La strage dei cammelli che nessuno vuole
Corriere.it
03 Novembre 2009
Trasportano merci di contrabbando attraverso i deserti africani. Alle porte di Israele vengono legati e massacrati
GERUSALEMME – Le navi del deserto sono vascelli fantasma. Centinaia
di cammelli. Abbandonati. Arrivano dall’Africa carichi d’armi, di
droga, di sigarette, guidati dagli spalloni. Servono a contrabbandare
lungo le carovaniere che risalgono dal Sudan, dal Sinai. Portano merci
proibite nelle oasi beduine, o all’ingresso dei tunnel per Gaza.
Scaricano i loro tesori. E poi vengono lasciati al loro destino. A
cercare acqua e cibo. A vagare per le spianate del Negev, le sabbie
desertiche di Paran, le dune rocciose di Agur. A vagabondare lungo il
confine tra l’Egitto e Israele, 266 chilometri. Camminando senza meta.
Ruminando sperduti. Resistendo allo stato brado per settimane, mesi.
Finché non s’imbattono in qualche guardia di frontiera. Che ha l’ordine
di bloccarli. Di legarli per le zampe. E d’abbatterli sul posto.
LA PROTESTA ANIMALISTA - Si uccidono così anche i cammelli. E i
dromedari. In uno degli angoli più pattugliati del Medio Oriente, dove
la caccia è soprattutto al clandestino o al terrorista, dov’è facile
morire per gli uomini e figurarsi se preoccupano gli animali, da anni
si consuma una strage silenziosa. Trecento cammelli ammazzati
nell’ultimo anno, denunciano gli ambientalisti di «Let the Animals
Live». Il ministero dell’Agricoltura israeliano dice che non si può far
altrimenti: «Il problema principale è tutelare la salute pubblica.
Queste bestie entrano dall’Egitto, ma non sappiamo esattamente da dove
vengano. Non hanno marchio. Spesso portano infezioni come la febbre
della Rift Valley, pericolosa anche per l’uomo, perché provoca cecità e
in certi casi è mortale. Impossibile fare prevenzione, in un’area tanto
vasta. Ed è un problema anche restituirle agli egiziani, raccomandando
di tenerle sotto custodia: al Cairo prendono la faccenda come un atto
di sfiducia nel loro servizio veterinario. L’esercito israeliano non ha
l’ordine d’ucciderle, però a volte è l’unica scelta possibile».
«STRAGE SENZA SENSO» - E’ più facile che un cammello passi per
la cruna d’un ago, piuttosto che entri nel territorio d’Israele. Ma
tanta severità indigna gli ecologisti: «Da secoli – dice Etti Altman,
che sulla questione ha presentato un dossier a Gerusalemme -, migliaia
di cammelli sono transitati per quei deserti. E nessuno ha mai lanciato
allarmi d’infezioni gravi. I beduini li usano da sempre. Questa strage
è senza senso e nasconde ben altri obbiettivi. Primo fra tutti, quello
di colpire i contrabbandieri d’armi e i traffici verso Gaza». Le
proteste sono numerose, le richieste altrettante. Alcune drastiche:
come la proposta di costruire una barriera di filo spinato lungo il
confine, «perlomeno in corrispondenza delle oasi e delle aree verdi, le
cose che più attraggono i cammelli». C’è anche chi vorrebbe fossero
istituiti centri di quarantena, gestiti in cooperazione tra Israele ed
Egitto, dove tenere gli animali in osservazione prima di riportarli in
altre zone lontane dal confine.
GOVERNI ASSENTI - Né il governo Netanyahu, però, né Mubarak
hanno voglia di spendere soldi in questo progetto. E soprattutto lo
considerano inutile: «Nella maggior parte dei casi – rispondono dal
ministero dell’Agricoltura israeliano -, i sintomi delle malattie dei
cammelli non sono visibili. Puoi tenerli in quarantena quanto vuoi, e
puoi stare certo che le infezioni si propagano ugualmente». Anche
l’Egitto s’è mostrato indifferente alla questione: il cammello non è
considerato un esemplare da proteggere, non è aggressivo, e non importa
molto che ve ne siano migliaia senza padrone. La settimana scorsa, i
militari israeliani hanno catturato una piccola mandria. Per una volta,
hanno provato a riportarli oltreconfine: poche ore dopo, erano già
ritornati sulle loro orme.
Fonte > Corriere.it