L'incubo degli esclusi: tornare a casa
Il Tempo
05 Marzo 2010
I timori dei candidati del Pdl in bilico. Tanti negli enti pubblici, altri disoccupati e poi impiegati e imprenditori tutti decisi a restare nella politica
C'è chi teme di tornare in banca o di riprendere servizio in un ente
pubblico, chi si occuperebbe a tempo pieno dell'azienda di famiglia e
infine chi dovrà correre in edicola a comprare «Lavorare». Perché
dietro a questo fulmine a ciel sereno che ha colpito il Pdl laziale ci
sono le vite dei politici locali. Non sarà facile cambiare abitudini:
svegliarsi la mattina e magari perdere un'ora per cercare parcheggio
tentando di arrivare in orario in ufficio. La busta paga poi. Forse
qualcuno si sognerà quegli 8 mila euro al mese, al netto delle imposte,
conquistati negli ultimi anni. È anche vero che i consiglieri non
rieletti prenderanno una buonuscita tra i 50 e i 100 mila euro, mica da
buttare via. «Ma non ci pago nemmeno il mutuo - sbotta il capogruppo
dei Socialisti Riformisti, Donato Robilotta - Se il Pdl finisse davvero
fuori dalle elezioni tornerei nel dipartimento economico di Palazzo
Chigi».
Andrebbe ancora meglio al consigliere di An Luigi Celori: in costume
e infradito. Sì, perché l'esponente del centrodestra è un bagnino
nell'anima: «Riprenderei a fare l'imprenditore. Ho uno stabilimento
balneare». Ma visto che Celori è stato eletto anche al Comune di
Pomezia non si allontanerebbe troppo dalla politica. Il «viale dei
divani», che unisce l'Aula della Pisana con la buvette, mancherebbe a
tutti. Per non parlare della segreteria con cinque-sei addetti o,
almeno per i presidenti di Commissione, dell'auto blu. «Non mi
spavento, continuerei comunque a fare politica anche se non avessi uno
stipendio - precisa Francesco Lollobrigida (An) - Chiaramente mi
troverei un lavoro».
Stesse condizioni per Massimiliano Maselli (Fi) che però «non ci
voglio nemmeno pensare». Determinato Pietro Di Paolo (An): «Ho campato
37 anni senza poltrone particolari, potrei farlo ancora. Sono un
combattente politico». Anche perché Di Paolo un posto ce l'avrebbe
comunque: delegato all'Agricoltura del sindaco Alemanno. Il «militante»
(come si definisce lui stesso) Bruno Prestagiovanni (An) è tranquillo:
«Per ora mi impegnerò ancora di più a fare campagna elettorale per la
Polverini perché voglio la soddisfazione di veder perdere la Bonino e
il centrosinistra anche senza Pdl in campo. Il lavoro? Non mi
preoccupa. Sono un dipendente dell'Università Cattolica e non mi
vergognerei di tornare lì».
Una riflessione sarà comunque necessaria: «Dopo le elezioni -
conclude Prestagiovanni - si dovrà valutare la competenza di questa
classe dirigente di partito e l'opportunità che resti al suo posto».
Dicono che il sindaco Alemanno abbia dato la disponibilità a
«riassorbire» alcuni eventuali ex consiglieri in Campidoglio. Per il
resto ci penserà il partito. Allo stesso tempo ogni esponente di An e
Fi (alla Regione Lazio ancora non esiste il Pdl) «adotterà» un
candidato della lista civica (si spera che riammetteranno almeno
quella) per portare avanti un percorso comune. Ma i politici non sono
gli unici a soffrire. Ci sono segretari, consulenti, addetti stampa che
stanno con il fiato sospeso. Marco Palma, esponente del Pdl in XV
Municipio, apre un altro fronte: «Non può essere un fattore
determinante per la riproposizione delle liste del Pdl ma le tipografie
sono già in crisi».
Fonte > iltempo.ilsole24ore.com