre, pian piano si giunge sulla vetta. “Nihil violentum durat”, dicevano i nostri Padri.

Purtroppo, l’esperienza insegna che coloro i quali fanno gli Esercizi spirituali imparano sì a meditare, ma solo pochi poi, tornati a casa, perseverano nel meditare tutti i giorni. Poco ma sempre, è il segreto di riuscita. Infatti, si sbaglia sovente per eccesso: troppa orazione mentale i primi mesi, poi più nulla; oppure per difetto: molta incostanza e discontinuità. Invece, occorre farla sempre possibilmente una mezz’ora al dì, se non si riesce a mantenere la mezz’ora, bisogna continuare tutti i giorni, anche più brevemente, purché non si abbandoni la regolarità e poi il tutto.

Uno degli ostacoli che s’incontra nella perseveranza nella meditazione è il sopportarla, il non amarla, il non viverla, il non parlare con Dio, vederla come un peso e non come una bella “chiacchierata” che si fa con il nostro miglior amico, l’unico che non tradisce mai, al quale si può dire tutto, il quale ci ascolta e ci risponde, se siamo abbastanza raccolti per sentirlo e, soprattutto, l’unico che può risolvere ogni nostro problema, poiché è Onnisciente, Onnipotente e Amore infinito.

S. Alfonso Maria de’ Liguori in una sua celeberrima opera (Modo di conversare con Dio), scritta a Napoli nel 1753 afferma: «È un inganno pensare che trattare con Dio con gran confidenza e familiarità sia mancare di rispetto alla sua Maestà infinita»[1]. Il Santo ci insegna, nel corso del suo libro, a parlare “cuore a cuore” con Dio, come un amico parla a un amico.

In quest’articoletto cerco di far intendere che meditare o contemplare (orazione mentale accompagnata da intenso amore soprannaturale verso Dio) sia cosa facile per ogni cristiano, basta metterci un po’ di buona volontà e con la Grazia di Dio, che non è negata a nessuno, vi si riesce facilmente, tutti i giorni sino alla fine di nostra vita per entrare poi in Cielo.

Lo stesso Santo diceva: “Chi prega si salva, chi non prega si danna. Tutti coloro che stanno all’inferno, non vi sarebbero se avessero pregato” (Del gran mezzo della preghiera).

Parlare alla familiare con Dio è, perciò, oltre la buona volontà, l’impegno costante anche se breve nella pratica della meditazione, la via maestra per contemplare ogni giorno e farlo con frutto, sia nell’aridità sia nella consolazione. Un altro inciampo è quello, di lasciare la pratica della meditazione quando non si prova più nessuna consolazione spirituale. Il metodo o “la piccola via dell’infanzia della preghiera” insegnataci da S. Alfonso aiuta notevolmente le anime, anche le più semplici e piccole a elevarsi a Dio, mediante il famoso “ascensore” di cui parlava S. Teresina del Bambino Gesù nella sua “piccola via dell’infanzia spirituale”.

Cerchiamo, allora, con S. Alfonso di «trattare con Dio coll’amore il più tenero e confidente che ci sia possibile. […]. Egli gode che noi trattiamo con Lui con quella confidenza, libertà e tenerezza, con cui trattano i fanciulli colle loro madri. Chi non è capace di parlare con sua madre? Chi si annoia? Chi non ne sente la necessità e uno sfogo? La sola parola “Mamma” ci riempie di amore e commozione, ebbene così deve essere con Gesù. “Jesu dulcis memoria, […] sed super mel et omnia eius dulcis presentia” cantava S. Bernardo di Chiaravalle.

d. Curzio Nitoglia


[1] Ibidem, Chieti, Paoline, II ed., 1968, p. 25.


 
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