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La grande trama di Prodi dietro l'ostinazione francese
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Ecco tutti i dossier legati alla vendita di Alitalia, da Finmeccanica all'Enel fino a Fincantieri. Ma dall'operazione chi ci guadagna?

Sono stati in molti negli ultimi venti mesi della drammatica farsa messa in scena dal governo sulla vendita di Alitalia a chiedersi perché i francesi. Ad interrogarsi su quale fosse il motivo di una strategia organizzata fin dall'inizio per cedere la compagnia alla Air France di Jean-Cyril Spinetta. Una scelta di profilo industriale? Simpatia personale per l'amministratore? In realtà, niente di tutto questo.

A spingere il premier Romano Prodi verso la Francia è stata la sua irrefrenabile natura di manager di Stato. La sua incapacità di concepire operazioni industriali e finanziarie che non siano gestite in termini di contropartite politiche e affari di Stato. E il vecchio manager dell'Ili ha visto nel patto con i francesi la possibilità di racimolare qualcosa in partite ben più grandi della compagnia di bandiera. Sullo scacchiere ci sono in effetti interessi enormi, come quelli rappresentati dall'aerospazio e dall'energia. Resta da vedere a chi porti frutti l'asse con Sarkozy. Perché la sensazione è che guadagnare con i francesi sia impresa assai difficile, anche per un esperto di (s) vendite di Stato come Prodi.

Il primo dossier finito sul tavolo è ovviamente quello dell'Enel. Si tratta, com'è noto del programma Epr per il nucleare di terza generazione portato avanti da Edf. In particolare, del progetto per la costruzione dell'impianto francese di Flamanville e per lo sfruttamento delle forniture. Dopo mesi e mesi di stallo (con Edf impegnata a chiedere lo sblocco dei diritti di voto in Edison) l'accordo con l'Enel si è concretizzato lo scorso novembre con la cessione di una quota del 12,56 al colosso italiano dell'energia.

I giorni sono prò prio quelli in cui Air France sta mettendo a punto la proposta non vincolante da presentare al Tesoro. Ma la disponibilità della Francia a trattare sull'energia e a non tirarsi indietro per il salvataggio della compagnia di bandiera quanto potrebbe costare all'Italia. La merce di scambio che interessa maggiormente ai francesi si chiama Airbus, da sempre in competizione con il colosso americano Boeing, anche e soprattutto in Europa. Ora si dà ri caso che la nostra Finmeccanica sia in ottimi rapporti di partnership e di business con entrambi e si dà ancora il caso che la flotta di Alitalia per il lungo raggio, composta interamente da B777, B767 e Mdl 1, tutti apparecchi della rivale americana.

Ecco allora la contropartita: il salvataggio di Alitalia potrebbe in primo luogo consentire ai francesi di aprire una importante fetta di business per Airbus. Il mercato italiano è stimato dall'azienda d'Oltralpe in 34 miliardi di dollari nei prossimi 20 anni e la sostituzione degli aerei Boeing di Alitalia con Airbus nuovi di zecca rappresenta un'occasione da non lasciarsi sfuggire. La seconda e contestuale opportunità è rappresentata da una pressione politica su Finmeccanica, che nei prossimi anni potrebbe essere consigliata di seguire con maggiore attenzione gli affari sul continente piuttosto che quelli d'Oltreoceano.

Ma non ci sono soltanto i cieli. Tra gli interessi dell'Eliseo c'è anche il nutrito dossier cantieri. E qui entra in ballo la nostra Fincantieri, dove la Francia sarebbe disposta ad investire per contrastare la concorrenza coreana.
In pratica, dietro l'Alitalia si nasconderebbe un mostruoso intreccio di interessi economici che il premier uscente avrebbe cercato di cavalcare conia sua vecchia espe rienza di grand commis di Stato.

Resta da capire quale sia il motivo della sua ostinazione a chiudere la vicenda fino all'ultimo secondo utile, sperando che non ci siano in giro troppe cambiali firmate in bianco.


Fonte >  Libero Mercato


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