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Creazione increata dal nulla
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«La gloria di Colui che tutto move
per l
universo penetra e risplende
in una parte più e meno altrove
»
(Paradiso 1,1-3)

Su Discovery – uno dei canali di Sky destinati ai documentari – sta andando in onda un programma intitolato La creazione secondo Stephen Hawking. Lo scienziato è celebre, oltre che per le sue ricerche nel campo dell’astrofisica, anche per la sua triste situazione personale, affetto da SLA, praticamente paralizzato, costretto su una sedia a rotelle. Lo stato d’animo ed il cuore di quest’uomo, certamente sofferente, Dio solo può giudicarlo. Preme qui contestare i contenuti delle affermazioni presenti nel suo ultimo libro (Il grande disegno, Mondadori, dal quale poi sono stati tratti i relativi documentari).

Il trattato uscì in concomitanza con la visita del Pontefice in Inghilterra… un caso? La tesi di fondo di Hawking è la seguente: il Big Bang ha avuto un’origine spontanea, procedendo da una dimensione ontologica simile al nulla, presso cui le leggi spazio-temporali della fisica non possono essere applicabili, perché inesistenti.

Allo stesso modo in cui un buco nero sia in grado di attirare dentro di sé perfino la luce, azzerando il progressivo incedere del tempo, così, in quella microscopica testa di spillo (o ancor meno) densissima di materia, all’interno della quale «si trova precipitata» tutta l’energia dell’universo in potenza (poi attualizzata con l’esplosione primordiale), la dimensione del tempo risulterebbe essere assolutamente inesistente, quindi non ci sarebbe stato «un tempo» destinato alla creazione, un tempo per Dio, per un Creatore. Come si può arrivare a tale conclusione? Attraverso l’elusione – tuttavia solo apparente (dimostreremo perché) – del principio di causalità.

La scappatoia utilizzata è quella della meccanica quantistica, normalmente impiegata per il mondo degli atomi, delle molecole e delle particelle subatomiche. Alla base della fisica quantistica c’è il principio di indeterminazione di Heisenberg («nellambito della realtà le cui connessioni sono formulate dalla teoria quantistica, le leggi naturali non conducono quindi ad una completa determinazione di ciò che accade nello spazio e nel tempo; laccadere (allinterno delle frequenze determinate per mezzo delle connessioni) è piuttosto rimesso al gioco del caso»), per il quale il microcosmo è essenzialmente «indeterministico», prescindendo in modo assoluto da cause precedenti; il risultato effettivo di un particolare processo quantistico non è conosciuto e non può essere conosciuto, neppure in linea di principio.

Applicando tali assiomi all’origine dell’universo, esso avrebbe origine dal nulla, come effetto di una fluttuazione quantistica, una sorta di apparizione spontanea. Il tempo finisce con l’essere inghiottito dallo spazio, fino ad azzerarsi del tutto, in una dimensione incausata (passatemi l’espressione).

Osserva Hawking: «Finché luniverso aveva un inizio, potevamo supporre che avesse un creatore. Ma se luniverso è completamente autosufficiente, senza un confine o un margine, non ha né un principio né una fine: semplicemente cè. In tal caso, cè ancora posto per un creatore?».

Quindi non c’è Dio, perché non c’è un punto iniziale dell’universo; non esiste alcuna singolarità. Non vi è nessun principio, dietro il quale debba essere necessario porre un dio.

Ovviamente tale teoria si regge soltanto sull’accettazione cieca di alcuni assiomi indimostrati: l’evoluzionismo e la teoria quantistica. Per ora evitiamo di contestare tali presupposti-premessa e badiamo soltanto alla valutazione delle conclusioni. In primo luogo leggere il principio di causalità soltanto da un punto di vista strettamente cronologico è parziale e riduttivo; se si pensa di azzerare la causa causae eliminando l’incognita tempo, stiamo decidendo a priori che Dio debba agire vincolandosi al tempo stesso (decidiamo noi quale potere debba avere l’Onnipotente).

In realtà il valore del principio di causalità è non soltanto cronologico, ma molto di più, ontologico! Se esiste un ente, qualunque esso sia, esso deve aver preso il proprio essere o da se stesso o da altro. Non si scappa; il resto è sofisma. La materia o è eterna e quindi autosussistente oppure deve aver preso (ricevuto) l’esistenza da qualcosa o Qualcuno fuori di sé, anche quando essa si presenti come semplice agglomerato energetico ed atemporale.

Hawking è per la prima ipotesi (ma anche in questo caso, ammettendo una condizione fuori dal tempo del nulla microscopico, non siamo comunque legittimati ad escludere un qualunque intervento creatore). Affermare infatti l’esistenza indefinita, benché non eterna (curioso sofisma) dell’universo, significa in poche parole attribuire alla materia, al di là delle differenti modalità di essere, prerogative divine. Avremmo, pertanto, una materia divina priva tuttavia dell’attributo maggiormente significativo del divino (ammesso che possa farsi una distinzione tra gli attributi divini): l’onnipotenza. Ci troveremmo di fronte ad un agglomerato eterno ed autosussistente, ma paradossalmente incapace di onnipotenza. Questo, mi si potrebbe obiettare, non costituisce un problema. Forse non per l’agglomerato, ma certamente per quel che da tale agglomerato si pretende debba uscir fuori.

Tutto l’universo, così come lo vediamo noi, è, delle due l’una: programma di una onnipotenza intelligente ovvero esito del cieco caso. Ora, tale secondo elemento sembra del tutto incapace di fornire alcuna credenziale di capacità generazionale; le probabilità che l’universo scaturisca, così come lo vediamo ora, dal Big Bang, o dalla materia, senza avere uno spirito informatore che ne guidi il percorso, è pari allo zero. Ma anche per il granellino energetico atemporale ci sarebbe qualche problema: esso rappresenta infatti e pur sempre un ente limitato, sicuramente non onnipotente, non libero, non sovrano, tanto meno creatore, quindi; da dove riceve la capacità di generare informazione, intelligenza e coscienza, se in se stesso non possiede nulla di tutto ciò?

Tutto questo ricorda (e, senza dubbio, la scienza si è lasciata ben guidare da ideologie e filosofie ispirate in tal senso, unica condizione: purché non cristiane) la dicotomia indù Prakriti e Purusha; eppure anche in questo caso la materia Prakriti non è capace di autoregolarsi e di evolversi organizzandosi; necessita appunto di uno spirito informatore, Purusha. Anche le tradizioni indiane possiedono maggior saggezza della visione materialistica di Hawking. Quindi, «senza star lì a girarci intorno, bisogna dire che, da almeno un secolo la nostra cultura, la cultura dellOccidente civilizzato, disgiunge allegramente la gnoseologia dallontologia, per annunziare che il nulla è genitore dellessere» (da SI SI NO NO del 15 novembre 2011).

L’autosussistenza della materia (affermata soltanto per via teorica attraverso il ricorso alla fisica quantistica, ma mai provata) sarebbe appannaggio di un ente impersonale, dove la coscienza di essere, si badi!, qualitativamente superiore a tutta la materia esistente (agglomerato energetico previo al Big-Bang, incluso) sarebbe relegata ad un mero accidente casuale del percorso evolutivo, ingoiato nel vortice del nulla. La materia non ha anima – men che meno dal punto di vista quantistico – eppure avrebbe perfezioni tipiche dello Spirito Infinito (eternità ed autosussistenza)?

Nessuno dà quel che non possiede. Come può una materia inerme ed inerte dar luogo allo spirito, alla ragione, all’intelligenza? Lo spirito che possiede aneliti d’eternità, resta annichilito nel non senso del caso, che sarebbe invece eterno ed autosufficiente? Curiosa contraddizione.

Occorre ricordare che se tanti sono gli enti, gli esseri che possiedono l’esistenza, nessuno di essi è illimitato, se non l’Essere. Ora, l’Essere che non riceve la vita da alcuno, l’Inprincipio, Colui che è al di là del tempo e dello spazio e che crea cieli e terra, cose visibili ed invisibili, con un atto eterno della sua volontà, ora e da sempre, nella sua dimensione – questa si!, completamente atemporale – è necessariamente il Dio senza limiti e confini. Supporre l’agglomerato energetico per escludere Dio, è per assurdo possibile, soltanto però se tale agglomerato soddisfi tutti i requisiti della Divinità (cosa irrealizzabile per qualunque ente materiale si tratti, ancorché vivente nel microcosmo quantistico); in caso contrario, l’assoluta necessita, prima di tutto razionale e filosofica di Dio, resta intonsa.

Ma, come accennato, il sistema teorico di Hawking poggia su basi alquanto fragili; infatti, anche qualora non avessero convinto gli argomenti precedenti, esaminare i ritenuti inderogabili assiomi dai quali parte tutto il ragionamento dell’astrofisico può essere più di un mero esercizio intellettuale. L’evoluzionismo non abbisogna di essere smentito. I lettori di questo sito ben conoscono i numerosissimi argomenti scientifici contro l’inconsistenza delle teorie opposte. Nella fattispecie, preme sottolineare di nuovo la cosiddetta sostanziale irriducibilità, da cui è possibile evincere logicamente la necessaria presenza di una qualità superiore che dia tono, senso ed esistenza ad una inferiore; l’uomo, lo spirito umano è capace di valicare la materia, questa mai potrà appropriarsi e neppure generare un’anima. Chi scrive non crede neppure al Big-Bang; no! Neppure a questo! Non credo a compromessi tra evoluzionismo e Genesi o a una sorta di esplosione pilotata fino, passando era dopo era, alla generazione dell’essere umano. Troppe sono le obiezioni scientifiche rilevate e rilevanti in materia. Ne riparleremo.

In merito invece alla fisica dei quanti, essa si connota, come già scritto, dell’indeterminato; ma attenzione!, esistono diverse interpretazioni della meccanica quantistica, proprio perché l’esito degli esperimenti resta fortemente condizionato dal punto di vista dell’osservatore. Essa nasce dall’esigenza di colmare lacune della fisica della meccanica classica, tuttavia l’esito non è mai quello di ottenere delle certezze, se non in termini di mera probabilità. Teoria pronta ad esser soppiantata davanti all’acquisizione di nuove scoperte e certezze. Premesso ciò, Hawking pretende addirittura di costruire da qui le fondamenta filosofiche per la prova dell’inesistenza di Dio? La sua tesi parte da assunti indimostrati e, per definizione, soggetti a variazione, incapaci di determinazioni in termini assoluti, eppure, stranamente, nell’ipotesi cosmologica, ritenuti con certezza infallibili. Strano modo di ragionare. Approssimativo rigore scientifico. Siamo quasi al ridicolo.

Non è forse lecito supporre invece che, così come il Big-Bang sia l’omologo scientista dell’uovo cosmico indù, l’embrione energetico ante-Big-Bang debba invece ritenersi una sorte di monade di Leibniz, nella sua versione monista, parente stretto di uno gnosticismo a matrice pitagorica, sicuramente molto vicino al monismo orientale, anche se, nel caso del nostro astrofisico, connotato di radicale materialismo? Dal che la sentenza di Hawking: «Cè una fondamentale differenza tra la religione, che è basata sullautorità, e la scienza, che è basata su osservazione e ragionamento… E la scienza vincerà perché funziona». Stando alle premesse di quanto sin qui sostenuto, lasciateci dubitare… e fortemente.

«Ci fu un uomo che a 12 anni, con aste e cerchi, creò la matematica; che a 16 compose il più dotto trattato sulle coniche dallantichità in poi; che a 19 condensò in una macchina una scienza che è dellintelletto; che a 23 dimostrò i fenomeni del peso dellaria ed eliminò uno dei grandi errori della fisica antica; che nelletà in cui gli altri cominciano appena a vivere, avendo già percorso tutto litinerario delle scienze umane, si accorge della loro vanità e volge la mente alla religione; (...) che, infine (...) risolse quasi distrattamente uno dei maggiori problemi della geometria e scrisse dei pensieri che hanno sia del divino che dellumano. Il nome di questo genio è Blaise Pascal» (François-René de Chateaubriand).

Stefano Maria Chiari


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