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Legge del figlio unico: nuovi casi di aborti, sterilizzazioni forzate e prigionia
Asia News
24 Settembre 2011
Storie di aborti cinesi, ecco come vengono praticati
WASHINGTON - Una donna ha subito un aborto forzato all’ottavo mese di gravidanza perché suo figlio era stato concepito al di fuori delle quote stabilite dal controllo statale; un’altra ha subito l’aborto forzato a otto mesi e mezzo di gravidanza: era incinta di due gemelli; alcune madri sono state costrette alla sterilizzazione; altre a subire l’inserimento di strumenti di contraccezione intrauterina; per famiglie intere, colpevoli di avere permesso un figlio in più, vi sono multe enormi, demolizione delle loro case, detenzione torture. È il quadro fosco dei frutti della legge del figlio-unico, attuata in Cina in modo violento fin dalla fine degli anni ’70. La leadership cinese la esalta come la strada che – bloccando la vita a oltre 400 milioni di non nati - ha permesso l’attuale sviluppo economico del Paese. L’associazione “Women’s Rights Without Frontiers” (www.womensrightswithoutfrontiers.org) ha pubblicato in questi giorni un nuovo rapporto in cui sono elencati 13 casi, nomi e foto di nuove violazioni alla dignità della donna. La pubblicazione è avvenuta in contemporanea con l’intervento della presidente Reggie Littlejohn davanti alla Commissione presidenziale per gli affari esteri e per i diritti umani. L’intervento della Littlejohn vuole dare sostegno a una nuova legge che non permetterebbe l’entrata negli Usa a cinesi che si sono macchiati di “abusi verso i diritti umani”, compresi coloro che “hanno partecipato nell’imporre… la politica coercitiva cinese per la limitazione delle nascite”. Il rapporto mostra che la legge sul figlio unico, oltre a produrre aborti forzati, selezione ed eliminazione dei feti femminili, suicidi di molte donne, porta anche ad altre violazioni dei diritti umani. Traffico umano e schiavitù sessuale. A causa dell’infanticidio di bambine, in Cina si è creato uno squilibrio fra maschi e femmine tanto che almeno 37 milioni di cinesi non potrà trovare moglie. Questa carenza ha creato un traffico di donne e bambine provenienti da Paesi vicini (Myanmar, Vietnam, Laos, Mongolia, Russia, Nordcorea), ma anche da luoghi più lontani come la Romani e lo Zimbabwe. Infanticidio. Citando fonti cinesi dello scorso anno, il rapporto elenca situazioni in cui sono stati trovati feti di bambini trattati come “immondizia medica” nel Guangdong e nell’est della Cina. Sterilizzazioni forzate. Sono raccolti casi in cui alcune donne sono state rapite, svestite, bloccate nelle camere operatorie e sterilizzate. Nella città di Puning (Guangdong) sono state arrestate 1300 persone per una campagna di sterilizzazione. “Implicazioni”. Il rapporto mostra la pratica della “implicazione”, secondo cui si persegue non solo chiunque va contro la legge del figlio unico, ma anche i suoi parenti. Così genitori, nonni, fratelli e sorelle, zii e zie, cugini, nipoti possono essere arrestati, multati e torturati, come è avvenuto nel 2008 a una famiglia del Fujian. Violenze contro i maschi. La pratica dell’implicazione è forte anche verso I maschi. Il rapporto presenta un caso avvenuto nell’Henan, in cui il padre di un secondo figlio ha avuto la testa fracassata dalla polizia del family planning e ora è disabile permanente.
Un altro caso, nell’Henan, denuncia l’uccisione di un uomo, “colpevole” di esser eil fratello di una donna che voleva sfuggire alla sterilizzazione. Il rapporto dedica una parte anche al caso di Chen Guangcheng, l’attivista cieco, che in passato ha denunciato 130 mila casi di aborti sterilizzazioni forzate nell’Henan. A causa di questo egli è stato condannato a quattro anni e tre mesi di carcere. Rilasciato nel settembre 2010, egli è di fatto costretto agli arresti domiciliari.
Ogni suoi tentativo di contattare il mondo esterno viene bloccato con pestaggi a lui e alla moglie, come pure ad amici e giornalisti che cercano di avvicinarsi alla sua casa. All’inizio del mese, anche il fratello di Chen è stato arrestato. Alla bambina dell’attivista non è permesso andare a scuola. “In Cina – conclude la Littlejohn – il corpo di una donna non appartiene a lei. Appartiene allo Stato. L’utero di una donna e la parte più intima del suo corpo, dal punto di vista fisico, emozionale e spirituale. [Per questo] Il Partito comunista cinese, agendo come “polizia dell’utero”, distrugge la vita all’interno di lei. E questo è un odioso crimine contro l’umanità”. Per il rapporto completo di “Women’s Rights Without Frontiers”, clicca qui.
Fonte > Asia News
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